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Autore: Heyale    05/01/2017    0 recensioni
Sasuke era scappato dal suo villaggio anni prima, e come lui e suo fratello, anche sua figlia ha dovuto rendersi conto di non vivere nel mondo che credeva. Sarada Uchiha vede nella fuga la sua unica via d'uscita quando nessuno risponde più alle sue domande.
Shikadai Nara pensa che la sua migliore amica gli confidi sempre tutto.
Inojin Yamanaka è convinto che la ragazza che gli piace non possa scappare dalla sua vita.
Boruto Uzumaki alla fine tiene alla sua compagna di team, e non vuole che corra pericoli.
Ma si sa, ad un Uchiha, di questo importa ben poco.
  
Dal testo:
Fu questione di un attimo, e lo Sharingan eterno apparve al centro dei suoi occhi. I tavoli erano completamente ribaltati, a terra giacevano i vassoi e i cibi ormai irrecuperabili, Sasuke e Sakura fissavano allibiti il corpo di Sarada tremare tra le braccia di Shikadai.
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Sarada incontrerà nuovi compagni, a loro volta nuova generazione di vecchi compagni di Sasuke. Affronterà nuovi pericoli, tenteranno di riportarla a casa, dovrà fronteggiare tanti nemici. Lei ha il suo obbiettivo, ma basterà per farle dimenticare cos'ha lasciato al Villaggio della Foglia?
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sarada Uchiha, Shikadai Nara, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Sarada 06 Riassunto del capitolo precedente: è passata una settimana da quando il team Sadaki è ufficialmente nato, e per Aki, Daichi e Sarada è giorno di riposo, peccato che Aki non si trovi da nessuna parte. Comunque Daichi e Sarada non ci danno molto peso e lui convince la ragazza a parlargli di Inojin, in modo da capire se sia veramente innamorata o no. Dopo di questo però Sarada decide di andare a fare una passeggiata e nel cammino incontra Fuyuko e Ryoichi, purtroppo non sono lì per fare due chiacchiere amichevoli e Ryoichi parte all'attacco. Il ninja del Suono lancia una tecnica imile a quella del ventaglio di Temari, imprigionando Sarada in una raffica di lame di vento, colpendola dappertutto. Appena la scarica finisce Sarada non ce la fa già più, ma sente che se non si rialza per lei è finita. Allora si rimette in piedi, e pochi secondi prima che la spada di Ryoichi la trafigga lei lo imprigiona in un'illusione grazie al suo Sharingan, anche se lei stessa è sopresa dato che non sapeva di sapere quella tecnica. Quando lo scontro finisce entrambi sono al tappeto, ma Sarada si nasconde e riesce a risvegliarsi quando è sera, dopo un sogno in cui doveva prendere una scelta tra il suo Villaggio o Daichi e Aki.
Nel frattempo, Boruto, Inojin e Shikadai arrivano al villaggio della Nebbia e incontrano Tatsuya, a sua volta terzo mebro del team composto da lui, Fuyuko e Ryoichi. Comunque lui si presenta come un normale ninja, e si offre di aiutare i tre nella ricerca di Sarada, dato che nemmeno lui sa chi sia in realtà.
Infine, Sasuke riesce a sentire che Sarada usa lo Sharingan, tuttavia non riesce però a localizzarla. Contatta così Sakura e le racconta ciò che è appena accaduto, rivelandole anche le sue preoccupazioni.



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06
E siamo liberi di tornare a casa a un'altra età


Sarada vide finalmente il covo di Orochimaru dopo un'ora e un quanto che tentava di trascinarsi per la foresta. I tagli le facevano più male di prima, e le abrasioni quasi bruciavano. Non era mai stata abituata a combattimenti del genere, non immaginava nemmeno quanto dolore lei potesse provare. Perché quello era davvero tanto. Certo, niente che potesse far piangere Sarada Uchiha, ma era comunque tanto male.
Sorrise nel vedere che Daichi la stava aspettando con le braccia conserte e un'espressione esasperata in volto: forse si sarebbe beccata una ramanzina, ma probabilmente l'avrebbe anche perdonata dopo aver sentito cos'era successo. Aveva recuperato i kunai che aveva lanciato alla cieca, e quando aveva sentito di aver recuperato un po' di chakra aveva anche tentato di medicarsi, ma non c'era riuscita per più di tre secondi. Si domandò se Aki fosse in casa, se fosse tornato e dove fosse stato. Si preoccupava di cos'avrebbe potuto dire, lei pensava che sicuramente sarebbe rimasto deluso vedendo il suo stato dopo appena un attacco. L'avrebbe guardata dall'altro al basso e avrebbe fatto una delle sue solite smorfie, lei lo sentiva. Voleva essere orgoglioso di lei.
Quel pensiero le faceva male, ma non più male di quando chiamò Daichi rendendosi conto di essere stata zitta per troppo tempo. Uscì solo un verso molto tirato, ma lui riscì lo stesso a sentire. Infatti si girò di scatto, ma la sua esasperazione divenne visibile preoccupazione in meno di qualche istante. Corse verso di lei, prendendola saldamente per le spalle: "Che diavolo hai combinato?!"
"Ryoichi" sibilò lei, aggrappandosi a sua volta alle spalle del rosso. "E Fuyuko. Ma dovrei raccontarti di come l'ho messo al tappeto..." Sarada provò a ridere, ma riuscì solo a sputare un po' di sangue, causando gli occhi azzurri di Daichi spalancati per la paura. Fantastico, pensò l'Uchiha.
"Vieni, è meglio se chiediamo aiuto ad Aki."
"Aki? E' a casa?"
Daichi annuì, passando un braccio sotto le spalle di Sarada: "Sì, è tornato due ore fa. Quando gli ho detto che eri sparita ha provato a cercarti nei dintorni, ma non ha visto nessuno ed è tornato indietro, pensando che ti fossi ritardata apposta. E' preoccupato."
La ragazza abbozzò un sorriso, e scese le scale come meglio poté, sentedosi al sicuro non appena il sigillo sopra di loro si chiuse chiudendo anche l'ingresso. C'era sempre stato fin troppo caldo in quella specie di seminterrato, ma Sarada in quel momento sentiva costantemente brividi di freddo attraversarle tutto il corpo, facendo bruciare maggiormente tutte le ferite.
"Aki!" chiamò Daichi, mentre accompagnava Sarada in camera sua.
"Siete arrivati, finalmente!" la voce dell'Hozuki risuonò per tutto il corridoio, mentre i suoi passi veloci raggiungevano la stanza. "Mi dovete sette anni di vita per lo spavento che mi avete fatto prendere."
"Smettila di blaterare!" sbottò Daichi, aiutando Sarada a stendersi sul letto. Non gli importava più di molto se dopo sarebbe stato sporco di sangue, l'unica cosa che contava al momento era di guarire le ferite della giovane ninja.
"Okay, okay, la smetto" Aki fece il suo ingresso nella stanza, ma appena vide Sarada il suo sorriso si spense all'istante. "Che cazzo ti è successo?!"
"Quel figlio di puttana di Ryoichi" rispose Daichi, lasciando un'ultima carezza sulla guancia di Sarada, sperando nel meglio. "La lascio a te."
Aki annuì, chiudendo la porta dopo che il rosso si fu allontanato. Si sfilò velocemente le bende dal braccio, e poi guardò Sarada: "Ho bisogno che tu ti tolga quella sottospecie di vestito."
"Qipao" lo corresse Sarada, sorridendo appena. "Dovresti aggiornarti sulle nuove mode."
"Non sono in vena di ridere" borbottò lui, passandosi una mano tra i capelli.
La ragazza invece trovò quasi divertente la preoccupazione di Aki, anche se quel poco di allegria le passò non appena provò a sfilarsi il qipao, soprattutto perché non sapeva di essere ferita anche lì sotto. Aki voleva aiutarla, ma non voleva risultare troppo azzardato e si limitò a sfilare l'indumento non appena la kunoichi l'aveva portato alle braccia. Certo, Sarada aveva una fascia a coprirla dal petto fino a metà pancia, ma per il ragazzo era una situazione del tutto nuova. Non doveva far altro che medicarla, ovvio, ma le sue guance non poterono fare a meno di diventare di un rosso acceso. Inutile dire che ringraziarono entrambi il fatto che fosse semi buio.
"Non è possibile" Aki ruppe il ghiaccio, sperando di far sbollire quella situazione imbarazzante. "Vi lascio soli per qualche ora e tu te ne vai a combattere con qualcuno e Daichi arriva lì come una capretta felice sui monti e mi dice che ti ha persa. Okay? Che-ti-ha-persa. Dico, come cazzo si fa a perdere una persona? In genere non è che la metti via e poi non ti ricordi dov'è, no?"
"In genere no" mormorò Sarada, guadando le mani di Aki che si appoggiavano sulle sue gambe producendo la luce verde che aveva visto una settimana prima. "Tu piuttosto dov'eri?"
"In giro, dopo ti farò vedere. Ero andato a prendere una cosa per farvi una sorpresa, ma alla fine me l'avete fatta voi. Begli amici." Aki scosse la testa, apostando le mani sulla pancia di Sarada. "Raccontami com'è andata. Come ha fatto a trovarti?"
"E per te lo so?" chiese lei retoricamente. "Non lo so. So solo che era con Fuyuko prima che mi gettasse addosso una raffica di vento che non finiva più. Ero quasi morta, credo."
"E come hai fatto a scappare? Si è distratto?"
"Qui viene il bello" Sarada trattenne il fiato, sentendo le mani di Aki posarsi sul petto. Non sapeva se il fiato si era esaurito per il contatto o per il dolore. "Ho usato lo Sharingan. Non so come, non so perché, ma mi ha salvato la vita. Ho intrappolato Ryoichi in un'illusione e sono riuscita a metterlo fuori gioco. Poi mi sono nascosta."
Aki spostò le mani sulla spalla destra: "E' slogata, domani non ci alleniamo. E comunque sei stata brava."
"Brava?" domandò Sarada, alzando appena la voce. "Spalla slogata e ho più sangue che altro sulla pelle. Non sono stata capace nemmeno di respingere il primo attacco."
Aki si fermò per un istante, e la guardò negli occhi: "Ma cosa stai dicendo?"
"Dico che non sono stata per niente brava. Potevo farmi uccidere. Mi dispiace, Aki."
"Sei una stupida. Per cosa ti stai scusando?"
Sarada riuscì finalmente a guardare il ragazzo negli occhi: "Perché ti ho deluso."
Aki fece un sorriso che colpì dritto il cuore di Sarada: "Tu non hai deluso proprio nessuno. E' da una settimana che ti alleni, non un anno, e in più eri da sola. Cosa ti aspettavi, di vincere contro Ryoichi? Sei stata fin troppo brava a sopravvivere, Sarada. E non potrei essere più felice di vederti qui, adesso. Non pensare nemmeno una volta di deludermi, io sono cui per essere al tuo fianco, non davanti a te."
Fu allora che la ninja, incurante del dolore, si spinse verso l'alto e si aggrappò alle spalle di Aki, stringendolo in un abbraccio. In un primo momento il ragazzo non seppe cosa fare, ma poi si rese conto che quello era il primo abbraccio che riceveva spontaneamente da Sarada, e di certo non poteva sprecarlo. La strinse quindi a sua volta, stando attenta a non farle male nei punti in cui sentiva che la pelle era lacerata. Gli era mancata e per lei si era preoccupato non poco, averla tra le sue braccia lo faceva sentire veramente sollevato. A Sarada quelle braccia sembravano già casa, avrebbe voluto sentire quella sensazione tutti i giorni. Le piaceva Aki, le piaceva terribilmente come persona. Trovava in lui qualsiasi cosa: un fratello, un amico. Era un po' come era con Shikadai, pensava lei, ma c'era qualcosa di indefinito che non poteva essere un termine di paragone tra di loro.
"Veramente, ninja della Foglia" mormorò Aki, staccandosi da lei e aiutandola a ristendersi. "Non dire più una cosa simile."
Sarada annuì, sorridendo, e lasciò che Aki finì di medicare le ultime parti del suo corpo rimaste. Non parlarono più molto, lui le indicò i punti più fragili e le proibì l'allenamento per due o tre giorni. Sarada invece provò a convincerlo a ridurre il risposo ad un giorno, ma lui non ne volle sapere, programmando quindi l'inizio degli allenamenti per tre giorni dopo a partire da quello dopo. Alla fine i due si salutarono, e Aki obbligò Sarada a dormire almeno fino alla mattina dopo, col puntuale disappunto dell ragazza di conseguenza.

Aki si allontanò lentamente dalla camera di Sarada, voleva prima assicurarsi che lei si mettesse a letto. Si passò una mano tra i capelli, sospirando pesantemente. Non l'aveva detto a lei, ma oltre a medicarla le aveva passato circa metà del suo chakra, e in quel momento si sentiva sfinito proprio per quello. Aveva bisogno di riposare, soprattutto dopo essere andato fino al Paese dell'Erba per prendere una torta per il suo team. Gli era dispiaciuto parecchio non poterla mangiare subito insieme a Sarada e Daichi, ma se le circostanze erano quelle, lui non aveva potuto farci nulla. Si sentiva così strano a parlare di un trio, mentre per sedici anni era stato solo un duo. Lui era sicuro che Sarada non se ne rendesse conto, ma lei aveva fatto tanto per loro due.
Aki sorrise, e si trascinò in soggiorno, buttandosi sul divano. Era talmente stanco che non si era nemmeno accorto che seduto sulla poltrona c'era Daichi intento a leggere qualcosa su un libro, che alzò lo sguardo sorpreso di vedere così sfinito il suo amico.
"Come sta?" gli chiese, appoggiando il libro sul comodino davanti a loro.
Aki girò lentamente il viso verso di lui, aprendo appena gli occhi: "Non molto bene. Ma si riprenderà in poco tempo."
"E che ne hai fatto del tuo chakra?"
L'Hozuki sorrise tra sé e sé, pensando che ancora una volta Daichi aveva dimostrato di essere proprio il figlio di Karin. Sebbene lui odiasse questo fatto, non poteva di certo negare di aver ereditato tutte le abilità di sua madre.
"Ne ho trasferito un pochino a Sarada." Aki vide lo sguardo di Daichi farsi più severo in pochi secondi. Probabilmente stava per arrivare una delle sue solite ramanzine.
"Io capisco tutto, Aki, davvero, ma devi andarci piano" il rosso incrociò le braccia al petto sospirando. "Non ti potevi limitare a guarire le ferite?"
"Non aveva un briciolo di chakra" ribatté allora l'Hozuki, stizzito. "Dovevo lasciarla così?"
"Magari non privarti della metà del tuo chakra. Se ci attaccano, cosa fai tu? Dopo due colpi sei fuori gioco."
Aki si sedette meglio sul divano per poter sembrare più convincente: "Ho pur sempre la spada."
"Okay, Hozuki, ma resta di fatto che non puoi dare corpo e anima a questa ragazza."
Aki non capiva tutta quell'iprovvisa freddezza di Daichi, e sì che tra i due era sempre stato lui stesso quello indifferente. Non gli sembrava di star dando anima e corpo a Sarada, per lui era solo un'amica che aveva bisogno d'aiuto, non capiva proprio cosa l'Uzumaki volesse dire con quel discorso.
"Non capisco il punto" borbottò allora Aki, alzando le braccia all'aria. "Siamo un team, no? Se tu l'avresti lasciata lì mezza morta okay, ben venga, a io non sono fatto così. E lo sai anche piuttosto bene."
"Lo so, Aki, e non sto dicendo che tu abbia sbagliato. Ti voglio solo dire di non attaccarti troppo a lei, perché ricordati che lei non appartiene alla nostra vita: lei ha un villaggio, degli amici e una famiglia che la stanno aspettando. Magari la stanno pure cercando, e se ci hanno trovato i tre suoi coetanei come non potrebbero farlo dei ninja esperti come suo padre, o il Settimo Hokage? E a quel punto tu cosa farai? Andrei da lei e la pregherai di restare con noi perché le abbiamo insegnato...che cosa, poi? Cosa le abbiamo insegnato che lei non sapesse già?"
Aki rimase in silenzio, fissando il rosso seduto di fronte a lui mentre gesticolava animatamente e parlava con un tono fin troppo sostenuto. Si sentiva male, non credeva che proprio Daichi potesse pensarla così. Ma non riusciva nemmeno a rispondere: stava aspettando che lui dicesse almeno una cosa sbagliata.
Daichi prese un respiro, e poi ricominciò a parlare: "Quella che lei sta vivendo adesso è solo una fase di passaggio, ma finirà più in fretta del previsto. Partiremo e andremo in giro senza meta, ma hai potuto notare da te che non ha bisogno di conoscere lo Sharingan, perché fa già parte di lei. Al massimo qualcuno le potrà raccontare di suo zio o dei suoi parenti, ma cos'altro? So che magari a te non va bene, ma ci sono altre persone che le vogliono bene e che farebbero di tutto per tenerla con loro. E non credere che a me non dispiaccia, ma ti sto solo avvisando per ciò che potrebbe succedere da qui a due giorni. Tu dovrai lasciarla andare e tornare a vivere come prima, perché niente è più come prima da quando c'è lei. Ed è meraviglioso, perché lei ha cambiato tante cose. Ma dimmi, sarai capace di tornare a vivere come facevamo una settimana fa?"
Aki sospirò, stendendosi nuovamente sul divano: "Non avrei alcun genere di problema." mormorò solamente, portandosi poi il braccio a coprirgli gli occhi e la fronte. "Non farti venire tutte queste paranoie, Daichi. Mi metti ansia."
Daichi annuì, sbuffando, capendo al volo di aver toccato il nervo scoperto di Aki. Infatti quest'ultimo non riuscì a starsene steso sul divano come se niente fosse, tanto ormai quel pensiero lo stava già divorando. Era inutile propvare a non pensarci, Aki sapeva bene che Daichi aveva ragione. Anche se avesse provato a combattere per la sua causa, il rosso l'avrebbe sempre avuta vinta.
Si alzò dal divano, lanciando uno sguardo alla torta che aveva lasciato prima sul tavolo. Se non avesse speso i suoi soldi per quella torta, probabilmente l'avrebbe gettata a terra per tutta la rabbia che gli scorreva nelle vene. Ricordava bene l'ultima volta che si era arrabbiato così tanto, ma non era stato a causa di Daichi. Era successo tre o quattro mesi prima, quando suo papà era rientrato e aveva cominciato a criticare il suo modo di allenarsi. Fin lì Aki era riuscito a trattenersi, ma quando Suigetsu aveva cominciato a polemizzare anche sulla sua abilità di spadaccino, allora non c'aveva più visto e aveva sfoderato la Tagliateste, puntandola alla gola di suo padre, fregandosene del fatto che lui avesse molta più esperienza. Erano soli, Daichi e Karin stavano parlando nella stanza accanto. Suo padre sorrise, prendendolo in giro, e lo invitò a sfidarlo all'esterno. La rabbia di Aki era tale però che se si fosse battuto avrebbe potuto veramente uccidere Suigetsu, e non era esattamente ciò che voleva. Così si era limitato a dirgli di essere una persona futile alla sua vita, di non potersi considerare suo padre, di avere sbagliato a nascere e di essere un coglione con i controfiocchi. Suigetsu era rimasto sbalordito da tutta la frustrazione che Aki aveva nel tono della voce, ma anche se avrebbe dovuto rispondergli, rimase zitto e guardò suo figlio uscire, chiedendosi che fine avesse fatto il bambino di pochissimi anni prima.
Se lo chiedeva anche Aki, in effetti, ricordava bene quando era lui stesso a cercare suo padre, a non vedere l'ora per il suo rientro, a sperare di passare tanto tempo insieme. In quel momento, steso sotto le stelle cercando di smaltire quel nodo allo stomaco appena creato, si concesse il lusso di entrare per un attimo nei ricordi di sua madre. Rivide tutto dagli occhi della donna, e di fronte a lei c'era Suigetsu, che sorrideva a dir poco come un idiota. Suo padre aveva gli occhi lucidi quando sussurrò: "Non ci credo."
E Aki sentì la sensazione della guancia bagnata da una lacrima mentre la voce di sua mamma ripeteva ancora una volta di essere incinta. I ricordi non erano nitidi, c'era una luce soffusa a rendere difficile la loro visione, ma Aki ormai si era abituato. Aveva un ricordo che preferiva, ma che non guardava mai. L'aveva visto pochissime volte, solo due o tre, ma era l'unico ricordo di cui non aveva parlato a Daichi. Era come un suo segreto, lo custodiva più gelosamente di qualsiasi altra cosa. Prese un respiro, e lo cercò in mezzo a quei nove mesi di memorie. Quando lo trovò, portò le mani sugli occhi e sorrise, osservando attentamente Suigetsu avvicinarsi alla pancia di sua madre, sorridere e poi mormorare: "Ehi, Aki, mi senti? E' il tuo papà...io e tua madre ti stiamo aspettando con tanto amore. Muoviti perché non ce la facciamo più."
Aki amava quel ricordo, lo amava come se in quel quadro fosse rinchiusa la famiglia che avrebbe desiderato. Ovviamente poi c'era il ricordo che più odiava, che era quello che aveva visto più volte di tutti gli altri. Era breve, solo un frammento di secondo prima che la memoria svanisse in un nero e che lui tornasse alla realtà. Sentiva dentro il suo petto il cuore di sua mamma battere sempre più lentamente, e mentre la visuale si stringeva sempre di più, il viso di Suigetsu arrivava davanti al suo, le baciava la fronte e mentre una lacrima rigava la guancia lui prometteva di prendersi cura di loro figlio.
Aki non capiva come suo padre poteva trattarlo così se prima lo amava così tanto, sembrava che la persona nei ricordi di sua madre non fosse in realtà il vero Suigetsu, ma appurato che questo fosse impossibile, ad Aki non restava che capire cos'era successo. Nonostante tutte le volte che Daichi gli aveva detto di parlargli, Aki non ne aveva mai avuto il coraggio. Si sentiva già umiliato abbastanza ad avere un padre che lo odiava, non aveva di certo bisogno di sapere anche il motivo. L'unica cosa che gli dava particolarmente fastidio era il fatto di essere uguale a lui. Certo, non poteva dire di essere uguale a sua madre perché non l'aveva nemmeno mai vista, ma del resto Suigetsu non ne aveva mai voluto parlare.
Prese un respiro, ma quando stava per alzarsi sentì le scale aprirsi e qualcuno avvicinarsi a lui. Non aveva di certo voglia di parlare ancora con Daichi, così chiuse gli occhi e mormorò: "Non ho intenzione di parlare di quell'argomento, Daichi, se sei venuto per quello."
"Allora non parlaremo di quello."
Aki spalancò gli occhi e si girò di scatto, trovando Sarada seduta di fianco a lui. Non portava nemmeno gli occhiali, ed erano poche le volte che si faceva vedere senza di quelli. Aveva un sorriso dipinto sul viso, e un'espressione alquanto indecifrabile.
"Cosa ci fai sveglia?" le chiese Aki tenendo la voce bassa per qualche strano motivo.
"Daichi non parlava a voce abbastanza bassa" ridacchiò lei, e il ragazzo non poté fare che annuire.
"Mi dispiace che tu abbia sentito. Sai, Daichi è sempre stato protettivo verso di me, non ha detto quelle cose per cattiveria. Le ha dette per me."
Sarada sospirò, appoggiando la testa sull'erba: "Ho cambiato veramente così tante cose?"
"Lui la pensa così. Per me è tutto come prima...solo che ci sei tu."
I due si guardarono negli occhi per un istante, per poi tornare a fissare il cielo sopra di loro. Rimasero in silenzio per un po', e alla fine fu Sarada a parlare, abbassando ancora di più il tono della voce.
"Mi dispiace di avervi fatto litigare. Pensavo che Daichi fosse contento come te di avere un membro in più nella squadra."
Aki ridacchiò appena, girandosi sul fianco verso Sarada: "Lui è contento, non è che tu non gli piaccia. E' solo che si preoccupa per me. L'ha sempre fatto."
"Forse lo fa per qualche motivo. Non è che sei tu a preoccuparti troppo poco?"
"Non nascondo che potrebbe essere così" il ragazzo sorrise, giocherellando con l'erba tra le dita.
"Daichi però non capisce una cosa, o forse semplicemente non ci vuole credere."
Aki guardò Sarada negli occhi, incuriosito. Lei sospirò per un attimo, e poi si stese sul fianco, rivolta verso il ragazzo: "Lui forse non crede che io possa considerare voi due come miei compagni di squadra. Per lui voi due ai miei occhi siete dei rimpiazzi, qualcosa di passaggio: ma non è così. Io voglio bene ad entrambi, e non ci penso nemmeno di tornare al mio villaggio alla prima occasione che capita. E' vero, là ho una famiglia e degli amici, ma ho tutto questo anche qui. In fondo, cosa mi hanno dato i miei genitori per aiutarmi sul fronte dell'essere un ninja? Io non vi lascio, Aki, non ora. E nemmeno tra molto tempo."
Aki sorrise, portando la mano dietro la nuca di Sarada per avvicinare i loro visi.
"Ti ringrazio" sussurrò, facendo toccare le loro fronti.
Sarada sorrise a sua volta e chiuse gli occhi contemporaneamente ad Aki, addormentandosi poco tempo dopo.


Boruto, Shikadai e Inojin avevano diminuito la velocità e ora stavano camminando per il Paese in cui erano appena sbarcati insieme a Tatsuya. Quest'ultimo non aveva ancora ricevuto notizie dai suoi compagni di team, ovvero Ryoichi e Fuyuko, perciò continuava ad accompagnare i tre ninja della Foglia in attesa di nuove direttive. Il Paese Rotta di Collo non era di certo un posto soleggiato e allegro, tutt'altro, ma i quattro ninja non ci facevano più di tanto caso.
Shikadai era più preoccupato per Inojin che altro, come suo migliore amico capiva perfettamente che qualcosa non stava andando per il verso giusto, e non era solo la preoccupazione con cui tutti e tre facevano i conti da quando erano andati via dal loro villaggio. Lo vedeva giù di tono, il biondo era completamente muto e non faceva parola con nessuno se non per necessità. Ma non era tristezza, Shikadai l'aveva capito, c'era qualcosa di più sotto quel muso lungo. Sembrava come se Inojin stesse pensando costantemente a qualcosa che gli impediva di essere allegro ed agire così lucidamente. Ed era strano, alla loro partenza lui era più motivato che mai, pur sapendo che non sarebbe stato facile. Non restava che provare a parlargli e cercare di capire cosa gli stesse prendendo.
Così Shikadai alzò entrambe le braccia all'aria e dichiarò: "Io propongo di dividerci e di incontrarci qui tra un'ora esatta. Viaggiando in quattro non serve a nulla, almeno così avremo un compagno a testa e andremo più veloci."
Tatsuya annuì: "Okay, per me non c'è problema. Buona idea."
"Nara-passione-stratega" sorrise Boruto, alzando il pollice. "Ci sto."
Inojin si limitò ad annuire, e Shikadai prese di nuovo parola: "Io e Inojin, Boruto e Tatsuya. A dopo." e così dicendo posò una mano sulla spalla del biondino e lo trascinò con sé, anche se per poco non finì a terra per una svista dovuta al buio delle undici di sera. Boruto sghignazzò, salutando poi i suoi compagni per dirigersi verso ovest.
Inojin seguiva lentamente Shikadai, fissando i passi che muoveva sul terreno sabbioso, mentre avvertiva chiaramente la tensione che si stava creando tra lui e il suo migliore amico. Naturalmente, sapeva bene anche che la colpa era sua.
"Okay, spara" dopo pochi minuti Inojin si decise a parlare. "Non hai mai voluto che il gruppo si separasse durante le missioni. Quindi, cosa vuoi dirmi?"
Shikadai si girò verso di lui, alzando le sopracciglia: "Staresti facendo il sostenuto con me?"
"Mi sa di no" rispose il biondo, facendo spallucce. "Sei nervoso, per caso?"
Shikadai scoppiò a ridere, dovendo tenersi la pancia con le braccia. Era davvero esilarante per lui vedere il suo migliore amico fare il cretino in quel modo, mentre cercava di far passare tutta la sua disperazione per semplice strafottenza.
"Per favore, dimmi che mi stai prendendo in giro" il Nara si portò le mani tra i capelli. "Che n'è stato di Inojin Yamanaka?"
Inojin alzò un sopracciglio, stranito: "Ma cosa stai dicendo?"
"Sto dicendo che fare il depresso e poi mascherare tutto col cinismo con me non funziona."
Il biondo si sentì colpito e affondato appena dopo che Shikadai ebbe pronunciato l'ultima parola. Non gli rimase che sbuffare sonoramente e fare una smorfia, portando le mani dietro la testa: "Cosa vuoi che ti dica?"
"Devi dirmi perché ti stai comportando da stronzo asociale, ecco cosa."
Inojin fece un sorrisetto, stringendosi nelle spalle: "Penso a Sarada. Ti può bastare?"
Shikadai scosse la testa, incrociando le braccia al petto: "Ti comporti come se a me o a Boruto non importasse nulla. Cosa credi, che per noi sia un viaggio di piacere? Che ci stiamo divertendo a stare distanti dalle nostre famiglie? Credi che io vada in giro tutto allegro e spensierato sapendo che la mia migliore amica è in giro chissà dove? Credi che Boruto sia contento che la sua compagna di team sia sparita chissà dove?"
Il biondino tirò su col naso, scostandosi il ciuffo biondo dagli occhi. Non sapeva nemmeno lui se essere infastidito o stupito dal discorso di Shikadai. Anche se probabilmente avrebbe solamente dovuto rifletterci su.
"Mi sto solo chiedendo perché sono qui" sospirò improvvisamente Inojin dopo qualche istante di silenzio, riprendendo a camminare.
Shikadai lo seguì: "Perché? Non è ovvio il motivo?"
"Non per me" il biondo sospirò. "Insomma, mi chiedo se sono qui per evitare di sentirmi in colpa o perché ci tengo davvero. Puoi ben capire che sono due cause un bel po' diverse."
"Abbastanza, sì" Shikadai annuì, pensieroso. "Ma sono sicuro che rimuginarci costantemente non aiuterà la situazione, Inojin."
"Niente l'aiuterà" il biondo ridacchiò nervosamente, scuotendo la testa. "Ma grazie per l'interessamento. Se ne avrò bisogno, ti parlerò."
Shikadai annuì, sconfortato, pensando che se Inojin non voleva parlare con lui allora la situazione era decisamente più grave del previsto.


"Shikamaru?"
"Ti ricevo, Temari."
Il contatto radio era appena partito quando le prima luci dell'alba iniziarono a farsi vedere. Shikamaru osservava attentamente il cielo rosa che si apriva sopra il Villaggio della Pioggia in uno dei pochi giorni soleggiati.
"A che punto siete? Trovato qualcosa?"
"No" Shikamaru era stanco di quella domanda, e soprattutto era stanco di dover dare sempre la stessa risposta. "Nessuna novità."
Temari scosse la testa sconfortata e Naruto annuì, sospirando pesantemente. Aspettava solo il consenso di Sasuke per chiedere aiuto a tutti gli altri Kage.
"Okay, il Settimo è informato" rispose la ninja di Suna, uscendo dall'ufficio di Naruto. "Tu come stai?"
Shikamaru aspettò di essersi allontanato dalla tenda dove dormiva Ino per rispondere alla domanda di Temari: "Sto bene, sono solo un po' stanco. Tu? Come vanno le cose al Villaggio?"
"Vanno bene, sono solo preoccupata per Shikadai. So che sa badare a se stesso, ma non è mai stato via da casa per così tanto tempo."
"Siamo tutti preoccupati" sospirò Shikamaru. "Ino è ogni giorno più triste. Ha perso tutta la vitalità che aveva una settimana fa."
"La posso capire" Temari fece una risatina per cercare di sdrammatizzare tutta quella tensione. "Mi raccomando, non farti male."
Shikamaru accennò ad un sorriso: "Stai tranquilla. Tu fa' il tuo lavoro e non interferire col mio."
"Che gentile. Allora ti saluto, mister-faccio-tutto-da-solo."
"Sei una seccatura" il Nara brontolò ridacchiando, scuotendo la testa. "A presto, Temari."
"A presto."
E il contatto venne interrotto.


Daichi salì le scale che portavano all'esterno in fretta, preoccupato nel non vedere nessuno dei suoi compagni nei paraggi. Non poté fare a meno di sorridere nel vederli tranquillamente dormire sebbene fossero le sei passate ed era dalle undici della sera precedente che si trovavano lì. Erano carini, si ritrovò a pensare il rosso. Si sentiva in colpa per le cose che aveva detto ad Aki la sera prima, forse avrebbe dovuto ricordarsi che il suo amico era decisamente più spensierato da quando Sarada era con loro, e invece aveva solo pensato a dire qualsiasi cosa gli passasse per la testa. Si sentiva un peso sullo stomaco, ma per fortuna era alleggerito da quei due davanti ai suoi occhi che dormivano beati e tranquilli. Era strana la sua opinione su Sarada, lui sapeva che era un pericolo per Aki ma sapeva anche che era l'unica cosa che rendeva il ragazzo più allegro durante il giorno.
Daichi ricordava bene quando vedeva lo sguardo del suo migliore amico perdersi nel vuoto sommerso dai ricordi e dalle colpe che si addossava, ma da quando c'era Sarada quel fenomeno non era più accaduto. Era felice per lui allo stesso modo in cui temeva il peggio. Probabilmente l'abbandono di Sarada sarebbe stato un ulteriore brutto ricordo da aggiungere alla collezione, ed Aki non ne aveva di certo bisogno.
Però Daichi sorrise in quel momento, vedendo come il braccio del suo migliore amico si spostava con delicatezza anche nel sonno cercando di non colpire Sarada.
Così stava per rientrare in casa, aveva già appoggiato il palmo della mano al suolo, quando però vide qualcuno avvicinarsi.
Lo riconobbe subito, anche se erano passati quasi due anni dall'ultima volta che lui e Aki lo avevano visto. Così sorrise, si alzò da terra e agitò la mano in segno di saluto.
Finalmente era arrivato il quarto membro del loro team.

  
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