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Autore: __shadow    29/12/2016    0 recensioni
Dal testo
Ad un certo punto alla finestra comparve lui, era arrivato lì in qualche modo, con la sua felpa nera larga e quel cappello a coprirgli il capo e bussava, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che la vidi se ne stava seduta in camera sua intenta a disegnare qualcosa. Lo so che non avrei dovuto guardarla in quel modo, soprattutto da camera mia, ma come avrei voluto parlarle in quei momenti, ma avevo una paura tremenda. Ogni volta che le passavo affianco avvertivo sempre una nota di panico, le mie mani prendevano a tremare e sudare. Il mio cuore mi spingeva ad andare da lei, la mia mente è il mio corpo invece non ne volevano proprio sapere. Lei d'altronde, non mi vedeva mai.
Una notte poi, una semplice notte, tranquilla e silenziosa, arrivai da lei vestito con i miei soliti vestiti, bussai alla sua finestra e lei mi lasciò entrare, così come numerose notti a venire. Io in cambio la feci entrare nel mio cuore.



<< scusami, non sapevo dove andare>> ricordo di averle detto questo non appena entrai,come se fosse tutto così naturale, come se noi fossimo migliori amici da anni.
<< ti è successo qualcosa? >> me lo chiese dopo un po', sembrava disorientata. Ma a me di rispondere a quella domanda proprio non mi andava, non andavo a raccontare così i fatti miei e poi non volevo allontanarla prima del tempo.
<< è bella la tua stanza >> provai a dire anche se non l'avevo vista per niente, anche perché lì era tutto buio. Tenevo lo sguardo fissò su di lei perché era la vera cosa bella, la più bella che avessi mai visto.
<< mica stai scappando dalla polizia o roba simile >> lo disse con una tale naturalezza da farmi ridere, ma non la prendevo in giro, anzi, mi mise di buon umore. Lei rimase a fissarmi, smisi di ridere. Distolse subito lo sguardo e diventò paonazza.
<< mi sentivo solo >> dissi scrollando le spalle, rispondendo alla domanda di pochi attimi prima.
<< non potevi andare da qualche tuo amico, chiamarli magari >>
<< amici...>> dissi in un sussurro, poi continuai
 << avrei potuto farlo certo, ma io volevo conoscere te >>
<< potevi farlo di giorno, non credi? >> disse, però sorridevo. Tutta quella situazione era strana e bella al tempo stesso, almeno per me.
<< se lo avessi fatto sarebbe stato troppo banale, una cosa che fanno tutti e probabilmente tu mi avresti snobbato dopo pochi secondi e ti saresti dimenticata di me. Così invece ho fatto una cosa che nessuno farà mai e mal che vada tu mi ricorderai per sempre come quel pazzo che è sbucato dalla tua finestra. >> la vidi concentrata a pensare qualcosa. Forse avevo fatto centro.


Le mie giornate le passavo per lo più allo stesso modo, mi facevo in due per fare più lavori possibili, quando stavo a casa scrivevo e la notte, che era diventato il mio momento preferito, andavo da lei. Tutto quello che facevo di giorno lo facevo per tenermi occupato così da non sentire il peso del tempo. Un giorno le scrissi anche una canzone, in realtà non ci misi molto, misi solo su carta i miei sentimenti. La cosa complicata fu renderla canzone, ma in quello ci pensò un mio caro amico. Dopo quasi un mese dalla sua composizione presi finalmente coraggio e gliela feci sentire.
 << è una canzone bellissima >> disse
<< l'ho scritta pensando a te >> rimase senza parole. Questo avvenimento le fece scoprire la mia passione e poco tempo dopo fece di tutto per aiutarmi. Voleva che quella canzone l'ascoltassero tutti.
Ormai passavamo tutti i momenti insieme, giorni qualunque così come le feste. 
Che ero malato ad un certo punto lo sapevano tutti, lei lo scoprì un giorno di novembre, era novembre ed io sentivo freddo. Non ricordo perché la svegliai, non ricordo nemmeno che le dissi, fatto sta che un secondo dopo mi trovavo in bagno che vomitavo pure l'anima. Lei mi raggiunse, camminava piano, mi guardava, un misto tra il confuso e il preoccupato.
<< sto cadendo sempre più giù >> stavo tremando, stavo congelando. Le si gonfiarono subito gli occhi, capì tutto. Voleva piangere ma non lo fece, la ringrazio per questo. 
Dopo quella mattina mi allontanai da lei, ma non perché volevo chiudere, ma per il semplice fatto che passavo quasi tutti i giorni in ospedale e quando stavo a casa restavo perlopiù in bagno. Non volevo farla piangere. Quando stavamo insieme non riuscivo ad essere quello di sempre, non lo facevo con cattiveria, ma mi mancavano le forze. Lei invece non so cosa pensasse ma faceva tutto così controllato, non era la stessa. Si alzò un muro tra di noi. Facevamo tutto come il solito ma con meno naturalezza, sembrava tutto troppo forzato. Questa sensazione l'avvertì soprattutto una sera quando andammo a fare una delle nostre serate. Dopo il film camminammo in silenzio fino ad arrivare in un punto dove le strade erano deserte, non sarebbe passato nessuno. 
Nessuno sarebbe entrato nel nostro mondo.
<< giriamo intorno? >> mi chiese prendendomi le mani, io sorrisi e acconsentì. Ed eccoci a girare mano nella mano all'una e mezza di notte in mezzo una strada. Lei rideva, io anche. Poi ci sdraiammo sul freddo asfalto, poi lei cominciò a piangere. 
<< cosa c'è che non va? >> non rispose, si allontanò persino da me. Mi guardava male, era arrabbiata con me. Capivo il perché. Rimasi in silenzio, non provai a toccarla nè niente, non sarebbe servito a nulla. Ma rimasi fino a quando non la vidi calmarsi. Nonostante la serata andai con lei in camera sua, non volevo lasciarla in quel modo, ci saremmo allontanati ancora di più. 
Fu quella sera che lei diventò mia, fu quella sera che ci affidammo all'altro.
Ormai eravamo una sola cosa.

Il giorno della mia morte scoprì che sarei potuto guarire nel giro di qualche mese, dovevo solo operarmi. Le mandai subito un messaggio, lei mi aspettava a casa sua. Ero felicissimo, avrei potuto vivere la mia vita tranquillamente, avrei potuto farlo con lei al mio fianco. Era quella giusta per me, ma a quanto pare io non ero quello giusto per lei.
Correvo, mi sento vivo dopo tanti anni. Ero felice di essere vivo.
Ma la mia felicità fu troncata sin dalla nascita. Fui investito, in pieno giorno da un ubriaco.
Rimasi lì steso sull'asfalto freddo, non ero morto subito. Sentivo le persone urlare, parlare, tutto era attutito da un qualcosa che non capivo.
Non mi sentivo più il corpo, non sentivo molto, nemmeno dolore. Fissavo solo il cielo privo di nuvole con i tiepidi raggi del sole a cullarmi. Mi venne in mente una giornata di quell'estate, la passammo in spiaggia, faceva caldissimo ma provammo a fare quasi tutti gli sport che offrivano, ci divertimmo un mondo. E la sera chiusi nella nostra camera d'albergo, con il mare e la luna come telespettatori facemmo l'amore, più e più volte. Nella mia testa stavo lì, la stavo accarezzando i capelli, mi sorrideva  anche con gli occhi. Lei era stata tutto per me, lei mi aveva accettata. Avrei voluto urlare che l'amavo. Sarei potuto guarire.
  
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