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Autore: yume_hime    05/01/2017    0 recensioni
Questa lacrima sanciva l’errore che si era portato appresso per tutti questi anni: amarlo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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NOTE DELL'AUTRICE
 
Buonasera a tutti, questa è la prima storia in assoluto che pubblico su questo sito!
Prima di tutto volevo ringraziare chiunque la leggerà e lascerà un commento al riguardo, non mi ritengo bravissima nello scrivere queste determinate cose quindi dei consigli, sono sempre ben accetti.
Vi volevo avvisare che questa storia, in realtà, è un pezzo di un'altra che stavo scrivendo ma che ormai è ferma da più di un anno quindi capisco se vi ha creato confusione qualche passaggio, ne sono davvero dispiaciuta.
Ultimo appunto: le parti in grassetto sono i pensieri, un po' la voce della loro coscienza per intenderci, dei personaggi e le parti con il font diverso si riferiscono a dei flashback non presenti nell'opera originale ma trascritti da un altro pezzo di storia (messi appositamente per rendere più facile la comprensione, non essendoci la storia per intero)
Buona lettura!


ERROR

Si maledisse ancora per aver accettato di fare quella cosa.

Merda!

Cosa lo aveva spinto a dire di sì?
Compassione?
Stupidità?
Oh, no… l’astinenza.
Cosa ci faceva esattamente disteso e mezzo nudo, con le gambe a penzoloni sul tavolo dell’appartamento di Marco?

Sentì quest’ultimo aprirgli le gambe con estrema malizia ed eccitazione.
Spostò la testa di lato per non incrociare lo sguardo dell’ex compagno di tuffi.
Quest’ultimo si allungò su di lui, appoggiando saldamente i palmi di entrambe le mani vicino ai lati del suo busto, leccandogli avidamente la mandibola e scendendo pian piano sul pomo di Adamo.
Davide si irrigidì ulteriormente ed emise un mugolio di dissenso, portando le mani vicino alle tempie, come un neonato che dorme nella culla.
Marco stette ancora un po’ a tormentare quel collo, così sensibile, già arrossato e liscio.
Lo voleva succhiare, leccare, mordere e chissà quante altre cose.
Ma non poteva lasciare segni: così era stato pattuito.
Spostò l’attenzione verso la sua bocca e cercò di baciarla ma Davide fu più rapido e girò la testa dall’altra parte.
 
<< A-Avevi detto “niente baci”, ricordi?>>
 
Certo, perché tutto il resto va bene invece?!
 
Chissà perché balbettava sempre quando si trovava con lui.
 
Marco ruotò gli occhi verso l’alto.
 
<< Va bene, vuol dire che mi occuperò subito di qualche parte più in basso…>>
 
Così dicendo, agguantò il rigonfiamento, ancora coperto dai boxer, di Davide cominciando lentamente a strofinare la mano su e giù.
Il ragazzo inarcò leggermente i fianchi per permettergli una presa maggiore.
 
Cosa ti passa per la testa idiota?
Che stai facendo?
 
Marcò passò l’altra mano libera sotto alla sua maglietta massaggiando e pizzicando qualsiasi millimetro di pelle si fosse trovato a contatto con i suoi polpastrelli.
Gli passò lentamente il dito indice sullo sterno, disegnando poi tutta la forma del costato destro fino a raggiungere il capezzolo, continuando ad armeggiare, nel mentre, il suo sesso già eretto.
Davide cercava di trattenere dei gemiti che trasformava, non molto brillantemente, in mugolii.
A quell’irrigidimento, Marco rispose con un ghigno poco rassicurante.
Davide raggelò all’istante: si guardò una delle sue mani.
 
Perché non riusciva a muoverle?
Doveva solo spingerlo via.
O era meglio scoraggiarlo a parole?
Un semplice “Non voglio”?
In fin dei conti, si era cacciato lui in quel guaio.
 
La matassa di pensieri si disfò non appena sentì qualcosa di umido toccargli la punta del membro: alzò la testa e le spalle di scatto.
Ora Marco aveva smesso di ispezionargli la parte superiore del corpo e si era concentrato proprio lì, nel punto più caldo: con la mano sinistra arpionata all’osso un po’ sporgente del bacino e con l’altra intenta ad accarezzare la lunghezza del suo sesso mentre con la bocca ne assaporava già la punta.
Quest’ultimo gli cacciò un occhiata languida e dannatamente erotica, spostando la lingua più in basso, cominciando a suggere delicatamente.
Bastarono solo questi due gesti per far sentire a Davide un impellente bisogno di venire, magari proprio in quella bocca che parlava sempre troppo ma che era anche artefice di meravigliose sensazioni come quella.
Non riusciva a capire come quella cazzo di bocca potesse dispensare così  tanto piacere.
 
Merda!
 
Senza rendersene quasi conto, cominciò ad assecondare i movimenti della bocca del ragazzo, ora più insistente e frenetico, che apprezzò l’aiuto.
La sua, invece, cominciò a produrre un’enorme quantità di saliva ed ad emettere, in modo incontrollato, dei flebili ansimi via via sempre più forti.
Avvertì, dopo un po’, quella bellissima sensazione di calore partire dal suo sesso ed espandersi in tutto il suo corpo e la saliva umida di Marco, mescolata al suo liquido pre-seminale, che scendeva fino ai testicoli.
Cercò di tapparsi la bocca con la mano ma Marco prontamente lo fermò, prima che potesse riuscire nel suo intento.
 
<< Voglio sentire la tua voce >>
 
Dichiarò fermamente, il tono sovraeccitato, assentandosi per un momento da quello che stava facendo.
 
Non smettere.
Per nessuna ragione.
Non farlo.
 
Davide gli artigliò le ciocche di capelli castani e lo spinse giù, in modo che riprendesse il suo sporco lavoro.
Marco rimase un attimo spiazzato da quella presa di iniziativa così repentina ma non si pose nessuna domanda al riguardo, anche perché non aveva senso farsene in quel momento.
Pensò solamente a quello che doveva fare ed a come lo faceva, per dare più piacere possibile ad un Davide ormai perso in un mare di gemiti ed ansimi che oramai riempivano la stanza.
Adorava toccarlo, assaggiarlo, vederlo succube.
Solo Dio sapeva cosa avrebbe fatto con il suo corpo se solo fosse stato suo.
Se solo avessero potuto stare insieme davvero.
Doveva, però, accontentarsi di quel momento perché sarebbe stato unico ed irripetibile.
Ancora non credeva potesse essere vero che gli avesse detto sì quando lo aveva praticamente implorato di poterlo fare suo anche solo per poche ore.
La sua mente navigò veloce alla notte di 4 anni prima: quella zona V liscissima, il polso fasciato, la sensazione di calore che provò quando fu dentro di lui, Davide con gli occhi lucidi per l’alcohol, quella lacrima…
Una lacrima?
Perché piangeva?
Non gli era piaciuto?
Gli aveva fatto male?
Si era ripromesso di non pensare a niente ma stava pensando anche più del dovuto.
 
[…]
<< È appena iniziato il gioco >>
Marco si passò la lingua sulle labbra, afferrandogli tutti e due i polsi con la mano e portandoglieli sopra alla testa.
<< Ahi >>
Davide fece una smorfia di dolore.
Marco si ricordò del polso fasciato e, con delicatezza, lo appoggiò giù, cominciando a baciarglielo, come per guarirlo.
[…]
Poco più in basso, una stuzzicante zona V, non ancora del tutto formata, lo stava invitando a continuare la sua perlustrazione.
Si abbassò e, con la punta della lingua, lo leccò appena sopra la cucitura delle mutande.
[…]
A Davide girava talmente tanto la testa che ringraziò di essere steso lì, su quel letto.
[…]
Un calore fortissimo, che si disperdeva in ogni centimetro del suo corpo: il Paradiso.
 
 
Davide gli venne praticamente in bocca senza avvisare, ovviamente.
Non gli restò che ingoiare, sotto lo sguardo soddisfatto di quest’ultimo.
 
<< Sei stato uno stronzetto >>
 
La cosa era così maledettamente indecente che fece eccitare Marco ancora di più.
 
<< Io… basta, non voglio più >>
 
Gemette Davide.
Marco gli prese i polsi con le mani, allungandosi su di lui come fatto in precedenza.
Si sentiva stranamente cattivo e volgare quando si trattava di sesso: era come una metamorfosi ignota anche a lui stesso.
 
<< Ma abbiamo appena cominciato >>
 
Gli soffiò nell’orecchio.
La sua intonazione fece trapelare una punta di delusione.
 
<< Io… scusami >>
 
Davide odiava farsi vedere così debole agli occhi degli altri.
La bocca gli era tornata secca e non riusciva a ragionare in modo abbastanza lucido per articolare frasi più lunghe e di senso compiuto.
Non era nemmeno tipo da chiedere scusa così facilmente: dove era andato a finire il suo orgoglio?
E, cosa più importante, perché avrebbe dovuto chiedere scusa a Marco?
Si arrabbiò con se stesso.
 
<< Avevi promesso, cazzo! >>
 
Marco ringhiò, rifilandogli un’espressione di massimo disappunto, tagliente come una lama affilata di un coltello che gli fendette lo stomaco.
Davide cercò di guardare negli occhi il ragazzo con spavalderia.
Poco dopo, però, una lacrima tradì la sua falsa sicurezza.
Di certo, Marco questa volta non l’avrebbe raccolta, non avrebbe rifatto l’errore di 4 anni prima.
Questa lacrima gli ricordò un momento che fino ad allora aveva probabilmente relegato nell’inconscio.
 
[...] Una lacrima gli rigò il volto.
[…]
Con il pollice, Marco la raccolse, prima che ne seguissero delle altre.
 
Dischiuse le labbra in un’espressione di stupore.
Questa lacrima sanciva l’errore che si era portato appresso per tutti questi anni: amarlo.
 
Come poteva amare una persona e farla piangere?
Si sentì un egoista di dimensioni immani, il senso di colpa gli accartocciava lo stomaco e lo calciava via come un pallone.
In fin dei conti, aveva sempre e solo pensato al suo di piacere e non si era mai interrogato sul pensiero di Davide nei confronti delle sue “molestie”.
 
Si strinse nelle larghe spalle e distolse lo sguardo da quegli occhi scuri in cui si era perso fino ad alcuni attimi prima.
 
Non piangere anche tu, idiota.
 
<< Vattene >>
 
Si ritrasse velocemente e si sedette sul bordo del tavolo, dandogli le spalle.
Nessuno dei due si mosse per minuti che sembrarono interminabili.
 
<< Ho detto vattene, cazzo! >>
 
Tuonò.
Sentì il fruscio dei jeans di Davide e della zip che veniva chiusa, della maglia che veniva messa a posto e lo udì tirar su con il naso.
 
Non osare girarti.
 
Davide sgattaiolò frastornato e rosso in viso verso la porta, fece girare la serratura che scattò e si aprì, mettendosi a correre per le scale.
Marco, preso da un ignoto impulso lo seguì, non ascoltando i consigli del suo cervello.
Gli occhi oramai gli bruciavano per aver trattenuto troppo a lungo le lacrime.
 
<< Davide… >>
 
Il ragazzo, sentendosi chiamare, si fermò senza però voltarsi.
 
<< Non volevo… >>
 
Marco deglutì.
 
<< Niente, lascia stare >>
 
Lo guardò allontanarsi, saltando a due a due i gradini.
 
Si chiuse la porta alle spalle e si fece scivolare lentamente verso il basso.
Una, due, tre lacrime gli rigarono il viso.
 
<< Non volevo farti del male >>
 
Sussurrò, concludendo la frase quando il destinatario, ormai, si stava già avviando al di fuori del caseggiato azzurro.


 
 
   
 
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