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Autore: Iaiasdream    04/01/2017    2 recensioni
Seguito de I TUOI OCCHI COME I SUOI
Terza storia della serie "A quel punto... mi sarei fermato".
Sapeva dall’inizio, da quel fatidico giorno, che non stava bene, ma dannazione, neanche lui stava meglio, nonostante la sua forza di volontà, nemmeno lui si è del tutto ripreso in due fottutissimi anni. Il pensiero ritorna sempre lì, sempre a lei e la notte non lo fa dormire.
Castiel sospira afflitto e una lacrima bollente gli scivola dall’occhio, rigandogli la guancia, mentre si perde nel ricordo di quel maledetto giorno.
Genere: Drammatico, Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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AVVISO IMPORTANTE:
La storia che andrete per leggere, è la terza della serie A QUEL PUNTO… MI SAREI FERMATO; quindi vi pregerei –per chi non l’avesse fatto- di soffermarvi a leggere le prime due (A quel punto… mi sarei fermato e I tuoi occhi come i suoi), per renderla – almeno spero- interessante.
Questa non sarà raccontata in prima persona, come le altre, e man mano che proseguirà, capirete il perché. Qualunque cosa andrete a leggere, non giudicatemi male, ma aspettate, perché spero di non deludere le vostre aspettative.
BUONA LETTURA
Iaiasdream
 
 

 
1° Capitolo: PERDERSI IN AMARI RICORDI
 
 
TRE ANNI DOPO
 
 
 
Castiel fissa distratto lo schermo del pc, che dopo qualche secondo dalla sua accensione, ha mostrato quella foto che Rea impostò anni addietro come sfondo, e che ritrae loro due insieme, felici, che camminano lungo la riva del lago al tramonto e con il piccolo Etienne a corrergli incontro, accompagnato dal vecchio Damon.
Castiel lo ricorda perfettamente. Quel giorno stesso, si erano recati in Chiesa per fissare la data del matrimonio, e la sera i loro amici avevano organizzato una festa a casa di Nathaniel, con Kim che si era data alla fotografia.
Com’eravamo felici, pensa Castiel strofinandosi gli occhi e sospirando a fondo, poi ritorna a guardare lo schermo e riprendendosi da quei ricordi, muove il mouse sulla barra delle applicazioni, attivando la pagina di Word su cui stava lavorando.
A un tratto squilla il telefono, e com’è diventata sua abitudine, attende quattro-cinque squilli prima di rispondere, poi afferra la cornetta e con voce roca si annuncia a chi lo infastidisce.
<< Ehi, paparino! >> esclama una voce beffarda, dall’altro capo.
<< Alain, sai che quando lavoro non devi rompermi le palle. >> risponde seccato.
<< Non avere quei toni con me, ok? Chiedimi piuttosto perché ti sto rompendo! >>
<< Che cosa vuoi? >>
<< Mi ha chiamato la maestra di tuo figlio. >>
<< Chi? >>
<< Quella mora, con una tavola da surf al posto delle tette e un melone marcio al posto del sedere. >> risponde Alain sarcastico.
<< Si chiama Barrel… >> lo rimprovera accennando un sorriso ironico.
<< Questo poco importa. >>
<< Cosa voleva? >>
<< Si tratta di Etienne… >>, la voce di Alain cambia repentinamente tono, dal beffardo al serio, e altrettanto fa Castiel: la sua mascella si contrae e le sue labbra diventano una linea severa.
<< Cosa ha fatto? >> chiede intuendo la risposta.
 
 
Gli pneumatici stridulano sull’asfalto, non appena l’automobile sportiva frena per fermarsi. Castiel scende con aria seria, chiude bruscamente lo sportello e sorpassa il cancello della sua villa, lasciandolo aperto. Alain, accortosi del suo arrivo, gli apre la porta, presentandosi al suo cospetto con le braccia incrociate al petto e un cipiglio di fastidio disegnato sul suo affascinante volto. Adesso ha ventun anni, ma la sua bellezza non è cambiata per niente.
<< Dov’è? >> chiede suo cugino togliendosi il giubbotto di pelle e lanciandolo sulla poltrona più vicina.
<< Nella sua stanza. Si rifiuta di obbedirmi e mi ha solo detto che aspettava te per parlare. >>
Castiel ignora le sue parole e deciso, sale le scale recandosi al piano di sopra, quando giunge davanti alla porta della camera da letto del bambino, la trova socchiusa. Esita e prima di entrare sospira accennando un sorriso affettuoso.
<< Etienne… >> mormora, cercando di scorgerlo. La stanza è completamente al buio, il bambino ha serrato la tapparella e chiuso la finestra. Suo padre si avvicina a un mobile, tastando il piano per trovare l’interruttore dell’abatjour a forma di minions e quando la luce impregna l’abitacolo come i raggi del sole nella nebbia, la figura del piccolo compare davanti ai suoi occhi, rannicchiata sul letto. Non appena si è accorto della luce, ha affondato la testa nelle spalle, come un cucciolo impaurito.
<< Etienne, sei sveglio? >> chiede suo padre facendo finta di non aver visto quel movimento. Il bambino non risponde, e com’è d’abitudine, Castiel si avvicina a lui, capendo che ha bisogno di una carezza. Allunga la mano verso la sua testa e si prepara a brizzolargli i capelli, ma questa volta Etienne lo ferma, << Non farlo, papà. >> gli dice, con voce roca e offesa.
Il Rosso si blocca all’istante e inarca le sopracciglia completamente sorpreso.
<< Che hai? >>
<< Zio Alain te l’ha detto, non è vero? >>
<< Sì. >>
<< Perché non mi sgridi, allora? >> insiste poi, voltandosi per guardarlo in faccia. Castiel rimane interdetto. << La maestra dice che non mi comporto bene; perché, invece, tu che sei mio padre, non mi rimproveri mai? >>
<< Hai picchiato un tuo compagno? >> gli domanda il padre sedendosi accanto a lui. Il bambino annuisce, sollevandosi e appoggiandosi sui gomiti. << Non è una cosa buona da fare, ma sei mio figlio, e so per certo che non l’hai fatto senza alcun motivo. >>
Gli occhi di Etienne si illuminano e la sua aria da cane bastonato scompare come nuvole al vento.
<< Vuoi dirmi che cosa è successo? >> riprende il Rosso, accarezzandogli la testa.
<< È per via della mamma… ogni volta che c’è educazione civile, la maestra Barrel dice sempre parole allusive sulla famiglia e c’è questo mio compagno che fa battutacce poco piacevoli. >>
Castiel sospira, stanco di sentire sempre la stessa storia.
È da quando Etienne ha iniziato a frequentare la scuola elementare che almeno tre volte a settimana, viene richiamato dai maestri per via del suo comportamento ribelle che ha nei confronti dei suoi compagni. Il più delle volte di limita a picchiarli, e altre, riesce a scappare, fortunatamente facendosi trovare sempre nello stesso punto.
Castiel non riesce a rimproverarlo, in fin dei conti, anche lui era così da piccolo e non ricorda neanche una volta in cui i suoi genitori si sono interessati alla sua educazione. Tutto gli veniva concesso, non c’erano limiti, e per questo alla fine si comportava come un bulletto. Ma Etienne, no. Non avrebbe permesso che a causa di quelle situazioni, avrebbe fatto i suoi stessi errori.
<< Etienne, quante volte ti ho detto che devi ignorarlo? >>
<< Ma io lo faccio! >> esclama il bambino balzando dal letto << è la maestra che continua a stuzzicarmi. >>
<< E se non vado errato, adesso vorrà parlare con me? >>
Etienne annuisce.
Suo padre accenna un sorriso, e dandogli un piccolo colpo affettuoso sulla guancia gli dice di non preoccuparsi e di rimanere buono con Alain, dopodiché esce dalla stanza, scendendo al piano inferiore.
<< Scommetto che ti ha raccontato la solita storia. >> interviene suo cugino appoggiato al passamano delle scale. Castiel lo ignora.
<< Pff… adesso dovremmo sorbirci quella vacca da latte… >>
<< Dovremmo? >>
<< Ti sei dimenticato che abito anch’io qui? >>
<< Non ti farà di certo male qualche rimprovero disciplinare. >>
<< Ho voltato quella pagina tre anni fa… ne ho abbastanza di scuole e di rimproveri. >> dice infine Alain  andandosene.
Castiel scuote il capo e riafferra il suo giubbotto di pelle, poi volgendo un ultimo sguardo alle scale, sorride ed esce.
 
 
<< È inaccettabile questo suo comportamento! È la terza volta che lo rimprovero nel giro di una giornata. Picchiare un compagno di classe, roba da animali! >>, la signora Barrel si agita sulla poltrona scuotendo all’aria un quaderno arrotolato a tipo binocolo. Castiel di fronte ad essa, si fuma una sigaretta, spensierato.
<< Si tratta di uno sfottò, o cosa? Etienne lo fa sempre ogni qual volta c’è la mia lezione, non… >>
<< Ha provato a cambiarla? >> la interrompe facendosi notare spazientito.
<< Come? Può ripetere, per favore? >>
<< Ha capito bene, Signora Barrel. >> risponde malevolo, pestando il mozzicone consunto nel posacenere come si fa con gli insetti. << Per l’ennesima volta mio figlio viene rimproverato per il suo atto ineducato, ma è anche vero che per l’ennesima volta, mi racconta lo stesso motivo per cui lo fa, e la colpa è sua signora Barrel! >>
<< Ma che cosa sta dicendo? Quale fandonia è venuto a raccontarle? >>
<< Non si azzardi ad offendere Etienne! >> esclama il Rosso ormai furioso << Mio figlio non è bugiardo. >>
<< Suo figlio è maleducato! >>
<< Pensi a fare bene il suo lavoro, signora Barrel, se ci tiene tanto; perché all’educazione di mio figlio ci penso io… >> Castiel si alza, fa il giro della poltrona e raggiunge la porta, ma prima di uscire si volta verso la donna e con strafottenza, aggiunge << Invece di criticare le famiglie degli altri, se ne faccia una. >>, in fine se ne va, lasciando la maestra in preda a un’ira silenziosa.
Entrato in macchina, Castiel sbatte lo sportello, furioso; tira un pugno sullo sterzo e per non lanciare un grido, si morde le labbra, lasciando che gli ansimi prendano il posto del suo vero stato d’animo.
<< Maledetta arpia! >> urla poi tirando un calcio sul pedale della frizione. Fortunatamente per i suoi nervi, qualcuno dal tempismo perfetto, lo allontana da quei pensieri, chiamandolo al cellulare. Lo estrae dalla tasca e risponde svogliatamente.
<< Ciao Castiel, sono Kentin… >>
Il Rosso rimane scettico nel sentire quel nome << Kentin? >> chiede ancora incredulo.
<< Scusami se ti disturbo, ma ho bisogno di parlarti. >>
<< Che cosa c’è? >>
<< Potresti passare dal commissariato? >>
<< Ti raggiungo fra qualche minuto. >> chiude la chiamata appoggiando il cellulare sul sedile passeggeri, poi accende l’auto e s’immette nel traffico.
Kentin, il vecchio fungo occhialuto, come soleva chiamarlo Rea, quello che aveva minacciato ai tempi del liceo, perché si era innamorato della ragazza che lui voleva, è diventato un ispettore di polizia. Dopo essersi trasferito –per ordine del padre- in una scuola per militari, decise di proseguire in quel ramo, diventando alla fine anche un bel ragazzo. Non che per Castiel questo importi qualcosa, ma è sempre stato convinto che se a scuola avesse avuto quelle sembianze da brutto anatroccolo tramutato in cigno, avrebbe dovuto competere anche con lui per avere il cuore di Rea. Armin bastava e avanzava, ma comunque, non si sarebbe preoccupato più di tanto. Alla fine, anche se ne avevano passate di cotte e di crude, aveva vinto lui.
Inconsciamente, il Rosso sorride al ricordo di quei momenti, ma quando poi ritorna alla realtà e alla reminiscenza di due anni addietro, cerca in ogni modo di distrarsi, e fortunatamente, il palazzo del commissariato compare davanti ai suoi occhi.
Parcheggia l’auto, scende e si avvicina velocemente al portone d’entrata. Alla reception chiede dell’ispettore Kentin e quando l’ufficiale gli dà una risposta, non perde tempo a raggiungere quell’ufficio che ormai da due anni, conosce alla perfezione.
Trova la porta spalancata e l’ex fungo alle prese con dei registri. Per attirare la sua attenzione, bussa comunque. Lo vede trasalire e far scivolare dalle mani dei fogli.
Sì, è cambiato di bellezza, ma rimane pur sempre un idiota. Si dice varcando la soglia.
<< E-ehi, Castiel, hai fatto in fretta. >>
<< Cosa c’è? >>
<< Chiudi la porta, per favore. >>
Castiel si appresta a fare come gli è stato chiesto, poi senza permesso e con la sua eterna aria da arrogante, va a sedersi di fronte alla scrivania, aspettando che l’amico faccia lo stesso.
<< Allora? >> chiede frettoloso.
Kentin accenna qualche colpo di tosse, poi preso posto di fronte a lui, esordisce, dicendo: << Castiel, questa mattina si è presentata una certa Leila Scarlet, e ha sporto denuncia nei… >>
<< Ehi, ehi… un momento. >> lo ferma il Rosso. << Di chi stai parlando? Chi è questa Leila-come si chiama? >>
<< Leila è una… uhm… come posso dire… una che lavora in quelle case dai facili costumi… >>
<< Si dice: prostituta. >> lo interrompe ancora una volta accennando un sorriso beffardo, divertito dal suo comportamento da bambino ingenuo.
<< Ecco, sì… a-appunto. >>
<< Allora, che cosa può importarmi di una prostituta? >>
<< Stavo dicendo che ha sporto denuncia nei confronti di Nathaniel. >>
<< Che cosa?! >> esclama Castiel scattando in piedi, incredulo a quelle parole. << perché mai lo avrebbe fatto? Che cosa c’entra Nathaniel con una puttana? >>
<< Ti prego Castiel, sta calmo e siediti, così ch’io possa spiegarti. >>
<< Che cazzo sta succedendo, Kentin? >>
<< Da quanto tempo non vedi Nath? >>
<< Da un bel po’… cazzo, non ricordo l’ultima volta, mi chiese un periodo di pausa dal suo lavoro… >>
<< E non sai cosa fa? >>
<< Non m’immischio nella sua vita privata. >>
Kentin lo guarda, e per un attimo deglutisce impedito nel continuare a parlare. Così, infastidito da quell’esitazione, Castiel, bruscamente, lo sprona a proseguire, facendolo trasalire dallo spavento.
<< Cass, Nath si è messo nei guai… >>
 
 
Quando Castiel spalanca bruscamente la porta della cucina, Alain, indaffarato a riempirsi un bicchiere di coca cola, trasalisce, perdendo l’equilibrio sulla presa delle mani, e quando si accorge di quello che sta per combinare, non fa in tempo a fermare il calice di vetro, che si frantuma in mille pezzi sul pavimento.
<< Ma che cazzo! >> esclama infastidito nel guardare la cola, macchiargli il jeans chiaro, poi incavolato, lancia uno sguardo fulmineo verso suo cugino imprecando a voce alta. << Si può sapere che cazzo ti prende? Per poco non mi facevi prendere un infarto! >>
<< Coglione patentato! >> esclama il Rosso sbattendo un pugno sul piano del tavolo.
<< Ehi, hai intenzione di litigare? Perché s’è così, ti accontento subito. >>
<< Sta’ zitto Alain, non farmi incazzare! >> gli urla contro scaraventando la sedia verso il tavolo.
<< Ma che diavolo ti prende? >>
<< Si tratta di Nathaniel! >>
<< Il delegato? >>
<< Quella testa di cazzo! Si è fumato il cervello! >>
<< Che cos’ha fatto? >>
Castiel lo guarda, ma non risponde. No, non vuole dirgli che cosa ha scoperto sul biondino, anche se non ha mai avuto dei rapporti di grande amicizia con lui, non vuole che le persone possano in un certo qual modo giudicare i suoi errori, l’unica cosa che in quel momento desidera, è riuscire a trovarlo; anche se Kentin gli ha detto che è impossibile farlo.
Lo ha cercato in lungo e in largo, ma senza successo. Ha il cellulare spento ormai da un mese, e l’ultimo posto in cui è stato registrato è casa sua, ma lì, oltre alla sua gatta dal pelo folto e candido, non c’è nessuno.
“Dove cazzo è andato a finire?” si chiede il Rosso, sprofondando sulla sedia e massaggiandosi nervosamente gli occhi con il pollice e il medio della mano destra.
Sapeva dall’inizio, da quel fatidico giorno, che non stava bene, ma dannazione, neanche lui stava meglio, nonostante la sua forza di volontà, nemmeno lui si è del tutto ripreso in due fottutissimi anni. Il pensiero ritorna sempre lì, sempre a lei e la notte non lo fa dormire.
“Nath è più debole di te…” gli ha sempre detto il suo avatar mentale “…tu lo sapevi, l’hai sempre saputo, e non te n’è mai importato nulla!”
Castiel sospira afflitto e una lacrima bollente gli scivola dall’occhio, rigandogli la guancia, mentre si perde nel ricordo di quel maledetto giorno.
 
 
 
BAKA TIME: ciao ragazze. Sono tornata, finalmente, e con me ho portato ciò che vi avevo promesso nell’ultimo capitolo de I TUOI OCCHI COME I SUOI.
Cosa ne pensate? So che essendo ancora all’inizio, non c’è un vero e proprio giudizio, ma vorrei comunque sapere com’è stato il primo capitolo, se per caso vi abbia concesso almeno un po’ di curiosità.
Vi ringrazio già da adesso.
Ah, me n’ero quasi dimenticata:
 
La vostra Iaiasdream, vi augura un FELICE ANNO NUOVO! :*
   
 
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