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Autore: FlameWolf    02/01/2017    10 recensioni
Non so da dove provenga, né perchè abbia scelto proprio me, ma è mia e non abbandonerà mai, neppure nel mio giorno più oscuro.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le ultime parole famose

 

Kyte Densmith, tributo del distretto 1 (Incremento)

 

“Ti ammiro, tu sii che hai le palle per afferrare ciò che desideri! Guarda me invece, lavoro in questo distretto da quasi dieci anni, e non so cosa darei per andare in un posto con maggiore azione. Non mi sono unito all'arma per poltrire” dichiara scocciato il pacificatore.
Annuisco simulando un timido sorriso d'approvazione. Perché questo pezzente mi sta raccontando la storia della sua vita? Io non gli ho chiesto niente. “Mi sembri bravo nel tuo lavoro, credo che otterrai una promozione un giorno” replico sperando che così chiuda la bocca. Purtroppo però non vengo accontentato. Il pezzente continua a parlare spiegandomi che sua moglie e sua figlia non desiderano affatto cambiare casa. Il suono della sua voce è odioso, vorrei poterlo afferrare per il collo e sbatterlo contro il muro finché le pareti non si sono tinte di rosso. Continuo a sorridere però, sono obbligato a farlo. Devo continuare a comportarmi come un bravo bambino.

“Ecco la stanza, a breve verranno a visitarti i tuoi parenti e i tuoi amici” mi comunica prima di lasciarmi finalmente solo. La stanza è più piccola di quanto mi aspettassi, ma in compenso è piena di libri e ha in un angolo un bel mappamondo dall'aria antica. Potrebbe essere una bella stanza in cui sostare, se non fosse per una dannata mosca super fastidiosa.

Ispiro lentamente. A breve lui sarà qui e succederà quello che succede sempre quando è furioso. Mi osservo le mani, non riesco a farle stare ferme. Rido. Che scena patetica. Sapevo a cosa andavo incontro, avere paura adesso è ridicolo. Non potevo fermarmi però. Rivoglio Amy, non voglio vivere senza di lei. Vincerò, e la porterò via con me. Vivremo insieme, solo io e lei, che il resto del mondo vada a farsi fottere, mio padre compreso. Lui non può capire, e mai capirà.
La porta si apre. Mio padre la richiude con calma senza dire una parola, e quando è sicuro che nessuno ci possa vedere, mi viene incontro con passo deciso. Il suo volto è apparentemente impassibile quando mi colpisce allo stomaco. Il fiato mi si blocca a metà e mi vedo costretto a piegarmi per il dolore; mio padre ne approfitta per tirarmi una ginocchiata sul fianco. Sto per cadere per terra, ma mi afferra per i capelli per impedirmelo. Non apro bocca, so perfettamente che è inutile.

“Era troppo presto” mi ringhia addosso a bassa voce, temendo che il pacificatore possa udirlo. Anche se il suo tono è basso, posso captare perfettamente la sua rabbia. I suoi occhi sono iniettati di sangue, i muscoli delle sue braccia stanno tremando per il desiderio di colpirmi di nuovo, e sono certo che a breve lo farà. Inizio ad ansimare, ben consapevole che questo è stato solo l'antipasto. Non posso fare niente contro di lui, anche se avessi la magia non potremmo mai essere alla pari. Mi colpisce di nuovo, ancora ed ancora, ma mai in faccia. Gli altri non devono capirlo. Questo è il nostro segreto. L'unico lato positivo è che non durerà a lungo.
“Mi dispiace” bofonchia infine allontanandosi all'improvviso. Mi dà la schiena, sta tremando. È sempre stato così, solo a un certo punto si ricorda che sono pur sempre figlio di mia madre, un assassino con i suoi stessi occhi. Mi ha chiesto scusa un miliardo di volte, ma lo stronzo ci ricasca sempre. Inizialmente pensavo che non l'avrei sopportato, credevo che sarei impazzito, ma alla fine mi sono abituato. Ad ogni episodio divento più forte, il dolore diventa più tollerabile. Sono quasi certo che un giorno ne diventerò immune. Giorno dopo giorno divento sempre di più un vero guerriero, come lui ha sempre desiderato.
Mi rimetto in piedi facendo finta che non sia avvenuto nulla. Io non ho paura. Sono forte, posso resistere a tutto. Non ho paura. Mio padre sorride orgoglioso di fronte alla mia reazione.
“Mi sento pronto” dichiaro fiero.
“Ti farai ammazzare, coglione. Avevi così tanta fretta? Avevamo deciso che ti saresti offerto fra due anni!” mi rinfaccia sprezzante.
Sento qualcosa dentro di me ribollire. Vorrei urlargli che non potevo più aspettare, che i miei giorni senza Amy non hanno alcun senso. Senza di lei la mia vita è un'agonia, mi mancano il suo sorriso, i suoi vestiti rossi, le sue premure. Quella puttana di sua madre me l'ha portata via, e io me la riprenderò ad ogni costo. Non posso dirglielo però, non capirebbe. In fondo è anche colpa sua se Amy è a Capitol adesso.
Mio padre mi guarda attendendo una mia risposta, ma non gliela concedo. A che pro? Si accontenti di quello che gli ho detto. Si avvicina a me ed alza la mano. Chiudo gli occhi temendo il peggio, ma si limita a darmi una pacca sulla spalla.
“Ci vediamo dopo. Tanto sono il tuo mentore”.

Mio padre esce dalla stanza. Qua dentro rimaniamo solo io, il silenzio, e quella mosca del cazzo. Sto per lanciarmi al suo attacco, quando entra Sunrise. Che rabbia, non ho voglia di tornare a fingere. Avrei preferito rimane da solo ad uccidere quell'insetto.
Metto su il mio sorriso migliore, quello che fa impazzire le ragazze, e l'accolgo fra le mie braccia, trattenendo a stento un mugugno quando mi sfiora il fianco, quello che ha ricevuto la ginocchiata.

“Il mio povero tortino” piagnucola. Sento dei brividi lungo la spina dorsale. Che nomignolo di merda. Che cosa potrei aspettarmi da una così, però? Sunrise è solamente un'oca senza cervello. “Ho avuto tanta paura quando ti sei offerto volontario, ma sono certa che ritornerai”.
“Ovviamente tornerò” replico dandole un bacio sulla mano. Sunrise inizia a ridacchiare deliziata. Quando ride stringe sempre gli occhi come una mongola, sembrando così ancora più scema.
“Per me, vero?” mi domanda. Povera illusa. Avrà una brutta sorpresa quando tornerò. Può truccarsi e vestirsi elegante quanto vuole, ma non sarà mai bella come la mia Amy. Se la sopporto è solo grazia al suo status e ai suoi soldi; mio padre ci tiene che abbia una fidanzata con un cognome famoso. Quando tornerò però, sarò talmente ricco ed amato che non avrò più bisogno di lei.
“Ovvio che sì” replico sorridendo.
Sunrise squittisce di gioia e tira fuori dalla tasca un oggetto dorato: un anellino. “L'ho comprato per te, così tutti sapranno che sei il mio fidanzato”.
Indosso l'anello provocando in Sunrise una profonda gioia. “Non vedo l'ora che torni, mio tortino”.
“Anch'io, grazie tante per il portafortuna”.
La stringo forte per l'ultima volta, immaginando che ci sia la mia fragolina fra le mie braccia. A breve la rivedrò, me lo sento. Il suo sogno era quello di diventare una stilista, sono certo che sia in uno dei vari staff.
Aspetto che Sunrise esca e mi tolgo subito l'anello. Io appartengo ad una sola persona.

 

Alice Grace, tributo del distretto 7 (Negazione di potere)

 

Mi avvento sulla bottiglia d'acqua e la verso nel bicchiere, riempiendolo fino all'orlo. Bevo il contenuto in un solo sorso. Sto ancora tremando, devo trovare un modo per smettere. I Stewart saranno qui a breve, e devono trovarmi nella mia forma migliore. Non voglio farli preoccupare più del necessario, voglio che pensino che ce la possa fare davvero. Per quanta mi riguarda ho già vinto: Giuly è salva per almeno un altro anno.
Mi do uno schiaffo. Devo riprendermi, tornare di un colorito roseo e respirare normalmente. È solamente l'ennesima sfida. La signora Colins mi ha definita una lottatrice una volta, e non ho intenzione di deluderla.

Inizio a saltellare spostando in continuazione il peso da un piede all'altro, come se fossi una lottatrice di boxe. Sto iniziando a sentirmi meglio, mi sento carica. Ce la possa fare.

La porta si apre, e lo sguardo di quei tre mi fa crollare nuovamente. È soprattutto quello di Giuly che mi fa male. Appena mi vede scoppia a piangere, e scappa via, con la madre dietro ad inseguirla. Rimaniamo solo io e il signor Stewart. Non ci diciamo niente, non sono mai servite le parole fra di noi, ci limitiamo ad abbracciarci. Mi dispiace essere rimasta con loro per così poco tempo, avrei voluto che ci fossimo incontrati prima. Questi due anni sono stati i più belli della mia vita. Non avrei mai pensato di incontrare così tanto calore. Mi ero rassegnata all'idea di non conoscere mai l'amore di un genitore, e invece...
“Io... mi sento una persona orribile” mi confessa mentre inizia a piangere.

Lo stringo ancora più forte, non voglio che provi questo. Lui è uno dei miei salvatori. “Sappiamo entrambi che Giuly non ce l'avrebbe mai fatta. Dovevo offrimi volontaria” replico seria.
“Ma così sei tu quella ad essere in pericolo!” replica con frustrazione, ma sappiamo entrambi che ho ragione, non si sentirebbe in colpa altrimenti. So che ha provato sollievo di fronte alla mia proposta, ma va bene così. Forse questo è il mio unico modo per ringraziarli.
Giuly riappare nella stanza insieme alla madre.
“Non avresti dovuto” afferma mentre tira su con il naso “Aveva chiamato me, dovevo andare io”.
“No” replico coincisa.
“Dovevo andare io!” mi urla addosso. “Alice!...” sta per aggiungere qualcos'altro, ma inizia a tossire violentemente. Ci gettiamo tutti e tre su di lei preoccupati. Le sue crisi con il corso del tempo sono diventate sempre più terribili. Le cure sono costose e neppure chissà quanto efficaci. Forse un mago del dodici riuscirebbe a guarirla del tutto, ma sono praticamente inaccessibili. Chissà, magari a Capitol riuscirò ad entrare in contatto con uno di loro.
“Alice, Alice!” piagnucola Giuly mentre appoggia la testa sulla mia spalla. Le accarezzo i capelli, mentre con l'altra mano stringo il suo corpicino. Per quanto mangi, non riesce praticamente a mettere su peso. Mi dà quasi l'impressione che possa scomparire da un momento all'altro.
La signora Stewart, no, la mamma, mi stringe e mi dà un bacio sulla fronte. “Alice, tu sei una ragazza buona, proprio per questo là dentro non devi ascoltare il tuo cuore, mi hai capita?”.
Sgrano gli occhi, non mi aspettavo questo consiglio, anche se ha senso. Mi farà strano entrare in quell'ottica, non sono abituata, non è nella mia natura. Troverò lo stesso un modo per farcela, poco importa. Non voglio morire. Io tornerò, ho deciso. Nessuno mi farà cambiare idea.
Li saluto di nuovo, sperando con tutta me stessa che questa non sia l'ultima volta. Giuly ha già pianto abbastanza.

È il turno di Joseph, è appena lo vedo gli salto letteralmente addosso. Barcolla un po', forse non aspettandosi un gesto del genere, ma grazie al cielo non crolliamo a terra. Non sono mai stata così felice di rivederlo. Mi sembrano passati anni dall'ultima volta, eppure ci siamo incontrati appena prima della mietitura.
Mi allontano con calma da lui, anche se facendolo finisco per sfiorare la sua mandibola con le labbra. Un attimo dopo mi sta baciando. La cosa non mi sorprende più di tanto, penso che sapessi fin dall'inizio che saremmo finiti in questo modo. Vorrei solo che non fosse avvenuto in un momento come questo.

“Se morirai là dentro, non te lo perdonerò” dichiara con una certa rabbia.
Mi stacco da lui guardandolo storto “Cosa avrei dovuto fare? Mandare al macello Giuly?”.
“No. Solo non farti ammazzare. Stai attenta al bagno di sangue. Spesso vedono quelli del distretto 7 come una minaccia dato che con la loro presenza finiscono per proteggere involontariamente le persone accanto a sé” mi fa notare.
Annuisco. Dovrò studiare una qualche strategia, una buona. “Troverò un modo” replico solenne.
Joseph sospira “Ti amo, ma il tuo ottimismo a volte...”
“Ripeti” lo blocco. Ha appena detto quello che ha detto?
“Ti amo” afferma con un sorriso.
Lo bacio di nuovo. Penserò alle strategie più tardi, ora voglio solo godermi quest'ultimi attimi.

 

Joshua Peterson, tributo del distretto 8 (Telepatia)

 

Ed eccomi qui.

Mi chiedo se tutto questo non sia una sorta di punizione per tutto quello che ho fatto, forse me lo merito. Non potevo pensare di farla franca per tutta la vita, qualcuno avrebbe dovuto fermarmi prima o poi. Mi passo una mano fra i capelli. Stronzate, sono tutte stronzate. Se questo ragionamento fosse vero, perché Jeff è sano e salvo? Lui è colpevole almeno quanto me. Il karma non c'entra proprio nulla, sono stato estratto perché sono sfortunato, tutto qui. Eppure mi sento in parte sollevato dato che in un modo o nell'altro abbandonerò questa patetica vita. Dall'altra parte mi sento così stanco e debole. Vorrei solamente addormentarmi e smettere di pensare per una volta. Vorrei poter sognare qualcosa di allegro, o dolce per lo meno. Mi piacerebbe rivedere i volti dei miei genitori. Avevo solo sette anni quando sono morti, me li ricordo a malapena. Mi piaceva stare con loro, ogni Domenica andavamo al lago a pescare tutti quanti insieme. Se non fossero morti...
Scuoto la testa con energia. Non voglio pensare, è doloroso. Ogni volta che sono solo mi ritrovo a formulare sempre gli stessi pensieri. Non ce la faccio più. Jeff, dove sei?

Mi rannicchio sulla poltrona, pregando che mio fratello arrivi presto. Vorrei captare i suoi pensieri per sapere dov'è, ma senza alcun contatto visivo è impossibile. Anche se lo fosse, sarebbe comunque meglio non farlo. Jeff è un mago molto potente, riesce ad avvertire quando qualcuno si sta intrufolando nella sua mente, e quando succede, si arrabbia parecchio. Giustamente direi, neanche a me piace. È come se avvertissi qualcuno sfiorarmi, e a quel punto sono costretto ad alzare barriere mentali, pensando intensamente una cosa a caso. Non tutti ci riescono, alcuni sarebbero disposti a qualunque cosa per un'abilità del genere, ma a me sembra più una maledizione. Vivere temendo che qualcuno ti sfrutti, vivere temendo che Capitol scopra la tua potenza. La vita è solamente una fonte d'ansia.
Mi mordo il labbro, lo sto facendo di nuovo. Jeff, quando arrivi?

La porta si apre finalmente. Jeff è particolarmente pallido e noto che ha una fasciatura sulla mano destra.
“Che cosa è successo?” domando.

Jeff dà un'occhiata indecifrabile alla ferita “Ah, niente!” replica tranquillo, ma riesco ad avvertire la sua rabbia. L'empatia funziona in maniera naturale con le persone che ami, con loro non devi fare il benché minimo sforzo. Se ti hanno aperto il cuore una volta, rimarrà per sempre aperto.
“Bugiardo”.
Jeff mi fa la linguaccia “Ho dato un pugno al muro dopo la mietitura”.
“Jeff...” sospiro a mo' di rimprovero.
“Mi è stato sul culo, va bene? Sono io il maggiore, è sempre stato il mio compito proteggerti, e non aver potuto far niente mi ha mandato in bestia”.
Abbasso lo sguardo triste, è una fortuna che abbia compiuto da poco diciannove anni, altrimenti a quest'ora i nostri ruoli sarebbero invertiti. Se c'è una cosa peggiore dell'essere mietuti, è vedere qualcuno che ami che si sacrifica al posto tuo.
“Senti, non abbiamo molto tempo, quindi è meglio dirti subito un paio di cosette”. Annuisco. “Primo, la tua amichetta di sventura è una maga, le sono entrato in testa prima”.
“Avevo avuto anch'io questa impressione” confesso. Credo di averlo capito da come abbia guardato la capitolina durante la mietitura. “Non si è accorta della tua presenza?” domando.
“No, ma è stato difficile. Ne è portata, dunque stai attento. Non ti fidare. Con lei nei pareggi tieni sempre alte le difese”.
Mi dispiace considerarla una nemica, soprattutto perché mi ha fatto tenerezza prima. Mi ha dato l'impressione di essere una ragazza spaventata ed indifesa, ma come dice Jeff, non bisogna fidarsi di nessuno. Ognuno pensa solamente solamente ai propri interessi. Lilia potrà sembrare adesso una ragazza dolce e sensibile, ma non lo sarà a lungo, o morirà ben presto. Questo non è un mondo per deboli. Se vuoi vivere c'è solo una strada da percorrere.
“Sì” replico coinciso e freddo.
“Un'altra cosa, non dire a nessuno che sei un mago, neanche al mentore”.
“Perché? Ho mai avuto dei poteri?” domando retorico, facendolo sorridere. Nascondiamo da sempre le nostre abilità, è più facile agire indisturbati se nessuno sospetta di te. La gente tende a fidarsi di più quando dichiari di essere privo di potere. È più facile fregarla se ti sottovaluta.
Osservo l'ora, sta iniziando a farsi tardi. “Devo andare?” mi domanda Jeff.
Scuoto la testa, ho ancora un po' di tempo e non credo che verrà a visitarmi qualcun altro. Io e i miei compagni non abbiamo mai legato poi così tanto.
“Scusa, è colpa mia” dichiara Jeff.
“Non dire cavolate”
“No! È colpa mia. Avrei voluto farti crescere in un ambiente normale come tutti gli altri ragazzini, ma non era possibile, lo capisci? Eravamo solo io e te contro il mondo”.
“Lo so” affermo. Con la vita che conducevamo non era possibile far avvicinare troppo gli altri, o ci avrebbero scoperto. Ha ragione Jeff, eravamo solo io e lui contro il mondo, ma a breve ci sarò solo io, e non ho avuto mai così tanta paura.

 

Andreas Kirke, tributo del distretto 9 (Sacro)

 

Alito sul vetro finché non si appanna, poi incido con l'unghia cercando di ricreare un fulmine. Le linee però non mi vengono parallele, il mio disegno sembra solamente lo scarabocchio di un bambino. Lo cancello in fretta, oggi non mi viene bene nulla.
Vorrei avere un foglio e una matita, non chiedo molto. Ho bisogno di disegnare, è l'unica cosa al mondo che riesce a tranquillizzarmi, ma mi hanno vietato perfino questo. Non so neppure io che cosa temano. Dannati loro, e le loro stupide regole. Non sono neanche sicuro di volere stare qui ad aspettare. Vorrei solo riavvolgere il tempo e tornare nel mio letto, no anzi, vorrei non essere mai nato, o almeno non essere mai nato in questo stupido posto. Sarei stato meglio in qualsiasi altro distretto, perfino (e soprattutto) nel due, che qui è molto odiato. Mi faccio sfuggire un ghigno. Qui non si usa la parola “odiare”, rimanda all'oscurità ed altre cose simili. Ipocriti, sono solamente dei fottuti ipocriti. L'unica cosa buona di questa faccenda, è che starò alla larga per un po' da questo posto.


La porta si apre, e non ho bisogno di voltarmi per sapere che c'è mio zio. Chi altro dovrebbe venire per me? Sto sul cazzo a tutti.
“Ciao, Andreas” mi saluta con un sorriso spento.
Mi giro a malapena, alzando leggermente le spalle per fargli capire che l'ho sentito. Non so neppure cosa dirgli. Cosa si dice in questi casi? “Grazie per esserti preso cura di me?”, “Ci vediamo?”, oppure si punta su un semplice “Grazie ed addio?”.
Lo zio non interrompe i miei pensieri, ma si limita a mettersi accanto a me, ad osservare fuori dalla finestra. Rimaniamo così, senza dirci nulla per un bel po'.
“Pensavo a qualcosa di saggio da dire, ragazzo, ma è difficile trovare le parole giuste. Forse con un paesaggio autunnale sarebbe più facile” afferma all'improvviso sorridendo malinconico. Bene, se perfino lui, conosciuto da tutti come il “Professore”, non sa cosa dire, significa che sono davvero nella merda più profonda. “Posso solo dirti di stare attento, di affidarti alle tue capacità. Potresti farcela, dico davvero, hai più risorse di quanto immagini”.
Sorrido amaro, come se fosse possibile una cosa del genere. “Come no” affermo mentre sento gli occhi bruciarmi.
“Andreas”. Mio zio mi afferra per le spalle, obbligandomi a guardarlo negli occhi “La magia è un arricchimento, ma si può vivere anche senza, così come la fede, te l'ho già spiegato. Il tuo rapporto con Dio non ti limita, né ti definisce. L'unica cosa che conta è che tu sia sereno con te stesso, ragazzo. Forse la tua magia tornerà ancor più potente di prima, forse sparirà del tutto, ma questo è solo un evento secondario”.
Abbasso lo sguardo, sento che sto per scoppiare a piangere. Lo zio mi abbraccia. Cerco di divincolarmi, ma non riesco a resistere. Lo stringo forte, facendo entrare dentro di me il suo odore il più possibile.
“Scusa, non sono stato un buon coinquilino”.
Lo zio mi allontana un po' “Non dire sciocchezze, ragazzo. L'unica cosa di cui mi dispiaccia, è che sei stato costretto a vivere con me anziché con i tuoi genitori”.
Scuoto la testa, nessun dispiacere. Hanno preso la loro decisione, erano ben consapevoli delle conseguenze. Per anni ho sperato che fra di noi le cose si risolvessero, che mi accettassero per quello che sono, ma è stato tutto inutile. Ora c'è solo rassegnazione nel mio cuore, sono perfettamente consapevole che non verranno a salutarmi. Mio padre l'ha detto chiaro e tondo: per loro sono come morto. Avrebbero preferito che mi fossi ammalato io quella volta anziché mio fratello, ne sono certo. Se fossi morto io, tutti avrebbero avuto la loro cazzo di vita perfetta, invece no, è quello sfigato a dover continuare a vivere. Che il Dio Sols li abbia in gloria, finalmente ha esaudito il loro desiderio! Non saranno costretto a vedermi in giro per il distretto.
“Non mi importa” mento facendo le spallucce.
Lo zio nota il mio malumore, sospira, si toglie gli occhiali, e li pulisce sulla sua vecchia maglia, quella che secondo lui gli porta fortuna. “Sbagliate entrambi, lo sai vero?” domanda retorico.
“Io non direi proprio” replico scocciato. Conosco questo discorso, me l'ha ripetuto un sacco di volte: mio padre fa entrare nella sua vita troppa luce, ed ha per questo paura anche della più piccola delle ombra; mentre per me è l'esatto opposto: mi faccio avvolgere dalla paura e dalla rabbia, e non riesco per questo ad essere felice. La sua è una teoria interessante, ma rimane il fatto che non sono stato io a spezzare la famiglia. Lo zio spera ancora in un lieto fine, non può capirmi. Io non sarò mai come loro, ci sono troppe domande a cui non riesco a dare risposta. Sono dubbi che mi affliggono in continuazione, dai quali non riesco a trovare alcun sollievo. La preghiera non è mai stata un conforto, neppure da bambino. All'epoca era solo un modo per compiacere i miei. Crescendo tutto ha iniziato a perdere senso, non sono più riuscito a fidarmi facilmente, non dopo la consapevolezza di essere cresciuto in un mare di bugie. Quando mio fratello è morto poi, le cose si sono spezzate definitivamente. Forse era inevitabile, forse non c'era altra strada. Mi rimane solo la mia amica solitudine e quel buio in cui mi piace tanto crogiolarmi. Chi ha detto che per vivere serve la luce del sole?

La porta si apre nuovamente, facendo sbucare un pacificatore “Signor Kirke, il tempo a sua disposizione è terminato”. Ma come, di già?
Lo zio annuisce serio “Beh, ragazzo, è ora di dirsi addio. Ti darei qualche consiglio su come comportati là dentro, ma tanto non li seguiresti”. Sorrido, cavoli come mi conosce. “Mi affiderò al tuo buon senso”.
Sento qualcosa dentro di me rompersi. Non voglio che se ne vada. “Zio!” lo chiamo pentendomene subito dopo. Mi ritrovo al punto iniziale, non so cosa dirgli, faccio fatica ad esprimermi a parole.
“Ho capito” dichiara lo zio venendomi incontro “Non c'è bisogno di dire nulla, ragazzo. Ti voglio bene anch'io”.
“Zio!” lo richiamo intestardito “Io voglio tornare! Io tornerò”.
Si volta ormai sull'uscio e mi sorride. “Lo so”.

 

Kalani Bei Fong, tributo del distretto 11 (Piante)

 

Mi butto sopra il divano. L'ho fatto. L'ho veramente fatto! Non so cosa avrei dato per vedere le loro facce. Mi sento benissimo, come mai prima d'ora. Ho voglia di uscire da questa stanza, di rotolarmi nel fango, di sdraiarmi in mezzo ad un prato, e di ascoltare il respiro della terra. È questo dunque il sapore della libertà? Che sensazione meravigliosa, avrei dovuto farlo prima.
Mi tolgo di dosso i bracciali, le perle fra i capelli, e la collana d'oro della mia bisnonna. Mi sento leggera, finalmente me stessa. Riappoggio i piedi nel pavimento di pietra, ed avverto un gran movimento fuori dalla porta. A breve loro saranno qui. Sarà un ultimo fastidioso dialogo, e poi sarà finita. Non ci tornerò mai più nella loro gabbia dorata, tornerò da morta o completamente indipendente, ma in ogni caso le loro catene si sono spezzate.

Quattro persone si stanno avvicinando. Una ha il passo pesante, deve essere il pacificatore. Gli altri li conosco bene: sono i miei genitori e la loro fidata guardia del corpo. Sorrido, sono pronta. Ora saranno costretti ad ascoltarmi.
La porta si apre, ma solo due di loro entrano nella stanza, i miei genitori.

Nell'aria c'è un silenzio pesante, ma riesco a sentire chiaramente i loro cuori battere spaventati tramite le vibrazioni del terreno. Non provo alcuna pietà però, sono loro che mi hanno costretta a cacciarmi in questa situazione. Per anni e anni ho chiesto maggiore libertà, ho provato a spiegarli che mi sentivo soffocata dentro quelle quattro mura, ma niente. Io sarò anche cieca, ma loro completamente sordi.
“Mi dispiace” esordisce mio padre all'improvviso lasciandomi completamente senza parole. Mi ha dunque capita finalmente? Perché ci è voluto un gesto così estremo? “Era mio compito proteggerti da questo mondo, ma non ci sono riuscito. Non so come sei riuscita ad entrare in contatto con quei disgraziati..”
“Di che stai parlando?” lo interrompo.
Mio padre non mi risponde, in compenso però interviene mia madre “Kalani, perché sei scalza? Ti verrà un malanno, rimettiti le scarpe”.
La ignoro completamente, e mi avvicino a mio padre puntandogli addosso il dito. “Di cosa stai parlando?” ripeto nervosa.
“So che hai stretto amicizia con due ragazzi al frutteto, anche se non ho idea di come tu sia entrata in contatto con loro. Sono sicuro che ti abbiano convinta a farti volontaria per chissà quale assurda ragione. Li denuncerò per istigazione al suicidio, li rovinerò, non ti preoccupare, tesoro”.
No... non è impossibile. Come si può essere così stolti? Si rifiutano di vedere cosa sta succedendo e di ascoltare quello che sto urlando da anni. Mi fanno sentire una stupida bambolina senza volontà od aspirazioni, nascosta nel buio per essere protetta da chissà quali pericoli. Io non ne posso più, davvero. Ora se la stanno perfino prendendo con gli unici amici che sono mai riuscita a farmi. Hellen e Bruce non meritano tutto questo. Vorrei chiederli scusa per il guaio in cui li ho cacciati, ma sono sicura che li impediranno di venire qui. Papà è molto potente.
“Loro non c'entrano niente, lasciali in pace. Sono qui di mia spontanea volontà. Io ho scelto di farmi volontaria!” esclamo con rabbia.
“Tesoro mio! Perché hai deciso di ucciderti?” piagnucola mia madre.
“Kalani, è una follia, dannazione! Ti uccideranno in meno di tre secondi!” rincara mio padre.
“Non è vero!” replico urlando “Sono una maga, e anche molto potente. Io sento la terra”.
Mio padre si fa sfuggire uno sbuffo che nasconde una risata “Ti abbiamo fatta visitare, ricordi? Tu non possiedi alcun potere”.
Mi mordo il labbro fino a farlo sanguinare. “Io la sento” ripeto con voce tremante. Lo sapevo che non mi avrebbero creduta, i miei poteri sono troppo particolari. Per loro sono solo una fragile ed ingenua cieca, nient'altro. Per loro inizio e finisco con il mio handicap. Io non sono debole però, io vedo meglio di chiunque altro. Riesco a percepire le vibrazioni del terreno, a collocare nello spazio tutto ciò che c'è intorno a me. So per esempio che questa stanza è piena di mobili, e che la libreria alla mia destra è infestata dai tarli. So che fuori dall'edificio c'è un albero che non sa dove far crescere le proprie radici, e che il pacificatore di prima ha una vecchia ferita sulla gamba, dato che non appoggia bene il piede sinistro. Ma cosa ne sanno loro? Lo vedranno, comunque. Dimostrerò all'intera Panem di cosa sono capace. Smetteranno finalmente di trattarmi con compassione.
“Kalani, non dire sciocchezze. Nessuno sente la terra” replica scettico mio padre.
“Vi odio” affermo fredda, sperando che capiscano che la mia dichiarazione non è determinata dalla rabbia o dalla frustrazione. Io li odio davvero, mi hanno rovinato la vita.
Mi madre inizia a singhiozzare, e neppure mio padre è in grado di replicare. Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, finché il pacificare non li ordina di andarsene.
“Kalani, ti pentirai amaramente per come ci hai trattato” conclude mio padre prima di uscire.
Aspetto che si allontanino, poi mi sdraio scomposta sul divano. È finita finalmente, ora posso incominciare a vivere.

 

Jésus “Il ragazzo selvatico” Dondediòs, tributo del distretto 10 (Trasmutazione)

 

Libertà vola intorno alla finestra preoccupato, non so cosa darei per essere lì con lui. Tiro con tutte le mie forze le barre che circondano la finestra, ma è tutto inutile, sono troppo ben fissate. Sono un animale in gabbia, ben presto verrò portato al circo capitolino. Non voglio! Ho paura, non voglio morire! Ho visto cosa fanno in quel programma, è orribile, gli esseri umani sono orribili. Io voglio stare qui, insieme a Libertà, non voglio nient'altro!
Allungo la mano verso il corvo, ma so benissimo che non toccherò mai più le sue piume, né che volerò mai più insieme a lui. È finita, e non so neanche come spiegarglielo. Come posso spiegargli un concetto così complesso come gli Hunger Games? Il mondo animale non è privo di violenza, ma non è mai così tanto gratuita.

“Mi dispiace” sussurro piangendo “Avrei voluto restare con te per sempre”.
Libertà gracchia infastidito, per poi gettarsi con le zampe sulle barre, nel disperato tentativo di romperle.
“È inutile, è tutto inutile” affermo mentre cerco i suoi occhi scuri. Quante ne abbiamo combinate insieme, amico mio? Ricordi quando abbiamo convinto quelle pecore a ribellarsi e a fuggire dal recinto? Oppure quando abbiamo assistito alla nascita del piccolo Billy? Ricordi le notti passati insieme quando riuscivo a fuggire dall'orfanotrofio? Sembra passato così poco tempo... non sono pronto, Libertà, ho tanta paura, non voglio lasciarti!
Mi rannicchio e piagnucolo, mentre Libertà continua a lottare per liberarmi. “Smettila, ti prego! Non voglio che tu ti faccia male!” lo imploro.

La porta si apre, e il cuore mi sale in gola. Indietreggio verso la finestra, iniziando a ringhiare come monito.
“Ehi, calma!” sbraita l'uomo vestito di bianco “Ci sono viste per te!”.
Dietro di lui sbuca Larry, vestito in maniera molto strana. Dov'è la sua salopette sporca di latte e di fieno? “Ciao” mi saluta un po' imbarazzato. Lo comprendo appieno, è strano vederci fuori dalla stalla, ma non mi dispiace vederlo qui. Larry mi piace, è gentile, non mi costringe a fare cose, non mi giudica.
“Ciao” rispondo con voce rauca.
Larry si gratta dietro la testa un po' imbarazzato “Così ti chiami Jésus?” mi chiede.
“Non mi piace quel nome” affermo un po' freddo. È stata la signora Laire a chiamarmi così. I miei genitori naturali mi avevano abbandonato di fronte alla porta dell'orfanotrofio, senza lasciare alcun biglietto, senza nessuna coperta od augurio. Così mi hanno chiamato Jésus Dondedìos, ma non mi piace per niente. Ha un suono strano, poco comune. Da bambino mi hanno spesso preso in giro a causa sua, facendomi sentire ancora più solo. Poi ho incontrato Libertà, e un po' di cose sono cambiate per il meglio. Ora però, tutto sta per essere spazzato via.
“Oh” mormora Larry.
Mi mordo il labbro. Perché sono un tale disagiato? Larry è venuto a trovarmi per non farmi sentire solo in un momento disperato come questo, e non sono neppure in grado di ringraziarlo.
“È strano incontrarti fuori dalle stalle” afferma come se mi avesse letto nel pensiero “Ma non sarebbe stato male incontrarti un po' di più anche di fuori. Ec-ecco...” balbetta lui evitando di guardarmi negli occhi “... volevo ringraziarti per aver ascoltato tutte le lamentele sui miei fratelli, sono stato molto pensante, lo so. Purtroppo sono un tipo debole e finisco per farmi schiacciare tutte le volte”.
“Non sono loro a schiacciarti, sei tu che glielo permetti. Dovresti essere più clemente con te stesso” replico sperando così di poterlo aiutare un pochino. Purtroppo non posso fare di più, questa è la sua battaglia.
Larry sorride grato. “Buona fortuna, Jés... ragazzo selvatico” si corregge all'ultimo, decidendo di chiamarmi come ha sempre ha fatto.

Larry esce, e al suo posto entrano Faber e Rick. Non mi aspettavo che venissero anche loro. Frequentavo la stalla principalmente perché mi piaceva stare con gli animali, non pensavo che così tanti dipendenti potesse affezionarsi a me.
A differenza di Larry sono vestiti come al solito, i loro capelli sono pieni di fieno e odorano ancora di stalla. I due fratelli si dispiacciono per quello che mi è successo, ma l'atmosfera non rimane cupa per tutto il tempo dato che iniziano a discutere come sempre. È buffo vederli litigare, sono molto diversi fra di loro. Rick in particolare è molto diretto quando parla, troppo, scatenando sempre un certo imbarazzo nel fratello, di natura più magnanima. Non avevamo chissà quale rapporto, ma facevano pur sempre parte della mia vita. Mi mancheranno tanto.

“Vedi? Hai intristito il ragazzo!” afferma Faber.
“Oh, al diavolo, come se fosse per colpa mia. Non abbatterti, tu. Quando tornerai ti farò conoscere il Dio Alcool, altro che Dio Sols!”
Il fratello gli dà uno scappellotto, provocandomi qualche risata. “Ha solo quattordici anni, scemo!”

Per ultima entra lei. Ha un aspetto più curato del solito, i suoi capelli sono lucenti ed odorano di camomilla. Non è la ragazza più bella del mondo, ma è come se lo fosse. È dolce, e ha la voce di un angelo. Vorrei sentirla cantare per un'ultima volta, ma ho paura di chiederglielo. Temo mi dirà di no. Le permetto di abbracciarmi, il contatto con il suo corpo non mi spaventa stranamente. Mi sento così bene quando lei è con me. Vorrei avere il coraggio di dirglielo.
“Farò il tifo per te, ma mi devi promettere che farai del tuo meglio per tornare, ok?”. Annuisco, e lei per tutta risposta mi dà un buffetto sulla guancia.

Quando esce, l'ultimo raggio di sole se ne va. Sono rimasto definitivamente solo.
Seguo il pacificatore fino alla stazione, dove mi aspetta Louise, la mia compagna di sventura. Il treno parte subito dopo, Libertà mi segue finché le sue ali glielo permettono.

“Addio” mormoro fra le lacrime quando lo vedo sparire.

 

 

 

Buonsalve, e buon anno. Abbiamo un capitolo un po' più corto del solito, ma pazienza.

Rimetto ancora una volta lo schema.

 

 

Donna

Uomo

Distretto 1 (Incremento)

Miranda Wilson (poteri)

Kyte Densmith (senza poteri)

Distretto 2 (Negromanzia)

Violet Rose Black (poteri)

Unleor Mizzard (poteri)

Distretto 3 (Illusioni)

Yvonne Blackmask (?)

Gabriel Black (poteri)

Distretto 4 (Acqua)

Yvonne Davzon (senza poteri)

Matthew Jax Sans (?)

Distretto 5 (Fuoco)

Elinor Gilbert (?)

Killian Jones (poteri)

Distretto 6 (Aria)

Alaska Moore (?)

Kronos Allen (poteri)

Distretto 7 (Negazione)

Alice Grace (poteri)

Icarus Karling (poteri)

Distretto 8 (Telepatia)

Lilia Lambert (poteri)

Joshua Peterson (poteri)

Distretto 9 (Sacro)

Alexandria Stoner (poteri)

Andreas Kirke (poteri)

Distretto 10 (Trasmutazione)

Louise Lacey Welch (poteri)

Jésus Dondediòs (poteri)

Distretto 11 (Piante)

Kalani Bei Fong (poteri)

Brad Johnson (senza poteri)

Distretto 12 (Magia Bianca)

Lily Clark (?)

Xene Fonter (poteri)

 

  
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