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Autore: Tinkerbell92    27/12/2016    0 recensioni
Circa dieci anni prima dell'incontro tra Kagome e Inuyasha, la duchessina danese Freya Stormarn viene promessa in sposa contro la propria volontà al cugino Duncan.
Incapace di accettare la situazione, Freya decide di fuggire, prendendo denaro e qualche gingillo dalla stanza della defunta nonna, la quale era sospettata di praticare arti magiche e stregoneria.
Uno dei gingilli, infatti, si rivela capace di trasportare le persone in luoghi lontani nel giro di una manciata di secondi e, dopo averlo inavvertitamente attivato, Freya si ritrova in Giappone, sola e confusa.
Tra incontri con singolari personaggi, sfide pericolose e inquietanti versi di una misteriosa profezia, la ragazza intraprenderà un viaggio alla ricerca di un modo per tornare a casa, compiendo un importante percorso di crescita interiore che la trasformerà da ragazzina viziata, impulsiva e irresponsabile a donna matura, indipendente e sicura di sé.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Squadra dei Sette
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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A Swan Song
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- Siete sicura di esserVi svegliata del tutto, duchessina? Volete che Vi pizzichi le guance?
- Sono sveglissima – mentì Freya, sbadigliando e tenendo d’occhio le dita di Makino, visibilmente ansiose di serrarsi in perversi pizzicotti sulle sue gote piene e morbide.

Non le era mai piaciuto alzarsi presto la mattina ed il trovarsi fuori dalle mura del castello all’alba era stato decisamente traumatico.  
Come se non bastasse, il suo abbigliamento nordico, ritenuto inadatto al viaggio, era stato sostituito da uno stranissimo completo giapponese azzurro, bianco e blu, che non sarebbe stato pessimo se non fosse stato per i pantaloni.
“Che cosa imbarazzante” pensò la duchessina, mentre Reika lasciava le ultime raccomandazioni ai fratelli e al padre, che le avevano accompagnate al cancello principale “Posso capire tutto, ma i pantaloni no! Fortuna che mi hanno almeno permesso di portare la mia mantella…”
- Quindi andremo a piedi? – domandò sconsolata, rivolgendosi a Makino – Vedo un solo cavallo già sellato e pronto per la partenza…    
- Sì, il cavallo vi servirà per portare borse e provviste. Non sarà un viaggio troppo faticoso, non preoccupateVi.
- Fidati, è meglio così – s’intromise Reika, voltandosi con un sorrisetto furbo – Nessun cavallo può salire alla vetta della strega senza rischiare di rompersi qualcosa, tanto vale portarne soltanto uno e lasciarne il più possibile a disposizione dell’esercito. Senza contare il fatto che dubito tu sappia cavalcare seriamente.
- Io so cavalcare! – protestò la danese – Solo perché non sono una guerriera non significa che…
- Solitamente cavalchi tenendo le gambe unite, giusto? – la interruppe Yori in tono calmo – E’ questo che Reika intende dire. Vista la tua avversione ai pantaloni, ci viene facile pensare che tu non sia avvezza a cavalcare con una gamba per lato.    
- Cioè come un uomo? – inorridì Freya, quietandosi all’istante non appena realizzò di essersi offesa inopportunamente – Oh, capisco… no, mia madre non ha mai permesso a me e mia sorella di cavalcare in quel modo, lo trova volgare.
Reika le strizzò l’occhio sorridendo, per poi tornare seria e fredda quando si rivolse nuovamente al padre: - Ho mandato delle spie per controllare Nakagawa, giusto per farvi sentire più sicuri, ma, come ho già detto, dubito fortemente deciderà di attaccare durante la mia assenza.
- Ti ringrazio – replicò distrattamente l’uomo.
- Faremo il possibile per tenerci pronti – soggiunse Mitsurugi, tenendo lo sguardo basso e grattandosi la nuca – Sto rispolverando varie strategie militari, sperando non ce ne sia realmente bisogno.  
- Nessuno ci coglierà impreparati! – fece eco Kaito con entusiasmo – Ah, spero incontriate i Sette, così potrete chiedere di nuovo i loro servigi! Ricordatevene, mi raccomando!
- Ho mai scordato qualcosa di importante, scricciolo? – lo punzecchiò Reika, dandogli un buffetto sul naso – Non preoccupatevi, sarò di ritorno il prima possibile. E sì, accompagnata dai Sette, se tutto andrà bene.
- Buon viaggio, figlie mie – salutò Sasaki Shigen col solito tono apatico, ricevendo risposta soltanto dalla rossa.
Freya cercò di nascondere la punta di imbarazzo che le provocava il rapporto tra Reika ed il padre, si avvicinò al feudatario e si esibì in un piccolo inchino: - Arrivederci, mio signore, Vi ringrazio per la Vostra ospitalità e la Vostra gentilezza.
- Arrivederci a Voi, mia signora – rispose quello – E’ stato un piacere.
Scambiati gli ultimi convenevoli con Mitsurugi, Kaito e Makino (la quale ne approfittò per pizzicarle le guance) la duchessina afferrò distrattamente le redini del cavallo e, tenendo lo sguardo fisso all’orizzonte, cominciò ad incamminarsi insieme alle due nuove amiche verso la vetta della misteriosa majo.


Dopo un paio d’ore di camminata, Freya reprimeva con immensa fatica l’impulso di montare sul cavallo o chiedere una pausa. Fosse stata in Danimarca, circondata da famigliari e servitù, non ci avrebbe pensato due volte a sfruttare qualsiasi agevolazione possibile (a dir la verità,  fosse stata in Danimarca non avrebbe mai e poi mai intrapreso un viaggio di giorni a piedi e con pochi lussi), ma in quel frangente preferiva tenere la bocca chiusa e stringere i denti, provando a distrarsi con le bellezze del paesaggio che la circondava e ascoltando i discorsi delle due sorelle.
Per la prima volta in vita sua vedeva le proprie necessità come un possibile segno di debolezza: cosa avrebbero pensato quelle donne guerriere, così forti e indipendenti, se si fosse messa a piagnucolare perché si sentiva stanca e le sue gambe urlavano vendetta? Di certo l’avrebbero derisa, oppure l’avrebbero assecondata pensando “povera principessina debole e viziata!”
No, mai e poi mai avrebbe permesso a qualcuno di giudicarla così, soprattutto a Reika.
Le gettò uno sguardo furtivo nel momento in cui la guerriera era troppo impegnata a discutere di incomprensibili faccende politiche con Yori per accorgersene: i suoi capelli corti puntavano in tutte le direzioni, anche se Freya non aveva idea se fosse un effetto voluto o un semplice segno di trasandatezza; indossava pantaloni simili ai suoi, solo che neri, protezioni varie su spalle, avambracci, stinchi e ginocchia ed il suo busto era protetto da una resistente armatura finemente decorata, che non mancava però di metterle in risalto il petto generoso.
“Mi interessa troppo la sua opinione” pensò al duchessina, distogliendo immediatamente lo sguardo dal decolleté dell’amica “Perché mi interessa tanto quello che lei pensa di me? La conosco appena! Cosa può…”
- Sei ancora tra noi, mia signora?
Il brusco ritorno alla realtà portò la biondina ad inciampare su un sasso, restando in piedi per miracolo. Fece appello a tutto il proprio autocontrollo per non offendersi quando le compagne si lasciarono sfuggire una risatina.
- Stavo solo pensando a cose mie – replicò con nonchalance, lisciandosi le pieghe dei pantaloni – A che punto siamo?
- Non molto distanti da un villaggio, se vuoi riposare possiamo fermarci lì per un’ora – disse Yori col solito tono cortesemente neutrale.
La tentazione di chiedere una pausa era veramente forte, ma non quanto il timore di apparire debole agli occhi delle due ragazze. Freya si morse la lingua e, dopo aver chiesto mentalmente perdono al proprio fisico, si sforzò di sorridere: - No, dai, non ho l’impellente bisogno di fermarmi… magari possiamo fare una pausa direttamente al villaggio successivo. Quanto dista?
- Una quarantina di minuti a piedi – rispose Reika – Questo è il percorso più breve per arrivare dalla majo, oltre che il più sicuro, ma, purtroppo, si trova in estrema periferia, quindi i villaggi sono molto più radi e sparpagliati.
- Non c’è problema, davvero.
Piangendo disperatamente dentro di sé, la duchessina gonfiò il petto con fare spavaldo ed alzò il mento fingendosi agguerrita. Restò abbastanza perplessa non appena vide una specie di carro a quattro ruote giungere dalla direzione opposta alla loro.
- Quelli chi sono?
Yori diede un’alzata di spalle: - Probabilmente trasportatori di merci. Spostiamoci di lato, così non avranno problemi a passare.
- Solitamente sono gli altri a doversi spostare per far passare me – disse la danese abbozzando una battuta, mentre il carro si avvicinava sempre di più. Non appena si trovò a pochi passi di distanza dalla ragazze, invece che proseguire, il cocchiere tirò le redini dei due cavalli, arrestando la marcia.
Era un uomo sulla quarantina, completamente calvo e col mento coperto da un pizzetto nero. Dietro di lui, seduto scompostamente sul coperchio di legno che celava la merce trasportata, un ragazzino dal sorriso furbo scrutava il trio femminile con aria curiosa.
- Salve, mie signore – salutò educatamente il conducente del carro – Perdonate la mia indiscrezione, ma non posso fare a meno di domandarmi come mai tre ragazze viaggino da sole per questi sentieri deserti.
- Sappiamo cavarcela – rispose Reika, sostenendo con fierezza lo sguardo dell’uomo – Se siete preoccupato per noi, posso assicurarVi che non ne avete alcun motivo.
- Perché quella ragazza ha i capelli gialli? – s’intromise il ragazzino, indicando Freya – E’ forse un demone?
- Shinji, non essere maleducato! – lo rimproverò il cocchiere, rivolgendo poi uno sguardo desolato alle giovani viaggiatrici – Perdonate mio figlio, è poco più che un bambino e non ha ancora imparato a tenere a freno la lingua.
- Nessun problema, signore – assicurò la duchessina – Comunque no, non sono un demone.
- La mia amica è straniera – spiegò Reika con fare spiccio – Visto che giungete dalla direzione opposta alla nostra, posso chiederVi da dove siete partito e se il viaggio è stato tranquillo?
- Arrivo dal villaggio di Ikeda, sono in viaggio da un paio di giorni. Fortunatamente non ho incontrato ostacoli finora, il tratto che mi preoccupava maggiormente era il sentiero che collega il villaggio di Ueda al feudo di Imagawa, ma grazie agli dèi è andato tutto bene.
- Noi raggiungeremo quel tratto nel pomeriggio – osservò Yori, facendo un rapido calcolo mentale – Come mai Vi spaventa tanto?
- Immagino non siate mai passate per quella zona negli ultimi due anni – ipotizzò l’uomo, ricevendo un cenno affermativo da parte di Reika – Sono accadute cose strane lì, ultimamente. Cose strane e spiacevoli. La gente ha cominciato a chiamare quel pezzo di strada “Il Sentiero Maledetto”.
- Cose strane e spiacevoli? – domandò Freya, logorata dalla curiosità – Ad esempio?
- Alcune persone sono state uccise – s’intromise il giovane Shinji – Le hanno trovate sul ciglio della strada, tutte piene di sangue e con un’espressione di terrore dipinta sul viso. Altre persone, invece, sono arrivate ai villaggi con la faccia sfigurata, qualcuno aveva aperto loro la bocca da un orecchio all’altro. Così, capite? – si tirò gli angoli delle labbra con le dita, esibendosi in una serie di smorfie – Però loro erano proprio squarciati. Ne ho visto uno a cui avevano appena ricucito le ferite, sembrava un mostro!
- Shinji, non mancare di rispetto! – l’apostrofò il padre –Il mostro è chi compie delle simili nefandezze, prendendosela con degli innocenti, non chi ha avuto la sfortuna di incontrarlo, restando sfigurato. Provo così tanta compassione per quella povera gente costretta a vivere nel terrore… vedete, mie signore – continuò, rivolgendosi alle tre ragazze – è evidente che siate delle donne forti, sicure di voi stesse, noto anche che vi portate delle armi appresso. Però vorrei comunque consigliarvi di fare attenzione quando vi troverete sul Sentiero Maledetto. Se proprio non potete evitarlo, almeno cercate di attraversarlo in fretta e con cautela, magari prima che faccia buio.
- Saremo prudenti – promise Reika – E Vi ringraziamo per averci avvisate…
- Il mio nome è Eiji, mia signora – l’anticipò quello con un sorriso – Trasporto merci di qualsiasi tipo in ogni feudo o villaggio della zona Nord-Ovest del Giappone! Volendo, però, posso spingermi anche al di fuori dei miei confini usuali, quindi, in caso abbiate bisogno di una consegna speciale, sarò lieto di offrirvi i miei servigi. Basterà recarsi da queste parti e chiedere di Eiji: appena possibile sarò da voi.
-  Lo terremo a mente – rispose cordialmente Yori – Buon proseguimento, signor Eiji.
- Altrettanto, mie signore.
Freya colse l’occasione per restare ferma qualche secondo in più fingendo di osservare il carro allontanarsi, poi si costrinse a riprendere il cammino insieme alle altre due.


 La sosta di mezzogiorno rappresentò una forma di sollievo piuttosto limitata; Freya sperava ingenuamente che bastasse sedersi e mangiare qualcosa per recuperare le forze, ma si rese conto in fretta di essersi sopravvalutata.
Solo un pensiero le permetteva di distrarsi e ignorare le proteste del proprio fisico spossato: era curiosa di vedere il tratto di strada su cui Eiji le aveva messe in guardia.
Come previsto da Yori, raggiunsero il Sentiero Maledetto nel pomeriggio.
La duchessina aguzzò la vista, cercando di cogliere ogni dettaglio del paesaggio circostante; il pericoloso sentiero, tuttavia, appariva come una semplice e lunga stradina in terra battuta, in cui, di tanto in tanto, si immettevano piccole vie secondarie come quella da cui lei e le ragazze erano giunte. Passava in mezzo ad uno sparuto boschetto e proseguiva dritto fino a perdersi all’orizzonte; sforzando un po’ gli occhi, si poteva scorgere in lontananza il tetto scuro del feudo di Imagawa.
- Tutto qui? – si lasciò sfuggire la bionda con una punta di delusione – Questo è il sentiero di cui parlava il carrettiere?
Reika si lasciò sfuggire una risatina: - Che ti aspettavi, un viale buio in mezzo ad una foresta con draghi, demoni e fantasmi? Non siamo in una fiaba, tesoro.
- Qualcosa di sicuro c’è – intervenne Yori con fare pacato, notando il cipiglio che già stava per oscurare il volto della duchessina – Ma è una minaccia recente, che probabilmente sa nascondersi bene ed esce allo scoperto quando vuole.
- Va bene, va bene – tagliò corto Freya, cercando invano di non mostrarsi offesa – Proseguiamo.
Aveva ormai capito che i modi di Reika erano brutalmente diretti e tendenti ad un perenne sarcasmo, eppure non riusciva ad evitare di prendersela ogni volta che la guerriera le rispondeva in tono saccente e irrisorio. Era sempre stata una persona estremamente sensibile e, fino a quel momento, nessuno, eccetto sua madre, aveva mai osato ferire tanto il suo orgoglio.
“Stronza insensibile” pensò tra sé “Non ne posso più delle tue rispostine odiose! Giuro che alla prossima io ti…”
- Ferme!
L’ordine perentorio di Yori destò la duchessina da ogni invettiva personale. Freya si guardò attorno con fare nervoso, cercando di individuare il problema; le espressioni tese sul volto delle sue compagne non promettevano nulla di buono.
- Che succede?
La rossa avanzò di qualche passo con fare circospetto: - Ho visto qualcosa muoversi poco avanti a noi, fuori dal sentiero, proprio in mezzo a quei due alberi lì…
- Ne sei sicura? – domandò la duchessina – A me sembra che lì in fondo sia tutto tranquillo… il tizio del carretto aveva detto che il tratto è più pericoloso di sera, no? Sai, a volte io mi faccio suggestionare e…
- Yori non è suggestionabile – la interruppe Reika in tono piatto, serrando la mano sull’impugnatura del proprio anello di metallo – Ricordati che non è umana. Ha una possibilità molto ridotta rispetto a noi di sbagliarsi su qualcosa.
- Non sono comunque infallibile – mormorò la rossa, sfoderando lentamente due coltelli – Ma preferisco controllare.
- Tu a sinistra, io a destra – stabilì Reika, avanzando cautamente.
Freya sospirò, accarezzò la testa del cavallo (che era stato tranquillo e diligente per tutto il giorno) e si sedette su un grosso masso che spuntava sul ciglio della strada: - Io vi aspetto qui.
Dava le spalle al cupo boschetto che circondava il sentiero e, per passare il tempo, si era messa a giocherellare con il ciondolo che portava legato al collo. Di tanto in tanto, il cavallo muoveva le zampe anteriori, portandola a sollevare lo sguardo nella speranza che le amiche fossero tornate.
- Sai – disse ad un certo punto, rivolgendosi alla bestiola – Credo proprio che la tua padrona mi reputi una specie di nullità. E tutto perché nessuno mi ha insegnato a combattere, o a camminare per ore senza fare una sosta, o a governare… nella mia società i ruoli degli uomini e delle donne sono ben definiti, sai? Beh, anche qui mi sembra che le cose non vadano poi tanto diversamente, però lei cerca di remare contro questi ruoli e mi mette in confusione. Non ci sono abituata, ecco. Questo non è il mio mondo. Probabilmente lei mi odia, anche se non mi spiego perché abbia deciso di aiutarmi, né perché mi stia facendo tanti problemi riguardo quello che pensa… non mi spiego nemmeno perché sto parlando con un cavallo!
Serrò le braccia attorno alle ginocchia ed assunse un’espressione afflitta: - Sto diventando pazza…
Un brusco movimento la destò da qualsiasi riflessione: l’equino si era voltato nella sua direzione ed aveva lanciato un nitrito allarmato.
- Cos’hai? – domandò la ragazza – Perché sei così spaventato? Ti giuro che non mi sono mossa!
Fu soltanto quando terminò la frase che percepì l’inquietante presenza alle proprie spalle.
Si alzò in piedi di scatto, si voltò e indietreggiò di qualche passo verso l’animale, fermandosi però all’istante non appena vide chi si era appostato dietro di lei.
- Oh, chiedo scusa – balbettò la bionda – Mi avete spaventata.
La persona con cui stava parlando era una ragazzina minuta dalla carnagione tanto pallida da apparire quasi spettrale; dimostrava a malapena diciotto anni e raggiungeva a stento il metro e sessanta d’altezza. I suoi capelli neri scendevano dritti fino alle anche e presentavano delle strane striature scarlatte, mentre i suoi occhi, grandi ma inespressivi, erano tinti di un grigio-azzurro smorto e quasi innaturale.
Cioè che colpì di più Freya non fu il kimono verde e oro che avvolgeva la sua figurina in modo decisamente discinto, lasciando scoperte le spalle aguzze e buona parte del grazioso seno (unico accenno di morbidezza in quel fisico magro e spigoloso), ma la mascherina bianca che celava per intero la metà inferiore del suo volto.
Prima che la bionda avesse il tempo di aprire bocca una seconda volta, la misteriosa fanciulla parlò. La sua voce era tanto flebile da apparire quasi un inquietante sussurro.
- Non ho capito – si scusò Freya – Potresti ripetere?
- Mi trovi bella? – disse quella, alzando appena il tono.
La ventunenne restò in silenzio per qualche secondo, un po’ stupita da una simile domanda.
- Beh…
Osservando la parte scoperta del viso si scorgevano in effetti dei lineamenti incantevoli, simili a quelli di una bambola. Il resto del corpo era forse troppo smunto, sintomo evidente di una scarsa alimentazione, ma il volto aveva conservato comunque una bellezza fresca e delicata. E, guardando meglio, il grigio dei suoi occhi presentava una sfumatura quasi magnetica…
- Sì, certo, sei molto bella – rispose infine la duchessina – Ma mi fa strano che tu mi abbia chiesto una cosa simile, non è abbastanza evidente anche per te?
Quella tacque per un istante, dopodiché emise uno strano verso, simile ad una risatina. Con fare flemmatico portò la mano destra al volto e, lentamente, si sfilò la mascherina.
Freya sentì il sangue gelarsi nelle vene, avvertendo al contempo un tremendo capogiro e l’impulso di gridare. Barcollò all’indietro, rischiando di inciampare, totalmente incapace di distogliere lo sguardo dalla sconvolgente visione.
La bocca della ragazzina era stata spaccata da quello che sembrava un colpo di spada: due orribili squarci, uno su ogni lato del viso, si allungavano dall’angolo delle labbra fino all’attaccatura della mascella, a pochi centimetri dalle orecchie.
Quel volto tanto grazioso era stato ignobilmente dissacrato, rovinato, distrutto, obbligato ad un perenne inquietante sorriso.
La sfregiata avanzò di un passo, senza perdere l’atteggiamento noncurante e flemmatico, e parlò nuovamente in tono irrisorio. Attraverso i due orridi tagli si poteva osservare senza problemi ogni dettagli della cavità orale, dai denti, alla lingua, alla gola.
- E adesso? – disse con un piccolo ghigno – Mi trovi ancora bella?
Tramortita e confusa per via dello shock, Freya provò a rispondere qualcosa, ma produsse soltanto un sibilo strozzato.
Abbassò d’istinto lo sguardo sulla mano sinistra della ragazza e notò che le sue dita stringevano qualcosa di appuntito e incrostato di sangue rappreso: un paio di forbici.
- Come devo interpretare il tuo silenzio?- proseguì la terrificante figura – Non mi sembra difficile dare una risposta: sì o no? Una parola, due lettere. Ne sei sicuramente capace.
Facendo appello a tutto il proprio coraggio, la duchessina strinse le mani tremanti a pugno e le nascose dietro la schiena: - Io… penso che il tuo viso sia bello… ma la tua… la tua bocca… mio Dio, la tua bocca…
- Sì o no? – ripeté l’altra con insistenza – Lo so com’è la mia bocca. Voglio che tu mi risponda sì o no!
- Io… io non lo so… nel complesso comunque credo di sì…  
Un lampo terribile attraversò gli occhi della creatura (perché no, non poteva essere umana, quale umano sarebbe sopravvissuto senza cure ad una ferita simile?) e, più rapida di un’ombra, la sua mano destra si serrò attorno alla gola di Freya, mentre l’altra si sollevò puntando le forbici all’altezza del suo volto.
Per essere una figura minuta, aveva una presa piuttosto salda (forse aiutata in parte dell’effetto sorpresa).
- Stai mentendo! – sibilò – Mi stai prendendo in giro! Vedremo se avrai ancora voglia di fare la spiritosa con una mutilazione come la mia!
Freya trovò finalmente la forza per gridare, anche se i muscoli del suo corpo continuavano ad essere paralizzati. Le lame si fiondarono verso l’angolo destro delle sue labbra dischiuse, ma, proprio nel momento in cui avvertì il freddo del metallo contro la propria carne, qualcosa colpì in pieno l’arma della sfregiata, facendola volare via.
La presa sul collo della duchessina si allentò, fino a schiudersi completamente.
Rapidissima, la creatura indietreggiò, evitando per un pelo di essere trafitta da uno dei pugnali di Yori. Riuscì a raccogliere le forbici cadute a terra e si preparò ad attaccare, ma la mano della rossa si serrò in una morsa rigidissima sulla sua mascella.
Con un grido di rabbia, colpì più volte il polso di metallo con la punta della propria arma, ritrovandosi ben presto tra le dita un paio di forbici rotto.
Freya si limitò ad osservare la scena ad occhi sgranati, sussultando quando Reika le toccò una spalla.
- Stai bene?
Ancora sconvolta, la giovane annuì, volgendo di nuovo lo sguardo verso la guerriera dalla chioma fulva e la creatura che si dimenava inutilmente per sfuggirle.
Yori restò in silenzio ed impassibile per qualche secondo, dopodiché afferrò la prigioniera per un braccio, cercando di tenerla ferma, mentre con la mano libera sfiorò appena gli squarci che sfiguravano quel volto tanto bello.
La ragazzina rabbiosa si placò all’istante, sorpresa da tale gesto.
- Chi è stato? – domandò la donna di metallo  – Chi ti ha fatto questo?
Una lacrima scese lungo la guancia sinistra della spaventosa fanciulla, scivolandole dentro la bocca attraverso la ferita.
- Ha importanza? – sussurrò con voce spezzata.
Yori si voltò per incontrare lo sguardo di Reika, poi ripeté in tono empatico - Chi ti ha fatto questo?




***
Angolo dell’Autrice: Ormai l’ispirazione fa i capricci, portate pazienza.
Spero comunque che il capitolo vi sia sembrato interessante e che abbiate gradito l’entrata in scena del nuovo personaggio.
Come dice il titolo, mi sono ispirata alla leggenda giapponese della Kuchisake-Onna.
Ah, faccio una piccola precisazione: nella storia si trovano pochi termini giapponesi che solitamente si riscontrano nelle altre ff sui manga. La spiegazione è semplice: io scrivo dal punto di vista di Freya, che non conosce i nomi degli abiti, dei cibi, delle armi e cose così.
Conosce le parole più comuni tipo “kimono” perché le ha sentite qualche volta.
Oltretutto, sto cercando di renderla più realistica ed umana possibile, quindi se qualche suo atteggiamento vi infastidisce… beh, suppongo sia normale, visto com’è cresciuta. E sì, si fa veramente tante pare mentali XD
Grazie mille per aver letto e per la pazienza.
Al prossimo capitolo!
Tinkerbell
  
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