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Autore: Marmati72    27/12/2016    8 recensioni
Le "mirabolanti" avventure di Anna, già protagonista di “Strano il mio destino”, hanno qui un piccolo seguito.
Una storia breve che vuole dare qualche risposta lasciata in sospeso nel racconto principale.
Buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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UN PICCOLO VIAGGIO IN NORMANDIA

Ciao!
Innanzi tutto lasciatemi dire che questo è un regalo di compleanno per la mia amica Edda (alias Lenovo2015).
Oggi, per lei, è una data importante e io voglio festeggiarla nel miglior modo possibile.
Per questo motivo le dedico questo mio piccolo lavoro con la richiesta, a chi lo leggerà, di unirsi a me per farle gli auguri.

Anna è tornata, ma solo per oggi. Diciamo che aveva lasciato qualche cosa in sospeso.

Voglio ringraziare Krys che mi ha ispirata nell’ideare e scrivere questo piccolo seguito.

Vi abbraccio tutte.
Mara

∞∞∞

“Allora Thierry, sei pronto?” chiamò Anna dall’anticamera del bagno mentre si stava mettendo un paio di orecchini.
“Certo tesoro, devo solo scegliere il maglione poi sono da te!!!” urlò di rimando lui dalla cabina armadio della camera da letto.
Quando il ragazzo si trovava in quel luogo doveva sempre urlare per farsi sentire, cosa che non gli risultava tanto difficile. Il suo tono di voce era sempre stato piuttosto alto e sostenuto, in qualunque occasione, fosse essa allegra o triste, elegante o informale, concitata o tranquilla.
Ad Anna, questa caratteristica di Thierry, era piaciuta fin da subito, così come i suoi modi di fare, schietti e diretti, così simili a……
“Eccomi qui!!”
Thierry, sbucato da chissà dove, la sorprese con un abbraccio improvviso da dietro le spalle facendola spaventare non poco, allontanando così precipitosamente i suoi pensieri e relegandoli verso qualche remoto angolo della sua testa.
Ecco una cosa alla quale Anna non si era ancora abituata, e forse non lo avrebbe mai fatto: le improvvisate a sorpresa di Thierry.
Tutte le volte, sistematicamente, il cuore di lei subiva un sobbalzo improvviso. A nulla servivano i sensi all’erta che lei cercava di avere. Le sorprese di Thierry, proprio perché erano tali, non le davano scampo.
“Ecco, lo sapevo! – protestò Anna fintamente arrabbiata – mi hai fatto cadere la vite dell’orecchino! Adesso mi fai il favore di metterti a cercarla! Tuo il danno, tuo il rimedio”.
“Ahahahah !!! – sorrise compiaciuto e divertito Thierry imprigionandola ancora tra le sue braccia – ci caschi sempre, tutte le volte!”.
Anna stava per ribattere alla sua provocazione ma, più veloci di lei, le labbra dell’uomo raggiunsero le sue in un bacio che, se dapprima voleva essere casto, dopo qualche istante si trasformò in un gesto profondo, passionale, intenso, proprio come il loro rapporto.
I due giovani si erano piaciuti fin dal loro primo incontro, avvenuto il 14 luglio di quello stesso anno.
Per Anna incontrare Thierry era stato come rifare nuovamente il viaggio nel tempo che l’aveva vista protagonista l’anno precedente, perché ogni parte di lui, sia caratteriale che fisica le ricordava il caro Alain.
La sua era stata un’avventura straordinaria e decisamente singolare. Un’avventura che le aveva permesso di vivere, in prima persona, i giorni fatidici della storia di Francia, quelli che sfociarono nella Rivoluzione.
Ancora adesso, quando ci pensava, faticava non poco ad accettare quella realtà.
Eppure era successo.
Lei, il 14 luglio 1789 era stata veramente davanti alla Bastiglia, insieme alla folla. Lei l’aveva vista quell’immensa fortezza, imponente colosso di pietra che dominava il piazzale, i cannoni che puntavano le loro bocche affamate verso le alte torri, i soldati che combattevano a fianco del popolo.
E Oscar….. quello era stato l’ultimo giorno che l’aveva vista. Era riuscita a salvarla dal mortale attacco dei soldati di guardia alla fortezza. Senza pensarci era corsa verso di lei e, spingendola malamente, era riuscita ad allontanarla dalla traiettoria di quei proiettili.
Era felice di aver potuto fare una cosa del genere verso colei che considerava una cara amica.
Pur essendo stata colpita al suo posto, Anna non si era mai sentita meglio. In quei momenti era assolutamente convinta di non avere alcuna possibilità di tornare alla sua vecchia vita, nel futuro, per cui era serenamente rassegnata a concludere quella attuale con un sacrificio incondizionatamente giusto.
Quando, vinta dalla stanchezza che piano piano si impossessava della sua persona, stava cedendo le armi e, dopo un ultimo sguardo rivolto ad Oscar, aveva chiuso gli occhi, era certa di essere morta.
Le sue orecchie non udivano più nulla, il suo corpo giaceva inerme sul freddo selciato, i suoi occhi erano spenti e il colore nero la circondava come un pesante mantello.
Poi, come in un miracolo, Anna si era svegliata in una camera d’ospedale, finalmente tornata al suo tempo.
I dottori le avevano spiegato che, per nove lunghissimi mesi, lei era rimasta in stato di coma, provocato da un brutto incidente.
Nove mesi in cui lei era certa di aver vissuto a cavallo tra il 1788 e il 1789.
E così, dopo questo inaspettato risveglio, la sua vita aveva ricominciato a scorrere su binari ordinari.
Solo che quella vita non era più la stessa di prima.
Lei non era più quella di prima.
Anna era certa che quel viaggio nel tempo non era stato il frutto della sua mente e aveva deciso di cercare, tra i documenti del passato, tutto ciò che poteva aiutarla a conoscere il destino di Oscar e André dopo quel fatidico giorno.
Purtroppo le sue ricerche erano state vane e, solo quando stava per gettare la spugna, il destino le aveva fatto conoscere Philippe e scoprire che lui altri non era che il discendente diretto di Oscar.
Ora sapeva che il cammino di quella donna meravigliosa era andato avanti ed era giunto fino a lei e, grazie all’aiuto della nonna del ragazzo, la signora Ernestine, Anna poteva saperne di più.
La voce calda e serena di Thierry la raggiunse all’orecchio.
“Tutto bene cara? Sei più agitata di conoscere nonna Ernestine o più curiosa di sapere cosa è successo a Oscar e André?”
“Oh, credo più la seconda. Sai benissimo che Oscar e André erano due persone speciali a cui volevo molto bene e ho sempre sperato il meglio per loro dopo quel 14 luglio, se lo meritavano. Spero tanto che la nonna di Philippe mi dia delle buone notizie”
“Sono sicura che te le darà Anna, non devi preoccuparti!”
Thierry aveva il dono speciale di tranquillizzarla sempre, qualunque situazione stesse vivendo. Gli bastava un piccolo gesto, una delle sue battute divertenti e la tensione svaniva come neve al sole.
Anna non avrebbe potuto più rinunciare a lui e sapeva che anche per Thierry era la stessa cosa, nonostante il loro rapporto proseguisse a distanza.
Lei, occupata in Italia a dare una mano al padre nella gestione dell’azienda di famiglia, lui, architetto, impegnato in Francia a seguire i lavori di ristrutturazione del grande palazzo della famiglia di Philippe (quello stesso Palazzo Jarjayes appartenuto, secoli prima, alla famiglia di Oscar).
Legati com’erano alle rispettive attività, i due giovani potevano vedersi solamente una volta o due al mese.
Anna, dal profondo del cuore, avrebbe desiderato qualcosa di più ma non voleva forzare una situazione, comunque, già positiva. Si ricordava bene come era finita con Alessandro e con la sua impulsività. Adesso, sebbene lei amasse molto Thierry, voleva procedere con cautela.
Aveva imparato ad affidarsi al destino che, sicuramente, era più efficiente di lei.

******

La vecchia utilitaria di Thierry si faceva largo sulle corsie della périphérique parigina con il motore perennemente su di giri.
“Scusa Thierry, sei sicuro che questo macinino ci porterà sani e salvi fino in Normandia?” domandò Anna perplessa.
“Non parlare male della mia Amelie, potrebbe offendersi!” la riprese lui, tutto concentrato nella delicata operazione di sorpasso di un tir.
Dopo quella accorata difesa della propria auto da parte di Thierry, ad Anna non rimase che accoccolarsi sul sedile e sperare veramente che quella vecchia Renault 4 li portasse a destinazione.
Erano ben quattro mesi che aspettava di conoscere nonna Ernestine, e le sarebbe dispiaciuto molto rimandare quell’incontro a causa di un altro intoppo.
Sì perché a luglio, quando la doveva vedere per la prima volta, Philippe aveva trovato la nonna svenuta in giardino.
L’anziana signora era stata colta da un malore improvviso che, purtroppo, aveva richiesto un periodo di riabilitazione molto lungo.
Periodo che, la donna, aveva scelto di trascorrere nella sua casa in Normandia.
Ora, Anna si stava recando in quella dimora per trascorrere il fine settimana e parlare finalmente con lei.

Dopo circa tre ore di macchina, quando Anna non ne poteva più di quella macchina scomoda e piena di spifferi, arrivarono a destinazione.
Era una splendida giornata di novembre e il sole di mezzogiorno illuminava splendidamente la villa con l’enorme prato all’inglese che si stendeva di fronte.
Quando Anna scese dall’auto, e appurò di avere ancora due gambe funzionanti, si stiracchiò ben bene le giunture e, sostando al sole, ammirò stuoita la splendida casa che aveva davanti a sé.
Una dimora semplice ed elegante che, seppur più piccola di Palazzo Jarjayes, anche se per tutti era Palazzo Grandier, non aveva nulla da invidiare alla sua “parente” parigina.
La cosa che più risaltava a prima vista erano le due file di finestre, una al piano inferiore una, gemella, a quello superiore che dominavano la facciata in pietra chiara, in netto contrasto con il tetto di ardesia grigia scura.
Furono subito introdotti in casa da una solerte coppia di domestici che li accompagnarono subito nelle stanze a loro riservate.
Verso l’una arrivò anche Philippe, accompagnato dalla fidanzata Françoise.
Il pranzo fu servito in una elegante sala dalle pareti color verde chiaro e dal soffitto arcuato. La signora Ernestine non era presente vista l’ora piuttosto tarda. Avrebbe incontrato Anna nel pomeriggio, dopo il riposo che, normalmente, si concludeva per le sedici e trenta.

******

Mancava poco alle diciassette e Anna aspettava di incontrare l’anziana signora nel salottino adiacente alla sua camera da letto.
Anche quella stanza era ricca di fascino e trasmetteva un grande senso di calore grazie agli arredi totalmente in legno e ai colori caldi delle stoffe utilizzate per le tende e le imbottiture dei divani.
La ragazza era particolarmente nervosa. A parte Thierry e sua madre, che avevano giurato di mantenere il silenzio, nessuno sapeva del suo viaggio nel tempo.
Era sempre stata una cosa difficile e delicata da dire e lei non lo aveva mai fatto perché temeva di ricevere i soliti sguardi di commiserazione che la gente riserva alle persone che affermano, per esempio, di aver visto gli UFO.

La porta in legno si schiuse e, elegantemente vestita in un completo di lana a righe bianche e blu, fece il suo ingresso la signora Ernestine.
La nonna di Philippe era una donna magra e, anche se il tempo, con l’età ne aveva leggermente abbassato la figura, comunque piuttosto alta.
I capelli grigi, raccolti in un perfetto chignon posizionato poco al di sopra della nuca, incorniciavano un viso gentile dagli occhi di un colore indefinito tra l’azzurro e il grigio.
A completare l’insieme, un paio di occhiali dalla montatura metallica color argento.
Anna, in piedi di fronte a una delle grandi finestre, si girò e le andò incontro.
“E così tu devi essere Anna vero?” esordì l’anziana signora con una voce squillante ed un perfetto accento francese.
“Piacere di conoscervi Madame – rispose Anna porgendole la mano destra – sì, io sono Anna”
La donna fece un gesto con la mano per invitare la ragazza ad accomodarsi su una delle poltrone foderate a righe marrone e crema che, insieme ad un divano della stessa foggia, si trovavano in un angolo della grande stanza a far da cornice ad un tavolino in stile impero.
Quando entrambe si furono ben sistemate, Anna sulla poltrona, nonna Ernestine sul divano, quest’ultima, senza troppi giri di parole, andò subito all’argomento della loro conversazione.
“Bene Anna, così tu sei qui per sapere la storia della nostra famiglia?”
“Bhè…sì – cominciò la ragazza – benché italiana, io sono un’appassionata della storia francese, in particolare di quella legata alla Rivoluzione e, volendo scrivere un libro su questo argomento, ho svolto parecchie ricerche d’archivio e….”
Ernestine non la fece terminare.
“….e vi siete imbattuta nel nome Grandier, giusto? Il mio Philippe è stato preciso a riferirmi tale particolare?”
A quella affermazione Anna dovette, suo malgrado, far bel viso a cattivo gioco e dire di sì.
Sapeva benissimo che si trattava di una colossale bugia, l’aveva inventata lei sul momento, alla sprovvista, quando, il giorno del suo incontro fortuito con Philippe, era venuta a conoscenza del suo cognome: Grandier.
Ora, non potendo più tirarsi indietro e sperando che la bugia detta non le si ritorcesse contro, le toccava perseverare nella sua affermazione.
Nonna Ernestine arricciò le labbra e, con due occhietti che sembrava la volessero scrutare per benino, disse ciò che Anna aveva appena sperato di non sentire.
“Mmmm è strano che il nome Grandier compaia da qualche parte negli archivi di quel periodo…”
Poi, come per stemperare una tensione che, forse, era venuta a crearsi solo nell’animo di Anna, agitò la mano davanti a sé ed affermò che poteva benissimo essersi sbagliata. Le ricerche che, a suo tempo, l’avevano coinvolta in prima persona risalivano a più di vent’anni prima e la sua memoria non era più quella di un tempo.
“Comunque – continuò mettendosi comoda e iniziando a sorseggiare il the che, nel frattempo, la domestica aveva appoggiato sul tavolino – la storia della famiglia Grandier è decisamente molto affascinante, soprattutto le sue origini.
Sapete, cara Anna, il mio interesse nei confronti di questa storia risale ai mesi immediatamente successivi al mio ritiro dal lavoro. Mio marito mi propose di ristrutturare questa casa per trascorrere qualche mese dell’anno vicino al mare, mi è sembrata subito un’ottima idea e ho accettato volentieri.
Quando siamo arrivati, ventisette anni fa, la casa era in pessime condizioni. Non ci abitava più nessuno da dopo la guerra e, già allora, aveva subìto ingenti danni.
Durante i lavori di ristrutturazione, mentre mi trovavo in soffitta a cercare di buttare via qualcosa, mi imbattei in un grosso baule, di quelli in legno foderato di cuoio.
Il contenuto di questo baule attirò talmente tanto la mia attenzione che praticamente mi rinchiusi in soffitta per il resto della giornata.
Dentro vi trovai una divisa, di quelle militari. Era messa davvero male, la stoffa era lacera in diversi punti e il suo colore blu decisamente sbiadito ma quando l’ho presa in mano per osservarla meglio, mi ha trasmesso una strana sensazione.
Un indumento del genere doveva aver vissuto chissà quali vicissitudini, quali avventure. Purtroppo non riuscivo a collocarla in un’epoca specifica, ma, fortunatamente, dentro quel baule, c’era dell’altro.
Sembravo una bambina mentre scarta i regali di Natale e invece ero sommersa dalla polvere, in un luogo male illuminato e freddo.
C’erano diversi libri o forse è meglio dire quaderni perché, sfogliandoli, si vedeva che erano scritti tutti a mano.
Molte pagine, purtroppo, erano ridotte male, ma sentivo che erano importanti, che era giusto restituire loro un po' della dignità che gli anni le aveva sottratto.
Le ho portate via di lì e, da quel momento, è iniziato il mio viaggio nel tempo”.
Al sentire quelle ultime parole ad Anna per poco non andò di traverso il the che stava bevendo.
…..un viaggio nel tempo….
Se solo avesse potuto parlare liberamente con quella donna…….

Il racconto di nonna Ernestine proseguiva.
“Quelli che avevo tra le mani erano diari e, essendo questa casa sempre appartenuta alla nostra famiglia, è stato naturale, per me, essere assolutamente certa che il loro contenuto parlasse dei nostri avi e, in effetti, ne ho avuto conferma leggendoli.
Essi appartenevano ad una donna meravigliosa, la madre del primo rappresentante della famiglia Grandier nato nella nuova Francia, quella successiva alla Rivoluzione”.

In quel preciso momento, se qualcuno avesse potuto ascoltare il cuore di Anna, lo avrebbe sentito battere ad un ritmo velocissimo quasi che fosse il ticchettio frenetico e continuo di un telegrafista.
Era assolutamente certa di sapere il nome di questa persona meravigliosa e, dopo più di un anno, sentirlo pronunciare da un’altra donna e non sempre da sé stessa, la emozionava e, al contempo, la riempiva di gioia.
“Questa donna si chiamava Oscar François de Jarjayes. E lei, con il marito André Grandier, hanno dato origine alla nostra famiglia.”
Nonna Ernestine fece una pausa ad effetto, durante la quale, dopo aver posato la tazzina sul tavolino di fronte, posò i suoi occhietti sottili sulla ragazza aspettando una sua possibile reazione.
Dopo qualche istante di assoluto silenzio, proseguì.
“Non ti stupire, cara Anna, se il nome che hai sentito è un nome maschile, Oscar era una donna a tutti gli effetti e anche molto bella, credimi”.
“Ohhh, lo so, ho visto il suo ritratto a casa vostra e di Philippe – disse la ragazza pensando al quadro – era proprio meravigliosa.”
“Bhé, – proseguì la donna – questa donna ha avuto una storia molto particolare. Non conosco proprio tutti i dettagli ma, per esempio, ho saputo del perché lei portava un nome maschile.
Ragazza mia non ci crederai, io stessa sono rimasta stupita, ma il padre di lei, quando è nata, non solo ha voluto darle un nome maschile ma, l’ha anche allevata come un uomo. A quanto pare in casa di questo Conte, perché lei era di origine nobile, nascevano solo figlie femmine e lui non potendone più, con l’ultima nata, ha preso la decisione di farne il suo erede.
Ma non basta, ne ha fatto anche un militare, un ufficiale. Ecco il perché della divisa, era sua”.
La nonna di Philippe era decisamente un fiume in piena. Praticamente conosceva a memoria ogni pagina di ogni quaderno che Oscar aveva scritto.
Sui diari aveva trovato scritto un resoconto piuttosto ben dettagliato anche sulla tisi che, la povera Oscar aveva contratto chissà dove e quando. Raccontava che lei e il marito André si erano trasferiti proprio lì in Normandia in un piccolo villaggio e abitavano in una piccola casetta vicino al mare. Lì, in quel luogo, Oscar si era potuta curare e, con molta difficoltà e pazienza, era riuscita a guarire dalla malattia.
“Ma non abitavano in questa casa? Non mi avete detto che è sempre appartenuta alla vostra famiglia?” chiese Anna.
“Oh certo ma, effettivamente, ti devo una piccola spiegazione. Questa casa apparteneva originariamente alla famiglia della madre di Oscar.
Quando Oscar se ne è andata via di casa, perché la nostra trisavola era un bel peperino sai, ha rinunciato al suo titolo nobiliare per combattere a fianco del popolo parigino insorto.
Solo dopo alcuni anni, quando la Rivoluzione aveva mietuto le sue vittime, Oscar ricevette in dono dalla madre questa casa, e da allora appartiene alla nostra famiglia”.
“Ma, scusate, se Oscar era un ufficiale militare e, come dite voi, aveva combattuto a sostegno del popolo insorto, come mai io non ho trovato il suo nome in nessuno dei documenti che ho esaminato durante le mie ricerche?”
 “Oh cara, anch’io mi sono posta la stessa tua domanda, sai? L’unica spiegazione plausibile è, credo, dovuta al fatto che lei aveva formalmente lasciato l’esercito. E poi, Oscar ha preso parte ai movimenti rivoluzionari solo il 14 di luglio, sarà per quello che i documenti non ne parlano.
La conversazione proseguì fin quasi all’ora di cena.
Anna non avrebbe mai voluto uscire da quella stanza. Era piacevole chiacchierare con quella donna. Ogni tanto, durante i preziosi resoconti che riferiva, faceva qualche commento critico, a volte, decisamente divertente.
Nel complesso la vita di Oscar e André, dopo quel 14 luglio, si era svolta in modo sereno. I due ragazzi erano partiti per la Normandia nel settembre del 1789 quando, all’indomani dell’emanazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, la loro differenza di classe non era più così marcata come prima e si erano sposati in una piccola chiesa di Arromanches, davanti a poche persone il 23 di settembre.
A Parigi non erano più tornati, la loro vita, in quell’angolo di mondo vicino al mare, aveva trovato la giusta dimensione e, della grande città, come di tutto ciò che vi stava intorno, non avevano mai più sentito la mancanza.
Anna era molto soddisfatta della chiacchierata con nonna Ernestine soprattutto perché le due donne si erano riproposte di vedersi ancora. A quanto pare la nonna aveva numerosi aneddoti interessanti anche sul suo intraprendente contributo a favore della Resistenza Francese durante l’ultima guerra.
Era veramente una donna speciale Ernestine. Nell’osservarne i modi di fare, il carattere grintoso e la forte personalità, Anna non poteva non notare delle notevoli similitudini con Oscar.
Sarebbero state bene insieme, sicuramente si sarebbero trovate reciprocamente molto simpatiche.

******

La domenica mattina i ragazzi avevano in programma una visita ad Arromanches. In paese c’era una fiera, avrebbero fatto un giro tra le bancarelle, si sarebbero concessi un pranzo a base di frutti di mare e una passeggiata in riva al mare tra i resti del porto artificiale americano, muti testimoni dello sbarco alleato del ’44.
La giornata sembrava promettere bene, come la precedente anche se all’orizzonte si intravedevano diverse nuvole.
All’interno della grande casa Anna si stava aggirando per i corridoi in cerca di Thierry. Lui era uscito presto e, erano d’accordo di trovarsi nell’atrio al piano terra, ma lì non c’era nessuno.
Dov’era finito? Si chiese la ragazza.
Tornò nuovamente sui suoi passi ma senza risultati.
Era da un po' che camminava a vuoto quando, dal corridoietto laterale che portava alle stanze di nonna Ernestine, con la coda dell’occhio, vide uscire una figura alta con un maglioncino rosso.
“Thierry! – lo chiamò – ma dove eri finito? E’ da due ore che ti cerco! Dobbiamo andare!”
Lui si girò di scatto leggermente spaventato, come se fosse stato colto in fallo a fare qualcosa di proibito, ma subito i suoi occhi si addolcirono in uno sguardo che la abbracciava anche da lontano.
Quando Anna si avvicinò a lui notò, sul suo viso, un lieve rossore e, istintivamente, gli accarezzò una guancia.
“Tutto bene tesoro? C’è qualcosa che non va?”
“No, figurati, niente, niente – rispose lui portandosi una mano alla nuca – Ehm… nonna Ernestine mi ha cercato per un parere tecnico…. in ogni caso stavo proprio per venirti a chiamare, ha bisogno di parlarti. Se vuoi ti aspetta. Ha detto che non ti tratterrà molto...”
Anna acconsentì a quella richiesta. Nel tardo pomeriggio sarebbero dovuti rientrare a Parigi, una ulteriore breve chiacchierata con la nonna di Philippe era un piacevole fuori programma.
Entrò nello stesso salottino del giorno prima e, davanti al caminetto acceso, la signora Ernestine era seduta su una bella poltrona d’epoca. Appena la vide entrare la donna la invitò ad accomodarsi sulla poltrona gemella posta di fronte alla sua.
“Volevate vedermi Madame?”
“Oh certo cara, devo dirti una cosa”.
Anna si sedette in poltrona, in attesa di ascoltare ciò che la donna stava per dirle.
“Ieri ti ho raccontato una bella storia, – iniziò nonna Ernestine guardandola negli occhi – una storia di cui io vado molto orgogliosa. Anche se io di questa famiglia faccio parte solo da quando ho sposato il mio caro Armand, ci tenevo a dirti quanto io sia legata ad essa e alle persone che ne hanno fatto parte. La famiglia Grandier affonda le sue radici in un lontano passato ma, come tu sai, è dal 700 che ne conosciamo le vicissitudini.
Ma c’è una cosa che io ieri non ti ho detto. Una cosa importante che, come le altre, ho appreso leggendo le pagine del diario di Oscar.
Vedi Anna, se questa famiglia è arrivata fino ai giorni nostri, lo dobbiamo unicamente ad una persona.
Una persona che, senza pensarci troppo, mossa solo dall’affetto e dalla riconoscenza, non ha esitato un solo istante a offrire la propria vita per mettere in salvo quella di Oscar”.
Nonna Ernestine fece una piccola pausa, durante la quale fissò ancora più intensamente il suo sguardo in quello della ragazza che aveva di fronte.
Anna, invece, dopo l’ultima frase pronunciata dalla nonna, era stata colta da un’agitazione sorda, una strana sensazione.
Iniziava a sentire caldo, sarà stata la vicinanza al caminetto acceso? Eppure fino a poco prima non avvertiva nulla….
La donna proseguì.
“Sai, Anna, c’è una strana storia legata a questa persona. Oscar stessa ha confessato, nel suo diario, di aver subito dubitato di quanto le era stato portato a conoscenza.
Un episodio, però, le ha mostrato chiaramente che, invece, poteva essere tutto vero.”
Il cuore di Anna era sempre più agitato, le parole della nonna di Philippe le danzavano intorno come sirene dal canto suadente. Un’altra volta, altre tessere di un intricato puzzle, si stavano lentamente unendo. Ma, questa volta, erano tessere di un identikit e il volto che stava apparendo piano piano …… era il suo.
“Devi sapere che questa persona, questa ragazza, che ha salvato la vita ad Oscar restando colpita al suo posto da un’arma da fuoco davanti alla Bastiglia, ha rivelato, in una lettera, di provenire dal futuro.
Quando Oscar e André sono andati, il giorno dopo, il 15 luglio, nella chiesetta dove Oscar stessa aveva dato disposizione di portare il corpo della ragazza per le esequie, ebbene, la salma era sparita. Nessuno ne sapeva niente, nessuno aveva visto.
Da quel momento Oscar ha sempre pensato che, in qualche modo, colei che le aveva salvato la vita era tornata a casa sua, da dove diceva di provenire. Dal futuro”.
Le parole che la signora Ernestine pronunciò subito dopo non recavano ombra di dubbio o incertezza, nessuna esitazione.
“Sei tu quella persona, vero Anna? O forse è meglio dire Anne?”
In quel preciso istante tutto scomparve. Il caminetto, il tavolino che vi era di fronte, le pareti e i quadri che le ricoprivano, i tappeti sul pavimento, il soffitto, tutto quanto.
Anche nonna Ernestine scomparve.
Anna si trovava in un luogo ampio, senza alcun riferimento architettonico, circondata da una strana luce o forse era nebbia?
Non c’erano rumori intorno a lei, o forse era lei che non li udiva? Uno strano ronzio si era impossessato delle sue orecchie, cosa stava succedendo? Ogni tanto, dalla nebbia, apparivano delle ombre che, avvicinandosi sempre più, svelavano la loro immagine nitida e ben definita. Erano uomini e donne del XVIII secolo, con i loro abiti sfarzosi, le ricche acconciature, ma anche abiti semplici, a volte sporchi, laceri e, in mezzo a loro, i volti di Oscar, André, Alain, Marie, il Generale Jarjayes.
Anna era come paralizzata, avrebbe voluto toccarli, parlarci ma tutto in lei restava fermo, immobile, statuario.
E faceva caldo, molto caldo, e il suo cuore batteva. Forte.
……..
“Anna, ti senti bene cara?
……..
“….Anna..?”
Quella voce, che sembrava provenire da lontano, riportò la ragazza alla realtà.
La nebbia si dissolse, la stanza e tutto ciò che conteneva, si resero nuovamente visibili, il caldo smise di opprimerla anche se il cuore manteneva i suoi battiti accelerati. 
Davanti a lei nonna Ernestine la stava guardando e, sporgendosi un poco dalla seduta, le aveva appoggiato una mano sopra la sua che, se ne accorgeva soltanto ora, stringeva forte il bracciolo.
Per qualche istante ancora Anna restò in silenzio.
Poi, quando anche il cuore sembrava essere tornato alla normalità, si decise a parlare.
Avrebbe potuto negare, ma, in fondo, che motivo c’era per farlo? Era inutile continuare a vivere tenendosi tutto nascosto, soprattutto con la famiglia di Philippe. Qualunque conseguenza avesse dovuto subire era meglio del silenzio che l’aveva accompagnata fino a quel giorno.
“….voi come …… come avete fatto a scoprirlo?”
I tratti del volto di nonna Ernestine assunsero un’espressione dolce e comprensiva.
“Il ritratto” disse sorridendo.
Anna aggrottò le sopracciglia in una muta domanda, alla quale nonna Ernestine rispose subito.
“Quando ti ho parlato di Oscar ti ho detto che era una donna molto bella, ma non ho mai detto che il ritratto che si trova a casa mia a Parigi la raffigurava”.
Il ritratto…..
Il ritratto…..
Era proprio bello quel quadro, Anna lo aveva sempre sostenuto. E le piaceva molto fermarsi a guardarlo quando si trovava da Thierry.
Ad un tratto le venne da ridere.
Era decisamente divertente…
“Perché stai ridendo cara?”
Anna si alzò dalla poltrona e andò verso la finestra.
Il grande prato, che accoglieva i visitatori al loro ingresso, era illuminato dal sole mattutino. Davanti all’abitazione, Thierry, Philippe e Françoise aspettavano lei per andare alla fiera.
Sarebbe stata una bella giornata. Una bella giornata in un bell’angolo di mondo.
Era la prima volta che Anna visitava la Normandia e se ne era innamorata subito anche solo guardandola dal finestrino della macchina.
Si girò verso nonna Ernestine, il volto sollevato. Non sapeva come, o forse sì, ma adesso che il suo “segreto” era stato svelato, si sentiva meglio, più leggera, più serena.
“Grazie a voi mi sono tolta un grosso peso dal cuore.
Sì, sono proprio io quella persona.
Mi dispiace avervi mentito e non avervi detto subito la verità. In effetti io non avevo idea che voi conoscevate la mia storia. A me bastava sapere che Oscar fosse guarita dalla tisi e che la sua vita fosse andata avanti nel migliore dei modi.
Sapeste quanto ho cercato negli archivi francesi… adesso so che è stata felice e questo mi basta”.
La signora Ernestine le prese le mani tra le sue in una stretta rassicurante.
“Sono felice anch’io di averti trovata. Non avevo alcun dubbio riguardo alle parole di Oscar, ma l’eventualità di trovarti era pressoché impossibile, fino a ieri. Adesso ti posso ringraziare dal più profondo del mio cuore per aver reso possibile tutto ciò.”
E con la mano indicò la parete a fianco del caminetto che, alle sue spalle, recava appesi diversi ritratti e fotografie di uomini, donne e bambini.
La famiglia Grandier al completo, una mescolanza di morbidi ed eleganti abiti in stile impero, austeri vestiti ottocenteschi, divise militari, sinuose gonne anni ’30, fino alle mise dei giorni nostri.
 
Prima di lasciarla andare, nonna Ernestine raggiunse un piccolo scrittoio e ne trasse fuori una scatola piuttosto grande in latta color rosso.
La aprì e prese al suo interno una serie di piccoli quaderni con la copertina nera.
Si avvicinò ad Anna e le mise gli oggetti tra le mani.
“Ecco qua, cara Anna. Questo è il diario di Oscar. Voglio che lo tieni tu”
“….ma io….no, non posso.” protestò la ragazza respingendo l’oggetto.
“Insisto – rispose la nonna – hai tutti i diritti di tenere questi documenti. Senza di te, senza il tuo aiuto, noi non saremmo qui adesso. Te li meriti. Oscar avrebbe voluto così, ne sono certa.”
Anna strinse tra le mani quei quaderni. Era un po' come abbracciare Oscar.
Si ricordò improvvisamente che, in tutti i mesi in cui era stata al suo servizio, anche quando il loro rapporto si era intensificato, non l’aveva mai abbracciata. Avrebbe voluto farlo, in tante occasioni, ma non era mai stato possibile. Ora, quel gesto, a distanza di così tanti anni, anche se non nella maniera consona, trovava la sua realizzazione ed era la cosa più bella del mondo.

******

Arromanches, 01 gennaio 1792

E’ iniziato un nuovo anno ed io, seduta allo scrittoio di questa camera da letto, ho deciso, da questo momento, di affidare alle pagine di questo diario, il racconto della mia vita.
E’ da diversi mesi che ho manifestato questo desiderio ma, finora, non avevo mai avuto l’occasione di concretizzarlo.
Per il giorno di Natale, il mio caro André ha reso possibile questa intenzione regalandomi questo piccolo quaderno.
Perché faccio tutto questo? Semplice, per tramandare i miei ricordi alle persone che verranno dopo di me, alla mia famiglia futura, ma anche, e soprattutto, per far sapere ad una persona a me molto cara che ho ascoltato i suoi consigli, ho fatto tutto ciò che mi ha detto e adesso sono guarita dalla tubercolosi.
E sono felice.

Cara Anne, ovunque voi siate, voglio che sappiate che vi sarò eternamente riconoscente per tutto ciò che avete fatto per me. Il vostro gesto è quanto di più grande, nobile e prezioso che una persona possa fare per un’altra.
E quell’altra persona sono io. Io che, ancora adesso, non mi ritengo degna di un simile sacrificio. Io che vi ho cacciata da casa mia perché avevo paura di mostrarmi debole e indifesa, incapace di lottare per difendere quanto di più bello mi era stato concesso con l’amore di André, accettando senza reazioni un responso dall’esito, per me, ineluttabile.
Ma voi, con la caparbietà tipica delle persone che vogliono il nostro bene, avete insistito e avete ceduto solo di fronte ad una verità talmente grande e incredibile da non volermela svelare a vostro svantaggio.
Adesso voglio dirvi, cara Anne, che io vi credo. Credo nel viaggio singolare che vi ha portata qui da me. E sono fermamente convinta che tutto questo sia il frutto di un disegno preciso di chi, evidentemente, mi vuole molto bene.
Per questo motivo non ho intenzione di deludervi e farò di tutto per vivere la mia vita nel modo più completo, gioioso e bello possibile.
A contribuire alla mia gioia, oltre al caro André divenuto mio sposo due anni fa, da cinque giorni ci pensa il piccolo Joseph Pascal Augustin.
Non posso ancora credere di essere diventata madre, eppure è così. Dentro la culla, posta a fianco di questo scrittoio, riposa questo bellissimo bambino. E’ sano e robusto e un giorno conoscerà la mia storia e anche la vostra.

Anne, sono sicura che il destino vi abbia fatto tornare a casa e pregherò sempre perché un giorno voi possiate leggere queste pagine e sapere che se sono felice lo devo unicamente a voi.

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 La visita alla fiera era andata benissimo. Anna aveva comprato sidro e formaggio da portare in Italia ed ora i quattro ragazzi stavano ammirando il mare comodamente seduti su una delle panchine a fianco del Museo dello Sbarco.
Ad un certo punto Thierry si voltò verso Anna e le chiese di seguirlo, voleva farle vedere una cosa.
Si incamminarono verso la falesia ad ovest.
Anna, con il tempo, aveva imparato a non chiedere a Thierry la méta del loro cammino, sapeva di per certo che il ragazzo non avrebbe accontentato la sua richiesta, era fatto così, lui amava stupire.
Dopo circa una decina di minuti Thierry si fermò e si guardò intorno, come se cercasse qualcosa.
Borbottò alcune parole incomprensibili, si schiarì la voce, poi si girò verso Anna e tirò fuori dalla giacca un piccolo pacchettino.
“Ecco Anna, questo è per te. Buon compleanno!”
La ragazza lo guardò stupita.
“Ma il mio compleanno è fra due settimane….”
“Oh lo so tesoro, ma questo è un posto speciale e chissà quando potremo tornarci e…. dai aprilo”
Anna prese tra le mani il pacchetto. Non aveva idea di cosa potesse esserci dentro, aveva le dimensioni di un libro, ma non era così pesante.
Sciolse il nastro azzurro e tolse la carta verde smeraldo. Adesso aveva in mano una scatola color crema. La aprì e, scostata la carta velina, vide due guanti in pelle color rosso.
Sorrise. Anche Thierry aveva un paio di guanti identici.
“Misurali, non ero sicuro della taglia” la esortò il ragazzo.
Anna prese il guanto sinistro e iniziò ad infilarselo.
Aveva quasi fatto quando le sue dita si fermarono. C’era qualcosa dentro quel guanto.
Anna tolse la mano e, con la destra, iniziò a frugarci dentro.  Le sue dita toccarono qualcosa di duro e piccolo. Lo afferrò e lo tirò fuori.
“E questo cosa significa?” chiese tenendo tra le dita un piccolo anello sul quale spiccava, in bella vista, un brillante che sembrava quasi sospeso sulla fascetta d’oro bianco.
Thierry la stava guardando con un sorrisetto vagamente birichino sulle labbra.
“Oh, assolutamente niente Anna. Voglio solo che mia moglie abbia sempre le mani calde!”
Una luce gioiosa illuminò gli occhi ed il sorriso di lei che allargò le proprie braccia per accogliere Thierry e stringerlo in un lungo abbraccio.
Quando si staccarono, qualche minuto dopo, fu il ragazzo a prendere la parola.
“Sai, nonna Ernestine mi ha raccontato che pressappoco in questo punto del paese, nel lontano 1789, André Grandier ha chiesto alla sua Oscar di sposarlo. Mi è sembrato un ottimo posto anche per me…”
Anna si sollevò leggermente sulla punta dei piedi e stava per baciare il suo futuro marito, quando la mano di lui si frappose a quel contatto appoggiando le dita sulle labbra di lei.
“C’è un’altra cosa che ti devo dire…. anzi, mostrare. Solo alcuni passi. Seguimi.”
Quando si fermarono, Thierry indicò ad Anna una casa in pietra grigio chiara con il tipico tetto di ardesia scura. Era una casa semplice disposta su due piani, una piccola porta centrale fungeva da ingresso. Ai lati due grandi finestre bianche, gemelle di quelle al piano superiore. Un piccolo prato all’inglese la separava dal cancello in legno, sempre bianco che, a sua volta si affacciava sulla passeggiata vista mare.
“Stamattina – disse Thierry – nonna Ernestine mi ha consegnato dei documenti. Non te li mostro perché sono piuttosto noiosi. E’ importante il loro contenuto. Ha detto anche che Oscar sarebbe stata d’accordo”.
Detto ciò appoggiò le proprie mani sulle spalle di lei, che gli stava davanti. La strinse a sé più che poteva poi, chinandosi verso di lei, avvicinò le labbra alle sue orecchie e bisbigliò:
“Madame, le presento la nostra nuova casa”.

Lì, in quella splendida giornata di novembre, davanti a quella casa, vicino a quell’uomo che amava con tutto il cuore, il suo futuro marito, Anna comprese che il suo viaggio era veramente finito.


 

 

   
 
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