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Autore: Steffa    25/05/2009    1 recensioni
Lei, Aista, un nome particolare per una ragazza particolare; un passato che pesa sulle sue spalle impossibile da dimenticare; una nuova scuola che avrebbe volentieri evitato.
Lui, Set, un ragazzo comune come tanti, un po' impacciato ed un po' timido, per qualcuno imbranato, eppure con quel qualcosa che attira l'attenzione; i problemi con i bulli della scuola non mancano, ma dal giorno dell'arrivo di quella strana ragazza con i capelli azzurri, qualcosa era cambiato.
Due opposti come il sole e la luna, riusciranno veramente a trovare un piano d'incontro che muterà inesorabilmente le loro vite?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tayou to Tsuki


Incontri ravvicinati




Muoversi nell'ombra, evitando anche la pallida luce di quello spicchio di luna.
Mescolarsi con quelle stesse ombre che da piccola aveva scambiato per mostri in agguato e quindi diventare uno di quegli esseri.
Salvarsi, scappare tra gli alberi del boschetto inciampando ogni pochi passi nelle radici.
Lacrime che bruciano sulle guance.
Non sta piangendo, semplicemente sono il terriccio e la polvere che la fanno lacrimare.
O forse quelle gocce di pioggia che cominciano a cadere dal cielo.
Non la paura, non la voglia di sicurezza e nemmeno la certezza della fine.
I suoi passi poco distanti, quella radice fin troppo nascosta, l'impatto con il morbido sottobosco.
Ed in quel momento pochi rumori riesce a distinguere.
Il tamburellare leggero della pioggia sul suo corpo, il battere insistente del suo cuore dentro al petto, il passo pesante di quegli stivali in cuoio che le sono addosso...
E per ultimo, il frusciare metallico del coltello che tiene nascosto nella giacca.
Un suono salvifico, un suono di speranza.
Oppure semplicemente un suono di morte, quel suono che la farà divenire come mai avrebbe immaginato.
I fatti si susseguono troppo velocemente per permetterle di ricordarli in seguito.
Le sue mani callose e ruvide sulle spalle mentre la voltano, l'alito con il puzzo di rhum mentre si abbassa su di lei mischiato a quel familiare odore di dopo barba, la sua solita marca che lei odia.
La facilità con la quale la lama affonda nelle sue viscere, come se fosse stato fatto di burro.
Il suo sangue caldo che le scivola lungo il braccio ed il peso del suo corpo mentre si affloscia.
Infine il gemito che emette, basso e roco, per sempre nella sua memoria.
Da quel momento è salva, è sopravvissuta.



La vita ad Oita non era nulla di particolare, gli adulti lavoravano oppressi dal peso della loro vita o da chissà cos‘altro, come al solito, del resto; i ragazzi vivevano la vita che avevano a disposizione al meglio delle loro forze, frequentando licei d’importanza formativa o meno.
Il Liceo Kenta non era certamente tra i più rinomati e non prevedeva neppure di sfornare future menti brillanti per carriere lavorative eccelse, si sarebbe invece potuto dire che era il tipico istituto che raccoglieva i randagi per strada, nel misero tentativo di non abbandonarli nell’innominato, sperando in un minimo riscatto nella società.
Era già da parecchi anni che tale istituto seguiva un progetto di integrazione dei ragazzi con problemi familiari gravi, orfani oppure provenienti da vari riformatori, troppo grandi per continuare a vivere a sbafo, ma ancora troppo immaturi per avere una vita decente in solitudine.
Quando Aista era stata letteralmente scaricata come un pacco postale scomodo al cancello dell’istituto, il primo pensiero che l’aveva colta era stato di disgusto.
Se ne era rimasta là, con la sua semplice sacca appoggiata sulla spalla sinistra ad osservare gli studenti che camminavano nel grande cortile indossando quelle orrende divise delle ragazze che consistevano in una gonnellina a pieghe bianca bordata di una striscia blu ed una nera, mentre il busto era ricoperto da una camicetta bianca ed una giacca blu scuro; quella dei ragazzi variava solamente per i pantaloni lunghi e dello stesso colore della giacca.
VI erano facce poco raccomandabili per lo più, qualche visetto d’angelo spaventato, nulla che non avesse già visto in ogni caso.
Lei non sarebbe nemmeno voluta finire in quel posto, ma, dannazione, il direttore del riformatorio aveva deciso che era giunto per lei il momento di spiegare le ali e volare nel mondo comune dei ragazzi e non aveva potuto opporsi con i suoi inutili diciassette anni compiuti da pochi mesi.
Arricciò il naso in una smorfia riluttante, prima di decidersi ed incamminarsi seguendo il lastricato del pavimento diretta verso quello che le pareva l’edificio principale, in teoria quindi vi avrebbe dovuto trovare il direttore per scambiare noiose ed inutili formalità prima di potersi buttare sul suo nuovo letto.
Al suo passaggio non fece minimamente caso agli sguardi dei ragazzi che inevitabilmente attirava su di sé, vi era abituata da anni e proprio non le importavano.
Certo, il suo aspetto non sarebbe potuto passare inosservato: i suoi capelli, lunghi sino a ricoprirle tutta la schiena, erano spettinati in morbide volute naturali ed il loro originale colore biondo era stato brutalmente mutato in un acceso turchino che saltava all’occhio all’istante; le iridi erano di un particolare blu che in alcuni casi sfumava verso un violetto che qualcuno aveva ritenuto incantevole, ricevendo in cambio un dito medio alzato ed un pugno nello stomaco, non era una ragazza da carinerie lei; aveva una corporatura magra e non troppo alta, ma ben proporzionata e la pelle era candida, odiava l’abbronzatura così come i capelli platinati.
Indossava un paio di jeans sformati e sbiaditi abbinati ad una maglia con su stampato il nome di una qualche band sconosciuta ai più ed un giubbetto di jeans ricoperto da un‘infinità di toppe, sui suoi polsi facevano bella mostra un paio di polsini neri ed un bracciale borchiato mentre al collo un collare in cuoio pendeva placidamente; i piedi calzavano un paio di spessi anfibi neri.
Non aveva orecchini, se non tre piccoli anelli nella parte alta dell’orecchio sinistro, per lo più nascosti dai lunghi capelli.
L’espressione era una delle sue preferite in repertorio, insofferente, forse proprio per quel motivo, nessuno tentò d’avvicinarla, anche avendo intuito senza difficoltà che fosse una nuova.
Se qualcuno ci avesse provato, probabilmente gli avrebbe consigliato di andarsi a fare un giro in un bel posto, con rissa di conseguenza e problemi in presidenza prima ancora di cominciare a frequentare le lezioni, no, decisamente non sarebbe stato un buon inizio.
Si fermò quando si ritrovò di fronte al portone dell’edificio principale, ancora indecisa se affrontare veramente quella responsabilità, oppure tentare una fuga ed una vita da fuggiasca per le strade della città.
La prospettiva in effetti non l’attirava molto, quindi con un sospiro si decise ad allungare la mano destra per posarla sulla maniglia.
Il problema del momento fu l’improvviso spalancarsi della porta verso l’interno, così che la sua mano andò ad afferrare il vuoto e fosse stata solo quella l’interferenza, non se ne sarebbe preoccupata più di tanto, ma ciò che avvenne dopo ebbe il potere di far crollare quel minimo di calma che si era auto imposta mettendo piede in quel luogo.
Non seppe se era stato un uragano o cos’altro, fatto sta che si ritrovò a terra dolorante mentre lanciava imprecazioni a nessuno di preciso.
Quando alzò il viso, si ritrovò sovrastata da un ragazzo con una zazzera scompigliata castana, che a sua volta la fissava in quel momento con occhi dello stesso colore, il viso con una leggera forma tonda e la pelle un poco abbronzata, tutto sommato non sarebbe stato un brutto ragazzo, se non l’avesse travolta in quel modo e sinceramente, non era dell’umore per fargliela passare liscia.
Con uno strattone se lo levò di dosso, facendolo ruzzolare di lato, rialzandosi poi per spolverarsi i vestiti e lanciargli un’occhiata di fuoco.
Quello si alzò a sua volta con sguardo imbarazzato.
“Mi dispiace, non sapevo fossi dietro al porta, ti sei fatta male?” domandò con un sorriso tirato e pochi istanti dopo, avrebbe potuto giurare d’aver udito un ringhio borbottare nella gola della ragazza.
“Sei così di natura o ti sei allenato per raggiungere tali livelli di idiozia?” domandò lei di rimando con tono acido assottigliando le palpebre.
Il castano sgranò leggermente gli occhi nell’udire le sue parole.
“Ehi, ho detto che mi dispiace, non l’ho fatto apposta e poi stavo…” tentò nuovamente, ma venne interrotto dal sopraggiungere di un altro ragazzo, piuttosto alto e ben piazzato con scuri e corti capelli e qualche lentiggine sul viso tondeggiante.
“Renzuki, non abbiamo finito di parlare noi due.” minacciò quello, battendo tra loro i pugni, facendo intendere che il discorso probabilmente sarebbe stato a senso unico.
“E-ehi, Izo, dai possiamo parlarne…” balbettò l’interessato, indietreggiando di un passo e alzando le mani davanti a sé.
Aista, da parte sua, non se ne sarebbe interessata più di tanto solitamente ed avrebbe aggirato il tipo per entrare e lasciargli nelle mani quella mezza cartuccia, ma in quel momento era più intenta a ritenere che quel ragazzo castano doveva pagarla a lei per esserle crollato contro, indi per cui il bullo avrebbe dovuto sloggiare.
“Ehi bestione.” lo chiamò con una punta di sarcasmo, inclinando il capo verso una spalla in un gesto che pareva innocente.
Il diretto interessato si fermò per osservarla, probabilmente prima non l’aveva nemmeno notata ed un ghigno gli si disegnò in volto.
“Oh, bellezza e tu da dove spunti?” domandò con quello che forse riteneva un tono malizioso, che fece solamente ripugnare la giovane che sospirò leggermente.
“Non ti conviene chiamarmi “bellezza” e poi questo…” indicò il ragazzo castano. “… Deve pagarmi una caduta, quindi gira al largo.” concluse con tono deciso.
Entrambi i ragazzi restarono per un momento basiti dal suo atteggiamento e, strano ma vero, il primo a riprendersi fu proprio il bullo che sghignazzò.
“Fai la difficile per caso? Dai, vieni che ti faccio fare un giro della scuola, lascia perdere quel perdente.” propose avanzando verso di lei.
La ragazza alzò le iridi al cielo in un gesto esasperato sospirando pesantemente.
“Lo sapevo che finiva così…” borbottò rivolta a se stessa, mentre fulminava con lo sguardo l’altro. “Ho detto che devi sloggiare.” ripeté con tono più duro.
Il ragazzo di nome Izo ridacchiò divertito, ignorando la pericolosa espressione della giovane.
“Altrimenti che cosa mi fai, chiami le altre fate turchine e mi fate un incantesimo?” chiese con sarcasmo.
Il leggero incresparsi delle labbra di Aista forse avrebbe dovuto avvertirlo del pericolo che stava incontrando, ma probabilmente il tipo era troppo tonto o troppo impegnato ad atteggiarsi per rendersene conto.
Lei attese che quello fosse ad un passo di distanza, prima di piegare leggermente la gamba sinistra, poggiandovi il peso e girando un poco il piede, per stampare poi con forza la suola del suo anfibio nero destro poco al di sotto della gola scoperta del ragazzo, che preso alla sprovvista non riuscì né a proteggersi né e a comprendere ciò che era accaduto prima di ritrovarsi a terra con il fiato spezzato.
Rantolò un paio di volte mentre Aista si risistemava incrociando le braccia al petto con aria di superiorità, osservandolo poco dopo rialzarsi barcollante sulle gambe per lanciarle uno sguardo di fuoco.
“Brutta… Sgualdrina… Questa me la paghi…” non riuscì a trattenere un colpo di tosse alla fine della frase.
La ragazza inarcò elegantemente un sopracciglio in risposta.
“Quando vuoi bestione, ma non credere di poterla passare liscia la prossima volta, e per l’ennesima volta, sloggia.” sibilò pericolosamente.
Seppur con forti imprecazioni e minacce per nulla velate, in aggiunta a qualche insulto rivolto a lei ed alla sua famiglia, Izo se ne andò con la coda tra le gambe ed il respiro un poco faticoso, sotto lo sguardo sbigottito del castano che non aveva mosso un passo.
Quando Aista si voltò verso di lui, lo ritrovò fermo a fissarla con la stessa espressione, cosa che la fece sghignazzare.
“Beh? Che hai da guardare?” gli domandò.
“Eh? Niente, niente!” si affrettò a dire lui scuotendo il capo. “Ehm… Credo di doverti ringraziare per avermi liberato di Izo.” affermò poi con un sorriso. “Sei la prima e unica che sia riuscita a farlo andar via con la coda tra le gambe, sei incredibile!” la elogiò poi con un sorriso più ampio e sincero.
“Mpf… Non credere, l’ho detto perché l’ho fatto, me la devi pagare per essermi crollato addosso, non credere che me ne dimentichi.” rispose prontamente la turchina, spegnendo l’entusiasmo dell’altro.
“Oh, beh… Ecco… Già, mi spiace.” borbottò quello arrossendo un poco sulle guance. “Comunque io sono Renzuki, Setsune Renzuki.” si presentò poi allungando timidamente una mano.
La ragazza la osservò solamente per un momento, prima di voltargli le spalle con uno sbuffo.
“Mi aspetto di essere ripagata per il danno quando avrò tempo da perdere con te.” disse semplicemente, incamminandosi poi all’interno dell’edificio, ignorando completamente il castano che se ne era rimasto immobile con una faccia da pesce lesso.
Quella ragazza lo aveva colpito profondamente, sia per il suo carattere forte e sicuro, sia per il fatto che ancora preservava il ricordo del calore del suo corpo quando le era rovinato addosso.
La osservò mentre s’allontanava all’interno della scuola, dandosi poi un colpo in fronte quando si rese conto di non esser neppure riuscito a scoprire il suo nome.
Aista nel frattempo stava già pregustando possibili modalità per riscattare la sua caduta, ma in quel momento non aveva voglia di attirare l’attenzione ed era stanca, voleva solamente andare in un letto e dormire.
Si memorizzò il nome del ragazzo, Renzuki Setsune, se lo sarebbe ricordato, poco ma sicuro.
Ghignò poi divertita, si era già fatta un nemico e ancora non aveva messo piede nell’ufficio del preside per avvertirlo del suo arrivo, probabilmente aveva stabilito un nuovo record di velocità, chissà…
Trovare suddetto ufficio non fu difficile, grazie ai provvidenziali cartelli con le frecce che indicavano senza ombra di dubbio la direzione giusta.
Giunta d’innanzi alla porta, non sprecò tempo con il bussare per chiedere il permesso ed entrò senza indugio, ritrovandosi di fronte ad una scrivania in legno ingombra di fogli e dietro di essa un uomo sulla cinquantina con pochi e scuri capelli in testa ed un paio di occhialetti rotondi su un viso allungato.
Si scambiarono un’occhiata insignificante, prima che una leggera indignazione gli disegnasse il volto, cosa che non turbò per nulla la ragazza, che avanzò sino a prendere posto su una delle poltroncine poste davanti alla scrivania, accasciandosi mollemente e buttando la sacca di lato.
“Io non metterò quella divisa.” interruppe il silenzio con fare deciso.
Il direttore inarcò un sopracciglio con fare scettico, scuotendo poi il capo sconsolato.
“Tu devi essere Aista Saitou. Benvenuta al Liceo Kenta e mi dispiace darti questa brutta notizia, ma tu dovrai proprio indossarla la divisa e non si accettano proteste.” parlò in modo pacato l’uomo, sistemandosi gli occhiali sul naso e poggiando la schiena alla poltrona, non pareva impressionato dal modo brusco dell’altra, probabilmente vi era abituato visti gli elementi di quella scuola.
“E se mi rifiutassi?” domandò con tono di sfida la turchina.
“Potrei addirittura farti decolorare quei capelli, sono contro il regolamento e chi lo infrange va incontro a lavori scolastici ben poco belli al posto dei bidelli. Ma potrei lasciar correre e trovare un punto d’incontro: tu metti la divisa ed io ti lascio i capelli così come sono e non ti ritroverai a lavare i bagni dei maschi per il resto dell’anno scolastico.” rispose con un sogghigno l’uomo senza neppure perdere il tempo di pensare, sapeva come trattare con simili elementi.
Aista assottigliò le palpebre in uno sguardo irato, ma non avrebbe potuto far nulla, l’aveva messa con le spalle al muro.
In fondo non era così male quel preside, cominciava a starle simpatico.
“D’accordo. Posso andare ora?” capitombolò nel tentativo di preservare il suo onore già calpestato.
L’uomo si alzò, imitato dalla ragazza, e si diresse verso la porta, aprendola e porgendole la mano per salutarla.
Lei con riluttanza la strinse per un breve momento, posandosi poi di nuovo la sacca sulla spalla.
“Sono sicuro che ti troverai bene qua.” disse l’uomo con una punta di ironia, lanciando uno sguardo nel corridoio ed individuando un allievo che ispirava abbastanza la sua fiducia da assegnargli un compito. “Renzuki, vieni qui per favore.” lo chiamò.
Aista corrugò la fronte, possibile che ci sia un altro ragazzo con lo stesso cognome dell’insetto insignificante che aveva incontrato all’entrata?
La risposta era ovviamente no, perché si trattava proprio del castano che si era avvicinato al preside per ascoltare il suo dire.
“Saresti così gentile da accompagnare al signorina Saitou nei dormitori femminili?” domandò con tono che non avrebbe ammesso rifiuti, infatti il ragazzo annuì sorridente per posare lo sguardo sulla ragazza e rimanere a bocca aperta.
Beh, chi altri poteva aspettarsi in fondo?
“Ah, sei tu…” mormorò imbarazzato, mentre la ragazza sbuffava leggermente, incrociando le braccia al petto.
L’uomo li ignorò bellamente, spingendo fuori dall’ufficio la giovane e richiudendosi la porta alle spalle, lasciandoli soli.
“Così, ti chiami Saitou, posso sapere il tuo nome?” chiese riacquistando un poco di controllo il ragazzo, irrigidendosi impercettibilmente sotto lo sguardo serio della giovane.
“Aista.” rispose semplicemente, facendo poi cenno verso il corridoio. “Allora, vuoi restare qua tutto il giorno? Sono stanca.” sbottò.
“Oh, no, va bene.” borbottò Setsune, chinando il capo ed incamminandosi verso l’uscita dell’edificio, seguito a ruota dalla turchina.
I due si avviarono verso il lato sinistro del campus, diretti verso un basso edificio con un’insegna sopra al portone che metteva in bella mostra una scritta rosa che recitava: “Dormitori femminili“, impossibile da confondere, a quel punto avrebbe anche potuto trovarli da sola.
Lanciò un’occhiata celata verso il castano che camminava silenzioso pochi passi avanti a lei, chissà, forse l’aveva offeso con il suo comportamento, ma in fondo a lei non importava per nulla, più che altro un nemico in più dal primo giorno non sarebbe stato proficuo.
“Quel bestione, Izo, ti importuna sovente?” domandò tanto per dire qualcosa, ricevendo in cambio uno sguardo sorpreso, facendolo riscuotere un momento dopo.
“Più o meno, è il tipico bullo da scuola, se la prende con il primo che gli capita a tiro e io mi sono trovato nel posto sbagliato mentre lui ruzzolava a terra per colpa del pavimento bagnato.” sghignazzò al ricordo del suo sederone che rovinava al suolo. “Ma ne è valsa la pena.”
Aista fece per rispondergli, ma non ebbe tempo di aprire bocca, che le fu addosso una ragazzina che le arrivava a malapena al mento, saltellando per di più, con scuri capelli raccolti in un paio di treccine e gli occhietti dello stesso colore.
“Tu sei quella nuova, vero? Mi rilasci un’intervista per il giornale della scuola, eh?” domandò parlando a raffica, guadagnandosi un’occhiataccia dalla più grande.
“Non ci penso nemmeno.” rispose lapidaria, facendo immobilizzare la ragazzina che la guardò con occhi feriti.
“Ma dai, perché? Non fare l’antipatica, su!” si riprese un momento dopo con rinnovato entusiasmo.
La turchina trattenne un ringhio di rabbia, socchiudendo le palpebre per un momento.
“Ora, sparisci prima che ceda all’istinto di prendere quelle tue adorabili treccine e le utilizzi per legarti quelle gambe da cavalletta che ti ritrovi infilandoti la testa nel cesso. Comprendi?” minacciò con tono basso e pericolosamente serio.
La ragazzina si zittì all’istante impallidendo prima di lasciar che gli occhi le si riempissero di lacrime che non tardarono a scendere sulle gote, prima che fuggisse via strillando.
Setsune osservò con occhi sgranati la ragazza che si stava sistemando una ciocca di quegli strani capelli dietro l’orecchio ricominciando a camminare.
“Beh? Che c’è?” gli chiese notando il suo sguardo.
“Niente… Ma non pensi di essere stata un po’ dura?” rispose sbigottito.
Lei scrollò le spalle con noncuranza.
“Almeno ha imparato a non infastidirmi.” replicò scocciata.
Setsune ridacchiò con fare nervoso, in quella scuola non c’erano certo dei santi, ma quella ragazza sembrava avercela con il mondo intero e non aveva esitato a liquidare una tenera ragazzina con poche parole.
Proseguirono per il resto del breve percorso in silenzio, finche non si fermarono di fronte alle porte del dormitorio, scambiandosi un’occhiata.
“Direi che posso trovare da sola la mia camera.” frecciò lei con un sorriso sghembo, passando accanto al ragazzo per sospingere l’uscio.
Un momento prima di entrare, si volse nuovamente verso il castano, inclinando un poco il capo verso una spalla e facendo scivolare i capelli turchini con quel movimento.
“Non farti pestare prima di avermi ripagata per la mia caduta.” gli disse con tono semi serio, muovendo poi la mancina nell’aria per salutarlo, lasciandolo quindi li sul posto a fissare la porta che le si richiudeva alle spalle.
Mentre ognuno continuava per la sua strada, entrambi pensarono che quell’anno scolastico sarebbe stato decisamente più movimentato di quanto avessero prospettato.




Angolino dell'autrice
Waaaa… Si, ho fatto il primo capitolo della mia prima storia al di fuori dei fandom!! *saltella in tondo*
Ehm… Cof cof…
Ok, cerco di riassumere un’aria professionale, anche se è poco credibile…
Ebbene sì, non sto scrivendo una yaoi e non è neppure shonen… °_° Il mondo sta cambiandooo!
A parte questo, la storia è tratta da una mia rivisitazione delle ruolate in un gdr online insieme ad un mio carissimissimo amico! (il mio moreeeeee, ti lovvoooooo! *zompa*) E' solamente grazie a lui se ho potuto scrivere questa storia, altrimenti mi sarei ritrovata solamente con una ragazza con i capelli azzurri ed un carattere intrattabile a rompere le scatole, un bel problema... Ovviamente questa storia è tutta dedicata al mio More! *w*
Ho cercato di rappresentare i nostri personaggi esattamente com’erano, anche se c’è stata qualche modifica, io li adoro personalmente erano perfetti per stare insieme! *w*
Il titolo, "Tayou to Tsuki", dovrebbe significare "Sole e Luna", o per lo meno lo spero, mi sono basata a una mini ricerca su internet per tradurlo dall'italiano al giapponese... XD
Bene, ma bando alle ciance, si è visto un inizio un po’ burrascoso, e certamente la protagonista donna non è il solito tipetto gentile e NON è una Mary Sue!!! Ditemi che non è una Mary Sue per favoreeeee!ç_ç
Comunque, spero di aver fatto un buon lavoro con questo primo capitolo e spero di aver attirato un poco la vostra attenzione.
Ovviamente sono benvenuti commenti, consigli ed anche critiche nel caso abbiate trovato qualcosa che non quadrava o degli errori, sono sempre felice di poter migliorarmi grazie alle vostre recensioni! ^^
Ringrazio anticipatamente chi vorrà leggere la mia storia, sperando che siate in tanti! *.* Il mio ego ne ha bisogno in fondo! XD
Ho finito di sproloquiare, complimenti se siete arrivati fino in fondo!
Non posso promettere aggiornamenti rapidi purtroppo, essendo in una 5° Liceo Scientifico potete bene immaginare quanto sia oberata di lavoro… -.-”
Al prossimo capitolo!!!
Kiss
  
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