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Autore: BeautifulMessInside    06/01/2017    1 recensioni
"Non hai paura di morire?" - "Non ho molte ragioni per vivere."
Cara non sarebbe dovuta salire su quell'aereo, non sapendo che Joseph Michaelson, detto il Lupo, sarebbe stato sul suo stesso volo.
Joseph non avrebbe dovuto salvare la ragazza, non sapendo chi lei fosse. Ma Joseph non ha idea di chi sia Cara e lei non può sapere che lui davvero farà il grosso sbaglio di salvarla.
Assassini, famiglie potenti, attrazioni pericolose e segreti nascosti in una storia dove non tutto è come sembra.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo XVIII

CHI NON MUORE SI RIVEDE! Grazie a tutti, non odiatemi troppo!

CAPITOLO XVIII



A cervello spento e col gelo nel cuore Joseph sorpassò l'ormai minuscola sagoma di Katrina e coprì a lunghi passi la breve infinita distanza tra lui e la sua fine. Spalancò la grande porta ad occhi chiusi, pregando un dio in cui nemmeno credeva affinché riaprendoli potesse vedere solo il sorriso della sua ragazzina.


Non appena le sue palpebre si sollevarono la sua vista fu subito ferita dall'immagine di William, vivo e vegeto, che gli dava le spalle. Stringendo i pugni e prendendo fiato lasciò scorrere gli occhi verso il pavimento e proprio lì, nell'angolo destro, le sue peggiori paure presero vita nella sagoma sdraiata di Cara. Senza troppa grazia se ne stava prona sul pavimento gelido, il viso addormentato e la pistola abbandonata poco distante. Sotto il suo corpo la pozzanghera di sangue carminio andava allargandosi nel silenzio più totale.


Joseph lasciò che lo shock del momento risucchiasse tutta l'aria dai suoi polmoni ed il sangue dal suo cervello. A stento riuscì a voltare di nuovo il capo verso l'altra persona viva nella stanza. William si voltò impassibile come sempre, le mani impegnate a lucidare l'arma che aveva appena usato per sparare, scrutò il viso pallido di Joseph e sollevò il sopracciglio


Ti senti bene figliolo?”


Quella parola lo graffiò come una lama in viso ed i suoi occhi tornarono a fissare la pace di Cara sul pavimento. William seguì pigramente la traiettoria del suo sguardo e ripose l'arma sulla scrivania


Era roba tua?”


Chiese atono, parlando di lei come fosse una cosa qualsiasi gettata a terra. La prima ondata di sangue bollente si riversò nelle mani tremolanti di Joseph, mentre l'altro proseguiva, osando addirittura un sorriso sardonico


Avrei dovuto immaginarlo. Tutti i miei figli hanno pessimo gusto in fatto di donne.”


Stavolta fu un rigurgito di bile ad affacciarsi alla bocca di Joseph, amara com'era amaro e pungente l'odore in quella stanza. William abbandonò la sua posizione di trionfo e raggiunse il carrello degli alcolici per versarsi due dita di whisky.


Ne vuoi?”


Domandò, ma non ottenne risposta. Il figliastro era ormai una statua al centro dello studio, il viso bianco come la maglietta sudata che indossava.


Bella ragazza senza dubbio... Troppo giovane... E sicuramente troppo lenta...”


Continuava a parlarne come se non fosse davvero lì, sdraiata a morire sul suo prezioso parquet, come se non avesse alcuna importanza.


Sei stato tu a mandarla qui?”


Ancora niente.


Avresti potuto almeno insegnarle qualcosa di meglio.”


Joseph si lasciò ferire anche da quel subdolo mascherato tentativo di addossargli la colpa. Le vene del collo iniziarono a pulsargli forte fin dentro le orecchie ed il fischio acuto nella sua testa coprì finalmente la voce fastidiosa di William.


Ti ho addestrato meglio di così.”


Scolata l'ultima lacrima di liquido dorato il più anziano poggiò il bicchiere e finalmente si voltò con l'indice puntato al cielo. I suoi occhi scuri incrociarono lo sguardo in fiamme del killer che aveva cresciuto. Scuro in volto come pece, Joseph digrignava i denti ed espirava fumo invisibile dalle narici. Le mani strette tremavano visibilmente ed il petto andava su e giù, veloce sotto la chiazza di sudore che gli si stendeva sul petto. Le pupille divenute puntini fissavano la meta come un toro fissa il telo rosso prima di caricare. William sollevò nuovamente le sopracciglia, sul suo volto spento campeggiò per un secondo un velo d'autentica ammirazione.


Un ringhio profondo e spaventoso vibrò nella gola di Joseph mentre le sue nocche si facevano bianche. Un urlo di puro disprezzo eruppe dalle sue labbra rimbombando nella stanza chiusa, i suoi piedi si mossero senza controllo ed il suo pugno serrato si scontrò senza remore contro il volto dell'uomo che l'aveva cresciuto. William barcollò cadendo contro la libreria di sinistra. Vetro e legno si frantumarono a terra, mischiando il loro fragore alle urla disperate di Joseph. Un cazzotto ed un altro. Ed un altro ancora. William incassava in silenzio come un vero boss, appiccicandosi in viso il più autentico ed inquietante sorriso divertito. Joseph gli colpì il naso mentre l'altro gli rideva in faccia, deciso a trattarlo come feccia fino all'ultimo.


Questo è per mamma!”


Gli urlò contro assestando l'ennesimo colpo allo zigomo. Ormai non riusciva più a vedere il volto di suo padre sotto la maschera di sangue che andava dipingendo coi suoi pugni, ormai la sua testa era occupata solo dall'andirivieni di immagini, ricordi e fantasie che per quasi trentatré anni aveva represso. Il viso di sua madre, le carezze nascoste, le ronde notturne, il braccio spezzato e l'ipocrita torta delle domenica. Il vestito blu che Cara indossava sull'aereo, lo shampoo all'albicocca e le sue lacrime addosso. Ogni pensiero rifiutato andava riprendendosi il proprio posto, scansando a calci gli ultimi brandelli di rispetto rimasti per quel figlio di puttana che gli aveva dato nulla più che un nome altisonante. Le sue nude mani facevano male, ma non abbastanza da volersi fermare. L'avrebbe ucciso lì e adesso, con le sue sole dita.


E questo è per lei!”


Ancora un altro pugno, ancora le sue nocche contro qualcosa di viscido e croccante allo stesso tempo. Tutto il resto non esisteva più, il suo sogno finalmente si stava realizzando, il suo demone si stava scatenando ed i suoi occhi, i suoi occhi stanchi non avrebbero più visto quel brutto muso. Trattenendo William per il collo della camicia, respirò a fondo sollevando il pugno. Non si sentiva più le dita e tutto il braccio parve dolergli di colpo. L'unico padre che avesse mai conosciuto respirava ancora, l'occhio destro, appena aperto, lo guardava con più rispetto di quanto non ne avesse mai avuto in una vita. La sua folta barba grondava del sangue che aveva sputato ed il suo petto andava su e giù senza sosta


Bravo figliolo...”


Raspò tra sangue e saliva


...Ecco cosa ti ho insegnato.”


Joseph strinse i denti caricando l'unica arma a sua disposizione. Un ultimo colpo ben assestato e gli avrebbe spezzato il collo, liberandosi per sempre dell'uomo che ancora una volta si era preso tutto. Sua madre, la sua gioventù, la donna di cui si era innamorato. Solo un ultimo colpo...


Fermati.”


Elia. La straziante, terribile voce di Elia. Il braccio gli si bloccò a mezz'aria nonostante non volesse


Fermati Joseph.”


La voce lenta, ferma, tranquilla quasi. Il sangue gli ribollì nelle vene ancora una volta.


Merita di morire!”


Urlò in faccia a William, ancora stretto e barcollante nella sua presa


Lo so... Ma non così.”


Joseph voltò il capo senza mollare la stretta, gli occhi atterriti e disperati rivolti al fratello. Elia si fece strada nella stanza e raggiunse le sagome ansimanti degli altri due. Suo padre indossava una maschera sanguinolenta, ma, come sempre nel suo stile, non lasciava trapelare alcun dolore o sentimento.


Credo che abbiamo tutti bisogno di un drink.”


Si avvicinò al carrello degli alcolici, mise tre bicchieri in fila e lentamente li riempì dando le spalle alla scena. Due dita precise in ognuno. Poggiò il primo drink nel disordine della scrivania e poi, calpestando vetri e polvere, arrivò fino a Joseph. Cercò gli occhi di suo fratello e con tutta la calma possibile gli porse il secondo


Lascialo.”


Intimò. Una scintilla gli percorse le pupille, mentre il suo sguardo percorreva la breve strada tra il viso di Joseph e le sue dita strette attorno al collo di William. Tornò a guardare suo fratello con lo stesso fuoco negli occhi. Joseph ingoiò a forza l'adrenalina che ancora gli scorreva dentro. C'era qualcosa in quell'occhiata fiera e decisa, qualcosa che non poteva ancora decifrare, ma che lo spinse comunque a mollare la presa.


William si abbandonò con un tonfo sul legno e, curvo su sé stesso, prese a tossire sangue e bava.


E adesso bevi.”


Joseph afferrò con disdegno il bicchiere dalla mano di Elia e, senza mollare i suoi occhi, digrignò i denti un'ultima volta prima di mandar giù. Il maggiore annuì in maniera impercettibile e tornò indietro per recuperare il proprio scotch. Non voleva darlo a vedere, ma i suoi muscoli fremevano di rabbia ed incredulità, ancora tramortito dalla storia di sua moglie. Avrebbe mai potuto mentire su una cosa del genere? Come poteva fidarsi di lei? Davvero suo padre aveva distrutto la sua famiglia? Davvero aveva ucciso la mamma? Perché Katrina aveva parlato solo ora? Era forse l'ultima disperata mossa del suo piano?


William si tirò finalmente su e si riempì i polmoni a fatica. Gonfio e livido, non mancò comunque di sorridere vittorioso


Ce ne hai messo di tempo Elia...”


Si schiarì la voce cercando di ricomporsi


...Il mio figlio migliore.”


Joseph sentì le mani tremare di nuovo e poco mancò che di nuovo partisse all'attacco, stavolta per finire l'opera


Fermo.”


Nuovamente Elia lo bloccò, avanzando verso di loro. Squadrando le spalle cercò gli occhi dell'uomo che gli aveva dato la vita


Hai ucciso tu nostra madre?”


L'altro sembrò per nulla colto di sorpresa dalla domanda diretta, si passò il dorso della mano sulla bocca


Dopo il modo in cui mi ha mancato di rispetto?”


Il suo occhio buono guardò Joseph con disprezzo


In cui ha disonorato la famiglia?”


Si tirò su all'altezza del suo figlio prediletto


Sì. L'ho uccisa. Ho vendicato il mio nome... ed anche il tuo.”


Elia chiuse gli occhi per un istante o due, ascoltando nel silenzio solo il ringhio di Joseph. Ogni secondo diventava più difficile star fermo e comunque, qualsiasi strana cosa Elia avesse in mente, quel bastardo non sarebbe mai uscito vivo dalla stanza. Mai e poi mai.


Non essere arrabbiato figliolo...”


Riprese William afferrando la poltrona per tenersi in piedi e ridarsi un tono


...Sai bene come funziona. Il perdono rende deboli e noi non siamo deboli... Noi siamo i Michaelson!”


Sottolineò con fierezza accarezzando la pelle sotto il suo palmo, lanciando un'occhiata compiaciuta, quasi divertita, al figlio bastardo che fremeva poco più là. Elia indietreggiò di un passo facendosi più vicino al fratello


Giusto.”


Rispose atono, scatenando ancora una volta il pieno stupore di Joseph


Ma che cazzo stai dicendo?!!”


Il maggiore scrollò le spalle


Ci sono cose che non possono essere perdonate Joseph...”


Mollando lo sguardo del fratello si diresse di nuovo verso William


...Cose che nessun uomo dovrebbe sopportare...”


Si sollevò squadrando le spalle


...soprattutto un Michaelson.”


William storse le labbra livide in un fiero sorriso. Ancora una volta la ruota girava a suo favore. Sapeva di aver cresciuto bene il suo secondogenito, ma le sue convinzioni avevano vacillato al sentir parlare di Amelia, temendo che il ricordo materno potesse oscurare il suo potere. Quella donna l'aveva reso ridicolo in vita, ma fortunatamente ogni sua influenza era stata sepolta tra strati di seta e chiodi d'acciaio. Sollevò finalmente il bicchiere e l'avvicinò al naso per apprezzare dapprima l'odore della vittoria. Un'altra guerra vinta.


Hai costretto Katrina ad andarsene?”


Le labbra di William si serrarono appena prima che potesse assaporare il velluto di quella bevanda pregiata. La puttana aveva cantato alla fine. Collera e disprezzo si riaccesero tra le sue costole doloranti, ma sul suo viso si dipinse nulla più che ilarità


Non crederai mica a quell'arrampicatrice sociale figliolo?”


Elia rimase in piedi, facendosi più rigido di prima, ancor più del fratello sconvolto che gli trafiggeva le spalle con gli occhi


William tornò allora a sedersi sulla sua amata poltrona e, sollevando le mani all'aria, decise di giocare la carta dell'onestà. Si trattava di Elia dopotutto, il figlio placido ed obbediente, quel figlio che pendeva dalle sue labbra come un leone dalla frustra del suo domatore. Poteva sì provare a ribellarsi, ma uno schiocco o magari due l'avrebbero di certo rimesso al proprio posto


Va bene, va bene, va bene...”


Incrociò le mani sullo stomaco


...Ammetto di aver detto delle cose che potrebbero averla spinta ad andarsene.”


Di fronte allo sguardo ancor più vitreo di suo figlio, sbatté i palmi sulla scrivania


Ma l'ho fatto per te figliolo, perché non potevo sopportare che ti trattasse come un burattino, che ti manipolasse come un patetico cucciolo innamorato...”


Col disgusto sulla lingua balzò di nuovo in piedi e puntò l'indice contro Elia


...Tu sei William Michaelson Quarto! Sei l'erede del mio impero, il più forte, il più intelligente... Il figlio che ho cresciuto con orgoglio e dedizione... Tu non sei un debole... Nessuna donna vale più del tuo nome, tanto meno quell'insignificante Pushkina ed i frutti del suo sporco ventre!”


Nonostante le carezze del diavolo, il figlio prediletto non si smosse di un millimetro


Elia...”


Joseph tornò finalmente a farsi sentire. Non capiva più di cosa suo padre stesse parlando, ma doveva assolutamente svegliare suo fratello da quel coma apparente prima che William completasse il suo incantesimo


...non ascoltarlo!”


Come poteva farsi abbindolare ancora una volta? Come poteva?


Ed Elia finalmente si mosse. Sospirando abbassò il capo per guardarlo con la coda dell'occhio


Perché no? In fondo ha ragione...”


A passi lenti, accompagnato dalla sconcerto di Joseph, raggiunse il carrello ed afferrò il proprio drink, finora ignorato


...Sono io, William Michaelson Quarto...”


William sollevò il sopracciglio, nascondendo in maniera maldestra il suo reale stupore


...Ed è tempo che renda onore al mio nome.”


Detto ciò si voltò verso suo padre e con la schiena dritta ed il mento sollevato, innalzò il bicchiere a mezz'aria proponendo un brindisi silenzioso. William si gonfiò il petto d'orgoglio e contrasse le labbra livide in un sorriso pieno. Era talmente fiero di sé che sarebbe potuto scoppiare come la rana dalla bocca larga narrata da Fedro. Raccolse il drink e rispose al gesto senza pensarci due volte


A te figlio mio.”


Tuonò trionfante guardando non Elia, ma Joseph. Quel brindisi era per lui, per sottolineare ancora una volta quanto fosse inutile ed insignificante, quanto ai suoi occhi non valesse nulla. In quella stanza era piccolo ed invisibile, pietoso come il suo misero piano fallito, inerme ed irrilevante come il cadavere della sua donna che si dissanguava sotto i suoi piedi.


Mandò giù in pochi sorsi decisi, senza nemmeno sentirne il sapore. Ma anche se si fosse preso tutto il tempo di assaporare sulla lingua le note di agrumi, mele e vaniglia, fino a scorgere i vaghi sentori di fumo e spezie esotiche, nemmeno allora avrebbe potuto capire cosa stesse per succedergli.


Il tonfo sordo del bicchiere sul legno risuonò nella stanza, forte e vibrante come il gong dell'ultimo round.


Noooo!”


Urlò Joseph pronto a scagliarsi verso William come una furia. Stavolta niente e nessuno l'avrebbe fermato e se fosse servito avrebbe massacrato anche Elia senza pietà, tanto forte da spappolargli il cervello. Non poteva credere che fosse successo, che quella scena orrida e raccapricciante si fosse davvero svolta davanti ai suoi occhi. Non era possibile.


Non era possibile.


Non era possibile.


Il corpo di Elia s'interpose di nuovo tra lui e William, fermando la sua corsa in uno scontro di mani e casse toraciche. Era così che doveva andare allora, non solo suo padre, ma anche suo fratello. Elia gli afferrò i pugni e lo spinse indietro con forza


Deve morire!”


L'ultimo urlo disperato di Joseph si scontrò con la mano gelida di Elia che gli afferrava il volto e lo costringeva a guardarlo


E' già morto.”


La fronte di Joseph s'incurvò di confusione. I suoi muscoli, colmi di sangue e cortisolo, tentarono di muoversi ancora un paio di volte prima che il suo sguardo cadesse sulla scrivania di William ed il cervello ripristinasse il flusso della ragione


E' già morto.”


Ribadì l'altro, scandendo stavolta ogni parola con calma ed un alone di dolcezza. La sua mano, non più fredda, scivolò dal viso di Joseph e tornò morbida lungo il suo fianco. L'occhiata che i due fratelli si scambiarono in quell'istante di realizzazione fu quanto di più intimo avessero mai vissuto, più potente del primo omicidio e più profonda di ogni patto di sangue condiviso. Quel momento cancellava ogni torto, ogni dubbio, ogni gelosia. Quell'attimo li rese finalmente fratelli, non più solo a metà.


Che diavolo stai...”


Le parole di William perirono a mezz'aria. I suoi occhi caddero sul bicchiere vuoto poggiato sulla scrivania


Che cosa hai fatto Elia?”


Domandò in un onesto mix di paura, stupore ed incredulità. Elia prese un lungo respiro ed espirando lentamente osservò per l'ultima volta i tratti dell'uomo che gli aveva dato la vita. Amore e timore. Rispetto e paura. Orgoglio ed incertezza.


Te l'ho detto padre...”


Sentenziò muovendosi finalmente dalla sua posizione. Era ormai chiaro quanto appena successo e quel che ora sarebbe accaduto in quella stanza. L'acido cianidrico sciolto nello scotch di William avrebbe presto iniziato a far effetto e nulla avrebbe più potuto fermare i suoi respiri affannosi, la sua tachicardia e la sua copiosa sudorazione. Poi forse sarebbe arrivato il vomito, seguito dalle convulsioni e dall'inevitabile trapasso.


... Ci sono cose che non possono essere perdonate...”


Che fine misera ed ingrata per un grande comandante come William Michaelson III.


...Cose che nessun uomo dovrebbe sopportare. Soprattutto un Michaelson.”


La consapevolezza innescò nel vecchio i primi colpi di tosse ed il bruciore in gola, ucciso più dall'incredulità che dal veleno.


Aiutami!”


Ordinò William nell'ultimo impeto d'autorità, ma il suo figlio prediletto altro non fece che tornare a fissarlo, con distacco, mentre si abbandonava sulla poltrona. Il suo viso non si mosse di un millimetro. Non provava più nulla, né la rabbia né il rimorso che temeva. Nemmeno Nathaniel lo preoccupava più anzi, era ormai certo di avergli fatto il più grande dei favori.


Elia?”


Di nuovo Joseph pronunciò il suo nome, gli occhi sgranati e le labbra vuote di parole


Pensa alla ragazza.”


Gli rispose lui con fermezza e Joseph corse finalmente verso il corpo di Cara, inginocchiandosi accanto a lei. In quei momenti aveva quasi dimenticato che fosse lì e Dio sa quanto gli sarebbe piaciuto poter ancora credere che quel corpo fosse da tutt'altra parte, caldo e vivo come lo era stato tra le sue braccia. Le mani gli tremavano ancora, fosse per i pugni o per la sceneggiata che aveva appena vissuto, ma sentiva di non aver il coraggio di toccarla. Aveva le guance pallide ed una ciocca di capelli scomposta che le cadeva sulle labbra violacee. Senza nemmeno rendersene conto, allungò la mano e scostò la ciocca ribelle per scoprirle il viso. Era fredda, ma non gelida come un morto. Aveva il viso rilassato, ma non l'espressione di pace assoluta di chi ha già varcato l'estrema soglia. Facendosi coraggio le poggiò i polpastrelli sulla carotide e pregò ancora una volta con tutte le sue forze di sentirla pulsare.


Stavolta Dio l'ascoltò, facendo battere il cuore di Cara contro le sue dita, debole ed incostante, ma d'improvviso più forte di ogni straziante lamento alle sue spalle. Un sorriso del tutto spontaneo s'impossessò del suo viso. La sua ragazzina dell'aereo era viva, più forte della pistola di William e d'ogni pronostico a suo svantaggio. Più dura e determinata di quanto non avesse mai creduto. “Non ho molte ragioni per vivere” Così gli aveva detto durante il loro primo turbolento incontro, ma evidentemente qualche buona ragione l'aveva trovata.


Fece per girarla e cercare il foro d'entrata il più in fretta possibile, provando a sorreggerle la testa per non peggiorare in alcun modo le cose. Non appena fu sulla schiena le palpebre di Cara si mossero in maniera quasi impercettibile e le sue labbra si schiusero in cerca d'aria. Joseph le sollevò immediatamente il capo, continuando con l'altra mano a tastare l'origine di quella copiosa emorragia. Il blu profondo dei suoi occhi s'affacciò sbiadito tra le ciglia umide , il viso immediatamente sconvolto dalla ritrovata coscienza


Shhh... Andrà tutto bene.”


Cercò di rassicurarla lui, premendo con forza all'altezza del fegato. Ecco perché sanguinava tanto


Mi...”


La voce le uscì di bocca più rauca di quanto ricordasse


...Mi dispiace.”


Era un suono basso e spiacevole che gli graffiava le orecchie. Per la prima volta guardava il viso morente di qualcuno che non aveva ferito con le sue stesse mani. Per la prima volta non desiderava che quei lamenti strazianti finissero il prima possibile, bensì che continuassero all'infinito. Per la prima volta il sangue sulle mani gli dava la nausea ed il cuore gli si stringeva nel petto, desiderando di poter vincere contro la morte in persona. La ragazzina dell'aereo non poteva morire, non ora, non proprio adesso che il vecchio bastardo andava crepando. Che si prendesse lui la morte.


Il più delicatamente possibile le poggiò un dito sulle labbra perché non si sforzasse di parlare ancora. Era bella anche in quel momento, innocente ed onesta, sbiadita dalla paura, ma accesa dall'innata inevitabile voglia di vivere che le scalciava dentro.


Poteva capirla la morte. Chi avrebbe scelto il brutto muso di William potendo avere lei? Spinse più forte sulla ferita ignorando la sua smorfia di dolore. Non gliel'avrebbe lasciata prendere, non ora che conosceva bene il sapore di quelle labbra ed il calore di quella pelle. Non gliel'avrebbe lasciata prendere.


Shh...Ci penso io.”


Annuì nei suoi occhi socchiusi e le infilò un braccio sotto le ginocchia per sollevarla. Non l'avrebbe lasciata dissanguare in quella stanza.


Elia si voltò ed incontrò lo sconforto negli occhi del fratello. Reggeva quel peso morto come fosse un inestimabile tesoro, determinato e terrorizzato allo stesso tempo. Il sangue gocciolava dalle sue mani sul pavimento, come il ticchettio di un orologio che gira troppo veloce. Quanto avrebbe voluto poter semplicemente chiamare un'ambulanza o precipitarsi all'ospedale sfrecciando a duecento all'ora sulla statale. Come l'avrebbe spiegato ai medici? Come alla polizia? Per la milionesima volta Joseph maledì il suo nome e la sua vita, oggi con più disprezzo che mai.


Portala di sotto. Chiama Gregory.”


Il tono autoritario di Elia lo riportò alla realtà. Non poteva più permettersi di tremolare come un ragazzino, non aveva più un solo secondo da sprecare.


Suo fratello lo guardò sfrecciare via e tornò presto ad osservare gli spasmi di William sulla sua preziosa poltrona, coperta di sudore. Iniziava a sputare bava bianca dalla bocca ed il suo sguardo, fisso sul figlio, andava perdendo lucidità. Per un attimo soltanto sentì qualcosa di simile al rimorso nascergli dentro. Avrebbe d'ora in poi vissuto da parricida, da traditore, da ingrato... Ma non avrebbe più ricevuto ordini, mai più straziato tra l'obbligo di ubbidire e la voglia di urlare, mai più schiacciato dal peso di dover essere perfetto ad ogni costo, di doversi meritare il regno, quello stesso regno che adesso gli si inginocchiava davanti, pronto a gettarsi nelle sue mani. Avrebbe finalmente smesso di abbassare il viso in vergogna davanti alla tomba di sua madre, davanti al fratello che non aveva difeso abbastanza, davanti alla moglie che aveva trascurato e deluso. Avrebbe avuto Katrina. Avrebbe forse anche avuto il figlio che aveva perso per colpa sua, per colpa del padre tanto onorato, che proprio a lui aveva tolto tutto.


Si mosse verso William, gli occhi lucidi, ma lo sguardo fiero


Lo so che non dovrei dirlo, perché noi Michaelson non diciamo certe cose...”


Nemmeno le sue regole avrebbero più avuto importanza


...ma ti ho voluto bene padre. Davvero.”

Lui gli rispose con un rantolo biascicato. Chissà cosa stesse tentando di dirgli, probabilmente che era un debole, una delusione, un figlio irriconoscente. Magari lo stava solo sonoramente mandando a quel paese. Forse però, quell'ultimo guizzo nei suoi occhi, era invece un'ondata di orgoglio pieno e sincero, così come in vita non l'aveva mai guardato.


Se solo potessi capire...”


Si passò la mano sugli occhi per un momento, cercando di cancellare quella vista


...Perché non ci hai mai voluto bene? Perché...”


Abbassò gli occhi per contenere l'improvvisa ondata d'imbarazzo


...Perché mai, nemmeno una volta, sei riuscito ad essere fiero di noi?”


Il bambino rifiutato e l'adolescente insicuro presero posto accanto a lui in quell'ultimo confronto, tornando alla luce dopo tanto, troppo tempo. Quel dolore premeva ancora alto nello stomaco, quella perenne sensazione di insufficienza che accompagnava ogni sua decisione, quell'insensato bisogno d'approvazione che nessun uomo della sua età dovrebbe trascinarsi dietro come un macigno.


Posso capire perché odi tanto Joseph, ma io... io... Ho sempre fatto ciò che mi hai chiesto, obbedito ad ogni ordine... Ho provato in tutti i modi papà...”


Ancora una volta guardò il pavimento in un sospiro, sentendo scoppiare nel petto quella parola tanto semplice eppure così estranea alle sue labbra


...Perché hai fatto questo a me?”


Il viso di suo padre andava ammorbidendosi, ancora gonfio e paonazzo mentre le rughe sulla sua fronte si distendevano lentamente, accompagnate da un respiro lento, debole e prolungato. I suoi occhi socchiusi sbatterono le palpebre un paio di volte, fissandolo dritto nelle orbite. Non più arrabbiato, non più deluso, non più spaventato.


Si sarebbe tenuto il dubbio.


Ecco come muore un vero Michaelson.


Elia cadde sulle ginocchia, restando ad osservare quel corpo esanime. Suo padre. Il cuore gli ballò tra le costole ancora una volta e delle lacrime non richieste gli bagnarono silenziose le ciglia. Quella voragine che gli si apriva dentro non aveva il sapore della vittoria, bensì graffiava forte come fa il rimorso, come fanno i rimpianti, come fa l'anima macchiata delle persone per bene. Lui non sarebbe mai stato una brava persona, mai dopo questo, eppure quella dolce consapevolezza ne affievolì il dolore. Nonostante tutto c'era ancora un uomo dentro la sua corazza gelida, un uomo vero e capace di soffrire, non il mostro che tanto aveva temuto di essere diventato.


Asciugò quella sola pesante lacrima con un gesto veloce della mano, di colpo conscio della presenza silente alle sue spalle. Guardò la silhouette sfocata di Katrina con la coda dell'occhio, senza nemmeno chiedersi da quanto fosse lì.


E'...?”


Morto. Non vi fu bisogno di pronunciare la parola, le bastò guardare le spalle di suo marito cadere giù in silenzio. Katrina ingoiò in un sol boccone la voglia di saltare dalla gioia e si fece strada verso Elia. Incerta gli posò una mano sulla spalla, un tocco appena accennato. Non si sarebbe stupita affatto di vedere quella stessa mano scacciata in malo modo, era anche colpa sua dopo tutto, soprattutto colpa sua. Ed Elia amava quel padre freddo e crudele, probabilmente più di quanto amasse lei.


Sorprendentemente la sua piccola mano rimase lì, indisturbata su quella matassa di muscoli, nervi e dolore che era suo marito. Katrina respirò quell'aria pregna di sangue e morte, accovacciandosi piano al suo fianco, guardandolo fissare quel cadavere scomposto. Con la mano libera decise allora di interrompere quell'insopportabile trance e raggiunse il viso di Elia, costringendolo con un accenno di forza a rivolgerle lo sguardo. Guardavano in basso i suoi occhi, i suoi occhi stanchi e lucidi, la scia di una lacrima nascosta sui sui tratti stanchi. Col pollice la cancellò, perché non c'era motivo di piangere, e allora lui finalmente la guardò, limpido come mai prima di quel momento, quasi un bambino tra le sue dita affusolate. Venne da piangere anche a lei, ma scansò quel desiderio con lo spettro di un sorriso. Ancora una carezza e poi non riuscì più a resistere, spinse le sue labbra contro quelle di Elia, la sua bocca asciutta, ma ancora morbida come ricordava, il suo respiro caldo, denso di alcool e rammarico. Gli strinse forte il viso tra le mani e da ultimo lo sentì accettare quel bacio, casto all'apparenza, ma carico di passione e significato. Erano liberi. Il re e la regina del regno finalmente liberi dal maleficio dell'orco cattivo.


Elia si staccò piano, le loro labbra ad accarezzarsi per un istante ancora, le sue mani, ora bollenti, finite non si sa come a cingere la vita sottile di quella moglie tanto odiata e tanto desiderata, come se fosse appena tornata da un lungo, lunghissimo viaggio. Si perse nei suoi grandi occhi scuri e di colpo la morte in quella stanza smise di esistere.


L'era di William Michaelson III era finita. In quel caos di vetri, sangue e saliva, iniziava il suo momento. Iniziava la sua vita.



///////////



Qualcosa di caldo e pesante l'avvolgeva completamente. Ciononostante sentiva freddo, un freddo profondo che le attraversava le ossa e le faceva tremare le interiora. I suoi occhi non vedevano altro che buio. I suoi occhi chiusi, realizzò. Cara tentò di muoversi, ma non ci riuscì, un peso enorme all'altezza dello stomaco la teneva giù, incollata come un adesivo a quella superficie liscia. Il suo indice destro si mosse appena accarezzando un tessuto tiepido e levigato. Una netta ed improvvisa sensazione di dejavu la colpì come un macigno. L'aereo. Joseph e la sua nave. Joseph. Il pensiero confortante del Lupo svanì però immediatamente. William. Il suo sorriso che la sfotteva. Le sue mani paralizzate dalla paura. I colpi. Il dolore. Il freddo ancora una volta. La sconfitta.


Con un respiro mozzato si tirò su di colpo, trascinando qualsiasi barriera la stesse trattenendo. Spalancò gli occhi cercando ancora quell'uomo ed i suoi occhi vuoti, ma un dolore improvviso e lancinante le spezzò il fiato. Si portò le mani alla pancia. Era ancora viva? Perché era ancora viva?


Hey, vacci piano.”


Joseph, la sua voce, era lui. Lo cercò immediatamente coi suoi occhi secchi e spalancati, costringendo le pupille a contrarsi finché la sua sagoma sbiadita divenne l'immagine netta e nitida dell'uomo che aveva tradito. Subito il sollievo divenne paura mista a vergogna. Evitò i suoi occhi sentendolo avvicinare, cercò di ritrarsi, ma non ci riuscì per via di quel maledetto pulsante dolore.


E' già un miracolo che tu sia viva, cerca di non strafare.”


Sentì le sue mani calde spingerla giù con delicatezza e di nuovo la sua testa si abbandonò su quel morbido cuscino. Deglutì un po' dell'amaro ferroso che sentiva in bocca e prese a guardarsi intorno. Quella stanza da letto le era del tutto sconosciuta, a differenza dell'odore dolciastro che le accarezzava le narici. Tuberosa. Le pareti beige circondavano una stanza non troppo ampia, di fronte a lei un comò bianco sormontato da un grande specchio incorniciato, uno sgabello in finta pelle e una libreria semivuota. Voltò gli occhi alla sua destra, dove un grande armadio laccato brillava nella flebile luce dell'abat-jour accesa sul comodino. Dietro la sua testa un'enorme testata capitonné, quasi incombente nella freddezza della sua pelle color testa di moro. A sinistra non osò guardare, sentiva gli occhi di Joseph trafiggerla ad ogni mossa e non era ancora pronta ad affrontare le conseguenze della sua debolezza. Strinse gli occhi a quel pensiero cocente. Aveva fallito. Non era stata abbastanza forte. Né abbastanza brava. La sua sconfitta era anche quella del Lupo e, se lo conosceva almeno un po', adesso gliel'avrebbe fatta pagare, così come in fondo meritava.


Come ti senti?”


Lo sentì parlare di nuovo e, a malincuore, voltò il capo verso di lui, evitando ancora accuratamente il suo sguardo. Avrebbe voluto rispondergli, ma in tutta franchezza non aveva idea di cosa dire, a parte le continue coltellate al fianco destro. Si morse le labbra e cercò quel poco di coraggio ed amor proprio che le erano rimasti


Mi dispiace.”


La voce le uscì roca, le corde vocali raspavano l'una contro l'altra. Le fu subito chiaro che non parlava da un po'. Quanto tempo era passato? Di nuovo deglutì


Ho fallito.”


Cercava di parlare con il più assoluto distacco, ma dentro le si muoveva tutto, come fosse una gelatina accanto al fuoco


Volevo fare tutto da sola, ma è abbastanza chiaro che sono troppo debole...E stupida...E...”


A quel primo accenno di autocommiserazione intervenne lui


Hai finito?”


Il suo tono rilassato, quasi divertito, uccise gli insulti per sé stessa che ancora serbava tra le labbra. Da sotto le ciglia buttò una prima occhiata verso Joseph. Aveva il viso riposato, un bel colore roseo sulle guance, una linea appena di barba sul viso e le labbra strette in un accenno di sorriso. Sorriso? Dal collo in giù il suo torso era avvolto in una t-shirt blu, pulita, non troppo scura, ma abbastanza blu da accendere i suoi occhi. Non era certo la faccia di un assassino deluso.


Che è successo?”


Domandò allora Cara, di colpo conscia di non aver la benché minima memoria di cosa fosse accaduto dopo gli spari. Il suo sguardo si fece lentamente più coraggioso e raggiunse quello del Lupo.


Stavolta Joseph non trattenne quel già malcelato sorriso, i suoi denti bianchi si scoprirono appena


E' morto.”


Lei aggrottò le sopracciglia cercando di capire chi, come e quando. Joseph si sedette al suo capezzale


William è morto.”


Precisò e di nuovo Cara si tirò su di colpo, ignorando la botta allo stomaco, il pallido viso ora alla stessa altezza di quello di lui


Tu?”


Il sorriso di Joseph si spese mentre, abbassando gli occhi, scuoteva la testa


Elia.”


Le ci vollero un paio di secondi per rimettere a fuoco l'immagine di quel fratello in giacca e cravatta, lo stesso che avrebbe voluto a tutti i costi fermare il loro piano. Ma allora perché proprio lui?


Come?”


Domandò, candidamente sorpresa. Lui sembrò cercare le parole per qualche istante, poi scrollò le spalle e sospirò


E' una lunga storia, ma non ha importanza. Ciò che importa è che sia finita.”


Davanti all'evidente perplessità dipinta sul volto di Cara, decise di sorridere ancora, stavolta fissandola dritta nelle orbite


E' finita...”


Ribadì


...William non esiste più. Siamo liberi.”


Allora perché continuava a sentirsi intrappolata? Perché il cuore nel suo petto non aveva preso a battere all'impazzata? Perché quegli occhi azzurri che le brillavano addosso non riuscivano a sciogliere il freddo terribile che la paralizzava dall'interno?


Perché non era stata lei. Nessun festeggiamento e nessuna danza della vittoria avrebbero cambiato quell'unico fondamentale fatto. Non era stata lei. Non l'aveva ucciso. Non c'era riuscita.


Cara inspirò a pieni polmoni, ma il suo viso freddo ed immobile non passò inosservato. Joseph si bagnò le labbra cercando altre parole per dirlo, ma lei lo scavalcò, tornando a concentrarsi sull'insopportabile dolore che le contorceva le viscere.


Che mi è successo?”


Lui si scostò di colpo, raffreddato a sua volta dall'algida reazione di Cara


William ti ha sparato. Il proiettile ti ha lacerato il fegato e sei quasi morta dissanguata. C'è voluto un po', ma alla fine Gregory è riuscito a rattopparti.”


Chi è Gregory?”


Come se avesse importanza. Joseph trattenne l'istinto e decise di porle cortese risposta. La ragazza aveva dormito per giorni, probabilmente era del tutto normale quello stato d'alienazione


Il nostro medico a domicilio.”


Di nuovo Cara si guardò attorno, stavolta volgendo la testa da un capo all'altro della stanza


Dove sono?”


Siamo a casa di Elia, nella stanza degli ospiti.”


Per quanto tempo ho dormito?”


Dodici giorni. Dodici giorni e nove ore per l'esattezza.”


Cara annuì distrattamente, passando ad esaminare le coperte tra cui giaceva. Raso di cotone, certamente costoso. Anche il pigiama che aveva addosso non era suo, come vi fosse finita dentro un mistero. Gli ultimi abiti che ricordava erano neri, attillati e scomodi. Gli abiti della missione. La missione. Di nuovo quel colpo allo stomaco.


Riportò gli occhi su Joseph, adesso in piedi, di spalle, affacciato alla finestra. Era sera e si potevano vedere solamente le vibranti luci della città in lontananza.


Sei felice?”


Gli domandò. Lui le gettò un'occhiata senza voltarsi


Non userei proprio quella parola. Direi più sollevato, leggero... Libero.”


Di nuovo quel termine. Ma come si sente la libertà?


Cara rimase ferma ad osservare le linee nette e decise della sua schiena, le lunghe gambe muscolose appena divaricate. C'era davvero qualcosa di diverso in lui. Quella tensione continua, quell'aspetto guardingo e minaccioso, quell'aura di timore e violenza, tutto sembrava svanito.


Finalmente Joseph si girò a guardarla


E tu? Come ti senti tu?”


Era chiaro dai suoi occhi che non parlava dello stato di salute. Voleva sapere se anche lei si sentiva liberata, se anche lei stava assaporando la morte di William in un dolce boccone, se anche lei avrebbe presto sorriso. Cara fissò il vuoto cercando qualcosa dentro di sé, qualcosa che non riuscì a trovare


Niente. Non sento niente.”


Joseph riuscì a mascherare la delusione di quelle parole, ma non di meno si sentì frustato. Cosa voleva ancora? Cosa diavolo voleva ancora quella donna da lui? Che fosse davvero fatta di gesso e sabbia? Che fosse davvero vuota, asciutta, ed insipida? Dov'erano finiti la passione ed il tormento? La rabbia e la sfida? Dov'era la ragazzina dell'aereo?


Tum. Tum.


Due colpi leggeri alla porta lo sollevarono dall'incombenza di quei quesiti. Elia si affacciò alla porta con un vassoio in mano, buttò un'occhiata al fratello accanto alla finestra e decise di entrare. Poggiò le vivande sul comodino e rivolse un sorriso di circostanza alla sua ospite


Vi ho sentiti parlare...”


Si giustificò


...Bentornata tra noi signorina Phillis.”


Cara lo guardò con la stessa incredulità con cui un bambino fisserebbe un babbo natale dalla pancia imbottita e dalla barba artificiale. Anche lui odorava di pulito nella sua camicia bianca, anche lui composto e rilassato come nulla fosse.


Katrina ha preparato del brodo...”


Afferrò la scodella e gliela porse


...Mangia. Devi rimetterti in forze.”


A metà tra l'ordine e la premura, Cara accettò immediatamente l'offerta. Le sue mani gelide ringraziarono non appena avvolsero quel piatto caldo che odorava sorprendentemente di buono.


Katrina?”


Le uscì di bocca senza controllo, sbalordita e malfidente allo stesso tempo. Elia sollevò il sopracciglio destro


Non sai che cucina? Credevo foste amiche.”


Amiche. E chi ha mai potuto permettersi un'amica?


La questione fortunatamente morì lì ed Elia rivolse subito l'attenzione a suo fratello


Vieni Joseph. Lasciamo che Cara si riposi.”


Lo voleva fuori di lì, era chiaro. Evidentemente anche lui aveva notato lo sbalzo d'umore. Il più giovane sospirò rivolgendole lo sguardo ancora una volta, lei tutt'intenta ad analizzare la sua pietanza. Annuì e lo seguì fuori, senza dire una parola.


Finalmente si è svegliata. Dirò a Gregory di passare domattina.”


Elia prese le scale verso il salotto, suo fratello una sagoma silente alle sue spalle


Dovresti riposare anche tu.”


L'altro scrollò le spalle


Sto bene.”


E sta bene anche lei. Smetti di preoccuparti.”


Non era più la sua salute a dargli pensiero, bensì il vuoto con cui aveva accolto la dipartita di William. Nelle sue più infantili fantasie l'aveva vista saltare sul letto e poi saltargli addosso, ridere di gusto come non l'aveva mai sentita. Nella razionalità aveva poi immaginato di vederla almeno sorridere, le spalle più leggere ed i suoi grandi occhi blu limpidi e luminosi. Nell'intimità della solitudine aveva infine sperato che la ritrovata libertà li mettesse insieme, uno accanto all'altro verso nuove mete, lontano per sempre da New Orleans e dai Merli.


Che stupido.


Nell'incastro dei suoi pensieri non si accorse che Elia gli era di nuovo davanti


Dalle un po' di tempo.”


Da dove veniva quell'improvvisa capacità di leggergli la mente? In quale preciso momento della sua vita era diventato così trasparente? Quasi si vergognò.


Basta parlare di lei.”


Sentenziò. Elia acconsentì senza insistere, riprendendo le scale verso il piano di sotto


E di cosa vuoi parlare allora?”


Joseph fece per seguirlo, ma rimase sul pianerottolo, la mano stretta attorno alla fredda balaustra


Di te. Di quello che hai fatto.”


Il rumoroso respiro di suo fratello lasciò intendere che non fosse argomento gradito


Ne abbiamo già parlato abbastanza. Non c'è più niente da dire.”


Raggiunse il salotto, mirando dritto alla poltrona. Sul tavolino fumavano silenziose due tazze di caffè bollente. Dalla cucina arrivava ovattato il rumore delle stoviglie maneggiate da Katrina.


C'è ancora molto di cui parlare invece.”


Joseph gli si sedette di fronte ignorando le bevande, mentre il maggiore afferrava la sua tazza per portarla al naso e respirare quel rassicurante odore di casa.


Te l'ho già detto, ho fatto quel che dovevo...”


Abbandonò il caffè sul tavolo


...Non l'ho fatto per te. Non hai motivo di sentirti in debito.”


Joseph drizzò la schiena


Non mi sento in debito... Mi sento in colpa.”


A quelle parole Elia scossa la testa. Quel peso era suo e di nessun altro. Ed era già abbastanza pesante.


Non devi...”


Lo guardò negli occhi


...E' stata una mia decisione e dovrò conviverci io. Non tu.”


Stavolta fu Joseph a dissentire


Ho dubitato di te Elia. Ho davvero dubitato di te. Le cose che ho detto...”


Avevi ragione.”


Lo interruppe


Non sono stato un bravo fratello. Ho lasciato che nostro padre ti trattasse come spazzatura, che sfogasse su di te e sulla mamma la sua frustrazione. Avrei potuto difendervi e non l'ho fatto. Avevi ragione, avevi ragione su tutto.”


Quelle parole lo spiazzarono, così dirette ed inattese. Avrebbe voluto anche lui svelare il proprio cuore con così tanta facilità, ma per quanto si sforzasse non ne era ancora capace. Fosse colpa della rigida educazione, fosse colpa dei troppi colpi presi, probabilmente non lo sarebbe mai stato.


Hai fatto abbastanza.”


Per spezzare il momento si interessò al caffè, affogando una zolletta nella tazza. Il cuore gli pompava veloce nel petto. Voleva dirlo. Aveva bisogno di dirlo.


Ora lo so...”


Riprese senza spostare gli occhi dal cucchiaino


...Non avrò il sangue dei Michaelson, ma di certo ho un fratello.”


Una botta improvvisa di calore gli raggiunse le guance, quasi fosse un ragazzino alla prima cotta che sperava di non arrossire in pubblico.


Ne hai due!”


Il sorriso sbiancato di Nathaniel illuminò la stanza, lasciandoli sbigottiti. Il più giovane dei Michaelson non aveva infatti preso bene la notizia delle gesta di Elia. Dopo aver ribaltato tavoli, maledetto tutti i santi del paradiso e lasciato di fretta la tenuta di famiglia, nessuno aveva più avuto sue notizie per i seguenti dodici giorni. Nel rombo delle sue imprecazioni non era stato neanche facile capire se fosse più incazzato per la morte del padre, della madre o per non esser stato coinvolto nello scontro tra i fratelli.


Ad ogni modo eccolo lì, splendente come non mai nel suo cardigan di Gucci


Ho fatto un giro in Giappone.”


Esordì. Elia drizzò la schiena perdendo ogni residuo interesse per il caffè


Hai visto Caspar?”


Nathaniel prese posto vicino a loro attorno al tavolo, accavallando le gambe in una posa scomposta, ma rilassata


Pare che le carceri di massima sicurezza non concedano permessi per lutto familiare.”


Scrollò le spalle e tutti e tre piombarono in un religioso silenzio. Erano soli adesso. Niente più ordini dall'alto, niente più urla dal fondo del corridoio, niente più insulti per la loro inettitudine.


Ma nonostante tutto il male, ad ognuno di loro William sarebbe mancato, per un motivo o per l'altro.


Joseph non aveva perso un padre, ma avrebbe dovuto trovare una nuova motivazione. Elia non avrebbe certo sentito la mancanza del confronto continuo, ma anche volendo, non aveva più un “perfetto” capofamiglia con cui specchiarsi. Nathaniel avrebbe continuato a vivere nella sua bolla di lusso e comodità, sapendo però stavolta di non aver più le spalle poi tanto coperte.


Per quanto fosse stato crudele, stronzo o svilente, William era comunque l'uomo che li aveva cresciuti e plasmati. Se si trovavano lì, insieme, ancora vivi, ricchi e potenti, in fin dei conti lo dovevano solo a lui.


Il minore scattò per primo


Caffè? Davvero?”


Balzò in piedi e raggiunse la vetrinetta alla sua sinistra. Tirò fuori una bottiglia dalla collezione di Elia. Rum scuro, distillato alle Barbados ed invecchiato settant'anni almeno. Lo stappò senza chiedere il permesso, prendendo con sé tre bicchierini da shot. Sbattendoli sul tavolino li riempì fino all'orlo e li fece scivolare verso ognuno di loro.


Sollevò il suo a mezz'aria


Ai fratelli Michaelson!”


Elia guardò quella mano alzata con indecisione. Cosa aveva lui da brindare? Era il peggiore degli assassini. Passò lo sguardo su Joseph e di nuovo su Nathaniel. I suoi fratelli erano ancora lì, a brindare col peggiore degli assassini. Sbatté il suo pesante bicchiere contro quello del più giovane


Ai fratelli Michaelson.”


Ripeté ed i loro occhi si posarono dritti su Joseph. Voleva ancora quel nome? Voleva ancora essere uno di loro? La vita misera e violenta che aveva vissuto gli passò davanti in pochi flash. Ad ogni insulto, ad ogni colpo, ad ogni sconfitta e ad ogni vittoria quei due c'erano sempre stati e se non poteva essere il dna a tenerli legati, allora, suo malgrado, sarebbe stato quello stramaledetto cognome a farlo. Il suo drink colpì gli altri


Ai fratelli Michaelson.”







  
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