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Autore: LaMusaCalliope    30/12/2016    0 recensioni
L'agente McFillen viene chiamato la mattina presto per investigare sul caso dell'assassinio di una giovane trovata morta nella stanza d'albergo che condivideva con le sue amiche durante le vacanze natalizie.
Il caso sembra complesso e McFillen si chiede se riuscirà a far luce su quel che accadde la notte dell'omicidio; cosa avrà mai trasformato una semplice vacanza in una vacanza di sangue?
Genere: Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.Capitolo Due

Non appena il detective McFillen uscì dall’ascensore del distretto, venne travolto dall’aria calda e dal profumo di cornetti e caffè appena fatto. Subito, si diresse verso la sua scrivania disordinata come sempre. Sfortunatamente non vi trovò alcun bicchiere ricolmo di quella bevanda scura e piena di zuccheri che tanto amava. Non riusciva a svegliarsi mai del tutto senza averne bevuto almeno una tazza e il suo preferito era certamente quello preparato con la macchina espresso del distretto, per lui aveva il sapore di casa, di famiglia e di unione. Il rito del caffè mattutino esisteva da che aveva memoria, nel distretto. Alle sette di mattina, quando qualcuno era già a lavoro chino sulle prove di un caso più complicato del solito, tutti si prendevano una pausa e, come per abitudine, si radunavano nella stanza con la macchina espresso e si prendevano dieci minuti durante i quali si confrontavano sui vari casi, scherzavano o, semplicemente, si riposavano godendo di quei pochi attimi di tranquillità lontano da morti e assassini.
McFillen deviò dalla scrivania, verso la stanza del caffè e se ne preparò uno. Non appena le sue mani ghiacciate toccarono la tazza, subito si riscaldarono e l’agente finalmente si sentì meglio. Assaporò il dolce profumo della bevanda calda, perfetta per quel clima freddo caratteristico del dicembre newyorkese. Non appena fu pronto, si portò il bicchiere alle labbra e quasi si bruciò per quanto era bollente; non se ne curò e continuò a sorseggiare, soffiando di tanto in tanto per raffreddarlo. Non ci mise lo zucchero, lo preferiva amaro, semplice, come era appena uscito dalla macchina, ma amava girare il cucchiaino mentre aspettava che si freddava, pensando al caso che doveva risolvere: era un gesto che lo calmava.
Sorseggiò tutta la bevanda finché non ne rimasero solo i fondi, la mise nel lavandino di acciaio e fece scorrere un getto d’acqua calda per pulirla. La asciugò con uno straccio che tenevano lì vicino appositamente, quindi tornò alla sua scrivania.
Era disordinata e caotica proprio come il suo appartamento e, in un certo senso, come la sua vita. Vicino al telefono, c’era una cartellina con le dichiarazioni degli amici e degli alberganti. Le lesse con attenzione, alla ricerca di dettagli fondamentali.
A quanto dicevano le due amiche della ragazza, quella sera erano andate in una discoteca e ci erano rimaste fino al mattino, tutte eccetto Melany che se ne era andata per le 2:30 infuriata. Secondo quello che c’era scritto, il suo fidanzato, con il quale aveva discusso animatamente prima della partenza per New York, l’aveva raggiunta e si era presentato nel locale. Le amiche li avevano visti uscire insieme dal locale e poi, secondo quello che avevano raccontato gli ospiti e l’uomo alla Reception, erano entrati nell’albergo e avevano concluso lì la discussione. Dopo che il ragazzo era uscito, nessun altro si era fatto vivo fino al ritorno delle amiche, quando Melany era già morta.
«Brutta faccenda, non è vero?» Camdon gli posò una tazza di fumante caffè sulla scrivania, e lui vi soffiò sopra, cercando di raffreddarla.
«Aveva solo vent’anni. Cosa può aver mai fatto per meritare una fine così?» McFillen bevve un sorso, cercando di capire il movente dell’omicidio. Se c’era una cosa che aveva imparato da tutti i film e i libri ma, soprattutto, dal suo mestiere, era che, per prima cosa, bisognava capire cosa aveva portato all’omicidio, cosa era successo prima.
«Quasi tutte le prove vanno contro al fidanzato, un certo William Cooper, 22 anni, conosceva la vittima da quando erano piccoli.»
«C’è scritto perché avevano litigato?» chiese distrattamente McFillen mentre sfogliava la cartellina con la documentazione.
«Sì. A quanto ha detto una delle amiche, Emily, William aveva tradito Melany con una loro compagna di scuola, Julie e lei lo aveva scoperto.»
«Come?» la cartellina diceva ben poche cose, nulla di apparentemente utile alle indagini.
«L’altra amica di Melany, Kate.»
«Un’amica fedele.» McFillen chiuse il fascicolo rassegnato, non c’erano altre piste se non quella delle due amiche e del fidanzato traditore.
«Non esattamente. Secondo Emily, Kate e Melany non andavano d’accordo da molto tempo. Litigavano e si insultavano per qualunque cosa, Kate era molto gelosa. Secondo Emily, tutto sarebbe iniziato quando Melany venne scelta al posto di Kate come Reginetta della Scuola.»
«Le classiche adolescenti americane» quella che era iniziato come un movente ideale aveva sfociato nella banalità.
«Esattamente.»
«Quindi, se ho capito bene, Kate non ha fatto un favore a Melany, dicendole di Julie e William; l’ha fatto solo per farla soffrire e farla stare male.»
«Potrebbe essere per lo stesso motivo che l’ha uccisa.»
«Dobbiamo scoprirlo.» McFillen aprì di nuovo la cartellina e prese il post-it su cui erano scritti i numeri di telefono delle amiche e del fidanzato di Melany; più in basso, sottolineato ed evidenziato, c’era un altro numero, quello dei genitori. Il detective provò la familiare stretta allo stomaco di quando doveva chiamare i parenti delle vittime e comunicare la triste notizia.
«Ehi, vuoi che lo faccia io?» Camdon gli aveva messo una mano sulla spalla e gli sorrideva incoraggiante.
«No, Camdon, grazie. Tu chiama Kate, convocala, deve raccontarci un paio di cose. Ci penso io ad avvertire i genitori.»
Il detective gli fece un segno di intesa e si allontanò verso la sua scrivania.
McFillen sospirò e, dopo aver guardato male il telefono per un considerevole periodo di tempo, alzò la cornetta e compose il numero che leggeva sul post-it.
Dopo quattro squilli, stava per riagganciare quando una voce dall’altro capo rispose.
«Sì, chi parla?»
«Salve, signora Acton, sono il detective McFillen, la chiamo dalla centrale di polizia di New York.»


 
   
 
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