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Autore: LeAmantiDiBillKaulitz    05/01/2017    0 recensioni
Prendete Chelsea e Alexandria, due migliori amiche particolarmente male assortite: una, rumorosa, casinista, molto oca e morbosamente ossessionata dal cinema, l'altra acida, nervosa, arrabbiata e decisamente pronta a picchiare tutti. Poi aggiungete Bill, antipatico, isterico, viziato ma terribilmente sexy. Mescolate con un'intervista ai Tokio Hotel per il giornalino universitario, con un Tom molto scemo, un Georg molto martire e un Gustav molto affamato. Il piatto è pronto: tra gaffes, incomprensioni, tacchi alti, litigi e romanticismo-fai-da-te, riusciranno le due ragazze a conquistare l'algido cuore del cantante?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
Capitoli:
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Ma io mi chiedo, cosa di tanto malaugurato ho fatto per meritarmi una … persona del genere. Cosa le metteva sua madre nel latte, la mattina, cianuro allungato?! Grappa concentrata?!
Anche io, però, ho fatto del mio meglio. Fra tutte le persone in questa terra, proprio dritta fra le grinfie di una pseudo-irlandese svitata dovevo andarmi a buttare. Non so quale fosse stata la forza sovrannaturale che ci ha calamitate, ma se trovo l'angioletto che ha avuto la grande idea di prevedermi per sempre incollata alla suddetta persona, giuro che gli stacco tutte le penne, ci faccio una sciarpa e poi lo faccio imbottito per il pranzo di Natale. E lo do al gatto.
Comunque, in ogni caso non posso farci niente. Siamo state invitate a casa dei Calamità Twins, quindi … facciamo buon viso a cattivo gioco, si direbbe. Spero non significhi che devo sorridere, perché posso affermare da esperienze passate che non sarebbe una grande idea. Ne abbiamo già parlato, no? …
-Dai, non fare quella faccia!- strilla Chelsea. È più o meno da un'ora che continua ad elencare tutte le belle cose che si possono fare ai pigiama party; a parte il fatto che questo più che un pigiama party mi sembra una riunione di streghe progettata all'ultimo momento per un attacco ai resti dei miei tessuti nervosi; nessuna di noi due ci ha mai messo piede ad un pigiama party. Ovvio, escludendo le nottate sul tappeto della zia Mariah, obesissima parente di Chess, che non faceva altro che alzarsi ogni due ore per vedere se stavamo dormendo e avrebbe dovuto metterci sopra un paio di coperte. Ma del resto credo che nemmeno la più coraggiosa e caritatevole delle figlie di pastori di chiesa avrebbe avuto il coraggio di invitare a casa sua due persone del nostro genere. Nemmeno io l'avrei fatto, se fossi stata la figlia del suddetto pastore.
-Sto cercando di mantenere un'espressione neutra. Non rendere tutto più difficile di quanto non sia.
-Dai, sono sicura che ci divertiremo un casino. Conosco un sacco di giochi divertenti … - e a questo punto inizia a tamburellare i polpastrelli, con la pura perfidia dipinta in volto. Il punto in cui bisogna iniziare a temere per la propria incolumità. -E poi, non è detto che riusciamo a ritagliarci un attimo di intimità con Bill. Eh?
-Ti prego, dì tutto quello che vuoi ma non guardarmi in quel modo aspettandoti che mi metta a ridere sadicamente con te. Perché sai bene che non lo farò.
-Eddai, sciogliti un attimo! Non posso portare a casa del mio futuro marito un baccalà congelato sul piede di guerra aspettandomi che se ne innamori. Ci arrivi fin qui?
-Ci arrivo, non preoccuparti, ci arrivo. Ti sto solo chiedendo di non mettermi in imbarazzo. Ce la fai?- soffio fra i denti.
-E va bene, allora andremo con calma … -sto per ascoltare la sua versione di 'calma', quando il vichingo arriva piombando alle nostre spalle.
-Dove pensate di andare?
-Beh, andiamo a prendere il Motorino, così vi seguiamo a casa vostra … - per la cronaca, Il Motorino è una Vespa color verde mela sbiadito, regalo dei miei lontani quindici anni, che ho gentilmente messo a disposizione della coppia di poveracce appiedate che siamo. Se ve lo state chiedendo, no, non mi fido ad andare in giro con Chelsea dietro in mezzo alle strade di Magdeburgo, soprattutto perché ha la splendida capacità di agitarsi come un uccello in gabbia, e almeno una volta su tre rischiamo un frontale con qualche riccone inamidato fuori dal parcheggio dell'università, defilandoci giusto un attimo prima di venire fermate da un vigile incazzato. E se vi state chiedendo anche questo, sì, questa sera siamo venute al ristorante con Il Motorino. Sì, una pseudo prostituta irlandese e una negromante scampata ai roghi del Settecento che girano per strada su un coso verde mela alle otto di sera. Questo è lo spettacolo a cui hanno assistito i magdeburghesi per strada questa notte.
-Ma che motorino e motorino. Vi accompagniamo noi in macchina!- esclama entusiasta. Credo che la smorfia d'orrore che si dipinge sul mio volto sia la stessa che si spalma sul faccino perfetto del vocalist, che ci fissa dal finestrino dell'Audi, lunga, nera e perfettamente lucidata che a quanto pare sarà il nostro mezzo di trasporto stasera.
-E … i G&G?- domanda Chelsea. -Resteranno a piedi!
-E la mia Vespa? Anche lei rimarrà abbandonata- faccio io. Sarà anche un catorcio datato e indegno di girare per strada, però cavolo non voglio che qualche barbone nullatenente me la freghi.
-Staremo tutti quanti nell'Audi di Bill- dice tranquillo Tom, mentre l'espressione di terrore sul volto del vocalist si intensifica sempre di più. -Tanto Georg guida, io mi tengo mio fratello sulle ginocchia sul sedile del passeggero, e voi tre ci state dietro; insomma, Gus sarà pure grasso, ma si compensa con Alexandria che è praticamente inconsistente- spiega, mentre alle parole 'Georg guida' e 'tengo mio fratello sulle ginocchia' la maschera di orrore in faccia a Bill si trasforma in una buona imitazione dell'urlo di Munch. Aspetta, adesso non lo vedo più. Deve essere svenuto.
-Beh, è un ragionamento sensato!- acconsente Chess. Ma dove lo ha preso il buonsenso, questa ragazza, fra le occasioni della Coop?
-Ma la mia Ves …
-E il vostro motorino può stare nel bagagliaio, tanto c'è spazio.
- … ah.- beh, almeno sapere che il caro catorcio non verrà abbandonato alle grinfie della notte tedesca mi rassicura un minimo. Anche se non sono sicura che il bagagliaio ristretto dell'Audi possa contenerlo.
-Quindi, miei prodi … a bordo!- esclama il chitarrista, agitando un pugno nell'aria. Giuro che se avesse uno scudo rotondo e un elmetto con le corna sarebbe un vichingo schifosamente perfetto, cavolo, parla una che passava i pomeriggi davanti ad Asterix ed Obelix.
Senza ulteriori indugi, ci stipiamo nell'auto, come prestabilito: Georg al volante, i gemelli davanti -e sì, avevo ragione, Bill deve essere svenuto. È strano che non faccia resistenza ai quattro bigotti che si sono infilati nella sua meravigliosa macchina senza nemmeno chiedere permesso-, Gustav e noi due dietro. E odio dovergli dare ragione, ma fra la ciccionaggine del batterista e la mia inconsistenza ci stiamo perfettamente, manco fossimo fatti con lo stampo.
Quindi, rapporto della situazione attuale: sono spalmata fra la portiera spolverata e lucidata dell'Audi del cantante più famoso del momento e più gay di tutti i tempi e il davanzale lentigginoso e brillantinoso della mia coinquilina rasta, e sono diretta ad una nottata in compagnia della band del cantante citato in precendenza, composta da un uomo rigettato dal regno dei metallari, un hamburger in formato umano, un vichingo sudicio stupratore di chitarre e … beh, il gay. Piani d'azione? Nessuno. Non sapremo nemmeno se ne usciremo vivi. Unità Herder, passo e chiudo.
-Eccoci qua!
Le porte dell'auto si aprono, e lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è roba da restarci a bocca aperta. Insomma, mi aspettavo sì una bella casa; ma quella che si presenta ai nostri occhi è a dir poco una reggia. Avrà almeno tre piani, dipinta di bianco brillante, con tanto di balconate e terrazza, con le colonne di marmo, porta d'ingresso a doppio battente, prato da far invidia al campo da golf della Regina Elisabetta, e per finire fontana con tanto di angioletti seminudi in mezzo al viale di ghiaia candida.
Io e Chess non ci siamo ancora riscosse dalla nostra estasi stupefatta, quando sentiamo tre paia di braccia spingerci avanti, e in men che non si dica siamo dentro.
Ora: che è bella e grande fuori ci sta. Ma ora … ora ci troviamo praticamente nel salone da ballo della principessa Sissi, lo stesso che si vede in tutti quei film di trent'anni fa che tiene Chess sulla libreria, con il soffitto altissimo e un lampadario di cristallo che pende proiettando bagliori sui muri e sull'enorme scala a chiocciola che scende dai piani superiori.
-Vi piace? L'arredamento è di mia scelta- nonostante non si sia fatto sentire per tutto il viaggio, non ci giriamo nemmeno a guardare Bill mentre parla, e la cosa non sembra dargli fastidio visto che continua a blaterare su come fosse stata dura la scelta fra i vari tessuti per le tende. Cioè, per quello che mi riguarda le tende sono di un velluto rosso porpora e sembrano pesanti quanto costose, e fra poco spunterà Franz con le sue basette e la fascetta rossa da principe e ci inviterà a ballare.
-Ti sei ispirato al film della principessa Sissi, per caso?- ci pensa Chess a dare voce ai miei pensieri.  Bill risponde solo dopo un po', fingendo indifferenza. -Uhm … sì, beh, solo per l'ingresso. Nel resto della casa ho preferito mantenere uno stile più chic e moderno, più lineare.
-Ah.
Veniamo spinte oltre una porta di legno chiaro esattamente di fronte a noi, e allora eccoci ufficialmente entrate in quella che dev'essere Casa Kaulitz. Non lo dico per la chitarra appoggiata sul cuscino nero del divano in pelle bianca, giusto accanto ad una pila di calzini che non sembrano per nulla puliti; ma nemmeno per l'enorme ritratto in quello che sembrerebbe carboncino appeso sulla parete color tortora chiaro fra la lampada argento e la poltroncina nera. Pura intuizione.
-Sei tu quello vestito da ballerina sul muro? … -chiede Chess indicando il ritratto.
-Tesoro, sono proprio io. Acuta, la ragazza.
-E i calzini sul divano dove IO andrò a dormire sono di tuo fratello?- aggiungo io, indicando il divano che ho adocchiato. Eh no raga, mi avete voluto qua, adesso mi impossesso del divano.
-THOMAS KAULITZ, lurido bifolco disordinato; io ce la metto tutta per dare una buona accoglienza ai nostri ospiti e tu lasci la tua roba in giro?!! Te l'avevo detto che la prossima volta che avessi trovato i TUOI calzini sul MIO divano avrei sbattuto fuori di casa sia te che quella fannullona della cameriera, a cui pago uno stipendio mensile a quanto pare solo per venire disturbato di notte dai vostri urli da ricci in calore- sbraita il vocalist in direzione di suo fratello, che si fa piccolo piccolo e terrorizzato. -O SBAGLIO?
-No, Bill, non sbagli- sussurra flebile Tom, riparandosi dietro me e Chelsea, che nel frattempo siamo rimaste impalate a fissarci intorno.
Morticia fa un respiro profondo, chiudendo gli occhi e sollevando la testa. -Ma siccome ti voglio bene perché sei mio fratello, non manderò via né te né Dalia. Ma ho avvertito entrambi, ok?
-Ok- fa il chitarrista con un filo di voce. Quando Bill torna a guardarci è tornato il suo sorriso falso e melenso da brava signora di casa.
-Prego, da questa parte- ci invita, indicando una porta scorrevole che si apre sulla cucina. -Posso offrirvi una tisana alla malva? …- di fronte alla nostra chiara ignoranza da provincialotte che vanno avanti a birra al limone, prosegue: -È ottima per depurare l'organismo, rinfresca ed è calmante. Particolarmente consigliata alle signore durante i loro periodi.
-AH- facciamo in coro, giusto per fargli intendere che abbiamo capito.
-Se non vi va dovremmo avere anche qualcosa alla melissa. Ma la mia preferita in assoluto è zenzero e petali di rosa. O preferite un tè?- elenca, mentre gironzola per casa sui suoi trampoli, ticchettando sul marmo bianco e grigio.
-Ma gira per casa con gli stivali tutti i giorni?- sussurro a Tom.
-Ce l’hai la camomilla?- se ne esce come al solito Chess, in direzione di Bill.
-Purtroppo sì. Dovresti vedere quegli affari che osa chiamare pantofole- mi risponde il chitarrista.
-Ah. Posso immaginare- in effetti sì, mi immagino un bel –bel, si fa per dire- paio di decolleté tacco 15 in pelo rosa confetto.
-Certo che ce l'ho, tesoro. Che aroma preferisci?
Chess mi guarda, come se potessi suggerirle io il migliore aroma di camomilla.
-N … non lo so- balbetta, perplessa.
-Ci affidiamo al tuo gusto personale- esclamo io, tappandole la bocca e sorridendo.
Il vocalist ci fissa per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore. Cristo, se non dobbiamo tenerci a vicenda per evitare di saltargli addosso.
-Tom, fai accomodare queste due splendide ragazze … io arrivo- si lagna in direzione del fratello, e il modo languido in cui dice 'splendide ragazze' mi fa rizzare tutti i peli sulle braccia. Scambio uno sguardo terrorizzato con la mia coinquilina, per poi essere trascinata da un paio di braccia robuste fuori da quella cucina, bianca e pulita come una nuvoletta. Con un angioletto con le corna seduto sopra, proprio come nelle bustine di tè che l'arpia sta spargendo sul tavolo.
-Ma perché fino a qualche minuto fa ci voleva sbranare vive e adesso fa la brava signora di casa? … -domando a Georg, che sta facendo strada attraverso i corridoi infiniti di questa casa esageratamente enorme.
-Credo che dovreste preoccuparvi, deve avere qualcosa in serbo per voi- risponde amareggiato il bassista.
-Credi che ci metterà il pepe nel tè?- se ne esce Chess, con gli occhi spalancati e troppo viola.
-Come minimo ci metterà un po' di cianuro, Chelsea- sussurro io, guardandola 'Ringrazia Dio che non ti mollo uno scappellotto' la avviso in silenzio.
'Sto cercando di prevedere le sue mosse, rilassati!' mi risponde.
'Non mi rilasserò fino a che non saremo al sicuro, intere e in salute, sedute sul divano di casa nostra a mangiare gelato' la rimbecco.
'Questa è una bugia! Perché quando siamo sul divano e il gatto ci raggiunge, tu diventi una iena e cerchi di scalciarlo giù dal tuo gelato, e allora col cavolo che ti rilassi!'
-Scusate, cosa state facendo?
I nostri sguardi guizzano in direzione di Gus, che ci sta fissando perplesso con un panino gocciolante in mano.
-E tu da dove l'hai preso quello?- ringhio io, giusto per distogliere la sua attenzione dalle nostre comunicazioni oculari, che siamo perfettamente consapevoli sembrare davvero inquietanti.
-Mah, nel frigo.
-Ma quella era la mia merenda di mezzanotte!- urla Tom, accortosi del cibo che il biondino deve avergli rubato.
-E sta gocciolando sulla moquette candida di tuo fratello!- ci avvisa allarmato il metallaro, strattonando Winnie the Pooh che si lamenta con la bocca piena.
-Se solo una molecola si sugo macchia quella moquette, Gustav Schafer, giuro che passerai davvero una brutta nottata!- esclama Tom. -Ancora più brutta visto che dovevo mangiarlo io, quel panino.
-Possiamo proseguire, per favore?- fa spazientito Georg, indicando il corridoio che stavamo percorrendo.
Con un coro di 'oh, sì' e 'oh, certo', riusciamo a tornare a dove stavamo andando.
Dopo quelli che giurerei essere cinque minuti buoni a girare fra corridoi bianchi come la panna, riusciamo ad arrivare davanti ad una porta con un grosso cartello recante la scritta: 'CAMERA DI TOM'.
-… ma sul serio hai ancora la scritta appesa alla porta?- chiedo io.
-Che problema c'è?- esclamano in coro i due rasta. -Anche io ce l'ho ancora, a casa dei miei- lo difende Chess. In effetti, mi tocca darle ragione. E non ha solo una scritta gigantesca, fatta con il pennarello viola e i brillantini verde palude, appeso all'entrata di quella specie di soffitta che sarebbe la sua camera.
-Comunque, cosa siamo venuti a fare di preciso qua den … - comincio a dire io, ma vengo interrotta  dal rasta, che ci lancia addosso una decina di t-shirt slargate.
-Il bagno è subito a destra. Mettetevi quella che vi sta meglio, e vi prego risparmiate quelle degli Angry Birds.
Alzo un sopracciglio in direzione di Chess, che mi risponde con ovvietà:
-Non penserai mica di dormire con quel coso e tutte le catene addosso.
In effetti è un ragionamento piuttosto sensato. E uno di questi vestiti -perché sono praticamente vestiti, mi ci potrei sposare con una di queste magliette e avrei pure lo strascico da quanto sono lunghe- è sempre meglio di qualsiasi strana vestaglia possa provenire dall'armadio di Bill.
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- … e ti giuro, non mi sarei mai aspettata un finale del genere!
- … si sa che è un genio della suspense, d'altronde non ci si poteva immaginare qualcosa di troppo tradizionale, soprattutto nella scelta delle ambientazioni … - siamo seduti sui divanetti in pelle nera e lucida di un salottino a qualche rampa di scale dalla sala da ballo asburgica all'ingresso, e francamente non ho capito perché quello di sotto non andava bene, visto che c'erano dei divani pure lì.
“Perché quello è il salotto da giorno, e per il relax serale la mansarda è più adatta” ci ha ripetuto a pappagallo Tom, evidentemente qualche frase proveniente dalla maestria del feng shui di Bill, al che abbiamo preferito non commentare. In ogni caso, siamo qui da una buona mezz'ora, alla fine ci siamo fatte andare bene le magliettone di Tom -Chess ne ha presa una grigio scuro, con una simpatica Morte che cammina sui cadaveri e il nome di una band probabilmente death metal scritto in argento arzigogolato sul davanti; mentre io mi sono fatta andare bene una maglietta completamente nera che mi arriva alle ginocchia, con il logo di qualche videogioco spaziale sul davanti, anzi, questo grosso alieno mi inizia a stare simpatico-, Georg ha rubato un pigiama e Gustav pure, Tom no, lui è rimasto in jeans. E con 'è rimasto in jeans' intendo dire che è spaparanzato sul divano a petto nudo. Perché ho come la sensazione che quando arriverà suo fratello verrà spedito a mettersi una maglietta perché 'un gentiluomo non resta mezzo nudo di fronte a degli ospiti', o cose del genere? … a proposito di Bill. L'abbiamo lasciato che era in cucina a  scegliere aromi di camomilla -ergo: a preparare la pozione che ci trasformerà in ranocchie o zombie, per scaricare tutta la sua terribile vendetta su noi due povere provinciali che non conoscono aromi di camomilla-, e non l'abbiamo ancora visto. Sto seriamente iniziando a temere che si sia perso, quando l’acuta voce da ninfa incantatrice ci riscuote dalle nostre posizioni –Chess e Tom che blaterano di film, Gustav che mangia il panino gocciolante, io e Georg che guardiamo il vuoto- :
-Tesooooriiiiiii, vi ho portato la camomilla.
Ci giriamo verso la porta, e quello che ci troviamo davanti non è Bill. È l’incarnazione ringiovanita di Zia Mame, quella con i capelli neri e la sigarettona e la vestaglia che struscia per terra aperta sul decolleté. Solo che al posto della sigarettona porta un vassoio con tazze e teiera, e giurerei che sotto quella vestaglia porta una camicia da notte in pizzo.
-Beh, che avete da guardare?- fa, tornando per un attimo acido.
-Uh, assolutamente niente. Sei elegantissimo, anzi- esce Chelsea.
Il cantante abbassa lo sguardo e fa un sorrisino di finto imbarazzo. –Tesoro, così mi fai arrossire.
Appoggia il vassoio sul tavolino di vetro di fronte a noi, e ci piazza in mano due tazze fumanti piene di un intruglio color miele con inquietanti pezzettini di roba secca che girano dentro, trasmettendo quasi l’impressione di poter schizzare fuori da un momento all’altro.
-Oh, e … cosa sarebbe?- domanda di nuovo Chess.
-Camomilla- risponde innocentemente Bill. –Ci ho messo un ingrediente segreto- aggiunge poi, sfarfallando le lunghe ciglia e puntando le iridi nocciola al soffitto.
Chelsea mi manda un’occhiata fortemente preoccupata, a cui rispondo con una frecciata piena di sospetto; poi sorseggia la ‘roba’.
‘Come ti sembra?’ le chiedo, ma non mi risponde, sembra in catalessi.
Dopo qualche istante di silenzio –lunghissimo, per la sottoscritta che si trova con una tazza bollente in mano e non sa se provare a bere o meno-, chiede:
-C’è della rosa di bosco per caso?
A parte il fatto che né io né –per quel che ne dovrei sapere io- lei sappiamo cosa sia la rosa di bosco, come domanda mi sembra abbastanza appropriata. Bene, soldato, può andare.
-Oh, ma come hai fatto ad indovinare?- cinguetta emozionato il cantante. In questo momento sembra parecchio una adolescente in crisi da High School Musical, ma non oso immaginare quali perfidie gli stiano frullando in mente.
-Eh, sai, l’esperienza … - borbotta Chess, e in due minuti ha già svuotato la tazza mentre io sono ancora qui con il vapore sul naso. Non ho nessuna intenzione di bere questa roba, sia chiaro.
-Ehm, potrei … dare un’occhiata al panorama dalla finestra?- chiedo, stampandomi in viso un sorrisone a trentadue denti che sembrerà osceno, ma ho veramente bisogno di sembrare convincente.
-Certo, fai con comodo … c’è un’ottima visuale sul quartiere proprio da quella finestra laggiù. Di notte poi è spettacolare- dice Bill, enfatizzando la parola ‘spettacolare’ con un’alzata di sopracciglia.
Io mi alzo senza aggiungere altro e mi fiondo alla finestra, e quando sono sicura che non mi stia guardando nessuno rovescio il contenuto della tazza giù per il balcone. Spero solo che non si attacchi alla vernice bianca candida della casa.
Quando torno al divanetto, qualche abbondante minuto dopo, stanno animatamente blaterando di cose come vacanze, viaggi e altra roba di cui si discute quando non si sa cosa dire. Brava Chess, sempre ottima nel sollevare l’imbarazzo.
-… e dovevate vedere Gustav con la collana di fiori, c’era una ragazza hawaiana che gli si era avvinghiata addosso e lo stava invitando a ballare … dovremmo avere ancora la foto da qualche parte, la sua faccia era esilarante! …- racconta Georg, spaparanzato su una poltroncina.
-Vogliamo mettere te, quando ti hanno messo sotto il naso quel cocktail con un minimo di 90 gradi spacciandotelo per latte di cocco? … te lo sei scolato fino in fondo, e poi sì che ballavi!- lo rimbecca l’interessato, che adesso è passato all’attacco di una scatola di biscotti.
-Beh, io a casa ho delle fantastiche foto di quando io e Alexandria siamo andate a … - mi fiondo su di lei e le tappo la bocca con entrambe le mani appena in tempo prima che trafelino informazioni compromettenti sul mio conto, perché so perfettamente di che vacanza sta parlando, intende quando siamo andate dai suoi zii irlandesi e gli animatori del corteo di San Patrizio ci avevano imbrattato la faccia di verde, piazzandoci sopra una bicicletta, io davanti e lei sul portapacchi, con quei ridicoli cappelloni a cilindro verde scuro a seguire il corteo di ubriachi per le strade. Avevamo nove anni, ma il ricordo è vivido come se fosse stato ieri. Lei si sarà anche divertita un disastro, ma per me è stato uno degli incubi peggiori della mia vita.
-Siamo andate in Grecia con mia nonna, me lo ricordo anche io! … che bel mare che c’era laggiù, eh? Ci siete mai stati?- praticamente urlo sopra Chess, rivolgendo una sorta di sorriso in direzione dei quattro che ci fissano perplessi, chi più chi meno.
-Ora che ci penso … certo che ci siamo stati! Ti ricordi, Bill? Con Gordon e mamma, avevamo otto anni e la scuola era appena finita … - esclama entusiasta Tom, indicando suo fratello, che assume un’espressione lontanamente nauseata, non so che ricordi gli stiano venendo in mente, mi basta sapere che i miei annedoti imbarazzanti siano ben al sicuro chiusi in bocca a Chelsea. –Anzi, forse di sopra ci sono ancora le foto. Andresti a prenderle?- chiede, con la migliore espressione da cucciolotto speranzoso che abbia mai visto. Insomma, Chelsea è brava a supplicare, perché per vivere con me devi essere molto bravo a supplicare. Ma con uno come Bill non deve essere diverso, se non peggiore.
-Meh … - fa Bill, aumentando il grado di schifo dipintogli in viso.
-Le ragazze saranno così gentili da accompagnarti, così non ti perdi per questi lunghi corridoi bianchi- continua con voce sensuale il fratello, avvicinandosi come un serpente tentatore. È buffo, come allunga con maestria le parole ‘lunghi corridoi bianchi’, perché in fondo si tratta solo di recuperare delle fotografie, invece qui sembra di essere nella Genesi, dove Adamo ed Eva hanno fatto tutto quel casino con le mele.
Alla fine Fatina sembra cedere, perché si alza dal divano sbuffando –e giurerei che il cuscino non ha assolutamente cambiato posizione. Cioè, di solito quando le persone si alzano dai divani si vede il solco che si rigonfia. Invece qui zero. Giuro che non è cambiato niente. Inizio a chiedermi a quante piume sia pari il peso di questo ragazzo- e si stringe la cintura della vestaglia frusciante, per poi rivolgersi a noi, povere ragazze della plebe che non abbiamo mai smesso di fissarlo con un barlume di meraviglia in fondo agli occhi:
-Allora? Andiamo a prendere queste foto.
Detto fatto, io e Chelsea siamo in piedi e stiamo seguendo Morticia attraverso il dedalo di scale e corridoi candidi che è l’interno di questa casa. Sarà qualche minuto che andiamo su e giù, avanti e indietro, mi starei seriamente preoccupando se non fosse che sembra essere così sicuro di dove va. Beh, mi preoccupo lo stesso, visto che fin’ora non ha fatto altro che fare il finto melenso e servirci brodaglia sospetta: per quel che ne so potrebbe trascinarci in uno sgabuzzino per le scope e rinchiuderci là dentro, o gettarci in pasto ai coccodrilli spingendoci dentro il laghetto in giardino. Non mi stupirei se ci fosse qualche belva sospetta là dentro.
-Manca ancora molto?- chiede ad un certo punto Chess, si vede che non ne può più di camminare. È una scansafatiche.
-No- miagola Bill, girando la testa verso l’ennesima rampa di scale. –La soffitta è in cima a quella scala- continua, aggiungendo sottovoce qualcosa come ‘Ma chi me l’ha fatto fare di portarmi queste due dietro’.
Chelsea tira un sospiro di sollievo, mentre saliamo gli ultimi scalini e Bill apre la porta.
Subito veniamo investiti da un’ondata di puzza di chiuso e polvere, a cui la mia amica reagisce con uno starnuto degno di un elefante con il raffreddore: sì, è allergica alla polvere.
-Come potete vedere è piuttosto grande, quindi  meglio dividerci- ordina Bill, entrando in modalità First Lady, con il mento alzato e le labbra in fuori.
-Scusa se mi intrometto, ma cosa dovremmo cercare esattamente?- chiedo, alzando un indice.
Il moro si volta verso di me, guardandomi con sufficienza. –Una scatola color pistacchio con un nastro blu tutto intorno. Su un lato ci dovrebbe essere scritto ‘foto vacanze 96-97’.
-AH- facciamo noi in coro, per poi entrare nella soffitta, che in effetti è veramente enorme. Credo che qui dentro ci starebbero comodi quattro o cinque rinoceronti, contando uno spazio di cinque metri quadrati per ciascuno. In ogni lato in cui ti giri trovi mobili coperti da teli bianchi, poltrone, attaccapanni e bauli e scatole, scatole di cartone in ogni dove. Mi avvicino ad un pacco di libri giusto davanti a me. Tanto non abbiamo fretta …
-Cime tempestose? Chi leggeva questa roba?- domanda Chess, spuntata da chissà dove dietro di me, afferrando il primo della pila.
-Erano di mia nonna. Me li ha regalati quando ho fatto quindici anni- spiega Bill lapidario, dall’altra parte della stanza.
Appoggio il volume, e mi volto verso quello che sembrerebbe uno specchio. Sollevo il velo, e quella che mi ritorna è la mia immagine riprodotta un centinaio di volte, su una ragnatela argentata a macchie. –E chi è stato il genio a rompere ‘sto specchio?
Bill si volta verso di me, e il suo viso assume una posa ferita. –Colpa mia. Avevo sedici anni ed ero di malumore. Non mi piacevo quel giorno- spiega, perdendosi a seguire con lo sguardo le incrinature dello specchio. Chi lo ha rotto deve aver avuto un destro davvero potente. Glielo faccio notare.
-Seguivo corsi di autodifesa. Una vera First Lady non ha bisogno di cavalieri con l’armatura, per difenderla dai vicoli magdeburghesi-  si vanta, con il mento alto e gli occhi socchiusi. Lascio andare il velo, e la mia immagine scompare.
Passano più o meno una decina di minuti, durante i quali passiamo più tempo a curiosare tra le cianfrusaglie che a cercare effettivamente quella scatola.
-Chi è questo?- chiede Chelsea, sollevando una gigantografia in cui si distingue chiaramente il vocalist avvinghiato ad un ragazzo biondo ed espressivo come una cozza bollita. Sembrano una coppietta felice.
-AAAAAAARGHHHH- strilla Fata Morgana vedendo il quadro. In quattro e quattr’otto lo strappa di mano alla mia amica, e lo infila dentro un armadio a caso, sbattendo le ante e serrandole con la chiave, che poi lancia a qualche metro di distanza. Rimane per qualche istante a fissare l’armadio, con il respiro pesante e gli occhi sbarrati, come se potesse da un momento all’altro uscirne una belva affamata che potrebbe divorarci in un attimo. Poi, si gira verso Chelsea, iniziando a urlare come un matto in preda ad una crisi mistica.
-NON TIRARE MAI PIU’ FUORI NESSUNA FOTO, FICCANASO CHE NON SEI ALTRO, PERCHE’ NON TE LE METTI NEL SEDERE QUELLE MANI?!
Per qualche minuto lo fissiamo perplesse, quando lui si calma e dice:
-Era uno dei miei ex.
Altro silenzio, durante il quale alziamo le sopracciglia, per spronarlo a dire qualcos’altro. Quando si accorge che non lasceremo perdere la storia, fa un grosso sospiro stizzito ed inizia a raccontare:
-Ci conoscevamo dalla prima media. È sempre stato il migliore amico di mio fratello. Si chiamava Erik. Il loro tempo lo passavano a fare dispetti alle ragazze e … - si interrompe, lisciandosi i capelli. – Beh, camminare lentamente avanti e indietro per il cortile, con il vento contro che smuoveva capelli e vestiti, da fare invidia ai bagnini di Baywatch. Io ero solo l’ultimo della fila di ragazzine che li fissavano, allineate lungo i muri della scuola, sospirando e facendomi film mentali sulla nostra futura vita insieme. Passai il resto delle medie in questo modo, ovviamente Tom non ne voleva di farmi conoscere al suo amico, io per la gerarchia scolastica ero nel più infimo scalino di ogni categoria di sfigati; perciò, appena iniziarono le superiori decisi mi prendere la mia vendetta: passai l’intera estate chiuso nella mia stanza, a fare trattamenti anti-acne, ricoprirmi di maschere e farmi continuamente la manicure. Se uscivo era solamente nei giorni di brutto tempo, per non rischiare di abbronzarmi e scurire l’incarnato cadaverico che mi stavo impegnando a mantenere. Seguii decine e decine di tutorial di trucco e parrucco, nel frattempo il mio guardaroba si trasformava sempre di più in quello di una sgualdrina dark, la sera mi infilavo nelle feste a cui mio fratello veniva invitato vestito praticamente da ragazza, e ogni volta la fila di quattordicenni che mi sbavavano dietro cresceva; ovviamente non dissi mai a nessuno chi fossi veramente.
Fa una breve pausa. Adesso siamo praticamente seduti a triangolo, sul pavimento ricoperto da un dito abbondante di polvere, sia io che Chess pendiamo dalle labbra di Bill, che, volente o nolente, alla fine ci sta praticamente raccontando la storia della sua vita. Prende fiato e ricomincia.
-Alla fine, il primo giorno di liceo, al cui sapevo perfettamente che sarebbe stato presente anche Erik, quello che entrava dai portoni antipanico, portandosi dietro una ventata incredibile d’aria gelida (sono rimasto un sacco di tempo fuori dalle porte, nascosto fra i cespugli, aspettando il momento giusto. Volevo assolutamente fare un’entrata degna di essere ricordata, dovevo consacrare la mia immagine fin dal primo giorno) non era più il bambino sfigato e truccato da femmina che osservava i ragazzi tendendosene lontano. Ero diventato una sorta di regina cattiva, mi piaceva un sacco identificarmi come la matrigna di Biancaneve, con il mantello nero e gli occhi truccati … - fa un sospiro sognante, ricordando chissà quale immagine di gloria. –Insomma, in meno di una settimana tutto l’istituto era diviso in due fazioni: chi seguiva Bill Kaulitz come anatroccoli dietro alla chioccia, e chi lo osservava da lontano come una divinità irraggiungibile. Ovviamente non avevo lasciato che il mio pupillo entrasse a far parte della prima fazione. Per un anno intero non l’ho degnato di uno sguardo, lasciando che si torturasse l’anima sapendo che non lo caggavo di striscio. Solo il giorno del ballo di fine anno gli ho concesso di avvicinarsi. Abbiamo ballato insieme. Avevo studiato quel giorno dall’ultimo giorno della terza media, quando avevo deciso che sarei diventato regina indiscussa.
Altra pausa ad effetto. Non è difficile immaginarselo mentre cammina fra le file degli armadietti, con il suo seguito di ragazzine adoranti e gli sguardi degli invidiosi che gli scivolano addosso. Aveva ragione a parlare di matrigne, gli sarebbe veramente mancata solo la mela avvelenata.
-Quel giorno divenne il mio ragazzo. Eravamo la coppia più felice di tutto il liceo. Perfino i futuri primini della terza media parlavano di noi. Ero la regina e lui era il mio re- sospira, afflosciandosi nella vestaglia rosa. –E’ stato il periodo più felice di tutta la mia vita.
Si asciuga una lacrimuccia che gli pende dalle lunghe ciglia nere, e giurerei che stia singhiozzando. Non vorrei aggiungere niente, anzi, mi sembra di avergli fatto venire in mente abbastanza brutti ricordi, ma ovviamente ci pensa Chelsea a far precipitare tutto come al solito.
-E poi cos’è successo?- chiede, con l’espressione più preoccupata che le abbia mai visto dall’ultima volta che abbiamo guardato Titanic. Mi preparo alle peggio scene apocalittiche, ma stranamente non succede niente, anzi, Bill risponde pure.
-Sono passati due anni. Due splendidi e perfetti anni, finché qualche puttana deve essersi infilata nella vita sentimentale dei suoi, si sono separati e lui è dovuto andare a casa di suo padre. Ogni tanto si faceva vedere, ma non è mai tornato lo stesso. Era sempre nervoso, e sempre al telefono con la madre. Non facevano altro che litigare, e quando finalmente buttava giù si isolava, non parlava più con nessuno e andava in bagno a fumare. Non parlava più nemmeno con me- alza il viso in un’espressione tradita, poi va avanti. –E un giorno, un giorno che non dimenticherò mai … - crolla con la faccia nella stoffa rosa. Iniziando a frignare. Chess gli dà qualche pacca sulla schiena, chiedendogli cosa fosse successo quel giorno.
-Sono entrato in bagno per vedere che fine avesse fatto. E lui stava fottendo rumorosamente una zoccola di prima. Me ne sono andato senza farmi vedere. Sono tornato a casa, accusando un forte mal di pancia (che non era neanche troppo finto, visto che ero in preda alla nausea) e non sono più uscito dal mio letto. Devo averci pianto tutte le mie lacrime. Per un mese non feci altro che piangere. Piangevo a tavola e piangevo durante la notte. Ero diventato un piagnone incredibile- ci arriva, da sotto la vestaglia dove ha affondato la faccia. Ci scambiamo uno sguardo impressionato, per poi tornare a guardarlo.
–Quando uscii di casa fu per andare a firmare il contratto con la Universal Music. Mentre io piangevo, le nostre canzoni diventavano famose e le case editrici si interessavano. Diventammo celebrità in meno di qualche mese. Ogni singola persona all’interno di quel liceo era diventata per me meno di un moscerino morto sul parabrezza. Non ci rimisi più piede, e non incontrai più quel figlio di puttana.
Finalmente alza la testa dalla stoffa rosa, e ci fissa a intermittenza, con gli occhi semichiusi e il trucco colato sulle guance. Sembra un piccolo panda oltraggiato.
-Mi dispiace- dico, piano. È vero, mi dispiace seriamente. Forse capisco perché si comporta da diva con le persone, facendo il superiore con tutti. A volte basta conoscere un minimo il passato di una persona, per cambiare completamente la propria impressione su di lei.
-A me no- risponde lui. –Non mi dispiace più … anzi, non mi è mai dispiaciuto- si capisce che questa è una bugia. Gli trema il labbro inferiore, e l’espressione da imperatrice superiore non è più molto convincente.
-Anche a me è successo qualcosa del genere- gli dico. –Avevo un ragazzo. È stato la prima ed ultima storia seria che ho avuto.
-Deve essere stato veramente coraggioso- commenta, con la voce incrinata che tenta di sembrare acida. Ma non ci riesce, ed entrambe lo guardiamo con ironia. Ridiamo, tutti e tre.
-Sì, era veramente coraggioso. Pensa che la prima cosa che ci dicevamo dopo esserci baciati era un bel ‘ti odio’. In effetti ci odiavamo davvero parecchio- racconto, sorridendo. Bill continua a ridere. Credo si stia immaginando la scena.
-Non scherza. Una volta si sono tirati dietro tutto il servizio di piatti che avevo in dispensa, e quando hanno distrutto tutti i piatti hanno iniziato con le posate. Poi hanno iniziato a menarsi, e allora addio a tutti i soprammobili. Hanno evitato per un soffio di distruggere la mia batteria, infatti da quel giorno l’ho sempre tenuta nello sgabuzzino delle scope, in cui era severamente vietato entrare. Quando sono tornata a casa erano seduti uno di fianco all’altra sul divano, erano completamente coperti di graffi e si stavano borbottando insulti. La casa era un completo macello, ci ho impiegato due giorni interi a sistemare tutto, ovviamente da sola visto che loro erano impegnati a girare per locali a suonare- racconta Chelsea. Rido. Mi ricordo quel fine settimana. Stenka aveva una sorta di band, e siccome il chitarrista era affidabile come una casa di paglia in una giornata di tempesta, spesso andavo a sostituirlo. Era divertente suonare di sera nei locali da quattro soldi, qualche volta veniva anche Chess. E poi, diciamocelo, per noi fedeli seguaci dei My Chemical Romance, limonarsi sul palco è molto più poetico.
-Vogliamo parlare di quando ti frequentavi con la lanciatrice di coltelli? Un giorno entrando i casa ti ho trovata appesa ad una ruota gigante in mezzo al salotto, strillavi come un’oca e lei ti lanciava i coltelli a tre centimetri dalla faccia- la rimbecco, in modo scherzoso.
-Ma era divertente!- protesta lei. –E poi, parli tu di lanciarsi addosso i coltelli …
-Anche io ho conosciuto un circense una volta- interviene Bill. –L’ho ufficialmente lasciato quando mi ha chiesto se potevo entrare nella  scatola divisa. Quel pazzo voleva segarmi via le gambe, accidenti.
-A questo punto non possiamo non parlare di Toby … - dico a Chelsea. Toby era un bravissimo ragazzo. Il problema era che era ossessionato dagli oggetti taglienti. Non faceva altro che fare quel gioco macabro, in cui bisogna aprire la mano e piantarsi il coltello fra le dita, velocemente, passando da uno spazio all’altro. Per carità, era bravo, ma un giorno non ce l’abbiamo più fatta a guardarlo, avevamo un terrore troppo grande che potesse partire un dito nella nostra cucina, e l’abbiamo mandato via. Chiariamo: l’aveva trovato Chess, io non c’entravo niente con lui.
-NO!- urla lei, infatti. Ci siamo ripromesse di non parlarne più.
#
Stiamo allegramente chiacchierando dei vari fallimenti amorosi imbarazzanti, quando ad un certo punto, Bill si ferma e sposta lo sguardo spaventato verso la porta.
-Ragazze?- chiede, con la voce tremante.
-Sì?
-Chi è entrato per ultimo?
-Io- Chess alza la mano, innocente.
Bill scatta in piedi e vola verso la porta. Abbassa la maniglia. Non si apre. Noi ci scambiamo uno sguardo terrorizzato. –C…che succede?- chiedo io.
-Questa porta ha un difetto- dice piatto Bill. –Si blocca molto facilmente, soprattutto se chiusa dall’interno. In quel caso bisogna chiamare il falegname e far cambiare la serratura.
-E … quindi?- chiediamo in coro, temendo il peggio.
Bill  lascia la maniglia, e si volta verso di noi, tornando ad indossare la maschera di indifferenza.
-Quindi, per tutta la notte, siamo chiusi dentro.


Hello, qui è il verde acido che parla! :D Dai dai che ce la fanno, le nostre ragazze, con questo COSO irremovibile nella sua gayezza. Incrociamo le dita, incrociatele con noi xD ...e insomma, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, e che stiate apprezzando tutto questo disagio.
... Buon Anno in ritardo da noi due, e ci si vede al prossimo capitoloooooooooooo!!!! :********                     Baci e panettoni,         LeRenneDark *-*
   
 
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