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Autore: Lumos and Nox    07/01/2017    2 recensioni
Raccolta di sfumature della coppia Jarida, tutte ambientate in diversi AU.
#1 Red Passion [Vampire!AU]
#2 Black or White: Elinor Dumbroch, pur consapevole della sua vicina partenza, voleva vedere la sua figlioletta appiopiata a uno stupido rampollo bianco di una stupida famiglia potente del vicinato.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jack Frost, Merida
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Black or White



But, if you're thinkin' about my baby
It don't matter if you're black or white
Michael Jackson



La residenza Dunbroch era stata tirata a lucido in modo talmente ostentato da lasciare Merida a bocca aperta.
Gli stucchi sembravano essersi moltiplicati e perfino le tracce dell'ultima marachella dei suoi fratelli erano state cancellate- ad eccezione del busto del nonno, che di sicuro in vita non aveva avuto i denti così tanto scheggiati.
A colpirla di più erano stati i pavimenti. Il marmo era stato reso talmente limpido, talmente cristallino, che gli affreschi di vecchie divinità greche sul soffitto vi ci specchiavano. Lei pure, si era era conto, ci si specchiava. L'immagine dei suoi capelli rossi, stipati in uno chignon come lei era stipata in quello stupido vestito blu (le mancava il respiro!) era stata talmente disgustosa che non si era nemmeno sentita in colpa a fuggire dalla villa. Mancava ancora minimo qualche ora all'inizio della festa, ma era sicuro come l'oro che di più lì dentro lei non ci sarebbe stata. Quella sera, nemmeno Rapunzel l'avrebbe convinta- che poi, lei era fortunata. La vecchia Gothel, per quanto insopportabile, non aveva mai organizzato una festa imbarazzante e inutile come quella. Forse dipendeva dal fatto che quella strega non facesse mai niente per sua figlia se non rinchiuderla in casa, parlando di un mondo crudele e bla, bla, bla. Avrebbe quasi voluto che sua madre facesse lo stesso, in quel caso. Ma invece no, Elinor Dumbroch, pur consapevole della sua vicina partenza, voleva vedere la sua figlioletta appiopiata a uno stupido rampollo bianco di una stupida famiglia potente del vicinato. Così era passata ad arraffare del cibo dalle cucine e visto che aveva incrociato sua madre in persona aveva pure dovuto inventarsi qualche scusa, dicendo che sarebbe andata a fare una piccola scampagnata fino all'inizio dei loro latifondi. Sua madre aveva cominciato a cinguettare lodi e complimenti orgogliosi su com'era bella, vestita così da signorina per bene, ma si era interrotta bruscamente quando Merida aveva dato segni di impazienza. «Se proprio devi andare, vai... ma non permetterti di sporcarti!» aveva concesso la padrona di casa distogliendo il suo cipiglio ora severo da lei per ritornare alle composizioni floreali della sala da ballo. Se solo avesse saputo dove lei andava davvero, avrebbe fatto una scenata assurda...
Lo scrosciare lento e pigro del fiume fece capolino tra i suoi pensieri, facendole alzare lo sguardo. Il Tippah era arrivato davanti a lei: abbracciava la residenza Dunbroch da dietro, formando una grossa ansa per poi proseguire con una curva a sinistra, alla ricerca del Mississippi. Separava il perfettamente curato giardino della villa dai boschi e dalle campagne adiacenti, ma per lei rappresentava un muro meraviglioso che divideva le stupide regole e l'etichetta di sua madre dal vero mondo di Merida.
Angus, accanto a lei, nitrì piano, come se già non vedesse l'ora di attraversare il fiume. Merida sorrise e lo condusse verso il guado segreto, dietro il gazebo del tè e il piccolo labirinto. Aveva fatto talmente tante volte quel percorso che ormai niente poteva spaventarla e in men che non si dica si ritrovò dall'altra parte del fiume, in groppa al suo cavallo. Sua madre non avrebbe sospettato un accidente quando Merida sarebbe ritornata a quella stupida festa: si era bagnata soltanto un po' le punte di quelle pseudoscarpette mangia-piedi, mentre il vestito era rimasto lindo come quando la sarta lo aveva preparato. Certo, considerando dove stava andando era possibile che non lo sarebbe rimasto a lungo, ma Merida non ci pensò.
Indirizzò Angus verso i campi più distanti, all'orizzonte. Poi, dalle parti dei boschi, passarono dal trotto al galoppo, lasciando l'erba falciata dove passavano. Qualche uccello volò via con versi acuti al loro passaggio e Merida si lasciava sfuggire ogni volta un sorriso, specie quando, per compiere un salto, doveva aggrapparsi alla criniera di Angus, appiattendosi sulla sua schiena. Il cavallo correva e poi saltava l'ostacolo- un tronco, un fossato, qualunque cosa- e Merida sentiva il vento gonfiarsi attorno a lei, i capelli, sfuggiti al giogo dello chignon, che le oscuravano gran parte della faccia dandole l'impressione di star per volare. Era quella la vita che voleva, non il mondo ipocrita di balli e feste e ragazzi boriosi che sua madre voleva per lei.
Con una buona andatura, superarono in breve i boschi, scivolando nelle vicinanze di un altro fiume, molto più grosso del Tippah. Le sue acque erano marroni per il fango e specie dopo la pioggia diventavano un turbine continuo. Merida non ne sapeva il nome, ma dove si trovava il punto più sicuro per guadare, vicino a una grossa roccia che somigliava un po' a un muso d'orso.
L'attraversata fu più lunga e si bagnò quasi fino al ginocchio mentre Angus arrancava. Quando furono finalmente dall'altra parte, stava tremando, ma questo non diminuiva la sua felicità. Lì gli alberi si facevano man mano più fitti in un intrico di fango e altri piccoli ruscelli, perciò scese piano da cavallo, cercando di non sporcare quello stupido abito. Le scarpette affondarono in un plop fino alle calze, ma si tenne le gonne sù, incastrandole nella tracolla della borsa. Si fece strada per la palude, evitando i serpenti grazie al forte battere per terra di piedi e di zoccoli- fortuna che il posto era troppo piccolo per dei coccodrilli. Ben presto, i suoi piedi erano ormai immersi nel fango e nell'acqua, ma Merida, presa dal brivido dell'avventura, quasi non se ne rendeva conto.
In quel labirinto umido di alberi tutti uguali, chiunque si sarebbe perso, ma Merida era stata lì diverse volte e si era segnata qualche traccia da ricordare- non aveva lasciato segni, però. Sarebbe stato troppo rischioso, le avevano detto. Doveva perfino osservare di tanto in tanto che il fango si mangiasse le loro impronte. Dopo aver superato lo scheletrico ramo che formava una croce davanti a lei, note di una qualche canzone cominciarono a farsi lentamente strada verso di lei. Sorrise e aumentò il passo. In dieci minuti, la musica si era fatta ormai forte: spinse via una parete di foglie melmose simili ad alghe e una serie di baracche di legno sfilò davanti a lei.
Ogni casa era stata costruita con ammassi di legno trovati in giro, alla faccia delle grandi ville dove sua madre e le altre famiglie amavano vivere. Erano molto più belle di quei pavimenti di marmo. Una aveva addirittura dei fiori che crescevano sopra il tetto, un'altra era stata costruita addosso e in parte dentro a un vecchio albero tutto piegato su sé stesso. «Madame Merida!» Una voce squillante la affiancò assieme alle note di un mandolino.
«Ciao, Naveen. Come va?»
«Si sopravvive, si sopravvive!» Il ragazzo le passò fin troppo amichevolmente una mano sulle spalle. «Ehi gente!» Si rivolse verso le baracche. «Venite qua, c'è Merida!»
Ci fu del movimento nelle baracche, e nelle zone più distanti e in ombra, seguitato da qualche grido entusiasta. Merida cominciò ad armaneggiare con la borsa, cercando di ricordarsi dove aveva messo esattamente le medicine e dove il cibo. Aveva infilato tutto dentro talmente alla rinfusa che diventava difficile trovare le cose giuste al momento giusto. «Come va con Tiana?»
«È ancora un po' dell'idea di dover stare qui per forza». Naveen aveva vissuto fino a due anni prima nel nord, dove la vita per i neri era decisamente più facile. Poi un certo Lawrence lo aveva truffato durante un viaggio nel Mississippi, facendolo passare per uno schiavo fuggito. Avrebbe potuto fare qualcosa- la sua famiglia d'origine era piuttosto facoltosa- ma poi in una piantagione aveva conosciuto Tiana e in poco tempo era diventato davvero quello che Lawrence lo aveva spacciato. E ora, se lui era convinto sul fatto di lasciarsi quel mondo alle spalle e tornare al nord con Tiana, lei invece voleva tutti i costi realizzare il sogno impossibile di suo padre- aprire un ristorante. E dalle parti del Mississippi.
Merida avrebbe voluto chiedere ancora, ma a quel punto fu raggiunta da una vasta moltitudine di saluti e domande.
Jim Corvo e i ragazzi della sua band- tutti fuggiti da una piantagione- furono i primi, principalmente per accaparrarsi gran parte dei sigari. Poi toccò a Bubbles il Cobra, un misterioso uomo sempre vestito di nero che non sorrideva quasi mai; e poi Mowgli, Lilu, Cielo e altri che non conosceva. Svanita parte della ressa- i bambini avevano cominciato a giocare con Angus mentre gli adulti si dividevano tra lo spartire il cibo e il ripetere ancora una volta il loro percorso, Joshua il Dolce, uno dei capi, comparve e le affibbiò una forte pacca sulle spalle, sommergendola di chiacchiere. Merida riuscì a seguirlo per un poco, finché non fu salvata da Toothie.
Anni prima, Toothie doveva essere chiamata Toothiana in casa loro, e indossava vestiti di sicuro molto più imbottiti di quelli attuali. Nonostante avesse solo cinque o sei anni in più di lei, era stata per un po' la sua nutrice e lo sarebbe stata anche dei suoi fratelli, se le stupide signore della buona società non si fossero messe a blatelare che una creola accanto ai bambini non era un bene.
Toothie aveva perso un posto e un pasto caldo, ma ci aveva guadagnato la libertà. Ed era grazie a lei che Merida era entrata in contatto con quei ribelli.
«Come stai, cara?» le domandò, trascinandola via da un Dolce ora impegnato a sommergere Facilier. «Il tuo vestito è così adorabile da essere fin troppo bello! Sarai mica fuggita da qualcosa di importante, vero?»
«Tornerò in tempo» le assicurò Merida alzando gli occhi al cielo. «Sono una tale noia quelle robe. E poi avevo bisogno di fare qualcosa».
Gli occhi indaco di Toothie scintillarono mentre lei si apriva in un sospiro sognante. Mancò poco che faca piroetta. «Oh, doveva mancarti proprio tanto!»
Merida si sentì arrossire. «Non so di cosa...»
«Lì in fondo, cara, tra le due case!» Merida lanciò un'occhiataccia risentita alla nutrice traditrice, ma seguì la sua indicazione, infilandosi tra le due baracche.
Lo trovò a testa in giù, appeso con le gambe a un ramo. Quando la vide, si mise a ridere così forte che per poco non perse l'equilibrio.
Lei reagì avvicinandoglisi e spingendolo giù. Jack dondolò pericolosamente, ma purtroppo non cadde. «Dio benedetto! Ma che ti sei fatta?»
«Che mi ha fatto mia madre, piuttosto!»
Jack scivolò giù dal ramo con una capriola, ridendo ancora. Nella penombra data dagli alberi così alti, i suoi capelli e la sua pelle sembravano ancor più candidi. Perfino i suoi denti lo erano - Toothie, che da un po' si definiva sua sorella maggiore, li chiamava "piccole perle". Merida non aveva mai capito se Jack fosse un bianco abbandonato o un bimbo nato bianco in una famiglia nera - aveva sentito che a volte capitava. La donna che aveva cresciuto Jack era morta tempo prima e così nessuno lo sapeva con certezza. Alcuni ribelli avevano detto che si capiva dai tratti del volto, se fosse un vero bianco o no. Non sapeva se fosse vero, ma alla fine, a Merida bianchi e neri sembravano tutti uguali. Proprio non riusciva a capire perché dovesse esserci una differenza. Jack sarebbe rimasto un idiota, qualunque fosse stato il colore della sua pelle.
A conferma di ciò, il ragazzo si asciugò una lacrima dagli occhi chiarissimi. «Hai i capelli mezzi sfaldati e mezzi legati in un coso rotondo in testa... E poi ti si vede quasi la biancheria!»
Merida si strinse nelle spalle, indifferente, ribattendo un "sempre meglio di te che ti appendi sugli alberi!", ma parte dell'etichetta impostale da sua madre le fece comunque allentare la presa della tracolla sulla borsa. La gonna scivolò più giù, quasi fino alle caviglie. «La facciamo questa lezione, o no?»
Il ragazzo fece una smorfia. «Mama Odie se n'è andata da qualche parte per la palude. Ci resta solo Bunnymund, il coniglietto lì.» Indicò con un gesto vago della testa un uomo slanciato che si stava accigliando contro Toothie. A parte per i denti un poco in fuori, solo Jack sembrava vedere in lui qualcosa di simile a un coniglio.
Merida annuì subito, senza nemmeno soffermarsi sul fatto che il Bunnymund li avrebbe fatti sudare di sicuro, e che potesse non essere il massimo, considerato le vesti che aveva indosso. Sembrò arrivare Jack a questa conclusione. «Non so se è il caso, con quel vestito. Sembra costoso. E poi se tornassi a casa in uno stato troppo pietoso e ti facessi scoprire proprio stasera...»
Jack lasciò in sospeso la frase, principalmente perché preso dall'espressione di Merida. La paura e il bisogno di fare qualcosa dovevano essere piuttosto evidenti sul suo volto arrossato. Un po' incerto, Jack fece scivolare le dita sulla sua mano. «Funzionerà. Non ci beccheranno, vedrai.»
Merida annuì una sola volta, con un sospiro liberatorio e una sfumatura di nuovo decisa negli occhi. Le increspò le labbra un sorriso a cui Jack rispose, prima di riderle di nuovo in faccia per lo stato dei suoi capelli, dando immediatamente inizio a un nuovo scontro.

Il giorno seguente, dopo aver sopportato ben tre pretendenti al ballo, a detta di tutti Merida partì per andare a trovare il cugino Hiccup al nord. Nello stesso momento, però, comparve una signorina a lei estremamente simile che, con un marito dai capelli bianchi, portava due carri zeppi di schiavi in una loro piantagione al confine. Nessuno immaginò che, un mese dopo, quelli che nei carri erano stati identificati come schiavi avessero tutti una nuova vita al nord.



N.d.A.
Rieccomi qui. In ritardo, ma sono qui. Sono stata impegnata ad aggiornare la mia long Disney, Promessi Rivali, ma non ho dimenticato questa raccolta. Verrà aggiornata, non in modo regolare, ma verrà aggiornata. E per questo devo ringraziare la mia beta per il suo betaggio super duper veloce (grandissima!).
Per quanto riguarda la shot, si ambienta si tempi appena precedenti alla guerra di secessione americana; mi sono affidata alle fonti su Wikipedia e a vari testi letti a Letteratura Inglese- molto interessanti, tra l'altro. In epoca successiva alla guerra civile, divenne quasi una prassi per gli albini, i nati bianchi all'interno di famiglie nere, eseguire un "Passing", ovvero un fingere di essere effettivamente bianchi per poter godere del meglio della società: terribile, vero? Mi sono ispirata a questo aspetto per scrivere la storia.
Ho utilizzato in gran parte personaggi colored già presenti nei vari film d'animazione, come Bubbles il Cobra (Agente Cobra di "Lilo e Stitch") e Jim Corvo (nome effettivo del capo della band di corvi in "Dumbo"). Ho cercato di far quadrare il tutto, ma non garantisco nulla... Diciamo che è un mio tentativo sia per quanto riguarda la coppia Jarida, sia per lo scrivere qualcosa riguardo la tematica dell'emancipazione non razziale, ma umana. Accogliere qualcuno in apparenza diverso pare essere sempre difficile per la società- e devo ancora capire esattamente quale sia il problema... Comunque, spero di essermi espressa nel modo corretto.
Detto questo, vi saluto. La prossima shot avrà come tema principale un cartone che è anche un libro (precisamente due) e un film (precisamente taaanti film fatti da diverse case di produzione).
Adieu!
Nox

  
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