Questa cosa delle anime gemelle lui non l'aveva mai capita, comunque. Sin da bambino, quando si sorprendeva a toccarsi l'addome sovrappensiero, nel punto in cui il pallore della sua pelle era interrotto dal tatuaggio di uno stetoscopio che circondava una pistola, Sherlock si era sempre chiesto perché ci dovesse essere qualcuno che aveva addosso un tatuaggio che indicava i tratti della sua personalità – o almeno, la personalità che sarebbe stata sua quando si fossero incontrati. E che tipo di persona poteva mai essere uno i cui tratti fondamentali erano una pistola e uno stetoscopio? Un dottore losco? Un criminale con la laurea in farmacologia? Non lo sapeva. E se c'era una cosa che odiava era non sapere. Ancora oggi era così.
A John, invece, sembrava non importare più di tanto essere all'oscuro dei fatti.
“Quando sarà il momento, ricorderò” diceva. Come se perdere gran parte della sua memoria non fosse un gran problema.
Era un problema emorme. Gigantesco. Importante quanto tutta la faccenda delle anime gemelle, perché gran parte dei ricordi andati di John erano quelli che riguardavano Sherlock. Quelli in cui John aveva capito che erano uno l'anima gemella dell'altro – ci aveva messo un po', al contrario di Sherlock che l'aveva saputo nel momento in cui lui aveva varcato la soglia del laboratorio con il suo bastone – e tutti i ricordi che avevano creato nel mentre.
Quando si era svegliato all'ospedale, dopo giorni di incoscienza, John l'aveva guardato con sollievo e contentezza, ma nulla di più. Nei suoi occhi non c'era stata quella scintilla compiaciuta che si era creata il giorno in cui aveva capito di aver finalmente trovato la sua anima gemella, non l'aveva guardato con gli occhi pieni di amore a cui Sherlock ormai si era abituato. Si ricordava di lui, ma non di loro.
E tutto per colpa di Moriarty e quella maledetta bomba che gli aveva piazzato addosso. Erano riusciti a scappare dalla piscina, ma a malapena. Sherlock si era rotto le costole e un braccio nell'atterraggio dovuto all'onda d'urto dell'esplosione. John si era schiantato contro il palazzo adiacente, la schiena in fiamme e la nuca sanguinante. Aveva riportato un trauma cranico, con conseguente perdita di memoria, e aveva metà schiena completamente bruciata. La metà sinistra. Dove una volta, all'altezza della spalla, c'era stato il tatuaggio di una provetta con una lente d'ingrandimento.
Avere la certezza che tutta quella storia delle anime gemelle fosse vera, aveva fatto credere a Sherlock in parecchie cose. Come al destino. E al fatto che fosse destinato a non poter avere John.
Erano mesi che cercava di farlo ricordare. Spargeva provette e lenti d'ingrandimento in giro per la casa per fargliele trovare, mormorava sottovoce le canzoni che avevano ascoltato insieme, si sedeva ai piedi del letto di John – che ora dormiva di nuovo nella sua vecchia camera – e gli parlava dei casi da risolvere, come facevano una volta.
C'erano stati momenti in cui aveva creduto di vedere di nuovo quella scintilla negli occhi di John, ma aveva sempre avuto troppa paura di insistere.
Ora erano seduti nel salotto. John era davanti al computer e non lo degnava di una parola da ore. Sherlock si accorse di stare accarezzando la stoffa della camicia che indossava, all'altezza dello stomaco, appena sotto i polmoni, dove i tratti di John erano tatuati dal giorno della sua nascita.
Si rese conto di non sentire più il rumore dei tasti del computer e si voltò a guardarlo, fermando la mano sul torace e tirandosi su a sedere sul divano.
John lo stava guardando come se gli avesse appena detto di aver avvelenato la regina. Come l'aveva guardato la volta in cui aveva capito.
Sherlock si alzò così velocemente che dopo ebbe bisogno di un attimo per recuperare l'equilibrio.
“Avevo un blog.” La voce di John era così bassa e rotta che era una fatica sentirlo.
“Sì” confermò. “Scrivevi dei nostri casi e di come li risolviamo. L'hai ritrovato?”
John annuì rigido. “Scrivevo molto più di questo.”
Sherlock gli si avvicinò con le gambe tremanti. “Cosa scrivevi?”
“Non ho pubblicato nulla” si affrettò a dire John. “Sono post privati. Sono i fatti come sono realmente accaduti, i resoconti delle nostre giornate. Senza tagli né censure.”
“John” soffiò Sherlock.
“Non ricordo ancora tutto” disse. Si portò una mano alla spalla sinistra. “È tutto scritto qui, però. Posso ricordare.”
“Cosa scrivevi, John?” domandò di nuovo Sherlock.
“Di te. Di me e di te. Del modo in cui mi dicevi 'Buongiorno, Dottore' ogni mattina.”
Sherlock gli allacciò le braccia al collo e nascose il volto nella sua spalla.
John si tirò indietro per guardarlo in viso, abbassò lo sguardo sulle sue labbra e poi sul suo petto. Gli posò una mano sullo stomaco. “Non ricordo qual è il tuo tatuaggio” sussurrò.
“Una pistola e uno stetoscopio.”
John continuò a fissare il suo petto in silenzio.
“Qual è il tuo, Dottore?”
“Una provetta e una lente d'ingrandimento.”
Questa cosa delle anime gemelle lui non l'aveva mai capita, prima di John.

Dovrei stare scrivendo, ma non lo stavo facendo comunque e ho pensato di pubblicare i miseri fill dell'event prima che marciscano nel pc.
Spero vi sia piaciuta, nonostante i lievi cambiamenti rispetto alla serie.

Red