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Autore: JacquelineKeller01    29/12/2016    3 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Lea ha diciassette anni quando torna nella sua città natale in seguito ad alcuni problemi familiari. Tutto ciò che vuole, dopo un anno intero passato a guardarsi le spalle, è recuperare il rapporto con suo padre e un po' di sano relax. Ma sin da subito il destino sembra prendere un'altra piega.
Isaac è l'essere più irritante che Lea abbia mai incontrato nella sua vita, con quella sua arroganza e i repentini cambiamenti di umore, porterà novità e scompiglio nella vita della giovane.
Tra un rapporto che fatica ad instaurarsi, vecchie ferite non ancora del tutto sanate ed un patrigno che sembra darle la caccia, Lea si ritroverà ad affrontare sentimenti che non sapeva essere in grado di provare, specialmente non per uno come Isaac Hall.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Lea non metteva piede ad Harpool Bay da anni oramai. 
L'ultima volta era stata durante il giugno del 2006; la prima estate dopo il divorzio. La ricordava bene, in quel periodo era successo di tutto. Dal braccio rotto che si era procurata quando suo fratello Aiden l'aveva fatta cadere dalla casa sull'albero, al trasferimento da Gabe, all'incidente di Dean...
Tornare era strano; in quella piccola baia, dispersa tra le più grandi metropoli della California, l'orologio, quasi, sembrava essersi fermato. Se non fosse stato per il chioschetto, appena aperto, sul fondo della strada avrebbe giurato di essere tornata indietro nel tempo.
Persino le vecchie stanze sue e di Aiden erano rimaste le stesse; suo padre, leggermente imbarazzato, si era giustificato dicendo che nei primi tempi aveva sperato in un loro ritorno poi quel briciolo di speranza che covava dentro di se si era trasformato in malinconia, finché passare davanti a quelle porte chiuse non era diventata l'ennesima abitudine di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
Lea l'aveva trovata una cosa dolcissima, ma non aveva espresso i suoi pensieri ad alta voce, limitandosi a rivolgergli un sorriso.
Non vedeva né sentiva suo padre da dieci anni oramai, era ancora bizzarro pensare che sarebbe tornato a fare parte della sua vita così, da un momento all'altro.
«Guarda, guarda chi è tornato all'ovile dalle pareti rosa confetto.» Esclamò, improvvisamente, una voce maschile, a lei totalmente sconosciuta, facendola sobbalzare. Lea, confusa si guardò attorno, completamente stranita, alla ricerca di colui che l'aveva distratta dai suoi pensieri, prima di ricevere l'indizio vincente. «Fuori dalla finestra, Genio.» La canzonò il ragazzo, sospirando sonoramente.
La giovane spalancò il finestrone ed uscì in balcone ritrovandosi faccia a faccia con un tipo a lei totalmente ignoto ma che, però, sembrava avere qualcosa di familiare. 
Lo fissò per qualche istante senza spiccicare parola, arrovellandosi alla ricerca di qualche particolare che potesse ricondurlo ad una persona concreta che aveva conosciuto nella sua infanzia ad Harpool Bay.
Fece correre lo sguardo sulle lunghe gambe fasciate dai jeans neri, sulle braccia coperte da tatuaggi, sulla mascella squadrata, sul naso dritto e gli occhi infossati fino alla massa di riccioli biondi che gli ricadevano sulla fronte madida di sudore.
Furono proprio quei riccioli biondi, oltre ovviamente al ricordo, ora vivido più che mai, di chi occupava quella casa, a far scattare l'interruttore nella sua mente. Quasi non si strozzò con la sua stessa saliva. «Isaac?» Domandò con voce strozzata. Cristo, se era cambiato da quando erano bambini.
«Duh!» Esclamò lui con falso entusiasmo, portandosi una sigaretta alle labbra.
Isaac Hall era l'essere più irritante che Lea Wilson avesse mai incontrato in vita sua. 
Si era trasferito nella casa accanto all'età di sette anni, lei ne aveva ancora cinque e lui si divertiva ad utilizzare quella piccola differenza di età come pretesto per usarla come pungiball ambulante.
«Vedo che sei ancora vivo, purtroppo!» Esclamò piccata, portando le braccia conserte sotto il seno.
Isaac sorrise, ma non le rivolse neanche uno sguardo. Si limitò semplicemente buttare fuori un'ultima boccata di fumo prima di gettare la sigaretta a terra e pestarla con la punta del piede. In risposta si aspettava un commentino acido o un pugno, visto che era fermamente convinta che la sua età cerebrale fosse rimasta quella di un bambino di sette anni. «Come mai di nuovo qui?» Domandò, invece, ignorando completamente la sua osservazione.
«Problemi in paradiso.» Si limitò a rispondere, facendo spallucce. Non era del tutto vero, ma neanche del tutto falso. «Tu invece? Non dovresti essere al college?»
«Me ne sono andato.» Replicò, imitando il suo gesto.
«Te ne sei andato o ti hanno espulso?»
«Hai una così bassa considerazione di me?»
«Si!»
Isaac scoppiò a ridere sonoramente e, sebbene volesse restare seria, non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso. Irritante o meno, aveva la risata contagiosa.
«Ho dato fuoco alla Phi Kappa Psi e mi hanno cacciato.» Esclamò, incontrando per la prima volta, da quando quella conversazione aveva avuto inizio, i suoi occhi.
La mascella di Lea toccò il pavimento prima ancora che l'altro potesse finire la frase. «Stai scherzando, vero?»
Il ragazzo rise di nuovo, probabilmente della faccia sconvolta che aveva appena assunto. «Ovvio che si! Semplicemente ho capito che le Scienze Politiche non facevano per me, sono tornato qui e ho preso a fare il musicista.»
«Idiota.» Bofonchiò.
Un altro motivo per cui quel ragazzo non le era mai piaciuto era perché, sin da bambino, non sapevi mai cosa aspettarti da lui. 
Sia chiaro, in fatto ad azioni era decisamente prevedibile ma con le parole era sempre stato bravo; era capace di far passare qualsiasi cosa per vera, per poi sbatterti la realtà dei fatti direttamente in faccia, finendo con il farti più male di quanto avrebbe fatto saperlo da subito.
Dopo svariati istanti di silenzio Lea capì che non avevano altro da dirsi così gli voltò le spalle e fece per andarsene, ma la voce di Isaac la fermò sulla soglia.
«Aiden?» Domandò. 
Questa volta il tono della sua voce era seriamente interessato, decisamente diverso da quello che aveva usato poco prima parlando con lei, dove si vedeva palesemente fossero solo domande di circostanza fatte tanto per riprendere da subito l'abitudine di stuzzicarla.
«Aiden che cosa?» Domandò a sua volta, fingendo di non voler capire che cosa, realmente, le stesse chiedendo.
«Aiden dov'è?» 
«A casa nostra, a New York. Dove vuoi che sia?»
«Che ne so, pensavo fosse il momento per una bella rimpatriata della famiglia Wilson!»
Lea scosse il capo, umettandosi le labbra.
«Si, è ancora incazzato con te, se te lo stai chiedendo.» Lo informò lei, senza troppi giri di parole.
Sapeva che un tempo quei due erano rimasti in contatto anche dopo il loro trasferimento e che erano stati legati come fratelli, ma poi tutto era finito, come se niente fosse mai successo; Aiden non aveva voluto dirle il perché e lei non aveva indagato oltre, sapendo che se mai avesse avuto il bisogno di dirlo a qualcuno, probabilmente, lo avrebbe detto a lei.
«Questo lo so bene, Bambi!» Puntualizzò con un pizzico di irritazione nella voce. 
«Ancora con questo nomignolo?» Esclamò, roteando gli occhi.
Glielo aveva affibbiato quando erano ancora bambini e da quando aveva scoperto che le faceva venire l'orticaria non aveva mai smesso di chiamarla a quel modo.
Isaac si strinse nelle spalle, infilando ambo le mani nelle tasche dei Jeans. «Ci vediamo in giro, Bambi!» Disse, mentre si allontanava dalla ringhiera e scompariva all'interno della sua stanza.
   
 
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