Broken
vows
Era da
diverso tempo che non veniva invitato a fare una
chiacchierata. Dopo la tragedia, i rapporti tra loro si erano
raffreddati,
distanziati… soprattutto perché tendeva ad
isolarsi, come se nascondersi
potesse aiutarlo a combattere. Si sbagliava e ne nutriva il dubbio,
eppure non
voleva ammetterlo perché farlo voleva dire precipitare
ancora di più nel
vortice oscuro di disperazione in cui si sentiva risucchiare. Mentre
era nella
limousine nera accanto alla taciturna Anthea ( sapeva che non era il
suo nome
ma ormai la chiamava in quel modo per comodità ) sorrise tra
sé. Aveva detto “chiacchierata”?
I cortesi sequestri di Mycroft Holmes lo erano, eppure non
c’era nulla di
simpatico. Specialmente quando veniva prelevato da casa senza neppure
un sms o
un biglietto di preavviso.
:
“ Ti vorrei ricordare che ho un cellulare. E anche recente
tra l’altro. Davvero, basta telefonare.” Gli
rammentò entrando nel suo ufficio.
Dirlo non sarebbe servito a niente, a Mycroft piaceva essere plateale e
sfoggiare il suo potere come suo fratello, però lo fece
ugualmente.
:
“ Certo, ma per alcune cose sono alla vecchia maniera.
Preferisco
il vis-a-vis, che vuoi farci.” Ribatté quello,
restando seduto sulla lucida
poltrona color testa di moro. Stava osservando minuziosamente il volto
e la
figura del medico, annotando nella sua mente analitica il pallore, le
occhiaie
profonde dovute alle notti insonni, lo sguardo tra
l’annebbiato e il risentito,
la tensione evidente in ogni suo muscolo. Non ne fece parola e con un
gesto
della mano affusolata gli indicò la sedia di fronte a lui.
:
“ Non ho molto tempo.”
Quella
frase brusca confermava i sospetti di Mycroft e
seguitò a recitare: “ Tanta fretta? Suvvia,
accomodati: cercherò di fare un
discorso il più mirato possibile.”
:
“ Eh, sentiamo.” Sbuffò John, sebbene
avesse una vaga idea
di dove volesse andare a parare.
:
“ Fidati. Volevo farti tornare in mente una tua frase: Non hai mantenuto la promessa, hai detto
a Sherlock. No,
lasciami continuare: il
tempo è prezioso anche per me. Da quella frase ho potuto
dedurre che è stato
commesso un grave errore.”
:
“ Errore?” Ripeté scocciato.
:
“ Mio fratello si è lasciato coinvolgere. L’avevo
avvertito che era pericoloso, che
sarebbe stato un errore dalle conseguenze disastrose. Ma lo conosci,
è così
testardo e mi contraddice sempre appena può.”
:
“ Lui non si lascia coinvolgere. È imperturbabile,
i
sentimenti sono il granello nella lente…”
:
“ Ah sì, i suoi aforismi.” –
Lo interruppe abbozzando ad
una leggera risata quasi beffarda – “ Mantra che
ripete soprattutto a sé stesso
per convincersi. Sappiamo
bene che da
quando ti conosce si è lanciato nell’avventura dei
sentimenti. Lui… prova qualcosa.”
:
“ Cosa?”
:
“ Non approfondisco queste cose, non mi interessano. Ad
ogni modo, mi dispiace ma temo che la tua accusa verso Sherlock sia
ingiustificata.”
:
“ Prego?” Disse a mezza voce, trattenendo il
nervosismo
che saliva a mille minuto dopo minuto.
:
“ Ingiustificata forse no, perché ai tuoi occhi
è stato
così, diciamo allora incoerente detto da una persona che
è la prima a rompere i
giuramenti.”
:
“ Di cosa stai parlando?”
:
“ Ti dice nulla la parola “vampiro”?”
Domandò con il
suo consueto tono
gelidamente
indifferente, estraendo il taccuino dalla tasca interna della giacca.
John
sbiancò, si aggrappò con le unghie alla sedia per
trattenere il sobbalzo e a stento contenne un balbettio di stupore:
“ C-come
diavolo…?!”
:
“ Oh, un mago non svela mai i suoi trucchi. Comunque,
infrangere i voti coniugali… mi è parso strano
per il fedele John Watson. Citando
Shakespeare: Fragilità, il tuo
nome è…”
:
“ Non è successo niente!” Lo
bloccò con tono frustrato.
:
“ Ribadisco il
mio
disinteresse verso la questione meramente sentimentale. Ciò
che mi preme
sottolineare è come tu abbia infranto il patto che
avevi… con me.”
:
“ Quale?” Chiese, non comprendendo il riferimento.
Quale
patto?
:
“ John, sarebbe meglio che ti faccia visitare: stai
cominciando a soffrire di memoria.”
:
“ Non ho voglia di scherzare.”
:
“ Manco io.” – Proferì
rabbuiatosi di colpo Mycroft – “Ti
chiesi di dare un occhio a mio fratello. Non pare tu lo stia
facendo.”
L’ex
soldato alzò lo sguardo al cielo, sempre più
infastidito. L’argomento lo rendeva indisponente
perché si sentiva vulnerabile
e non a suo agio: “ Lo sai bene come mai… Inoltre
è adulto, sa cavarsela
benissimo da solo. Anzi, adora non avere gente attorno.”
:
“ Semplicemente è un ragazzino, ne hai avuto prova
tante
volte. Se lo vedessi ora scopriresti che sta prendendo
una… brutta china.”
:
“ Droga?” Si preoccupò di colpo al solo
balenare di quel
sospetto.
:
“ No, ma potrebbe essere il prossimo passo. Ha fatto una
cosa molto grave, segno che il baratro in cui sta cadendo è profondo. Sta
andando da una psicologa.”
John
fece un’espressione tipica delle sue, tra
lo stupito e l’incredulo : “
Impossibile.” –
Sentenziò dopo un istante di silenzio –
“ Sherlock reputa la psicologia a
livello delle parole crociate.”
:
“ Pare che si stia appassionando all’enigmistica.
In
questa foto lo si vede uscire da un centro di psicoterapia. Ha tentato
di
camuffarsi però lo si riconosce facilmente.”
:
“ Dio! “– Pensò, in seguito
restituì l’immagine che gli
era stata allungata e chiese – “ Lui…?!
Ma come hai fatto? L’hai spiato?”
:
“ Oh, di certo
Sherlock non commetterebbe
mai
l’imprudenza di confidarmi i suoi segreti. Di questo tipo
specialmente, anche
perché mi
diverto a scoprirli da solo.
Per cui se lui venisse a conoscenza del fatto che ti ho fornito
questa…
delicata informazione non me lo perdonerebbe, e il nostro
già precario rapporto
andrebbe in crisi. Quindi se vuoi dirglielo non
c’è problema.”
:
“ Allora perché non lo aiuti tu?”
:
“ Perché io non sono il suo miglior amico. Io non
sono
John Watson. Sai che non accetterebbe mai un mio intervento. Dipende da
te.”
:
“ Beh allora dovrà imparare a fare a meno di me.
Se non
c’è altro io me ne andrei.”
Mycroft
si svelò infuriato, di quel tipo di rabbia ricoperta
da uno spesso strato di bifrost che risulta maggiormente tagliente. Con
uno
scatto improvviso puntò l’estremità del
suo ombrello al collo di John,
costringendolo a stare seduto. Il dottore si paralizzò:
avvertiva distintamente
una lama affilata pronta a sgozzarlo al minimo movimento. Non capiva
costa
stava accedendo: in quel frangente non si sentì la sicuro
insieme al maggiore
degli Holmes.
:
“ Sai, ho spesso pensato che saresti stata la rovina di
mio fratello. Lo avresti avvicinato alle emozioni e presto o tardi il
suo geniale
intelletto sarebbe affogato nel mare dei sentimenti fino a sopraffarlo,
rallentando le sue brillanti facoltà mentali, unico suo
sostentamento e talento.
Lasciarsi coinvolgere per lui significa autodistruggersi. Non sa
reggere a un
simile peso. Ecco perché per anni ha cercato di
distanziarsi. Adesso,
nonostante questo, ha deciso di abbandonarsi. Per quale motivo? Una
mezza idea
ce l’avrei ma, come detto prima, non mi interessano le
questioni sentimentali. Potrei
sbarazzarmi di te in qualunque momento: un incidente, un rapimento, una
sparizione improvvisa. Credi che non potrei ? Non illuderti, John: solo
perché
ci conosciamo da anni e abbiamo una persona cara in comune, non fa di
noi
necessariamente… amici. Se la causa fosse giustificata, non
esiterei a tagliarti
la gola seduta stante. Farei qualsiasi cosa pur di impedirti di
assassinare mio
fratello.”
:
“ Assassinare… io!? Io non…”
:
“ Invece sì. E lo sai perfettamente. Tutto quello
che fa è
dettato da una spinta precisa. A differenza sua io non mi lascio
incantare
dalla sofferenza altrui. Sarebbe facile fermarti.”
– Ingiunse Mycroft,
spingendo pericolosamente
la lama fino a
sfiorare la gola di John, il quale sudava freddo –
“ Però questa sarebbe la
fine di Sherlock Holmes. Non posso permetterlo. In sintesi, dottor
Watson, ti
consiglio di rivalutare la situazione.”
:
“ Dovrei fingere che non sia successo nulla?!”
Chiese in
un sussurro di collera.
:
“ Oh no, al contrario. Dovresti pensarci meglio. Io ero
presente: Mary si mise in mezzo sapendo che sarebbe morta e questo,
nemmeno il
grande detective avrebbe potuto impedirlo.” – John emise un verso tra la stizza
e il dolore – “
Persuaditi della disgrazia, John. Questa tua ostinazione
porterà solo altre
sciagure. Pensa alla bambina.”
Appena
le labbra sottili di Mycroft accennarono a Rosie,
John drizzò la schiena e la sua titubanza lasciò
posto ad un orgoglio
protettivo: “ Cosa c’entra mia figlia?"
:
“ Nulla per il momento ma, andando avanti in questa
maniera, chi lo sa.” – John chinò il
capo: che razza di padre era quello che
non sapeva proteggere la propria piccola? Fu come un campanello che
risvegliava
in lui ragionamenti insabbiati dall’eccesso di dolore
– “ Non ti sembrerà, ma
riconosco la tua pena e la comprendo bene. Non sono bei momenti eppure
dobbiamo
ricordarci che siamo uomini, John, che non esiste unicamente il nostro
egoistico dolore. Ci sono persone che dipendono da noi ed è
in loro che bisogna
riversare le nostre energie, non distruggerle per scaricarci la
coscienza. Lo stai
facendo su Sherlock e lui non è così distaccato
da capire questo ragionamento. Riflettici
sopra. Ci vediamo presto.”
Concluse,
liberandolo dalla minaccia della lama e
consentendogli di lasciare la stanza. Watson dapprima lo
fissò intensamente in
un miscuglio di disprezzo e di considerazione: era raro sentire Holmes
parlare
in quei termini su questioni squisitamente umane e non tutto quello che
aveva
profferito era scorretto. Dopo pochi attimi si alzò e si
diresse verso la
porta, quando la voce dell’uomo lo fermò
un’ultima volta con una frase
lapidaria: “ Se non aiuterai Sherlock la morte di tua moglie
sarà stata vana.
Salva Sherlock Holmes, dottor Watson.”
John
ascoltò immobile, con lo sguardo a terra, infine
abbassò la maniglia e se ne andò, lasciandosi
alle spalle un grave silenzio.