SCARLET ROSE
CAPITOLO 1
***
La ragazza stava correndo, stava scappando da qualcuno o da
qualcosa.
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così, quando tutto
era iniziato credeva che la vita le avrebbe sorriso e ora, invece, si trovava
nel bosco e stava cercando con tutte le sue forze di sfuggire al suo
inseguitore.
Era riuscita ad uscire, a superare tutti gli alberi
quando inciampò e cadde sul freddo terreno. All'improvviso, la creatura da cui
lei cercava di scappare, le fu sopra. A nulla servì cercare di dimenarsi: la
ragazza sprofondò nel buio e da allora non vide più nulla.
***
-Dottore, dottore! Presto, venga!
-Cosa c'è, signorina
Walters?
-La paziente della camera 3 si è svegliata! La ragazza che era in
coma...
Il dottor Cullen sollevò la testa dalle sue scartoffie con
un'espressione indecifrabile.
-Ne siete sicura?
-Si, presto
venite!
L'uomo si alzò dalla poltrona del suo studio e si precipitò alla
stanza numero 3 e vide che, effettivamente, la paziente si stava svegliando. Lo
mostravano le sue palpebre tremolanti che lottavano per riaprirsi e le dita
contratte.
Nel periodo che aveva passato priva di sensi, solo un ragazzo,
Edward Bennett, andava a trovarla ed era colui che l'aveva portata
d'urgenza in quel luogo dopo averla trovata quasi esanime.
Nell'ospedale
conoscevano solo il suo nome: Isabella Swan. Il nome era pervenuto dai documenti
trovati nella borsa della ragazza, oggetto che Edward aveva tenuto con sé.
Un
urlo si levò dalla sua bocca e in un attimo il medico le fu accanto. Lei sgranò
gli occhi e si guardò intorno.
-Ragazza, come ti senti?
Ci mise un po'
prima di riprendersi dal suo incubo e riacquistare l'uso della
parola.
-D-dove mi trovo? Chi è lei? E chi sono io?
-Non ricordi proprio
niente?
La ragazza scosse il capo, ma se ne pentì subito poiché fu assalita
da un improvviso mal di testa.
-Era solo un sogno... come sono finita
qui?
-Sei stata trovata quasi esanime nel cimitero, dal guardiano che quando
ti ha vista ti ha portata immediatamente qui. Sei stata in coma per un anno,
durante il quale ti ha fatto visita solo il ragazzo che ti ha soccorsa. Non hai
famiglia?
Lei trasalì leggermente quando il dottor Cullen nominò quel luogo,
ma cercò di non darlo a vedere.
-Mi spiace, non ricordo niente. Non so
nemmeno come mi chiamo...
-Beh, in questo posso aiutarti. A fianco al tuo
corpo svenuto, è stata ritrovata una borsa all'interno della quale c'erano i
tuoi documenti. Il tuo nome è Isabella Swan, ma purtroppo non posso dirti di
più.
-Isabella...-ripeté lei, poco
convinta.
Così, era stata in coma per un anno. Perché non ricordava in che circostanza
era accaduto? E perché aveva dimenticato anche il suo nome e tutto il suo
passato? Ad Isabella sembrava di essere nata in quel momento e la cosa non le
piaceva.
Siccome non parlava più, il dottore la
chiamò.
-Isabella...?
Non rispose subito, ma quando lo fece, avanzò la
richiesta che più le premeva.
-Vorrei vedere il ragazzo che mi ha salvata.
Potreste farlo chiamare, per favore?
-Forse non è una buona idea, devi
riposare.
-La prego, è importante per me vedere chi mi ha salvata.
L'uomo
sbuffò e mandò un'infermiera a telefonare a Edward, il guardiano del cimitero e
rimase solo con la ragazza.
-Quando mi dimetterete?
-Vedremo. Prima
dovremo farti fare i dovuti esami e dovrai affrontare anche un periodo di
riabilitazione. Tuttavia, non avendo memoria, credo che sarebbe meglio per te
rimanere qui finché non riusciamo a rintracciare qualcuno della tua
famiglia.
Abigale annuì mentre sulla soglia apparve un ragazzo dai capelli
neri e gli occhi verdi. Era davvero bello e la ragazza rimase un attimo ad
osservarlo sorpresa. Possibile che un ragazzo così giovane fosse il custode del
cimitero?
-Per fortuna ti sei svegliata, sai che cominciavo a perdere le
speranze?
-Edward, non farla stancare troppo, d'accordo?-detto questo, il
dottore li lasciò soli.
-Scusa, non vorrei essere scortese, ma chi
sei?
-Non c'è problema, è naturale che tu non mi conosca. Io sono Edward
Bennett e sono il guardiano del cimitero.
-Allegria, signori e
signore...
Edward rise. Nonostante l'atmosfera intorno a loro fosse
leggermente surreale e non adatta all'umorismo, i due ragazzi riuscirono a
ridere insieme durante la loro conversazione.
Anche se l'aveva salvata,
Isabella non si fidava e chiese al ragazzo di parlarle di lui e fornirle qualche
informazione.
Edward aveva ventisei anni e viveva da solo. Avendo perso la
sua famiglia qualche mese prima, non si era più sentito di vivere nella casa dei
suoi genitori e si era trasferito per fare il custode del cimitero, sostituendo
il suo vecchio zio andato in pensione.
Oltre a quello, aveva anche altri
problemi. Aveva molto in comune con Isabella dato che anche lui era stato
colpito da un'amnesia. La differenza era che lui ricordava il suo passato, ma
aveva dimenticato ciò che gli era successo nella fascia di età compresa tra i
diciassette e i venticinque anni. A quanto gli avevano detto, si era svegliato
una mattina senza riconoscere nessuno e da allora i suoi genitori lo avevano
portato da ogni medico nella speranza che potesse guarire e in un certo senso le
cure gli avevano giovato, anche se non del tutto.
Non riuscì a riacquistare i
ricordi perduti di quegli otto anni, ma aveva imparato a vivere con quel vuoto e
si stava rifacendo una vita e si poteva dire felice quando, per ironia della
sorte, pochi mesi prima un incidente d'auto non portò via i suoi
genitori.
-Mi dispiace, accidenti. E in tutto questo periodo sei sempre
venuto a trovarmi?
-Si, Isabella. Quando ti ho trovata lì per terra, stesa,
sembravi quasi morta... mi hai spaventato.
La ragazza arrossì. Non si
conoscevano, eppure lui era così premuroso...
-Ma non era necessario.. voglio
dire, avrai avuto parecchie cose a cui pensare e...
-Non è stato di nessun disturbo, se é questo che volevi dire. É
vero, ho avuto molto da fare negli ultimi mesi ma ti assicuro che non mi è
pesato il venirti a trovare.
-Grazie, adesso a quanto ne so non ho nessuno e
tu sei l'unico appiglio che ho col mondo
reale.
-Quando uscirai di qua, ti darò una mano a ricordare. Ce la farai,
vedrai..
-Spero... ah, volevo chiederti se per caso durante questo anno di
coma è venuto qualcun altro oltre te.
-Che io sappia, no. Se poi sono venuti
a trovarti mentre non c'ero è un altro discorso, credo che dovresti chiedere al
dottor Cullen. Adesso è meglio che vada, non devi stancarti... d'altronde ti sei
appena risvegliata.
-No, aspetta...
-Non ti preoccupare, torno
domani.
Edward salutò Isabella che chiuse gli occhi stancamente, ma non per
dormire: per riflettere. Cosa ci faceva lei in un cimitero? Come era finita in
coma? Nonostante la visita del ragazzo, lei aveva addosso una strana sensazione
di disagio dovuta forse al sogno che stava facendo prima di svegliarsi e si
sentiva stanca come se avesse corso veramente.
Forse quello era semplicemente
l'effetto di un anno di coma, non poteva essere fresca e riposata dopo tutto
quel tempo ma ancora non si spiegava il perché avesse dimenticato tutto il suo
passato.
Ricordava di avere dei genitori, ma pur sforzandosi non riusciva a
mettere a fuoco i loro visi, come del resto capitava con chiunque lei volesse
tentare di ricordare. Che fine aveva fatto la sua famiglia? Erano forse morti?
No, no poteva essere...
Mentre rifletteva, una dottoressa entrò nella stanza
per condurre la paziente fa fare una tac. Le staccò la flebo e le fece indossare
il camice.
-Dove mi sta portando?
La dottoressa Black le
sorrise.
-Andiamo a fare una tac, in modo che esaminandola riusciamo a capire
perché sei stata colpita da un'amnesia. Non ti viene in mente nulla che possa
aiutarci?
-No, mi dispiace. L'unica cosa che ricordo, prima di svegliarmi, è
uno strano sogno, ma sicuramente non c'entra...
-No, parlamene. In questi
casi non bisogna tralasciare nulla.
Isabella, seppur scettica, le raccontò il
sogno.
-Mi trovavo in mezzo agli alberi e scappavo. Non so da cosa, o da chi,
ma ricordo che ad un certo punto sono caduta e mi sono ritrovata la “cosa”
addosso. So che è inutile, ma ricordo solo questo sogno ricorrente...
La
donna disse che niente era inutile e spinse la sedia a rotelle sulla quale si
trovava la ragazza nella stanza che avevano di fronte. Un'infermiera la aiutò ad
alzarsi dalla sedia e a sdraiarsi, dopodiché schiacciò un pulsante e il tubo si
chiuse.
-Dottor Cullen, cosa ne pensate?
-Non so, signora Black, davvero.
Non riesco a trovare niente di anomalo e la cosa non mi piace. Lei vede
qualcosa?
La donna scosse la testa. Com'era possibile che l'esame non
mostrasse nulla? La ragazza aveva perso la memoria e non era certo una cosa da
niente...
-Dottore, la ragazza mi parlava di uno strano sogno ricorrente. Non
sarebbe il caso di chiamare il suo collega per vedere se ha a che fare con lei?
Magari, analizzandolo, potrebbe anche ricordare chi é...
Carlisle Cullen
impallidì. Mai, mai avrebbe ceduto e fatto una cosa simile... per nessun
motivo al mondo avrebbe chiamato quel...
-No,
assolutamente.
-Ma è il migliore psicologo che ci sia sul mercato!
-Ne
cercherò un altro, ma non provi a chiamare James Cullen per nessun motivo!
Chiaro?
-Si, non si
preoccupi..
In realtà, James era il fratello di Carlisle ma tra loro non correva buon
sangue. Erano stati rivali fin da piccoli, quando la loro madre aveva preferito
l'altro a lui e suo padre lo aveva mandato in collegio per stare vicino al più
piccolo.
“Non gli darò questa soddisfazione, no...”
Intanto, dopo quindici
minuti, la tac di Isabella era finita e l'infermiera che l'aveva portata lì la
riportò in camera.
-Non voglio tornare a letto...
-Non sei in condizioni
di poter dire cosa vuoi fare. Non essere capricciosa, su!
-Ma io voglio
provare a camminare, dottoressa!
-Magari tra qualche giorno, ora sei troppo
debole.
-Non voglio stare a letto, non mi piace stare ferma!
-Che
impazienza, ti sei svegliata da appena un giorno Abigale. Non puoi fare
miracoli, ma se proprio ci tieni domani ti aiuterò a metterti in piedi,
ok?
-Grazie... senta, non è che in questo anno ha visto qualcun altro oltre
ad Edward?
-Intendi che è venuto a trovarti? No, non ho visto nessuno, mi
dispiace.
Isabella sospirò, mentre la donna l'aiutava a mettersi nel letto le
le sistemava la flebo. Dunque, il suo unico appiglio con il mondo esterno era
Edward... quello strano ragazzo che faceva il guardiano del cimitero e che le
aveva salvato la vita.
-Isabella, credo che adesso dovresti riposare.
-Ma
se ho dormito per un anno!
-Non discutere. Vuoi o no essere riposata per
domani? Non volevi alzarti e iniziare a camminare?
-Si.
-E allora, vedi!?
Buonanotte, Isabella...
La signorina Harrocks uscì dalla stanza e la lasciò
sola in modo che potesse riposare. Era vero che aveva dormito un anno intero, ma
lo stress mentale assorbito durante tutta la giornata era stato incredibilmente
stancante e si era indebolita ulteriormente. Un'altra notte di riposo non poteva
che giovarle, dunque.
Purtroppo, non riuscì a dormire perché quando tentava
di chiudere gli occhi le tornavano in mente le immagini del sogno. Adesso che ci
pensava, le sensazioni che aveva provato nel suo inconscio le sembrava di averle
sentite per davvero e non era una bella sensazione.
Sbuffò, come a voler
cacciare via quei pensieri e così si stese meglio, coprendosi persino la
testa.
Pur essendosi stesa, Isabella non aveva intenzione di dormire, temeva
di non riuscire a svegliarsi, ma la stanchezza ebbe la meglio e la ragazza
chiuse lentamente gli occhi.
Nello stesso istante, a qualche chilometro di
distanza, un uomo seduto davanti al caminetto nel salotto della sua casa, lasciò
che il suo viso si deformasse in una sorta di sorriso sardonico finché dalla sua
bocca non proruppe una risata che non aveva niente di allegro.
Una risata da
brivido che non prometteva nulla di buono...
Ehilà, eccomi ritornata!!!!!!!
Prometto che con
questa fic sarò più puntuale negli aggiornamenti, anche perché ho già un po' di
capitoli pronti ^^
Mi raccomando,
commentateeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!