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Autore: Kira Kinohari    27/12/2016    0 recensioni
L'umanità è in pericolo, offesa e minacciata dalla presenza di creature della notte, mostri con forza sovrumana e capacità incredibili, pronti a mettere fine alla stirpe degli uomini prosciugandoli della loro vita. La Sterminatrice ha un unico compito, girare il mondo e ucciderli uno dopo l'altro, finché tutti saranno al sicuro, per questo il Consiglio l'ha scelta, per questo è stata allenata fin dalla sua nascita ad essere una guerriera, ad essere letale, ma i veri nemici chi sono?
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jacob, Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Le campane della cattedrale risuonarono avvertendo gli abitanti della cittadina che la sera stava rubando il posto al giorno. Da diversi minuti, però, il cielo dava lo stesso annuncio, colorandosi man a mano di tonalità sempre più scure.
Quanto più si avvicinava la sera, tanto più il vento soffiava, attraversando le vie della città, oltrepassando le fibre dei tessuti per arrivare alle ossa.
Atena sentì l’aria scuoterla, percorrendo l’interezza della sua colonna vertebrale e costringendola a chiudere fino al meno la zip della sua giacca di pelle color daino; la sua tenuta da combattimento.
Il sentiero che si addentrava nel bosco era scuro, e sempre più raramente illuminato quanto più ci si avvicinava agli alberi. Anche l’odore si modificava, diventando più pungente, più selvatico, più vero.
La donna continuò il suo percorso, aveva bisogno di raggiungere il buio per riuscire a trovare ciò che stava cercando, per terminare la sua missione e dedicarsi alla sua serata.
Lo scricchiolio di un ramo la mise sull’attenti. Si voltò di scatto verso la fonte del suono che attendeva impazientemente, facendo svolazzare i suoi corti, ribelli, capelli neri.
Due occhi rossi si accesero, illuminando la piccola radura; alberi, cespugli e qualche animale che sparì in fretta.
La creatura la stava osservando, dalla sua bocca deformata, con lunghi e affilati denti che uscivano dalle labbra, stava colando bava. Non era nuova a quell’eventualità; si trattava di una reazione naturale all’odore della sua pelle, un odore così dolce che qualsiasi mostro avrebbe dato la sua vita anche solo per un assaggio. Erano nemici naturali, ma lui non poteva fare a meno di lei… o meglio, lei non poteva fare a meno di lei, perché in questo caso si trattava di una femmina della specie.
Entrambe rimasero ferme, la donna in attesa di una mossa che sarebbe arrivata presto. Solitamente si dilettava con i suoi obbiettivi prima di finirli, correndo, fingendosi spaventata, così da poter dar loro l’ultimo inebriante soffio di adrenalina, ma non quella sera. Aveva un appuntamento e non avrebbe giocato, così rimase immobile, aspettando che il desiderio della sua rivale la portasse ad attaccare.
Successe prima di quanto potesse sperare. In un attimo fulmineo la creatura si avventò su di lei, facendo solo un minimo, umanamente impercettibile, rumore, ma Atena fu pronta e con la stessa velocità tirò fuori le sue lame gemelle e iniziò la sua danza della distruzione.
Il giovane ed affascinante biondo si avvicinò con passo sicuro alla bellissima ragazza che aveva appena attraversato le porte del locale. La osservò con attenzione, immaginando ciò che sarebbe potuto accadere dopo la cena, bramando quel momento.
«Perdona se sono in ritardo.» disse la ragazza con la sua dolcissima voce «Purtroppo avevo del lavoro da sbrigare prima di poter staccare.» “Staccare eccome!” rise dentro sé.
«Ci mancherebbe, una donna non deve mai sentirsi in colpa per un ritardo, soprattutto una donna così bella.» rispose lui, tendendole il braccio.
Insieme si avviarono verso il loro tavolo. Quando si sedettero lei si guardò intorno, godendo della vista sul lago illuminato fievolmente dalla luna. Nel frattempo lui osservava attentamente lo spacco del suo abito che metteva in mostra il suo seno piccolo, ma sodo.
Il locale era incredibilmente pieno, vedeva diverse famiglie che attendevano di ordinare, guardando impazienti a destra e a sinistra, come in cerca di un cameriere da fermare. Eppure, da loro arrivò subito un giovane per consegnare loro i menù. Era alto, con corti capelli neri e due occhi profondi. Sparì veloce come era arrivato, lasciando in Atena uno strano sospetto; era strano che fosse arrivato tanto in fretta da loro quando c’erano altri clienti che aspettavano da più tempo, e strano il modo in cui le sue pupille scintillavano.
Aveva ragione o forse il suo lavoro la stava facendo diventare eccessivamente preoccupata?
C’era un solo modo per scoprirlo, un test. Per questa ragione si scusò con il suo accompagnatore per dirigersi alla toilette. Entrò nei bagni delle donne e si fermò davanti al lavabo di marmo in attesa.
“Fa che non sia così, fa che non sia così, fa che non sia così” ripeté nella sua mente, aveva bisogno di rilassarsi, bisogno di una serata semplice, bisogno di essere umana.
La porta si aprì lentamente emettendo un suono strozzato e, nel momento esatto in cui il giovane entrò, lei seppe che il suo sesto senso non l’avrebbe mai tradita.
«Sei un ibrido?» chiese Atena, trattenendo un sospiro.
«Conosci la mia natura.» replicò lui, sorpreso.
«Sì, io la stermino.» rispose, seccamente «Ma non ti preoccupare, non faccio mai male agli ibridi, loro riescono a evitare di fare del male agli esseri umani, possono evitare di bere sangue umano, anche se non possono resistere a me…» sussurrò, avvicinandosi a lui maliziosamente. Gli lasciò un bacio a fior di labbra, stordendolo con il suo tocco speciale, appoggiando delicatamente la mano alla base del suo collo.
«Tu non mi hai mai vista… tu non mi cercherai questa sera…» sussurrò suadentemente, prima di uscire dal locale.
Quando tornò al suo tavolo trovò un piatto di antipasto di mare ad aspettarla. Il profumo era delizioso e invitante.
«Spero che non ti dispiaccia, ho ordinato per te un antipasto.»
«Grazie, sei stato molto gentile.»
Mangiò con più fretta rispetto a quanto era suo solito. Avrebbe voluto godersi la cena appieno, ma l’effetto del suo tocco sarebbe svanito entro l’ora, quindi avrebbero dovuto fare in fretta, per cui, durante la cena si accertò di fare quanti più riferimenti a ciò che sarebbe accaduto dopo la cena, affinché l’uomo – profondamente controllato dalla sua libido più che dal suo cervello – decidesse che la priorità era uscire da quel ristorante affollato e appartarsi in un luogo intimo.
Presto si ritrovarono in una stanza da letto di una bellissima villa, stretti in un abbraccio che avrebbero voluto non finisse mai. Consumarono le calorie assunte con la cena, e continuarono anche quando ormai non sarebbe servito a nulla, finché non ebbero voglia di mangiare di nuovo.
Si addormentarono mentre facevano le ore piccole guardando un film alla televisione.
Si svegliò non appena sentì il telefono vibrare, grazie al suo sonno incredibilmente leggero e al suo udito super sviluppato. Allungò la mano per afferrare il suo smartphone, poi si alzò e si spostò in un’altra stanza per parlare.
«Hektor, ma ti sembra l’ora di chiamare?» chiese, con la voce impastata da una sola, unica, ora di sonno.
«Mi dispiace, ma sono arrivati nuovi ordini.»
«Mai un attimo di pace, eh?»
«Questa è la tua vita, lo sai.»
«Sì, sì.» rispose, scocciata. «Dove diamine devo andare, questa volta?»
«Stati Uniti.»
«Perfetto, non vedevo l’ora di rivedere il mio amico jetlag.»
«Il tuo aereo parte tra poche ore, quindi devi sbrigarti.» continuò il suo collega, ignorando il suo tono lamentoso.
«Inviami i dettagli per e-mail. Faccio un salto in albergo per cambiarmi e vado in aeroporto.»
«Perfetto. Il biglietto lo dovrai ritirare in aeroporto. Buon viaggio.»
«Buona notte.» rispose lei, prima di interrompere la comunicazione.
Quando nessuno fu più in grado di ascoltarla, sbuffò. Aveva solo ventisette anni, ma era stanca di prendere ordini dagli altri. Lei non era altro che uno strumento nelle mani di uomini senza cuore il cui unico obbiettivo non era realmente quello di tenere in vita l’umanità, ma piuttosto fare i loro interessi, spianare il cammino al potere.
Stanca, ma senza alcuna via d’uscita, si avvicinò al letto dell’uomo che le aveva fatto passare una notte fantastica. Dormiva beatamente, con il volto rilassato, come lei non faceva da anni, come forse non aveva fatto mai. Accarezzò i suoi capelli biondi, scese lungo il collo con le sue dita soffuse, poi ripercorse i contorni del suo falco, tatuato sulla spalla. Lì sotto, appena più in basso, tra le sue scapole, lasciò un bacio e poi uscì silenziosamente dalla villa, senza lasciare alcun segno della sua presenza poiché non sarebbe mai potuta tornare. Avrebbe voluto ringraziarlo per il suo tempo, per il piacere che le aveva dato, ma sarebbe stato un errore.
Percorse velocemente, a piedi, la strada che la separava dal suo motel di campagna. Lì si fece una breve doccia fredda per svegliarsi completamente, indosso abiti puliti e comodi, poi mise su la giacca di pelle e uscì dall’albergo, dove un taxi la stava aspettando.
Mentre la città iniziava a svegliarsi con il progredire della luce del giorno, lei pensò a quanto dovesse essere bella una vita normale, seppur ordinaria. La maggior parte delle persone viveva un’esistenza semplice, facile, e se ne lamentava. Tutti desideravano rimanere vivi attraverso la storia, tutti volevano lasciare il segno, raggiungere la fama, sentirsi speciali e unici.
Lei era unica, lo era sempre stata, ma questo non l’aveva mai resa felice.
Il suo sogno era la normalità.
Che stronza, la vita.
  
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