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Autore: Asimov4    06/01/2017    0 recensioni
-Sai da piccolo il mio colore preferito era l'acqua marino.- dissi.
-E perché?- chiese con un sorriso.
-Magari ora crederai che sono uno stupido, però per me era un colore diverso. Ricordo che da piccolo avevo questo astuccio pieni di colori che mia madre mi comprò per il primo giorno di scuola. Era suddiviso in diversi reparti. Uno per le penne, le matite, le gomme da cancellare e così via e un altro invece era composto solo dai colori. Quest'ultimo divideva a seconda della tonalità e così via e tra il blu e il verde c'era questa matita acqua marino. Non so perché ma mi affascinò. Non era né blu, né verde. Era diverso, e quindi lo presi subito in simpatia.-
-Hai preso un colore in simpatia?- disse un po' sorpresa, ma senza deridermi.
-Beh si, lo trovavo diverso. Hai presente quando sei al liceo e non riesci ad integrarti con nessuno? Non sei né un secchione, né uno di quelli fighi, né quelli che si fumano canne durante l'intervallo...insomma sei la classica di mezzo, né sei carne né pesce, sei acqua marino. Io mi sentivo proprio come quel colore.-
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Vi lascio solo questo breve saluto, perché se siete arrivati fino a questo capitolo sicuramente volete solo leggere quindi...BUONA LETTURA!

Andrea poco dopo lasciò il posto di lavoro al porto. Eravamo in comune accordo per trovarci un appartamento a Roma. Spinsi Andrea di andare a Roma soprattutto per Talia, era la sua città, era lì che viveva e finalmente avremmo potuto vederci di più, se non addirittura tutti i giorni. Non ho una grande considerazione delle grandi città. Certo sono affascinanti, interessanti e piene di opportunità, però il mio provincialismo me le facevano un po' disgustare. Andrea non aveva problemi di soldi, e con quello avremmo pagato parte dell'affitto per circa due mesi, però avevamo bisogno di un lavoro. Cercai su internet, e mi candidai a centinai di annunci, ma è difficile quando non si hanno esperienze pregresse e un titolo di studio universitario. Quindi decisi di mentire un po'. Scrissi di qualche esperienza da cameriere e robetta varia, nel vano tentativo di aumentare la mie possibilità di trovare qualcosa. Prima che Andrea lasciasse il suo appartamento a Civitavecchia, andai da lui per un fine settimana. Mi fece accomodare a casa sua, un grazioso monolocale, tutto disordinato, con tazze di caffè sporche e bicchieri di plastica un po' ovunque, un soppalco dove c'era il letto e un piccola televisione di quelle ancora con il tubo catodico. Mi offrì una birra e poi iniziammo a parlare.

-Allora...mio zio mi ha trovato un lavoro.- disse con un po' di imbarazzo

-Ma chi è tuo zio?-

-Fa il sindacalista, sa il fatto suo. Non ha problemi a trovarmi un posto, in molti gli devono...favori. Però gli ho chiesto anche di te e mi ha detto che...non può fare nulla. Devi fare da te, amico-

-Ma non te lo avevo nemmeno chiesto!- dissi arrabbiato -Non me ne vado da un posto, per poi dipendere da un'altra persona, devo fare solo. È per questo che faccio tutto questo, per essere una persona autosufficiente.-

-Bene, meglio così allora! Quindi...hai inviato qualche curriculum?-

-Si, soprattutto roba di call center, se non mi prendono nemmeno la sto messo male. Dovrei smettere prima di iniziare.-

-Beh non è detto. Comunque domani andiamo in città e cerchiamo qualche appartamento, ho già visto qualche annuncio su internet. Ho chiamato i proprietari e ci orientiamo un po', vediamo se troviamo il posto giusto. Posso anticiparti parte dei soldi, ma poi, come dici tu amico, devi cavartela sulle tue gambe...e voglio rivedere la grana.-

-Ma tu perché sei tornato?- uscii completamente dal discorso, era da un po' che ci pensavo. Da quando era tornato non cercava che la mia compagnia, aveva problemi a farsi amici e non gli piaceva il lavoro.

-Bella domanda. Ti dico la verità Ale...mi sono rotto il cazzo laggiù. Dopo un po' non ti senti a tuo agio, hai nostalgia di casa e poi odio lo spagnolo. Sono brave persone, ma volevo sentirmi a casa. Prima volevo restare al paese, ma sentivo che non avrei potuto fare molto da noi, quindi sono venuto qui ma...mi sento solo, cioè vedi casa? È un bordello, è sporca, sembra la casa di un depresso e io non sono così. Magari la grande città mi da un po' di vita, riesco a riprendermi. Non so se sono riuscito a spiegarmi- fu chiaro, chiarissimo. Chissà se anche io avrei avuto nostalgia di casa.

 

Il giorno dopo a Roma girava in macchina per strade che non conoscevamo in cerca degli appartamenti che Andrea aveva contattato. Il traffico creava qualche problema ad Andrea, era abituato a guidare su strade semi vuote, ma per fortuna ci sapeva fare con la sua vecchia Ford Fiesta color bordeaux. Il primo, dei cinque padroni di casa, ci diede buca. Non un gran inizio. Il secondo ci fece vedere una casa nel quartiere di Tor Vergata, ma era decisamente troppo lontana dal centro. Il terzo ci fece vedere un bilocale, ma non avevo assolutamente voglia di dormire nella stessa stanza con quella betoniera del mio amico. Per andare a vedere il quarto appartamento dovevamo aspettare ancora un'oretta e quindi parcheggiammo la macchina. Chiamai Talia che era appena uscita dall'università, ci avrebbe raggiunto presto. Lei e Andrea si sarebbero incontrati per la prima volta.

-Ma poi che lavoro ti ha trovato tuo zio? Ero così preso di venire qua che nemmeno te l'ho chiesto.- chiesi ad Andrea mentre bevevo una tazza di caffè americano e i vecchietti del posto, affezionati al loro caro espresso, mi guardarono male quando lo ordinai. Come se avessi insultato l'onore degli italiani.

-Farò lo spazzino nella sede di un giornale.-

-Mica male, che giornale?-

-Ma uno sul gossip, forse si chiama proprio gossip credo. Non ne ho idea in realtà, ho l'indirizzo, vado la e pulisco, mi passano novecento euro al mese più buoni pasto e fine della storia. Tu? Ti ha chiamato qualcuno?-

-No, ancora nessuno. Per fortuna i miei non sono stati così spietati da mandarmi qui senza nulla. Spero che mi chiamino presto. Ma dov'è il posto in cui dobbiamo vedere il prossimo appartamento?-

-San Giovanni. Ci vivono anche gli studenti. E quindi anche carne fresca, se capisci quel che intendo.- disse maliziosamente mentre beveva la sua diet coke.

-Questa è una battuta da b-movie americano-

-Sei tu che hai la ragazza, io voglio divertirmi. Voglio...scopare- ridevamo. Ero stranamente tranquillo e i miei attacchi d'ansia, o non so come definirli, sembravano solo un brutto ricordo. Poi finalmente vidi Talia e il mio cuore si scaldò alla sua presenza.

-Ciao amore- mi diede un bacio sfiorandomi appena le labbra. Probabilmente era un po' imbarazzata dalla presenza di Andrea -Tu devi essere Andrea, il nipote del sindacalista.- bel modo di farsi un amico, ma me lo sarei dovuto aspettare da lei.

-Ehi! Parla solo male di me quando siete soli?- rispose Andrea, dopo qualche frase di circostanza e una battuta per sciogliere il ghiaccio partimmo per andare a vedere il quarto appartamento. La zona di San Giovanni, mi piaceva, era un quartiere molto carino tutto sommato, senza troppo fronzoli e si respirava un'aria giovanile. Ci presentammo con qualche minuto di anticipo davanti al palazzo in cui si trovava l'appartamento, un piccolo trilocale diceva Andrea. Era un palazzo che dava l'idea di essere da poco restaurato, anche se aveva un aspetto signorile e rinascimentale. Talia poi mi raccontò che nelle vicinanze c'era la Basilica di San Giovanni. Insomma il quartiere mi piaceva molto e se magari anche l'appartamento fosse stato di mio gradimento avremmo fatto centro. Finalmente si presentò il proprietario, anzi la proprietaria. Una piccola vecchietta che appena ci vide, sorrise. L'appartamento si trovava al terzo piano e non c'era l'ascensore. Talia fece un po' di fatica per quella rampa di scale, le ha sempre odiate le scale lei. In apparenza poteva sembrare pigra, ma in realtà, nonostante i suoi problemi, aveva la forza di un leone. La vecchietta ci aprì la porta e davanti a noi c'era una grossa finestra, la stanza era abbastanza ampia, o almeno dava l'idea di esserlo, comprendeva di un piccolo angolo cottura e un frigorifero. Poi c'erano tre porte, due sul lato sinistro di quella stanza e una sul lato destro. Una di quelle del lato sinistro era il bagno, aveva una il minimo indispensabile, una doccia, ma non una vasca, ma pazienza non credo che io e Andrea ne avremmo avuto bisogno. L'altra camera sul lato sinistro invece, era una piccola cameretta, in cui al massimo ci si poteva piazzare un letto matrimoniale e un comodino, ma poi la vecchietta ci mostrò che non aveva bisogno di un armadio in quanto disponeva di una piccola cabina armadio. L'altra camera sul lato destro invece era più grande, aveva una bella finestra che faceva entrare tanta luce. Tutte le stanze avevano una bella vista, si affacciava su un piccolo parco, inoltre era una zona poco trafficata, il che era ottimo, soprattutto per uno come me che odiava sentire rumori mentre dormiva. Purtroppo non c'erano mobili, il che complicava le cose, soprattutto perché avevamo davvero pochi soldi a disposizione.

-Allora- dissi- Quanto vuole di affitto, signora?-

-Chiamami Bettina, non signora. Sembro troppo vecchia altrimenti- Bettina rise e noi anche, perché quella tenera vecchia ispirava tanta simpatia e poi il suo marcato accento romano la rendeva una persona alla mano.

-Non chiedo molto.- disse – Settecento e condominio compreso. Quattro per la stanza grande e trecento per quella più piccola- io e Andrea ci guardammo immediatamente l'un l'altro, la casa era bellissima ed entrambi la volevamo -Se volete vi lascio un po' soli così ne parlate- disse Betta, ma Andrea la interruppe subito

-No Betta...la prendiamo!- e fu così che stringemmo la mano alla cara Betta, l'indomani avrebbe preparato il contratto e ci avrebbe consegnato le chiavi. Questo fu il primo passo ufficiale verso un'indipendenza, la mia.

Due giorni dopo aver versato la caparra, iniziammo il trasloco. Portammo quel che potevamo portare da Civitavecchia a Roma, sul tettuccio della macchina un materasso vecchio e logoro, onestamente non so perché Andrea si trascinasse indietro quel coso pieno di batteri. La prima cosa che facemmo fu sistemare le cose di Andrea, con noi c'era anche Talia, che ci dava una mano a pulire e sistemare. Posizionammo la televisione a terra, un tavolino dell'ikea pieghevole al centro della stanza e due sedie. Il materasso a terra nella sua camera e le lenzuola di mia madre nella mia. Le due valigie che avevo con me erano all'ingresso, Talia fece un piccolo sforzo e le portò in camera mia. Poi Andrea appesa un poster di Vasco Rossi nella stanza principale, glielo feci immediatamente togliere. Finimmo di sistemare quel poco che avevamo, la casa era ancora vuota, ma sembrava un luogo accogliente, almeno per noi tre. Erano le sei di sera e Talia tornò a casa dei suoi, che in realtà era abbastanza lontana da qui, però questo non ci avrebbe fermato di vederci più spesso, dopotutto prima una distanza molto più grande separava il nostro amore. La prima notte mi arrangiai su un materassino gonfiabile, di quelli che si usano in spiaggia, me lo aveva prestato Andrea. E il cibo non mancava in quanto i miei mi riempirono di formaggi e pelati, come nei più stupidi stereotipi possibili, ma era bello sapere che nonostante tutto loro ci sarebbero sempre stati. Io e Andrea cenammo con una spaghettata aglio e olio, era il mio cibo preferito se cucinato a dovere. Il tutto accompagnato da una bottiglia di vino comprata in un discount, per un euro e ottanta. Questa è la pace.

-Ale...raccontami di Talia, non ne so praticamente nulla- perché fa sempre pausa mentre parla Andrea?

-Che vuoi sapere?-

-Tutto quello che vuoi dirmi.- disse

-Beh, è una ragazza speciale. Dopotutto ama un disadattato come me e poi come hai visto è bellissima. Però penso che tu voglia sapere altro, tipo...come ci siamo conosciuti?-

-Esatto, come vi siete conosciuti?- disse mentre ingoiava gli spaghetti

-Ci siamo conosciuti circa un anno fa, anzi no...ormai è un anno e mezzo. Era estate, luglio, avevo appena finito un esame e purtroppo il treno aveva cinquanta minuti di ritardo. Allora me ne andavo a zonzo nella stazione, presi un pezzo di pizza e una birra e mangiai tranquillamente su una panchina, fino a quando non si avvicina questa ragazza. Parlava un romano, ma che te lo dico a fare, sembrava la versione femminile di Totti...e niente questa mi chiede dove ho preso la pizza, e io gli indico il posto, ma insieme a lei c'era anche Talia. La romanaccia la chiama e le urla “anamo!” e lei segue a ruota trascinando con se una grossa valigia gialla. E io la guardo, lei mi ringrazia e indovina che le dico io?-

-Cosa?-

-La pizza è buona.- Andrea scoppia in una fragorosa risata, si ingozza con lo spaghetto che sembra uscirgli dal naso. Ci facciamo un bicchiere di vino e continuo la mia storia.

-Beh si, insomma...questa mi guarda e ride. A questo punto pensavo che le mie chance erano finite, ma invece dopo un po' tornano e lei si siede vicino a me. Lì per lì, mi dicevo come fosse possibile, sai quanto sono imbranato con le ragazze, giusto?-

-No. Non lo so, non abbiamo fatto il liceo insieme. L'unica ragazza che avevamo alle medie era la nostra mano destra.-

-Allora ora sai che sono un imbranato con le ragazze...e quindi questa si siede vicino a me e mi dice “onestamente ne ho mangiate di pizze più buone” e allora abbiamo iniziato a parlare...di pizze. Aspettavamo ognuno il nostro treno e discutevamo su qual fosse la pizza più buona e infine le ho chiesto il numero. Il resto lo puoi immaginare, abbiamo iniziato a scriverci e da cosa nasce cosa.-

-Bella storia, una di quelle da raccontare ai nipotini...a quando il matrimonio?-

-Sai...quei giorni erano così colorati, vivi. Davvero belli da vivere...un anno e mezzo fa stavo davvero bene sai, è un peccato che poi sia diventato tutto più grigio.-

-E come mai è diventato tutto più grigio?-

-Non lo so, ma adesso il mondo sta prendendo colore di nuovo.-

-E allora beviamo altro vino che di colore ne vedrai tanti, anche quelli che non hai mai visto.- quella sera finimmo due bottiglie di vino. Eravamo felici e spensierati, se ci ripenso sorrido ancora, se ci ripenso in quel momento non mancava nulla.

Qualche giorno dopo finalmente ricevetti una chiamata per un lavoro, il commesso in un piccolo negozietto . Certo non era un lavoro che ti realizzava, ma meglio di niente. La paga era buona, novecento euro e per iniziare mi andava più che bene. Era un lavoro a tempo pieno, due turni. Uno mattiniero dalle sette alle tredici e un altro dalle tredici alle sette di sera. Non mi lasciavano chiudere la cassa, in quanto mi mancava l'esperienza, ma meglio così. Oltre a fare il lavoro di cassiere dovevo mettere anche i vari prodotti in ordine negli scaffali del supermercato, non era lontano, a circa venti minuti, di solito ci andavo a piedi, ma poi comprai una vecchia bici usata. Era una bici bianca, lo stesso colore della bici con cui imparai a pedalare. Io e Talia ci vedevamo sempre più spesso. Quando Andrea non c'era facevamo l'amore sul pavimento della camera principale, a terra solo una coperta. Dopo il primo stipendio comprai un materasso, di quelli grossi, un matrimoniale. Lo buttai a terra, in camera mia, non c'era la rete, ma in certi momenti non pensi al mal di schiena, ma dopo aver dormito per quindici giorni su un materassino gonfiabile quello era oro. Inoltre comprai anche una sedia rossa, da aggiungere a tavola, sarebbe stata la sedia di Talia. Poi un giorno il nostro vicino di casa decise di disfarsi del suo vecchio divano, io e Andrea ce lo comprammo per soli settanta euro. Diavolo quanto era scomodo. Le giornata trascorrevano così, con spensieratezza. Il mio nuovo materasso la prima sera fu inaugurato da me e Talia, e quella sera dormì anche da me per la prima volta, dopo che i suoi le diedero il permesso. Mangiammo pizza e bevemmo birra, lei fumava e guardava fuori dalla finestra, io le scattai una foto, lei si incazzò, facemmo l'amore, la sigaretta spenta sul cartone della pizza, la crosta me la mangerò poi.

-Perché mi ami?- mi chiese dopo aver fatto l'amore.

-Perché sei brava a letto- le dissi.

-Dai sono seria, perché mi ami?-

-Ci deve essere una ragione per cui si ama una persona? Io non credo. Penso sia un insieme di fattori, per questo ti amo.- lei sembrava non soddisfatta della risposta, aveva uno sguardo spento mentre mi accarezzava il peli sul petto.

-E se tu mi lasciassi?- mi chiese.

-Perché dovrei lasciarti? Non c'è una ragione, sto così bene con te.-

-Ma magari stai meglio con un'altra. Magari ti trovi qualcuna che sta simpatica a tua madre.-

-Ma che mi importa di che pensa mia madre? Io amo solo te Talia, sei la parte di me che mi mancava. È come se tu mi avessi completato, sei...non lo so. Non riesco a trovare parole, vorrei dirti qualcosa di fantastico che ti faccia capire quanto ti amo, ma l'unica cosa che riesco a dirti è che mi completi...con te non mi sento più solo.- mi abbracciò forte, la baciai sulla fronte e ci addormentammo così.

 

Era il ventitré di Marzo, il mio compleanno, evviva! Il ventitré compio ventitré anni, beh prima o poi doveva capitare. Talia e Andrea volevano organizzare qualcosa di speciale, ma l'unica cosa che abbiamo fatto è stato aspettare la mezzanotte mentre si mangiava kebab e si guardava la trilogia dei Signore degli Anelli, la mattina dopo fui il primo a svegliarmi. Preparai il caffè per me e Andrea, e del tè al limone per Talia. Era una mattina fredda, accesi il riscaldamento, di solito cercavamo di arrangiarci, però faceva davvero freddo. Per colazione c'erano dei biscotti. Qualche minuto più tardi si alzò anche Talia, mi diede un bacio e poi si sedette sulla sedia rossa che aveva preso per lei.

-Non ti ho dato il regalo ieri sera.- mi disse.

-Mi hai fatto un regalo? Non dovevi, mi basta che tu sia qui.-

-Ruffiano...dai prendi- mi diede un piccolo pacchetto verde, lo aprì e al suo interno c'era una piccola collanina a forma di Triforza quella della saga di Zelda. Ne fui felicissimo, era un regalo fantastico.

-Mi hai fatto un regalo da vero nerd.- e ridevamo, poi venne Andrea che si lamentava che lo avevamo svegliato con le risate. Mentre facevamo colazione, decidemmo di uscire quella sera, per festeggiare ancora i miei inutili ventitré anni.

Era un sabato sera come tanti. Per me i compleanni non hanno nessun significato se non quello di ricordarti che l'infanzia è sempre più lontana. Da bambino giocavo tantissimo con i Lego, ma soprattutto con i Playmobil. Erano piccole action figure di diverso genere. C'erano i pirati, i maghi, i cavalieri, ma quelli con cui giocavo di più erano i cowboy. Con questi piccoli ometti di plastica inventavo le storie più assurde, era divertente essere così spensierati e dimenticarsi del mondo che mi girava intorno. Giungemmo in un pub molto affollato, erano le nove di sera e non avevo voglia di stare in giro, ma Talia e Andrea ci tenevo davvero tanto di passare una bella serata. Trovammo un tavolino, era un posto per quattro, la cameriera arrivò e tolse il quarto sgabello, mentre lo faceva Andrea fece una faccia strana, come se volesse che qualcuno sedesse al quel posto insieme a lui. Ma lo posso capire, non è facile convivere con me che ho sempre la ragazza in casa. Allora appena lui si allontanò per andare in bagno dissi a Talia di tenere gli occhi aperti, che questa sera dovevamo cercare una ragazza ad Andrea. Il pub era davvero bello, avevo uno stile americano, il bancone di legno e le targhe degli Stati Uniti appese su un muro. Certo non era un'idea innovativa, però ti faceva sentire come se tu fossi davvero in America, inoltre avevano messo su un disco di Bruce Springsteen. Poco dopo Andrea tornò, quasi in contemporanea con la cameriera che ci portò tre boccali colmi di birra. Dopo un brindisi a me per il mio compleanno e a tutti noi per la vita, iniziammo a bere. La birra era gustosa, fredda ed era dissetante. Vedevo che a Talia non piaceva molto, non era un'amante dell'alcol, ma faceva uno piccolo sforzo per me. Poco dopo ordinammo anche da mangiare, tre hamburger un mix di patatine e anelli di cipolle per tutti e tre. Da quando vivevo solo non mangiavo più nulla di sano. Io e Andrea finimmo subito le birre e ne ordinammo altra, mentre Talia non era nemmeno a metà, quindi ordinai anche una bottiglietta d'acqua frizzante per lei. Ad una certa ora entrò una comitiva di turisti già ubriaca, non capivo la lingua, ma probabilmente erano dell'est Europa, forse dalla Repubblica Ceca o forse erano olandesi, non sono il massimo nel capire la nazionalità delle persone. Uno di loro urlava qualcosa di incomprensibile, ma non ci davo peso, era il mio compleanno e finimmo un'altra birra. Andrea allora decise di esagerare e di farci portare a tavola una bottiglia di rum. Talia non ne era tanto felice, sapeva che da ubriaco ero un po' una testa di cazzo, ma fece finta di nulla per farmi felice. E così bevevamo e iniziavo a sentirmi la testa girare, andai in bagno perché con tutte quella birra era difficile trattenerla. Al bagno c'era anche il tipo olandese che urlava, a questo punto ero sicuro fosse olandese, era un altissimo ragazzo biondo che parlava una lingua mostruosa, dev'essere olandese. Mi guarda e inizia a dirmi qualcosa, io gli faccio ok con le mani e lui sorride. Il fatto che sorridesse mi dava immensamente fastidio, avevo la sensazione che ridesse di me. Allora pisciai in fretta e lasciai quel lurido bagno. Per tornare al mio tavolo feci a spallate con qualcuno che era in piedi, il pub era affollatissimo. Finalmente giunsi al mio tavolo e mi feci un altro sorso di rum e allora Talia per farmi smettere di bere disse-Guarda un po' quella.- mi indicò una ragazza, avevo la vista un po' annebbiata, l'unica cosa che vedevo era la sagoma di una donna.

-Non la vedo- le dissi

-Quella con la camicia bianca e i capelli neri, magari potrebbe andare bene ad Andrea- Andrea intanto aveva la testa sul tavolino, sembrava dormisse. Gli diedi una pacca sulla spalla e gli feci segno mostrandogli quella ragazza.

-Ti piace?- gli chiesi

-In queste condizioni mi piaceresti anche tu se avessi un paio di tette- rispose così e poggiò di nuovo la testa sul tavolo. Era troppo ubriaco e il nostro piano andò a farsi benedire. Talia poi mi baciò e disse -Sai di alcol, che schifo amore.- si, non deve essere piacevole immaginai. Erano mezzanotte e avevo voglia di farmi passare questa piccola sbronza. Quindi accompagnammo Andrea nell'appartamento, perché lui proprio non si reggeva più in piedi. Per fortuna era un ragazzo un basso e magrolino, quindi non comportava un problema trascinarselo dietro. Affrontare la rampa di scale con lui che non collaborava fu l'impresa più ardua, ma poi dopo qualche peripezia eravamo a casa nostra, lo accompagnai in camera, gli tolse le scarpe e lo buttai sul letto poggiato su un fianco. Talia intanto era andata in bagno, per lavarsi le mani e sciacquarsi il viso.

-Vuoi ancora uscire?- mi chiese.

-Si dai, io sto bene, non ho bevuto molto. Usciamo, facciamo una passeggiata e prendiamo un caffè. Se per te va bene o sei troppo stanca?- a volte mi dimenticavo fosse una persona con problemi cardiaci, per quanto siano poco lievi, lei si stancava prima delle altre persone.

-No, sto benissimo. Su forza andiamo.-

Uscimmo e si passeggiava tranquilli nella notte, mano nella mano, da quando ci vedevamo più spesso eravamo meno appiccicosi, ma più riflessivi. Si parlava davvero tanto, e questo a me piaceva tantissimo di lei. Una volta mi raccontò di una sua amica che stava con un più grande di lei di dodici anni, questo era un uomo di successo. Lavorava in qualche ufficio e guadagnava abbastanza per permettersi una BMW, insomma uno di quelle persone che odi soltanto perché lo invidi. Lei non era una ragazza molto sveglia, le piaceva come veniva trattata da lui, il fatto di ricevere tanti regali e di andare a cena in bei ristoranti. Quel che non sapeva era che lui aveva moglie e una figlia. Se solo ci avesse pensato su avrebbe immediatamente capito che veniva trattata come un'amante, ma a lei non interessava, raccontava Talia. Per quanto fosse ingenua sapeva che lui era sposato, lo sentiva e poi lo scoprii, ma non le interessava. Continuava a stare con lui, ad aspettarlo ad orari assurdi, andare negli alberghi, dove puntualmente veniva guardata con un po' di gratuita cattiveria da chi lavorava lì. Lei diceva di amarlo, ma per Talia si trattava di una forma di sindrome di Stoccolma. Non era una relazione sana, ma chi siamo noi per dire di cosa ha bisogno una persona? Ognuno di noi, nella propria intimità sa di cosa ha bisogno. Mentre passeggiavamo Talia mi sembrava un po' distante, stranamente non parlavamo.

-Ma quella tua amica che stava con quello con la BMW, che fine ha fatto?- gli chiesi per rompere il ghiaccio che si era creato tra di noi.

-Se ne sono scappati insieme.- disse.

-Cosa?- risposi io sorpreso da quella notizia.

-Non si trattava di una sindrome di Stoccolma, si amavano davvero. Sono contenta per lei, non credo che la rivedrò più, ma sono contenta che sia felice con lui.-

-E la bambina di lui?-

-Non lo so, l'avrà abbandonata...a volte fanno così le persone. Iniziano qualcosa e poi le abbandonano...- Talia non stava bene, pensava a qualcosa, quando fa così non mi piace. Non si confida con me, resta sola con se stessa, in certi momenti sembriamo due estranei.

-Che c'è?- le chiesi.

-Niente Alessandro, sto bene davvero.- no, non stai bene. Quando stai bene mi giri intorno come un cagnolino che scodinzola.

-Non è vero...ti conosco, cosa c'è?- le chiesi nuovamente.

-Senti...è una cosa che voglio dirti da un po', ma non ne ho il coraggio.-

-Allora trova questo coraggio è dimmelo.- ci fermammo sotto un albero, c'era una panchina e ci sedemmo. Non stavamo più mano nella mano, ma seduti e rivolti faccia a faccia. Lei mi guardò con i suoi grossi occhi color nocciola e poi disse l'impensabile.

-Forse dobbiamo prenderci una pausa.- non credevo a ciò che avevo sentito, così dal nulla, non potevo crederci.

-E perché?- dissi -Perché dobbiamo prenderci una pausa? Per quale assurda ragione, spiegami.-

-Io sto bene con te, davvero, ma ho bisogno di pensare alla mia vita. Proprio come stai facendo tu ora...non ho intenzione di lasciarti, ma voglio solo vedere come stiamo se ci allontaniamo.-

-Ma perché?- dissi.

-Te l'ho detto, ho bisogno di stare un po' con me. Da sola, non voglio vedere nessuno, stare con nessuno e non dare conto a nessuno. Voglio stare sola, sola. Ti prego...tanto prima o poi tornerò da te, perché ti amo.- non capivo, ero basito.

-Ho fatto qualcosa di sbagliato?-

-No Alessandro! Non hai fatto niente di sbagliato, tu sei qui con me. Nonostante i miei capricci e i miei problemi, tu sei fantastico, una persona stupenda. Te l'ho detto che non ci stiamo lasciando, è solo una pausa...magari tra due giorni me ne pento e ti richiamo. È solo questo fidati, ti prego fidati di me.-

-E ora che facciamo?- dissi senza alcuna emozione nella mia voce.

-Adesso ci salutiamo. Io prendo un taxi e me ne torno a casa e tu fai lo stesso, va bene?- certo come vuoi tu...ci salutammo soltanto con un ciao, nessun bacio, né un abbraccio, nulla. Mi chiese di non scriverle. Aspettai finché non arrivò il taxi, non sapevo nemmeno se aveva i soldi per pagarselo. Glielo avrei offerto io se solo ci avessi pensato. Tornai a sedermi sulla panchina e iniziai a pensare ai miei errori. Lo faccio sempre quando mi succede qualcosa di inaspettato e qualcosa che mi ferisce nel profondo. Talia era andata via, le sue parole non erano una vera risposta alle mie domande. Mi sentivo male, il battito cardiaco aumentava e iniziavo ad respirare affannosamente. Dovevo stare calmo, io e lei non ci eravamo lasciati, era una pausa...per vedere come si sta quando si è soli. Ma io sono stato solo tutta la vita, lo so come ci si sente, lo so com'è, non ho bisogno di una pausa per saperlo! Avevo un estremo bisogno di lei, erano le due di notte e non avevo voglia di tornare a casa. Allora iniziai a camminare senza una meta precisa, camminando il respiro tornò normale, riuscii a combattere l'attacco di ansia. Nella mia testa c'erano centinai di domande che volevo farle. Non la capivo, non capivo come una persona potesse fare con te l'amore e il giorno dopo abbandonarti per strada. Perché lei deve essere così imprevedibile, perché lei dev'essere così...vorrei fosse normale a volte, semplice e persino stupida, come sono le ragazze di oggi, così superficiali, ma che stanno con maschi altrettanto superficiali. Dovevo essere così io, una persona per niente riflessiva che viveva alla giornata senza farsi troppi problemi e poi la mia vita era un sogno. No, ma cosa dico? Di che sto blaterando? Io ho bisogno dell'amore di Talia come il sole, ho bisogno di lei perché con lei sto bene. Ripensai a quel che le dissi quando mi chiese per quale ragione l'amassi, magari la mia risposta non le era sembrata sincera oppure non n'è rimasta soddisfatta. Avevo mal di testa, dovevo dormirci su, stare tranquillo e non pensarci. Mentre tornavo a casa incontrai ancora quei olandesi, erano ancora in giro, non so come facciano a stare in piedi con tutto quel alcol in corpo. C'era anche quel tipo grosso e biondo che avevo incontrato nel bagno, mi riconosce e punta il dito. Dice qualcosa, non ho idea di che si tratti, e tutti ridono. Questo no, non lo posso accettare ora

-Che problemi avete? Stronzi! Perché non ve ne andate a fare in culo?- una ragazza del gruppo mi urla “Fuck You” e poi anche quello grosso, quello mi sta proprio sulle palle. Ora potrei stenderlo, non si regge in piedi, è ubriaco fradicio

-Tu!- puntandogli il dito -Vuoi fare a botte con me?- gli fece i segni dei pugni e lui grida “Yes”. Si avvicina, gli altri lo incitano, non ho idea di che stia facendo. Non ho mai fatto a pugni, Talia mi ha mandato in bestia, sono arrabbiato e voglio sfogarmi. Appena si avvicina mi lancio addosso a lui, finiamo entrambi a terra, lui non capisce niente, l'alcol mi sta aiutando e anche l'adrenalina che ho in corpo. Gli tiro un pugno, lui sviene al primo colpo. È già finita, gli olandesi non urlano più si avvicinano al loro amico e cercano di svegliarlo. Io me ne vado, senza dire nulla, senza fare nulla, del destino di quel bifolco non mi interessa più. Dopo dieci passi sento la sua voce. Mi fermo in istante, mi accascio a terra, inizio a sudare, inizio a respirare affannosamente, ancora, ma perché? Io sto bene, non è vero? Non è vero che sto bene? Mi giro verso gli olandesi, mi vedono in difficoltà e scappano via dalla paura, per ultimo scappa quello grosso. Che mi succede? Io sto bene. Io sto bene, mi ripeto, lo ripeto nella mia testa, lo dico a a voce. Mi si stringe il petto, mi fa male, un male cane e non respiro. Sarà un infarto? No...io devo reagire provo a rialzarmi, non ce la faccio, cado a terra come un corpo senza vita.

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