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Autore: meh_pandi    04/01/2017    1 recensioni
[I Medici]
Notò che era scuro in volto, la barba sempre ben curata aveva un qualcosa di disordinato, più lunga del solito appurò, con qualche spruzzo di bianco in più.
Gli occhi solitamente vispi ed intelligenti, erano ora cupi e spenti.
Un ghigno ironico comparve sulle sue labbra, quello incarcerato e con una condanna a morte che gli pendeva sulla testa era lui e quello roso dalla preoccupazione era Cosimo de' Medici.

Oneshot Cosimo x Rinaldo
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le ginocchia iniziarono a fargli male.
Era tenuto a terra contro la sua volontà da due guardie oramai da qualche minuto.
In una situazione normale avrebbe reagito, si sarebbe ribellato contro quella condizione di sottomissione; non poteva credere di venir umiliato in quel modo, come se la prigionia forzata non bastasse, ma le forze gli venivano meno e non poteva far altro che assecondarli.
Da troppo tempo era rinchiuso in quel luogo freddo ed inospitale, da troppo tempo non toccava cibo degno di questo nome.
L'aria era viziata e le comodità erano pressoché inesistenti; la poca acqua datagli per lavarsi era gelida e sporca, gli abiti logori e non adatti al clima della cella che lo ospitava, erano appartenuti chissà a quante altre persone prima di lui.
Il corpo e lo spirito erano pesantemente provati dalle condizioni in cui versava e questo pensiero lo fece arrabbiare, ma nonostante tutto, rimase in silenzio.
Sentiva i sottili fili di paglia premergli contro le ginocchia, un'inutile protezione per quel lurido pavimento di pietra grezza.

- Perché non mangiate? -

La voce riecheggiò nella stanza spoglia.
Alzò impercettibilmente lo sguardo che si andò a posare sugli stivali di ottima fattura del suo interlocutore.
Erano proprio davanti a lui, sbattuti davanti ai suoi occhi in modo sfacciato, giusto per rammentargli le loro differenti posizioni.
Sputò a terra, contrariato.
L'uomo di fronte a lui non si mosse, ma fece nuovamente sentire la sua voce calma, con una leggera inflessione nasale

- Il vassoio è ancora ingombro di cibo e il vostro carceriere mi ha riferito che non ne toccate da quando siete rinchiuso qua dentro... Ve lo ripeto, perché non mangiate? -

Di nuovo nessuna risposta.
Un sospiro ed un leggero fruscio, il mantello di velluto che sfiorava gli abiti confezionati con costose stoffe provenienti da Venezia, probabilmente, e la presa sulle sue spalle si allentò.
Mantenne lo sguardo basso; i passi dei pesanti stivali di cuoio delle guardie carcerarie rimbombarono nella stanza, accompagnandoli verso la porta che si chiuse poco dopo alle loro spalle.
Rimasero soli.

- Alzatevi – disse nuovamente la voce.

Rimase immobile, gli occhi azzurri fissi a terra.
Avrebbe voluto alzarsi e prenderlo a pugni... avrebbe raccolto tutte le forze che gli erano rimaste e lo avrebbe colpito sul suo bel viso curato, ancora e ancora, fino a spaccargli la faccia, fino a quando la sua furia non si sarebbe placata.
Inspirò lentamente.

- Alzati Rinaldo, smettila con questo stupido gioco del silenzio! -

​Non era l'unico che si stava innervosendo là dentro allora, ottimo.

- Non prendo ordini da voi, Medici, e la vostra presenza non è gradita qua, andatevene – disse finalmente.

Appena udì le sue parole, rimase sorpreso dal sentire quanto la sua voce fosse bassa e rauca... quella sola frase gli provocò un leggero fastidio alla gola.
Due settimane.
Era rinchiuso nell'Alberghetto da due settimane e quelle erano le prime parole che pronunciava.
Ogni genere di visita esterna gli era stata vietata e le uniche persone con le quali poteva interagire erano le guardie, ma si guardava bene dal rivolgersi a loro in qualsiasi modo.
Fu anche per questo che si stupì quando vide il suo storico nemico entrare nella sua umile “dimora”; fra tutti, era l'ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere lì dentro.
Cosimo prese a girargli attorno, con passo lento e calcolato, le braccia lungo i fianchi.
Rinaldo lo sbirciò di sottecchi...
Notò che era scuro in volto, la barba sempre ben curata aveva un qualcosa di disordinato, più lunga del solito appurò, con qualche spruzzo di bianco in più.
Gli occhi solitamente vispi ed intelligenti, erano ora cupi e spenti.
Un ghigno ironico comparve sulle sue labbra, quello incarcerato e con una condanna a morte che gli pendeva sulla testa era lui e quello roso dalla preoccupazione era Cosimo de' Medici.

- Per l'amor di Dio, smettetela di gironzolarmi attorno come un cane in calore – sbottò all'improvviso.

Si tirò su imprecando a fior di labbra per il dolore alle giunture e senza degnare di uno sguardo l'altro, gli voltò lo spalle e si mise a guardar fuori dall'unica finestrella presente nella cella.
L'altezza era considerevole; sotto di lui, piazza della Signoria era in pieno fermento, come sempre, piena di gente che correva avanti e indietro... sembravano tante piccole formiche operaie.
Quanto vorrei poter schiacciare quella plebaglia una ad una sotto il mio stivale.” pensò acido.
Chiuse gli occhi, assaporando per un istante l'aria fresca che si infrangeva sul suo volto sporco e provato dalla stanchezza e dalla troppa fame.
Alle sue spalle Cosimo riprese a parlare

- Gli Otto di Guardia emetteranno una sentenza a breve e nemmeno l'intercessione del Papa in persona potrà aiutarvi, se voi per primo non farete ammenda dei vostri errori -

- I miei errori... - sussurrò.

L'altro si fece più vicino

- Dichiaratevi colpevole e muoveranno clemenza verso di voi e la vostra famiglia -

Albizzi si girò di scatto, con un lungo passo si ritrovò di fronte a Cosimo e d'istinto gli strinse tra le mani il bavero impellicciato del mantello finemente lavorato.

- Ed andare in esilio, lasciandovi pieno potere qua a Firenze, Medici? Scordatevelo, preferisco morire. -

La presa si fece più forte, le nocche sbianchite.

- Potrebbero accontentarvi Rinaldo, non scherzate col fuoco – rispose il capo di casa Medici, calmo e composto.
- E a voi cosa interessa, di grazia? – riprese fiato - Il grande Cosimo de' Medici che viene qui a mostrar clemenza nei miei confronti... E' un altro dei vostri inganni? -

Questa volta il ghigno si trasformò in un sorriso sprezzante.
Cosimo posò le mani su quelle dell'altro, cercando di allentare la presa dal colletto.
Il palmo era liscio, erano le mani di un uomo che mai aveva dovuto impugnare una spada o combattere, le mani di un banchiere dedito alle comodità casalinghe e null'altro, a differenza delle sue, piene di cicatrici e calli, costellate di ferite vecchie e alcune più fresche... il muro della cella era diventato un bersaglio attraente, negli ultimi tempi.

- Sono passati vent'anni, Rinaldo e voi portate ancora rancore. Una fatica inutile, non trovate? -

Lo sguardo di Albizzi si incupì di colpo ed invece che lasciare la presa, la rafforzò, portando il suo volto ad un soffio da quello dell'altro.

- Una fatica inutile, dite? – sibilò a fior di labbra – Mai, in vent'anni, vi ho sentito chiedere scusa. Mi avete ingannato, usato per i vostri sporchi intrighi e tutto questo solo per compiacere quell'egoista e stupido di un padre -

Il pugno arrivò velocemente ed inaspettato, colpendolo alla bocca dello stomaco.
Gli si mozzò il fiato, tossì convulsamente in cerca d'aria, mentre un filo di bava pendeva dalle sue labbra sottili ed esangui.
Incredulo, lasciò libero Cosimo e lentamente si avvicinò alla struttura in legno che fungeva da letto... un eufemismo considerarlo tale.
Le coperte erano sporche e strappate in più punti ed il cuscino, imbottito di paglia, gli pungeva la nuca e il volto nelle rare volte in cui riusciva ad abbandonarsi al sonno.
Vi si accomodò senza smettere di tossire, si asciugò il sudore che gli imperlava la fronte e non appena ritrovò un filo di voce disse

- Come già detto, la vostra presenza qua non è gradita, andatevene e non tornate. -

Aspettandosi una risposta, ma vedendo che l'altro non reagiva in alcun modo, alzò lo sguardo e lo vide fermo davanti a lui, lo sguardo fisso nel suo, gli occhi azzurri intenti a trapassarlo da parte a parte.
Il respiro accelerato, le mani che si chiudevano e aprivano spasmodicamente.

- Non volevo colpirti... - disse infine
- Eppure lo avete fatto. - non si attardò a rispondere - Lo ammetto, non credevo che un debole come voi potesse sferrare un pungo di tale forza... L'argomento Giovanni de' Medici è sempre stato un ottima scusa per farvi arrabbiare e noto che la cosa non è cambiata. -
- Perché ti ostini a darmi del voi, Rinaldo? - sussurrò appena Cosimo – Non lo facevi mai, prima... -

La risposta acida gli si bloccò in gola... il dolore allo stomaco stava pigramente svanendo, il respiro stava tornando alla normalità, ma il battito cardiaco no, quello non accennava a calmarsi.
In un attimo riaffiorarono alla mente immagini che credeva di aver riposto in un recesso del suo cervello; si era imposto di non lasciarsi più soggiogare dalle cicatrici del passato e credeva di esserci riuscito, ma era perfettamente conscio di mentire a se stesso.
Ogni volta che lo incontrava non riusciva a bloccare l'ondata dei ricordi che puntualmente si presentava e allora alzava la sua corazza, quell'armatura acida e stronza che tanto aveva impiegato a costruirsi attorno ma che inevitabilmente si scalfiva ogni giorno di più.

- Perché ti ostini a trattarmi come uno sconosciuto? Come se non contassi nulla per te? - di nuovo la sua voce lo distolse dal fiume di pensieri.
- Siete questo per me, oramai... -

A larghe falcate, Cosimo, coprì la distanza che li separava, portandolo di fronte a lui.
Lo vide inginocchiarsi al suo livello, la mano destra posarsi sul suo volto ricoperto da una peluria bionda incolta.
Quel contatto bruciava nonostante l'aria gelida, testimoniata dalle nuvole di vapore che uscivano dalle labbra ad ogni loro respiro.
Voleva scappare da quella mano, da quella leggera carezza che in fondo diceva tutto ciò che era stato taciuto per venti lunghi anni.
Quel frugale contatto raccontava tutto ciò che erano stati.
Non c'era mai stato bisogno di molte parole fra di loro, si incastravano alla perfezione anche per questo... lo capì fin dall'inizio che bastava poco per poter comunicare col maggiore dei figli de' Medici.
Chiuse gli occhi, voleva che se ne andasse, che non gli parlasse mai più, che la smettesse di far parte della sua vita.
Lui, la sua vita, oramai se l'era ricostruita, era andato avanti.
Aveva una moglie, un figlio, un posto nella società da mantenere, non poteva più pensare agli anni della loro giovinezza... non poteva più pensare a quanto avesse amato l'uomo che ora dichiarava di odiare ai quattro venti.
Lo aveva amato veramente, si era aperto completamente a lui rivelandogli ogni suo lato nascosto, donandosi totalmente.
Era peccato il loro amore, lo sapeva benissimo, ma era sempre stato un uomo fermo nelle sue decisioni e avrebbe affrontato chiunque si fosse intromesso fra loro... chiunque tranne Giovanni de' Medici che con la sua gelosia e arroganza aveva mandato in rovina la sua famiglia e nulla aveva potuto contro il tradimento di Cosimo.
Aveva tradito l'uomo che amava per compiacere il padre, per l'ascesa al potere della sua famiglia e della sua maledetta Banca.

- Vattene via... – la voce rotta
- Rinaldo, io... -
- Vattene via! - urlò e con uno spintone lo fece cadere con la schiena a terra

In un batter d'occhio gli fu sopra e iniziò a scaricargli addosso una pioggia di pugni; sul viso, sul collo, sulla testa... ovunque ci fosse qualcosa da colpire.
L'altro cercò di ripararsi come poteva, le braccia chiuse per cercare di proteggersi dalla raffica di fendenti.
Preso dalla furia cieca, non si rese conto delle forti braccia che lo sollevavano da dosso la sua vittima e continuò a menare pugni nell'aria.
Venne spinto nuovamente con violenza sulle ginocchia e un destro lo centrò in pieno volto, spaccandogli il labbro.
Il sapore metallico del sangue si propagò nella sua bocca e per liberarsene sputò per terra un grumo di saliva rossastra.

- Ti avrebbe fatto uccidere se non avessi eseguito i suoi ordini – disse Cosimo dopo qualche istante e con l'aiuto di un carceriere, si tirò su.

Lo vide infilarsi i guanti e asciugarsi il sangue che gli colava dal naso, il respiro affannoso.

- Non venite a dirmi che lo avete fatto per me, perché non ci credo. - sorrise - Non siete molto diverso da lui, messer Medici... a quanto pare state portando a termine ciò che lui aveva iniziato -
- Finirai mai di portarmi rancore? - domandò

Rinaldo sostenne il suo sguardo fermo

- No. -
- La tua testardaggine ti porterà alla morte -
- Così sia. -

Lo guardò un'ultima volta e senza proferire parola, lo vide uscire dalla cella a passi svelti e con lo sguardo basso.
La guardia che lo teneva fermo gli piantò un altro pugno sul volto e se ne andò, lasciandolo da solo disteso per terra, immerso nel puzzo di urina, avvolto solamente dalla sensazione di aver perso irrimediabilmente l'unica persona importante della sua vita.
Ma evidentemente il volere di Dio era questo e lui doveva solamente accettarlo.
In silenzio.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA:
Quale modo migliore di iniziare questo anno, se non con una Cosizzi fresca fresca?
Ebbene sì, non ho potuto fare a meno di scrivere una FF su Rinaldo Albizzi e Cosimo de' Medici (sì, la serie tv mi ha completamente fottuto il cervello).
La tensione sessuale fra i due era palese e non ho potuto evitare di farci sopra mille mila film mentali... e nulla, eccovi qua il risultato.
Mi farebbe piacere ricevere il vostro parere e segnalazioni di eventuali errori.
Buona lettura!


   
 
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