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Autore: gezelligheid    29/12/2016    0 recensioni
[La storia (SPOILER-FREE) potrebbe benissimo essere letta anche da chi ha abbandonato Supernatural/deve recuperare una parte degli episodi/intere stagioni]
Estratto:
«ALLORA CHE COS'È? [...] I miei genitori sono morti, Connor. Sono morti per proteggere me, per proteggere te, per proteggere qualsiasi persona di questo mondo. Loro erano delle brave persone disposte a sacrificare qualsiasi cosa, persino la loro vita, solo al fine di salvare dei perfetti sconosciuti. Puoi avere tutta la paura di questo mondo, e lo capisco, perché anch'io sono terrorizzata a morte dal momento in cui apro gli occhi la mattina fino a quando li chiudo la notte, ma non ti permetterò né ora né mai di comportarti da bambino capriccioso che non riesce a decidere fra due giocattoli, perché una scelta non ce l'hai né ce l'hai mai avuta, quando Dio ha deciso che saresti nato con la possibilità di fare finalmente qualcosa di buono in questo mondo. [...] Ora che ci penso, forse una scelta l'hai avuta. Avresti potuto scegliere fra l'essere un completo, inutile ed egoista stronzo oppure un uomo. Ti auguro di convivere con il senso di colpa fino al resto della tua inutile e miserabile vita.»
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Disclaimer: "Supernatural ed i suoi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di network televisivi quali The WBThe CWWarner Bros. Television e di tutti gli affiliati. Nel corso della fanfiction compaiono personaggi originali creati da me - diciamo che un 98% è rappresentato dai frutti della mia fantasia, mentre il restante 2% è preso in prestito. Inoltre, tengo a precisare che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro."

 




 

 

0.
 
 
Prologo

 
 
 
 

 

C'era qualcosa di strano. Riusciva a percepirlo nella pesantezza con cui le foglie cadevano sul marciapiede, nei visi sfuocati dei passanti che sembravano lontani mille miglia, nonostante le camminassero a qualche metro di distanza, nelle nuvole altissime che ricoprivano interamente il cielo, nel delizioso profumo di pretzel del carrettino lì accanto, nell'aria che le riempiva i polmoni.

Era seduta nell'unica panchina di quel sentiero, circondata da alberi possenti, perlopiù querce, le cui folte chiome avevano già preso le tonalità autunnali. Aveva le mani chiuse a pugno sul grembo, nascoste sotto un maglioncino verde. Al suo fianco destro vi era una valigetta a tracolla di cuoio, una di quelle che apparivano importanti soltanto a guardarle. La curiosità fu talmente tanta, che, quasi subito, le sue dita scivolarono attorno al manico e furono sul punto di far scattare l'apertura; tuttavia si fermò all'istante quando sentì qualcosa come un brivido scorrerle lungo la colonna vertebrale, provocandole una sensazione simile ad una forte scossa elettrica. Sapeva che avrebbe dovuto farle male, eppure l'effetto era stato quello di un leggero solletico. Avrebbe continuato a porsi delle domande, se non si fosse accorta che lo scenario era cambiato.

Si trovava seduta in un treno, con un enorme borsone nero poggiato sul sedile accanto, che aveva preso il posto della tracolla. Pur non avendolo aperto, sapeva esattamente cosa ci fosse all'interno: un paio di armi, delle scatole di proiettili, una manciata di esche, degli abiti di ricambio e qualche banconota di riserva accartocciata. Fra questi un tempo c'era stata anche una vecchia copia ingiallita del Giovane Holden, risalente al lontano 1989, ma le era stata rubata insieme al diario di bordo ed al portafoglio pieno di carte di credito false che aveva pagato una fortuna.

Confusa, sbatté più volte le ciglia, mentre tirava a sé il borsone e si alzava in piedi.

«Oh, no. Signorina, non si preoccupi.» Davanti a lei, una donna sulla trentina le poggiò una mano sulla spalla e le fece segno col capo di ritornare a sedersi, poi si sedette nell'unico sedile libero che c'era dalla parte opposta. «È davvero gentile, ma, se non le dispiace, preferirei stare da questo lato, dove non arriva l'aria condizionata. Non posso davvero permettermi un altro raffreddore.»

Si accorse soltanto in quel momento di avere la pelle d'oca e, istintivamente, si strinse le braccia intorno al petto, nel vano tentativo di mantenere un po' di calore. Notò, inoltre, di non avere più indosso il maglione, ma, invece, un paio di pantaloni ed una maglietta smanicata. Dio, se si stava congelando lì dentro! D'altro canto, l'anziano signore seduto davanti a lei, sulla destra, sembrava essere su un mondo a parte, dove le temperature variavano dai due ai sette gradi, visto il maglione natalizio che stava indossando, marrone e con l'enorme testa di renna (con tanto di naso rosso annesso) al centro, fra due file di luci natalizie.

Ora che lo stava guardando con più attenzione, si rese conto che anche lui, come il resto delle persone al parco, dove si era trovata fino a qualche secondo prima, aveva un'aria strana, quasi assente, come se si trovasse davvero in un universo parallelo. E, forse, in un certo senso era vero. Trentadue secondi in tutto. Sette per trovare ed estrarre delicatamente il cruciverba un po' stropicciato dal marsupio che aveva alla vita, dodici per pulire il vetro degli occhiali ed indossarli, undici per trovare la prima parola e cerchiare ciascuna lettera. Trentadue secondi.

Si sporse a sinistra per osservare il resto dei passeggeri. Una giovane coppia sulla ventina si stava sbaciucchiando in una maniera un po' troppo plateale. Tre bambini stavano giocando al Nintendo DS, mentre una donna afroamericana sulla quarantina controllava le e-mail sul Blackberry. Un uomo d'affari stava digitando al computer, e un altro accanto a lui gli stava dettando cosa scrivere. Una donna anziana con in braccio un neonato stava passando per il corridoio. Tutto questo in ben trentadue secondi netti. Dopodiché, come un timer, il tempo si azzerava, ed ognuno tornava nella posizione iniziale. In un primo momento, colta dal terrore, era balzata in piedi ed era corsa via, verso le cabine, ma, una volta sfiorata la maniglia del passaggio, ecco che tornava seduta sul sedile, come se quei trentadue secondi non fossero mai passati. Alla seconda volta, aveva aumentato il passo ed era riuscita a superare il passaggio con netto anticipo, ma, avendo percepito qualcosa di strano, il controllore l'aveva fermata e, come risposta alle sue spiegazioni dettate da un'innata e profonda paura che ormai si era radicata in lei, aveva mandato a chiamare la sicurezza, che, per ovvii motivi, non era più arrivata. Alla sesta ed ultima volta, in altre parole al pensiero di essere giunta alla fine, aprì il borsone e tirò fuori la prima pistola che trovò all'interno. Il resto accadde in pochi attimi: qualcuno urlò, qualcun altro si gettò a terra, qualcun altro invece scappò a gambe levate. Il delirio non tardò ad arrivare, e con esso stavolta anche la sicurezza.

Posizionata la pistola in bocca, strinse indice e medio attorno al grilletto e si fece coraggio.

«Non credevo che ti saresti mai spinta così oltre, Jude. Devo ammettere di esserne rimasta piacevolmente colpita.» A parlare fu la donna che sedeva nel sedile davanti a lei. La donna che, per tutti quei trentadue secondi, non aveva fatto nient'altro che osservarla da dietro un paio di occhiali dalla montatura rotonda e di un viola sgargiante. Aveva un viso sconosciuto e, allo stesso tempo, estremamente familiare, con quella massa di riccioli biondi e corti, quegli occhi vigili e verde oliva, quella camicia a metà fra l'elegante ed il retrò, il cui motivo erano delle righe verticali ed alternate, marroni, nere e bianche. Le mani, poi, con cui gesticolava nel parlato, erano piene zeppe di anelli particolari e dai colori sgargianti, che sembravano più una gioielleria da esposizione. Cogliendo il suo sguardo, la donna sembrò tornare indietro di molti anni e, a tu per tu, come si fa con una confidente, le rivelò, tutta gasata: «Questo in particolare me l'ha regalato il Valentino in persona.»

Istintivamente, Jude fece per puntare la pistola contro la donna, ma il tempo si azzerò. In men che non si dica, la ragazza si apprestò a prendere nuovamente l'arma dal borsone, ma le sue dita incontrarono quelle della donna, la cui mano era serrata e non le permetteva di aprire la zip.

«Credo tu mi abbia frainteso. Non è colpa mia. Io non c'entro assolutamente in tutto questo. Semmai, puoi considerarmi un aiuto da casa, un po' come nei talk show? E, per piacere, Jude, basta con le scenate, okay? Loro potranno non ricordarsi nulla, ma io sì, e guardarti mentre ti atteggi in modo così ridicolo ed inadeguato, quello sì che è un'offesa a tutti i cacciatori di questo mondo.»

«Non so se ritenermi leggermente oppure profondamente offesa, ma nel dubbio...» Con una manata, Jude allontanò il braccio della donna, aprì la zip del borsone e tirò fuori una delle pistole, che puntò subito contro la sua testa. In tutta risposta, lei inclinò il capo. «Spero non ti dispiaccia.»

«Oh, per nulla.» Alzò una mano in aria, come per dimostrare quanto fosse una sciocchezza, mentre, attorno a loro, tutti davano in escandescenza, compreso il povero vecchietto accanto, che sembrava star avendo un infarto seduta stante. «Fa' pure.»

Con tutta l'intenzione di passare subito al sodo e di evitare l'ennesima scenata, Jude le domandò a bruciapelo: «Come fai a conoscere il mio nome? Che razza di creatura saresti?»

La donna si toccò la parte destra del petto. «Non sono un'orrida creatura, lo giuro.» Poi, quando si accorse che il cuore si trovava da tutt'altra parte, aggiunse con aria arrogante: «Avrò pure perso un po' la forza dell'abitudine, ma il concetto resta sempre lo stesso. Tu ed io abbiamo in comune ben più della semplice appartenenza alla stessa specie, per così dire, mia cara. Oserei persino definirci in qualche modo simili, ecco. Qualche gene in comune, tutto qua.»

Jude ignorò la risposta tremendamente vaga. «Umana o no? È questo che voglio sapere, prima che decida di spararti e posticipare i convenevoli al prossimo time out, semmai tornerai in vita.»

«Ti conosco. So già ch-»

Lo sparo riecheggiò per qualche secondo all'interno del vagone del treno, tuttavia Jude non poté ben presto cantare vittoria. Se la pistola era tornata al proprio posto dentro il borsone, lo stesso poteva dirsi della donna, che adesso era seduta sul sedile ed aveva le gambe accavallate. Per un attimo si guardarono, in silenzio, e poi ci fu una risatina un po' beffeggiante di sottofondo.

«Ops

«Stavi dicendo che mi conosci e che sapevi che ti avrei sparato, no? Allora che ne penseresti se, invece, anziché starti ad ascoltare, io decidessi di spararti ogni volta, al costo di vederti comparire nuovamente per mille, diecimila, un milione di volte? Per te non sarebbe affatto un problema, vero?»

La donna alzò le spalle. «Per niente. Però, prima di darti l'arrivederci, ci terrei a dirti che, beh, il tempo sta proprio volando, non trovi? Trentadue, trentuno, trenta... Ventinove.» Sorrise, maliziosa, e continuò, senza abbandonare quell'aria arrogante di chi sapeva di aver già vinto in partenza: «È una battaglia già persa, quella contro il tempo. Un giorno (o, forse, mai) lo capirai, mia cara.»

Jude, che era già in piedi, pronta a balzarle addosso, rimase lì immobile, con gli occhi sgranati. Poi, con estrema abilità e sveltezza, le piazzò una pallottola in mezzo agli occhi e si guardò attorno, nel caos appena creato. Venticinque, ventisei, ventisette, ventotto... Ventinove. Aveva ragione. Il tempo si era, in qualche modo, accorciato. Tre secondi, tremila millesimi, erano appena svaniti sotto ai suoi occhi. C'era qualcosa di estremamente sbagliato in tutto questo.

Quando il tempo si azzerò per l'innumerevole volta, Jude, seduta in modo composto sul sedile, si sporse leggermente in avanti, tutt'orecchi. Davanti a lei, la donna sorrise, compiaciuta, mostrando una fila di denti bianchissimi e dritti, i cui canini, però, erano in evidenza e leggermente acuminati. Le labbra, carnose e colorate di un rosso corallo, si stirarono in un modo più che inquietante.

«La tua mente si è chiusa come una scatola ermetica, come una sorta di antifurto. La tua coscienza (o, perlomeno, quel che ne è rimasto) è rimasta intrappolata all'interno. Non c'è via di uscita. Non senza di me. Per cui, volente o dolente, quindi che tu lo voglia o no, il mio aiuto è necessario. Abbiamo esattamente ventinove secondi per raggiungere l'altra parte del vagone e...»

«Cos'è successo?»

«Venticinque.» Per qualche istante, la voce della donna fu ovattata, lontana anni luce. Sembrò sul punto di dire qualcosa, ma le sue parole furono coperte dal suono di tuoni in lontananza. La luce mattutina all'esterno venne sostituita dal grigio plumbeo delle nuvole, e pesanti gocce di acqua cominciarono a scrosciare contro il vetro dei finestrini. «Jude, credo proprio che abbiamo ospiti.»

Jude si accigliò ancora di più. «In che senso?»

«Qualcuno sta cercando di entrare dentro la tua testa, e credo anche di sapere di chi si tratti.» Si appiattì per qualche istante sul vetro, cercando di guardare fuori dal finestrino, ma non vide niente al di là di qualche fulmine che squarciava il cielo a metà. «E dire che avrei dovuto accorgermene. Ma va bene così, dopotutto nessuno è perfetto. Dico bene?»

Ormai era quasi diventato un rito, quello di tirare fuori la pistola dal borsone, soltanto che stavolta non sapeva proprio dove puntarla. Per un attimo fu tentata di uccidere per l'ennesima volta la donna, ma poi la parte razionale prese il sopravvento e le evitò di fare l'ennesima cazzata. Invece, con voce estremamente grave, le si rivolse: «Chi è che sta cercando di entrare?»

«Oh, fidati, Jude. Non vuoi davvero sapere la risposta.»




 

 

 

Note dell'autrice:

Salve!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. In tal caso, pretty pretty pleeease, fatemi sapere i vostri pareri! Sappiate che apprezzo tantissimo anche i piccoli messaggi incoraggianti via messaggio privato :)

La protagonista, ovvero la cara Judith, fa parte di una famiglia di cacciatori (i Rockefeller) non imparentata con i Winchester; d'altro canto, il suo co-protagonista, Connor Tulsa, apparirà già dal primo capitolo in poi. Per quanto riguarda Dean e Sam, così come altri personaggi della serie, verranno nominati sporadicamente ed appariranno in futuro, tuttavia non saranno altro che dei personaggi ricorrenti.

Per quanto riguarda gli aggiornamenti, provvederò a postare in modo regolare i capitoli (già scritti) della prima parte, dopodiché mi occuperò di farvi avere al più presto la seconda e la terza parte. Inoltre, ci tengo a precisare che sarò un po' tradizionalista, nel senso che alcuni capitoli cercheranno di riprendere per certi versi gli schemi della serie, per quanto possibile. Ergo, ci sarà una trama ricca di sottotrame, nuovi personaggi ed intrecci, che ci porteranno nel vivo delle avventure della cacciatrice Jude Rockefeller e di questo mondo un po' bisunto.

Se c'è qualche dubbio, non esitate a contattarmi per dei chiarimenti!

Un abbraccio ed alla prossima,

Greta


P.S. La storia è presente anche su un'altra piattaforma, Wattpad (cliccate pure per il link), tuttavia pubblicata con un account dal nome differente.

   
 
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