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Autore: DarkViolet92    01/01/2017    0 recensioni
Storia assolutamente originale, ispirata dalla visione di vari film americani, originali o remake d’altre pellicole, con protagonisti donatrici di ovuli e donatori di sperma.
Fabiana, Alessandro, Federica, Michele, Giacomo, Eleonora, Luca e Giada…cosa possono avere in comune, oltre alla nazionalità italiana e l’aver frequentato la stessa università, anche se con indirizzi diversi?
Beh…magari delle donazioni per pagarsi gli studi c’entrano qualcosa…storia non a scopo di lucro.
Buona lettura !
TRAMA DELLA STORIA:
Fabiana Bramante è una giovane trentenne, cinque anni dopo aver concluso gli studi universitari con il massimo dei voti, si divincola in più lavoretti, tra cui quello di educatrice in una comunità minorile, per mantenersi decentemente.
Ha perso contatti quasi con tutti i suoi ex compagni di corso, dato che fa poca vita sociale e cerca di risparmiare su tutto, principalmente per potersi pagare regolarmente l’alto affitto alla fine del mese dell’appartamento in cui vive.
Si concede giusto il venerdì sera con quelli italiani, più che altro perché lavorano nello stesso campo, anche se da prospettive diverse.
Che cosa succederebbe, se dovessero incontrarsi maggiormente a causa di alcune donazioni anonime fatte tempi addietro per pagarsi gli studi?
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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01. Primo ---DA BETARE

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Primo


Due anni dopo


Pov Fabiana

«Mamma, papà! Alzatevi! Oggi è il mio primo giorno e non voglio arrivare tardi.»

L'acuta voce della mia adorata Gaia mi strappa anche quegli ultimi strascichi di sonno che mi erano rimasti ancora addosso, anche dopo aver spento la mia sveglia.

«Sparisci» borbotta brusco il mio fidanzato, beccandosi immediatamente una mia gomitata nello stomaco.

È fortunato che Gaia non l’abbia sentito, perché le ho coperto prontamente le orecchie prima di prenderla in braccio e darle dei baci sulle guance.

«Ryan forza, alzati! Dobbiamo accompagnarla al Kindergarten* per il suo primo giorno. Non voglio che si presenti in ritardo» esclamo, alzandomi velocemente dal letto.

Il mio fidanzato, seppur sbuffando, decide di alzarsi a sua volta e di iniziare a prepararsi, rimanendo comunque di malumore. Non so proprio che cosa gli passi per la testa... Quando ci siamo messi insieme ufficialmente e anche quando mi accompagnava al corso preparto, non era così scorbutico, anzi tutto il contrario difatti era molto attento e premuroso. Ha iniziato a esserlo nei confronti di Gaia e nei miei, oltre che a farsi vedere di meno, a partire dalla sua nascita.
Lo squillo improvviso del telefono fisso interrompe il flusso delle mie riflessioni; mia figlia solleva rapidamente il cordless, accetta la chiamata in arrivo e mette subito in vivavoce.

«Pronto Fabiana, ci sei?» esclama la voce squillante di Federica, dall’altro capo del telefono.

«Certo che ci sono, cara. Sto servendo la colazione a Gaia, fra circa un’oretta l’accompagno assieme a Ryan al suo primo giorno di Kindergarten. Dovresti vederla, è emozionatissima!» le rispondo in tono allegro.

«Benissimo, falle gli auguri da parte mia e di Michele! Volevo soltanto chiederti, se a te e Ryan farebbe piacere uscire con noi a cena questo venerdì sera» continua Federica.

Ryan però smorza istantaneamente il suo entusiasmo, parlando in modo scorbutico.

«Siamo entrambi molto impegnati a lavoro, divertitevi anche senza di noi» Gaia gli impedisce di chiudere la chiamata, però, intromettendosi nella conversazione.

«La mamma, prima delle otto di sera non può raggiungervi, perché deve venire a prendermi al Kindergarten e farmi compagnia nel momento in cui mi deve mettere a letto. Invece papà è impegnato per tutto il giorno questo venerdì.»

«Ottimo, grazie Gaia. Se per te non è un problema, allora, la tua mamma dopo averti messa a letto... Può raggiungerci?» le chiede giocosamente la mia amica, dopo aver annotato mentalmente le informazioni gratuite che mia figlia le ha dato sui miei orari lavorativi.

«Certo! Verrà sicuramente» esclama tutta pimpante Gaia, prima di togliere il vivavoce e di passarmi il telefono, ignorando del tutto lo sguardo torvo di Ryan.

Mia figlia, dopo aver finito in poco tempo la colazione, va subito in camera sua per prepararsi e come sempre lascia la porta aperta.

«Vedrò, Federica. Te lo ripeto per l’ultima volta, non prenotare per me per venerdì sera perché dopotutto sono solo un po' incasinata a lavoro questa settimana. Si tratta dell’assegnazione di ore di straordinario, per coprire i vuoti lasciati da alcuni colleghi che sono stati spostati in altre fasce orarie, o che sono stati licenziati. Mando un bacio anche a voi. E ti saluto.»

«Sempre ficcanaso come al solito, come tutti i tuoi amici del resto poi...» esclama Ryan, quando riappoggio esausta la cornetta del telefono fisso, prima di abbracciarmi e di baciarmi in fronte.

«Mamma, papà!» la voce di Gaia, oltre a far sbuffare ancora una volta il mio fidanzato, ci costringe anche a porre fine a questo piccolo attimo di tenerezze per poi farci correre per dare sia una mano a lei, che a prepararci a nostra volta per i rispettivi impieghi lavorativi.

Fortunatamente non ci impieghiamo più di quindici minuti in tre persone a finire di sistemarci, uscire di casa, mettere l’allarme e a prendere la metropolitana. Quando arriviamo puntuali a un quarto alle sette davanti al Kindergarten, assieme ad altri genitori e bambini, tiro immediatamente un sospiro di sollievo. Le maestre ci scattano anche una fotografia, come fanno con tutte le famiglie presenti. Poi io rimango da sola con mia figlia, perché Ryan riceve un'improvvisa chiamata di lavoro, per cui è costretto a lasciarci.
Dopo aver sbrigato delle piccole faccende burocratiche, tra cui la conferma dell'iscrizione di Gaia a tutte le attività proposte nel turno lungo - 6.30 fino alle 19.45 -, la saluto calorosamente, lasciandola nelle mani delle maestre per poi andare immediatamente a lavoro, usufruendo della metropolitana.
Il capo mi saluta frettolosamente quando entro, è al telefono e a giudicare dalla sua espressione facciale devono esserci dei problemi seri. Le altre colleghe, dopo che mi sono cambiata rapidamente, m'informano brevemente che ci sono dei problemi con i due cuochi e i loro sei aiutanti in cucina.
Dopo, ci mettiamo tutti a servire i consueti cinque tavoli a persona, man mano che i clienti fanno il loro ingresso nel ristorante. Rispetto agli altri giorni, oggi c’è più gente del solito per cui il mio turno di mezz’ora slitta, e conseguentemente anziché alle tre del pomeriggio, finisco alle quattro. Sono comunque soddisfatta, perché l’ultima coppia che ho servito mi ha lasciato una mancia generosa. Prima di uscire però, il capo mi convoca a parlare nel suo ufficio.

«Accomodati pure, Fabiana» mi dice lui con sguardo impassibile.

Io obbedisco e mi siedo velocemente sulla sedia davanti alla sua scrivania.

«Sei sempre stata molto precisa e puntuale in tutte le mansioni che ti ho assegnato in questi otto anni...» annuisco, consapevole della veridicità delle sue parole, nonostante lui lasci in sospeso la frase. «Però, come ti avranno già informata le altre tue colleghe, ci sono dei problemi da risolvere: tra tutte, tu sei quella che ha più esperienza e la più grande d’età, per questo sei anche quella che riceve lo stipendio più alto. E nonostante il tuo turno di servizio sia il più corto...»

Non c’è bisogno che lui aggiunga altro, ho capito che mi vuole licenziare però lo lascio finire di parlare.

«Alla fine di questo mese sarai ufficialmente licenziata, assieme ad alcuni degli aiutanti dei cuochi e a un’altra cameriera e fino a quel momento, sei pregata di continuare a lavorare con il massimo impegno che hai sempre dimostrato e di non fare parola con nessun altro di questa conversazione» conclude.

«Sì, signore» rispondo per poi alzarmi e uscire, al suo gesto di congedo.

Mentre viaggio con la metropolitana fino a casa, rifletto su quanto mi ha detto il mio capo.
In parte me lo aspettavo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, però sono anche lieta di avere a disposizione un mese intero per potermi organizzare al meglio, anche quando smetterò di essere una cameriera in questo ristorante.
Una volta che arrivo a casa sono un quarto alle cinque, quindi ritiro tutta la posta dalla cassetta, accendo il computer fisso, la stampante e infine ritaglio accuratamente tutti i coupon scaricati durante la notte scorsa e nella mattinata. Dopo averli infilati tutti in borsa tutti e aver spento il computer così come la stampante, pulisco e metto in ordine il resto della casa, per poi tirare fuori dal freezer due confezioni di petto di tacchino e metterle a scongelare nel ripiano più basso del frigorifero. Alle sei in punto esco da casa, attivo l’allarme e raggiungo la metropolitana per andare di nuovo a lavoro. Mezz’ora dopo, quando entro, il mio giovane collega Colton mi saluta con il suo solito entusiasmo.

«Ben arrivata, Fabiana.»

«Ciao Colton» gli rispondo, prima di cambiarmi velocemente per aiutarlo a servire i clienti.

Anche qui oggi ve ne sono più del solito, ma fortunatamente riesco a cavarmela comunque bene. Colton, poi, a un certo punto mi fa notare che sono già le sette di sera e che, quindi, manca poco all’orario di chiusura del Kindergarten.

«Tranquilla, vai a prendere tua figlia e poi portala qui con te, così la tengo d’occhio io mentre tu finisci il tuo turno» mi assicura.

Detto fatto: dopo mezz’ora sono di nuovo qui, e Gaia è entusiasta di stare con me e con Colton da Starbucks. Non le dà per niente fastidio il vedermi finire di lavorare, e poi c’è Colton che la distrae raccontandole delle storie divertenti. Il mio giovane collega ci accompagna anche al rientro a casa, essendo l’unico figlio dei nostri vicini, Margareth e Charles Haynes.
Poco dopo averlo salutato e aver disattivato l’allarme, come entro in casa il mio cellulare e il telefono fisso iniziano a squillare in contemporanea. Sia io sia Gaia, scoppiamo istintivamente in una sonora risata e poi, una volta esserci calmate, mentre lei cerca di mettere in vivavoce il telefono fisso, io chiudo la porta d’ingresso e rispondo al cellulare.

«Non riesci proprio a esserci per cena stasera?» chiedo un po’ delusa al mio fidanzato Ryan.

Speravo vivamente di poter passare assieme un altro po' di tempo con lui, soprattutto in compagnia di Gaia che lo vede sempre pochissimo. Lui mi risponde frettolosamente.

«No, non posso e mi dispiace, ma finisco tardi col lavoro e sono stato anche inviato da una collega a festeggiare il suo compleanno.»

Non ho neanche il tempo di salutarlo che lui riattacca immediatamente.

«Mamma?»

Mia figlia richiama immediatamente la mia attenzione chiamandomi a gran voce.

«Dimmi tesoro» le chiedo subito avvicinandomi a lei, che risponde subito.

«C’è una dottoressa al telefono che ti vuole parlare, ma stai male?»

«No, sto bene, sono solo un po’ stanca, perché oggi è stata una giornata molto piena di lavoro, quindi non preoccuparti» le dico per tranquillizzarla.

Gaia annuisce alle mie parole visibilmente più calma, poi mi porge il telefono e va in camera sua a cambiarsi i vestiti.

«Pronto, sono Fabiana Bramante, con chi ho il piacere di parlare?» chiedo, educatamente, rivolta alla mia misteriosa interlocutrice.

Quando riaggancio la cornetta telefonica, sono ancora molto scossa. Nel tentativo di mantenere la calma, mi concentro sulla preparazione della cena. Prendo una padella, ci verso dentro un po' di olio d'oliva, e poi inizio a cuocere le due fette di petto di tacchino dopo averle girate entrambe anche dall’altro lato; apparecchio velocemente per due, servo nei piatti mettendo il sale in entrambe i piatti e chiamo immediatamente Gaia.
Riesco a rimanere tranquilla per tutto il pasto, oltre a prestare tutta la mia attenzione ai racconti entusiastici di mia figlia sulle attività che ha svolto nel suo primo giorno di Kindergarten e i bambini e le bambine con cui ha stretto amicizia.
Dopo averle fatto lavare per bene le mani e i denti, l’accompagno in camera sua, spengo la luce centrale e accendo quella del suo comodino per leggerle una fiaba e poi quando lei sta per addormentarsi, le dò il bacio della buonanotte e spengo la sua lampada.
Una volta ritornata in cucina, mi preparo un caffé espresso corretto con un po' di gin, poi mi lavo i denti, metto l’allarme e mi corico immediatamente a dormire.





L’indomani mattina, mi alzo ancora prima che la sveglia inizi a suonare, già stanca, per via della notte quasi completamente in bianco che ho passato. Avrò dormito sì e no mezz’ora, rigirandomi più volte sopra al materasso e passando quasi tutto il tempo a riflettere sulla conversazione telefonica avuta poco prima di cena.
Se il preavviso di licenziamento come cameriera è stato tiepido, perché comunque me l’aspettavo, questa chiamata telefonica è stata una vera e propria doccia ghiacciata. Non so neppure come ho fatto a mantenere il controllo delle mie emozioni mentre parlavo con la dottoressa, invece di inveirle contro.
Dopo essermi bevuta due caffé lunghi di seguito, preparo in fretta la colazione per mia figlia, poi faccio quello che non ho fatto ieri sera: risciacquo e carico la lavastoviglie coi piatti di ieri sera più la tazza di caffè di poco fa lasciando lo spazio per la scodella e il cucchiaio di Gaia. Dopo aver pulito i fornelli, la sveglia di mia figlia inizia immediatamente a suonare.

Che tempismo perfetto! penso interiormente, prima di sistemare rapidamente lo spray sgrassante, lo straccio e la spugna al loro posto, lavarmi e asciugarmi frettolosamente le mani con uno strofinaccio appeso, per poi andare in camera sua a controllare se lei si stava alzando.

Come immaginavo, Gaia ha soltanto spento la sua sveglia accendendo la luce dell’abat-jour sul suo comodino, per poi riprendere a dormire coricandosi nel lato opposto del letto. Dopo aver acceso la luce centrale della stanza e averle fatto un po' di solletico ai fianchi, mia figlia si sveglia sorridente e si alza in fretta.

«Buongiorno mamma!» esclama col suo solito tono acuto, poco dopo aver spento l’abat-jour, per poi seguirmi in cucina e mangiare la sua colazione.

Dopo aver finito si lava velocemente sotto la mia sorveglianza per poi andare in camera sua a vestirsi rapidamente.
Io, essendomi alzata prima del solito e avendo dormito pochissimo, mi vesto in poco tempo, ma ne devo impiegare molto per truccarmi il viso e nascondere le mie mille occhiaie.
Rispetto a ieri che con noi c'era anche Ryan, oggi ci impieghiamo cinque minuti in meno a prepararci e a uscire di casa, prima di entrare nella metropolitana per portarla al Kindergarten.
Quando arriviamo siamo le prime, e c’è solo un'altra mamma lavoratrice con una figlia all'ingresso, in trepidante attesa dell'apertura della struttura. Dopo aver salutato calorosamente mia figlia, mi fiondo nuovamente in metropolitana per arrivare presto anche al ristorante.
Siccome ho solo un mese a disposizione per fare ancora la cameriera qui, tanto vale che lo sfrutto il meglio possibile, arrivando in anticipo e facendo anche qualche oretta di straordinario, oltre a quelle consuete, così da ottenere anche delle mance extra dai clienti, oltre alla normale paga del mio datore.
Quest'ultimo rimane molto soddisfatto dal mio impegno costante alla fine di questa mia seconda giornata di lavoro per questa settimana. E concluso il mio turno, mi tolgo velocemente la divisa salutando le mie colleghe, ma anziché dirigermi a casa con la metropolitana per fare un po' di pulizie, decido di scendere qualche fermata dopo, davanti a un supermercato, per fare la spesa.
In genere, la faccio solamente il sabato mattina e nello stesso centro commerciale in cui poi lavoro pomeriggio e sera, ma oggi ho deciso di iniziare a farla anche in mezzo alla settimana, anche per via delle modifiche del mio orario lavorativo.
Certo, non avendo dietro la macchina come il sabato, oggi cercherò di stare attenta e di non caricarmi troppo, dato che devo viaggiare in metropolitana con altre cento persone accanto.


Due ore più tardi


Sono le cinque e mezza del pomeriggio quando Fabiana, pur felice di essere uscita tutta intera e con la spesa intatta dalla metropolitana, entra esausta in casa.
Dopo aver sistemato in venti minuti tutti gli acquisti, decide di accendere il computer e la stampante e ritagliare e avviare lo scaricamento di altri coupon, dato che quelli che si era portata con sé li ha utizzati tutti.
Fabiana, quando nota che sono le sei e un quarto di pomeriggio tardo, si blocca all'improvviso sistemando tutto provvisoriamente in un cassetto bianco della scrivania, poi lo chiude a chiave e si prepara con rapidità per raggiungere Colton alla caffetteria.











Pov Alessandro


Fabiana è estremamente sorpresa di vedermi, oltre che molto affannata, quando si volta nella direzione da cui l'ho chiamata affiancata dalla figlia e dal giovane barista di questo piccolo Starbucks. È la prima volta, dai lontani tempi dell'università, che passo in questa strada a quest'ora, mentre ritorno a casa e rientro casualmente in questa caffetteria. Stavo giusto aspettando il mio turno per ordinare un caffé espresso da bere sul momento e una cheesecake alle fragole da portare via, quando l'ho vista all'improvviso, in un momento di distrazione, mentre lei usciva dal bagno con una faccia stanca e tutti i capelli arruffati, stringendo delicatamente la mano di sua figlia.

«Alessandro? Sei... Sei proprio tu?» mi chiede lei, incredula, faticando a riconoscermi.

Effettivamente, questa è la prima volta che lei mi vede con indosso i miei vestiti eleganti da lavoro; quando ci incontriamo il venerdì sera con il resto della nostra compagnia, sono vestito decisamente in modo più sobrio.

«Sì, sono proprio io, in carne e ossa Fabiana!» esclamo, sorridendo del suo stupore.

Il giovane barista accanto a lei, vedendo la mia ordinazione, si intromette un attimo tra di noi per servirmi.

«Ecco a lei con il suo caffé espresso e la sua cheesecake alle fragole da portare via e in tutto sono cinque dollari» dice, consegnandomi il dolce in un pacchetto.

Io gli consegno immediatamente i soldi, per poi rivolgermi nuovamente a Fabiana.

«Allora? Questo venerdì sarai dei nostri?» le domando, osservandola con attenzione, mentre bevo con molta calma il mio caffé.

«Non credo di riuscirci, Alessandro. Sono molto impegnata a lavoro questa settimana, e poi non voglio lasciare da sola a casa Gaia» mi risponde lei, con un tono di voce molto stanco.

«Posso aiutarti io con Gaia, tanto tua figlia mi adora» l'intervento improvviso del giovane barista, oltre a sorprendermi per il tono confidenziale con cui si è rivolto alla mia amica, ottiene anche l'approvazione di sua figlia.

Soltanto Fabiana, infatti, è ancora titubante ad accettare quest'offerta.

«Sei sicuro che non sia un problema, Colton?»

«Sicurissimo Fabi. Vai tranquilla!»

Il loro ulteriore dialogo, rende ancora più palese la confidenza tra quei due.

«Va bene, allora, Alessandro. Posso dire a Federica e Michele di prenotare anche per me, per venerdì, anche se molto probabilmente arriverò in ritardo» il suono improvviso della voce della mia amica mi distoglie dalle mie riflessioni sul possibile legame esistente tra il giovane barista e lei.

«Non è necessario che li chiami stasera, mando adesso io un messaggio così che chiudano subito la prenotazione» le rispondo gentilmente.

Con mia sorpresa e anche un leggero fastidio, il giovane barista dopo aver chiuso lo Starbucks ci accompagna anche per buona parte del tragitto in metropolitana. Poi io sono costretto a salutarli e a scendere alla fermata prima della loro - Fabiana, infatti, mi ha detto che il barista è l’unico figlio dei suoi vicini di casa - per raggiungere il parcheggio chiuso in cui ho lasciato la mia macchina. Quando poi, dopo aver guidato per due ore, arrivo alla mia casa, sono molto stupito nel vederla completamente al buio.
In genere, infatti, la mia fidanzata Samantha è già dentro ad attendermi, seduta in salotto. Invece, quando entro, l’intero appartamento è deserto, spogliato di tutti gli oggetti appartenenti a lei e dopo tre chiamate deviate automaticamente alla segreteria telefonica, provo a mandarle un sms.
Sono molto preoccupato, non è da lei essere irraggiungibile telefonicamente.










Note:
Storia betata da Tanny, ma se vi sono ulteriori errori e problemi che avete notato per voi lettori, fatemelo sapere che io contatterò la mia beta personale e glielo farò sapere in tempo. Grazie.
Spiegazioni ulteriori:
*
Kindergarten, per chi non ha imparato il tedesco, significa asilo e dato che in questa lingua si prevede l'obbligo dei sostantivi con la lettera maiuscola, non segnalatemi nulla che va scritto in questo modo.
Riguardo le altre parole in corsivo, diciamo che essendo di lingua straniera, ho preferito scriverli così in modo tale da separarli dalle normali parole.





   
 
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