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Autore: BrideOfTheWind    27/05/2009    1 recensioni
Pensai che quel posto fosse davvero emblematico della mia vita, che forse avrei potuto dire di aver avuto persino fortuna, ad aver trovato una così perfetta rappresentazione della situazione nella quale mi trovavo invischiato. Muri tutt’attorno, e solo una minuscola speranza, là in alto, fuori portata. E, malgrado questo, quel pezzettino di cielo restava sempre la direzione verso la quale alzavo lo sguardo e tendevo con ogni fibra del mio essere. Perfetto, pensai. Questo luogo fa proprio per me.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wherever you are, whatever you do, I feel the walls surrounding you

Note: Fanfiction scritta per l’AngstFest organizzato da Fanworld.it. Prompt: Originale introspettivo, personaggio unico, “I feel the walls surrounding you” (Within Temptation, Another Day)

 

Walls Surrounding You

Wherever you are, whatever you do,

I feel the walls surrounding you.

[Another Day- Within Temptation]

 

Guardando fuori dalla finestra della cucina, vedevo il muro della casa di fianco. C’era solo un vicolo stretto tra i due edifici, e potevo distinguere con chiarezza le macchie di sporco e umidità sul vecchio intonaco verde e scrostato del palazzo vicino.

Non c’erano finestre, su quel muro; saliva alto, monotono ed inesorabile, fino a coprirmi il cielo.

L’avevo sempre odiato: mi dava una sensazione di oppressione, di decadenza così inesorabile da darmi la nausea. Lo vedevo sempre, in ogni momento della mia vita in quella città dove ero arrivato giovane, inseguendo un sogno, e dove mi ero poi scontrato con la realtà. Non importava dove fossi, che cosa stessi facendo o con chi stessi parlando: percepivo la sua presenza, ogni secondo, a ricordarmi i miei limiti e i miei fallimenti. Quel muro mi perseguitava, mi schiacciava, mi intrigava.

Ricordo vagamente il pomeriggio d’inverno durante il quale, spinto dalla noia, dall’apatia, da quella sensazione di sfinimento che non aveva nulla a che fare con i miei turni di lavoro e che non mi abbandonava ormai che in rare occasioni preziose, mi feci strada tra la spazzatura abbandonata nel vicolo e dal basso mi misi ad osservare tra gli edifici quella piccola, esile e stinta striscia di azzurro-grigio.

Mi accorsi che, a parte le finestre e il colore diverso dell’intonaco, i muri dei due palazzi si assomigliavano: avevano lo stesso macabro sudiciume, la stessa umidità di decomposizione.

Pensai che quel posto fosse davvero emblematico della mia vita, che forse avrei potuto dire di aver avuto persino fortuna, ad aver trovato una così perfetta rappresentazione della situazione nella quale mi trovavo invischiato. Muri tutt’attorno, e solo una minuscola speranza, là in alto, fuori portata. E, malgrado questo, quel pezzettino di cielo restava sempre la direzione verso la quale alzavo lo sguardo e tendevo con ogni fibra del mio essere.

Perfetto, pensai. Questo luogo fa proprio per me.

Una sera, l’afa mi stava affogando. Pur sapendo che non avrei trovato che altra afa, spalancai la finestra. Nell’umidità palpabile, il muro sembrava ancora più vicino, ancora più morto, incombente verso di me, quasi minaccioso. Non riuscii a non tentare di guardare il cielo.

Mi sporsi fino a scorgerne un pezzetto, proteso sopra la strada, aggrappato alla cornice della finestra con le mani.

Era pesante, solido, grigio piombo.

Lo osservai un istante, annaspando. Poi le mie dita cedettero.

E così sono qui da minuti o da ore, sepolto tra i rifiuti, ad osservare il piombo pesante di un altro muro sopra di me, di un muro che non mi era accorto di avere, che incombe su di me, togliendomi il fiato.

Non so se morirò, non so se finirà davvero tutto qui, ma so ormai che la mia speranza è stata inghiottita, che non potrò più aggrapparmi a lei per andare avanti. E ho paura.

Come farò a sopravvivere in questa gabbia dove siamo tutti rinchiusi, senza più credere in niente?

 

 

  
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