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Autore: shira21    05/01/2017    0 recensioni
Kitty Winter è finalmente riuscita a mettere le mani sopra al suo rapitore ed è ponta ad ucciderlo quando Sherlock, l'uomo che ama, la trova. Per lui decide di non marchiarsi come assassina ma sa che deve comunque sparire per un po'. Prima di andarsene però decide di passare qualche ora con Sherlock e lasciare che per una volta siano la passione e l'amore a parlare per lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kitty Winter, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock fa una piccola pausa e mi si avvicina ancora di più. Sento il cuore balzarmi in petto mentre la rabbia si mischia a qualcosa di altrettanto oscuro e dilaniante. «Qualunque cosa tu decida, devi capire che per me sarai sempre speciale.» Mi manca il fiato mentre sento il riverbero di quelle parole fluirmi nelle vene, nel cuore, nell’anima. Lo guardo in quei suoi occhi penetranti che vedono tutto, fino al più piccolo dettaglio… che vedono me, la vera me! E pensare che quando l’ho conosciuto riuscivo a malapena a fissarlo prima che la paura mi sopraffacesse.
«Sarai sempre… mia amica.»
Queste parole, dette da Sherlock, valgono più di quanto chiunque possa immaginare. Sento le lacrime salirmi agli occhi mentre alla fine l’ira che mi aveva fatto pianificare l’omicidio di quel bastardo viene sostituito da un sentimento completamente diverso ma con cui convivo da settimane: l’amore. Lui si gira e se ne va per la stessa strada da cui è venuto, lasciandomi decidere da sola cosa fare e come procedere.
Respiro a fondo e rientro. Il mio peggior incubo è ancora legato alla sedia, la sua schifosa bocca chiusa dal nastro adesivo e negli occhi un briciolo di pura e semplice paura. Ma mentre avanzo verso di lui, il coltello ancora in mano, so che non riuscirei più ad ucciderlo. Non senza tradire quella fiducia che ho scorto prima nel volto dell’unico uomo che sia mai riuscita ad amare.
«Questa è la tua sera fortunata, Del. Non ti ucciderò, dopotutto. Tutto quello che ti ho mostrato stanotte era solo… una maschera. Non è la vera me.» E il mio angelo salvatore l’aveva capito già otto mesi fa quando è venuto a parlarmi del caso di quel bambino rapito. Mi avvicino ancora di più e fisso il volto di chi mi ha rovinato la vita, un bel faccino che nasconde solo orrori e sofferenze. «Tu ne sai qualcosa di maschere, vero? Ne hai avuta una per tutta la vita.» Continua a spostare lo sguardo da me al coltello, sempre più spaventato. Per una volta nella sua vita è lui ad aver paura. «Io la mia l’ho tolta.» Mi chino un poco vero di lui «Adesso tocca a te.»

Quando lascio il magazzino mi fermo ed alzo il volto verso le stelle; faccio un respiro profondo e mi concedo un piccolo sorriso. Per cinque anni mi sono portata dentro un bagaglio schiacciante fatto di paura, frustrazione, rabbia e vendetta. Ora sono di nuova libera e devo ringraziare Sherlock per questo. Se non l’avessi mai conosciuto a quest’ora vivrei ancora in una casa spoglia e con cinque serrature, senza riuscire a farmi degli amici o anche solo parlare tranquillamente con un uomo. Ma soprattutto se non avessi conosciuto Sherlock non avrei mai saputo cosa significa amare incondizionatamente qualcuno. Ripenso al tempo trascorso insieme e la mie mente è invasa dai ricordi.
Come la prima volta che l’ho visto, a Londra, fuori dal commissariato dopo aver buttato a terra furiosa il mio tablet.
Quando pochi giorni dopo ha suonato alla mia porta e mi ha stupito non solo con la sua incredibile capacità di deduzione ma soprattutto perché era il primo a prendere le mie idee sul serio.
Il giorno in cui Latif è tornato tra le bracci amorevoli della sua famiglia, il momento in cui ho scoperto che Sherlock sapeva già dal nostro secondo incontro del mio passato; avevo sbagliato persona da incolpare, come mi disse lui ero troppo attaccata ai miei limiti, eppure mi disse anche che era merito mio se quel bambino era tornato a casa. E si offri di diventare il mio protettore, di insegnarmi le abilità da investigatrice.
Sento ancora la frustrazione dopo ore a cercare di aprire quella dannata porta con un elastico e le sue parole sferzanti, Watson era sempre meglio di me e nulla poteva farmi più male di quel continuo paragone. Eppure i giorni che seguirono il mio allontanamento da Sherlock furono i peggiori della mia vita, secondi solo al mio rapimento. In poco tempo era riuscito a tirarmi fuori dalla mia armatura, riuscivo quasi a tenergli testa in quanto a brutto carattere, ma senza di lui sentii una parte di me spegnersi di nuovo. Adoravo quello che mi stava insegnando, mi sembrava di aver finalmente uno scopo preciso, ma soprattutto mi piaceva che non mi guardasse come una vittima, con pietà. Quando sono tornata, una settimana dopo, l’ho trovato con gli occhi bagnati di pianto; non ho detto nulla di quel suo stato anche se una minuscola parte di me, sfidando la mia ormai istintiva paura degli uomini, avrebbe voluto allungare una mano e asciugargli il volto. Non lo feci ma gli dissi che era stato un errore andarmene e che volevo finisse quello che aveva iniziato con me.
Il tempo passato a studiare decine di libri che per me erano assolutamente inutili ma con nozioni che difficilmente dimenticherò; china ore e ore su argomenti come le differenze tra i tipi di tabacco non mi pesavano se alla fine potevo vedere il sorriso soddisfatto di Sherlock.
Ed oggi mi sembra stupida la mia gelosia verso Watson, una donna incredibile ma soprattutto una grande amica, ci ho messo un po’ ma alla fine ho capito perché Sherlock la stimi così tanto. E se anche Joan è un sostegno, una cassa di risonanza come l’ha definita lui, ora so che gli vuole bene ma non lo ama come me.
Mi viene da sorridere come una matta quando mi torna in mente la storia di Zachary, alle mille commissioni che ero costretta a fare solo perché Sherlock aveva paura per me, non voleva che fossi di nuovo ferita. Come se mi fosse mai pesato mettere quell’uomo e le sue richieste, esplicite o silenziose nei suoi occhi, davanti a qualsiasi altra cosa; persino davanti alla mia vendetta e all’omicidio del bastardo che mi ha rapito, torturato e stuprato.
Un lieve soffio di vento freddo mi riporta infine al presente, facendo scorrere come fotografie i ricordi delle decine di casi che ho affrontato al fianco di quell’uomo che mi ha salvato anche da me stessa.
Faccio un altro respiro profondo. Mancano poche ore all’alba. Torno dentro al magazzino e vedo Del, ancora legato alla sua sedia, svenuto per il dolore. Sento ancora nelle orecchie le sue urla; alla fine alcuni libri che ho studiato in questi mesi mi sono serviti anche se forse non nel modo in cui Sherlock avrebbe voluto.
Accendo il telefono di Del in modo che possa essere rintracciato dalla polizia e me ne vado, direzione 42 Stanford Avenue, Brooklyn.

Quando arrivo al posto che negli ultimi tempi ho considerato casa, vedo che ci sono tutte le luci spente. Se ho fatto bene i calcoli la polizia non dovrebbe avere ancora trovato Del e quindi Sherlock è in casa. So anche che Watson sta ancora perlustrando la casa del bastardo in cerca di ulteriori prove, sono sicura che alla fine le troverà, è troppo brava in quello che fa.
Arrivo davanti alla porta ma visto che non voglio suonare né posso usare le chiavi che ho lasciato nella mia stanza quando me ne sono andata tiro fuori la mia pochette con gli attrezzi e scassino la serratura. Sono anche abbastanza soddisfatta dalla velocità e della relativa silenziosità del mio operato. Mi fermo nell’anticamera e mi tolgo la giacca e le scarpe, il suono dei miei passi attutito dai calzini.
Vado direttamente fino alla cucina e arrivo davanti alla porta scorrevole della stanza di Sherlock. Sento il cuore battermi così forte da fare male e so che se abbassassi lo sguardo vedrei le mani tremarmi come quelle di una scolaretta prima di un esame; faccio fatica a respirare e sento un calore arrossarmi il volto. Quella parte di me che mi ha protetto dalla giorno della tragedia, che ha costruito la maschera da ragazzina dura, mi urla di andarmene ma non so né quando né se rivedrò mai il mio salvatore. Per questo mi faccio forzo e apro la porta quanto basta a farmi scivolare dentro, ho bisogno di quest’ultimo ricordo per poter andare avanti.
Le persiane non sono chiuse e la luce della luna illumina la stanza come una lontana candela. Mi sposto i capelli su una spalla mentre incrocio lo sguardo con il mio mentore; non è armato o preoccupato e so che ha capito che ero io ben prima che arrivassi così vicina.
«Kitty, cosa ci fai qui?» Scuoto la testa mentre sfioro con gli occhi il suo petto nudo. Un uomo così intelligente e deduttivo, con dei sensi straordinari e una capacità di pensiero al di fuori del comune può anche arrivarci da solo a quello che sta succedendo.
Cammino lentamente verso di lui ma prima che possa sedermi sul letto è già in piedi «Kitty, sei sconvolta e ti capisco. Davvero. Non devi…» ma non lo lascio finire perché so che se ascoltassi i suoi dubbi anche i miei tornerebbero. Per questo gli appoggio una mano sul petto, mi alzo sulle punte e semplicemente lo bacio. Non ricordo quand’è stato il mio ultimo bacio, probabilmente prima del rapimento.
Per qualche istante lui non reagisce, rimane solo un semplice contatto di labbra, mentre il gemito che gli sfugge comunica meglio di mille parole il suo stupore e forse anche un po’ di confusione. Io lo guardo dritto negli occhi che così da vicino sembrano contenere un intero mondo. Poi sento le sue labbra sfiorare con più delicatezza le mie e chiudo gli occhi.
Sento le sue mani esitanti sulla mia schiena, come se non sapesse bene se respingermi o tenermi, prima di stringermi i fianchi e approfondire questo bacio mentre io mi sciolgo contro di lui. Tremo mentre sento il calore fluirmi nelle vene e rilassare i muscoli. Ho sognato tante volte questo bacio e ora so che è vero che la realtà supera qualunque fantasia.
Mentre vengo travolta sempre più dalle emozioni sento che anche lui si sta rilassando. Mi stringe con più decisione contro di sé e approfondisce questo bacio. Ora i punti di contatto tra di noi sono molteplici e sento il suo petto sfiorarmi il seno. Un misto di ansia ed eccitazione mi fanno sospirare contro la sua bocca. I suoi monologhi sono strabilianti e famosi ormai in più continenti ma a quanto pare è eccezionale ad usare la bocca anche per altro!
Sento la mente ovattata e i pensieri scivolano via confusi mentre Sherlock mi bacia con sempre più passione e foga. La sua lingua si apre una strada tra le mie labbra e va ad accarezzare la mia. Con un gesto audace s’impossessa definitivamente della mia bocca e dei miei pensieri mentre a me sfugge un basso gemito di piacere.
Si sposta e sto per protestare quando sento le sue labbra baciarmi dietro l’orecchio e poi giù lungo il collo. È tutto così piacevole che quasi non mi rendo conto che mi sta sfilando la maglietta. La sento scivolare a terra e non posso fare a meno d’irrigidirmi. Sono cinque anni che un uomo non mi vede nuda, non in questo senso. Le ferite che porto sulla schiena mi sfigurano la pelle e le odio. Come potevo pensare che gli sarebbe piaciuto vedere ciò che neanche io riesco a sopportare?
Ma Sherlock è un uomo perspicace e capisce subito qual è il vero problema della mia indecisione: non ho cambiato idea su quello che voglio ma ho paura che sia lui a non volermi. Mi bacia con delicatezza alla base del collo dove sento il sangue pompare ferocemente. Le sue labbra scivolano lungo la spalla facendomi rabbrividire e scacciando un po’ le mie insicurezze e le mie paure. Poi mi fa girare e io sono inorridita al pensiero di quello che sta vedendo.
Per questo mi coglie di sorpresa quando mi bacia in mezzo alle scapole. Lo sento inginocchiarsi dietro di me e seguire con le dita la linea della colonna vertebrale. Quando mi bacia la prima cicatrice sussulto, poi lo fa anche con la seconda e la terza. Va avanti così con tutte e sento le lacrime salirmi agli occhi, lacrime di gratitudine e amore mentre mi rimette insieme i pezzi di un cuore distrutto.
Quando mi giro e lo vedo in quella posizione quasi piango per davvero. L’uomo che non pensava di saper amare e che invece nel tempo ha trovato amici e colleghi mi guarda con una tale passione da farmi gemere ad alta voce. Non sono Moriarty, il grande amore della sua vita, non mi amerà mai come ama lei, eppure sono sicura di quello che vedo e tanto mi basta.
Quando mi fa stendere sul letto riprende a baciarmi, ovunque. I jeans sparisco in qualche momento e il primo orgasmo mi coglie quasi di sprovvista. Quando si mette anche lui sul letto, mi fa salire sopra per non intrappolarmi. Un attenzione così dolce…
Mi chino e gli bacio con riverenza ogni tatuaggio, sento sulle labbra il suo sapore leggermente salato. E quando entra dentro di me sento il mondo esplodere. Finalmente so cosa significa essere un'unica entità con qualcuno. Ricado sul suo petto e sorrido sentendo che il suo cuore batte forte quanto il mio.
Sherlock mi passa una mano tra i capelli e sospira «Riposa un po’». Il suo tono è stanco, i pensieri nella sua mente hanno ricominciato a rincorrersi, mi sembra quasi di sentirli muoversi. E poi il suo respiro diventa più profondo, i muscoli più pesanti.
Apro gli occhi e lo guardo. Ed è incredibile quanto lo amo. Memorizzo ogni dettaglio del suo volto. Gli do un ultimo lievissimo bacio e scivolo via. Mi rivesto il più silenziosamente possibile ma a quanto pare certe cose possono mettere KO anche un uomo del genere.
Allontanarmi da Sherlock Holmes è come tagliare un arto in cancrena, doloroso ma in un certo senso necessario.
Fuori casa chiamo un taxi e mentre vado in aeroporto una singola lacrima mi riga il volto.

Trovare un biglietto aereo è stato più veloce del previsto. Su una televisione una conduttrice carina annuncia l’arresto di Del Gruner e il suo ricovero in ospedale. Mi allontano e tiro fuori il telefono; Sherlock l’ha usato più volte per rintracciarmi e per un po' è meglio che non sappia dove sono. Faccio per romperlo quando la tentazione diventa troppo forte e lo chiamo.
Sentire la sua voce fa male e bene allo stesso tempo. Ormai ha già visto cosa ho fatto ma sento che è orgoglioso del fatto che non l’abbia ucciso. Sherlock mi ha detto che l’ho salvato ma non ha capito che mi ha dato tutto. Ma c’è ancora qualcosa che gli devo dire. «Sai una cosa che non dico a qualcuno da molto tempo? Ti amo.» Non riesco a trattenermi e inizio a piangere. Lo sento trattenere il respiro dell’altra parte del telefono e vorrei disperatamente baciarlo ancora una volta. «Non è la cosa più triste?» E prima che possa rispondermi chiudo la telefonata. Le lacrime mi rigano copiose il volto mentre spengo per l’ultima volta questo telefono.
«Ultima chiamata per l’imbarco dal terminal B. Ripeto, ultima chiamata per l’imbarco dal terminal B».
Mi asciugo il volto con la manica e metto il telefono inutilizzabile nello zaino accanto all’unico cosa importante che contiene: una foto scattata otto mesi fa a Londra durante a caso. L’unica foto di Sherlock Holmes, l’uomo che mi ha salvata e che amerò sempre.

   
 
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