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Autore: Indys    08/01/2017    1 recensioni
Tratto dal testo:
«Ma Ailea non trattenne un minuto in più. Non aveva il coraggio di far scontrare nuovamente i suoi occhi con quelli di Armin, seppur arrossati dalle lacrime, celesti, ed intensi, con un particolare luccichio.
Non un celeste qualunque, non degli occhi qualsiasi.
Due di quelli che resteresti a guardare per minuti, ore, giorni interi.
Di quelli che ti ci perdi dentro, che ti incantano. Occhi che solo Armin possedeva...»
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Dolcetta, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Armin sorseggiava una tazza di cioccolata mentre era adagiato sul bordo della finestra, con lo sguardo perso e rivolto verso qualche parte di cielo.

Uno sguardo vuoto.

Uno sguardo scuro, cupo.

Uno sguardo privo di sentimenti, ma invaso di dolore.

Uno sguardo stanco, di chi aveva provato a rialzarsi troppe volte, per non cadere più.

Armin osservava il tramonto, osservava con soggezione quella palla rosso fuoco, che iniziava la sua discesa all'orizzonte. Osservava come il cielo cambiava d'aspetto, quando, le nuvole grigie e spesse, si sfaldavano per lasciare il posto a una tavolozza di colori sfumati. Istante dopo istante, il quadro vivente che gli si trovava di fronte agli occhi, sembrava trasformarsi in qualcosa di nuovo, qualcosa di unico.

Armin rimase stupito da tale incanto, in fondo lui era così.

Amava la natura, quei piccoli particolari che spesso venivano sottovalutati, o addirittura non venivano affatto presi in considerazione. Quei dettagli di cui non si curava nessuno, a lui piacevano. Armin era semplice, tanto semplice quanto bello.

Eppure non era mai riuscito a rendersene conto.


Ripensava a ciò che era successo il giorno prima.

Non riusciva a scacciare via quella brutta immagine.

In un solo momento, gli era crollato il mondo addosso. Pensava e ripensava, perché la gente riusciva ad essere tanto crudele?  E soprattutto, perché proprio suo padre?


Era dell'idea che in giorni come quelli, era meglio stare a letto con le coperte sulla testa, le cuffiette, e magari riuscire ad isolarsi dal resto del mondo.


Avrebbe anche potuto accontentarsi, ma in fondo, è così che si diventa infelici. Il rumoroso suono del cellulare che vibrava,  scacciò via ogni suo pensiero.


Gli era appena arrivato un messaggio dalla ragazza che l'aveva completamente rapito, con un solo sorriso, fin dal primo istante.

 Erano due sentimenti eterni in perenne lotta, una lotta piuttosto dolce. Uno era alla ricerca dell'ordine, mentre l'altro era tale al fascino del caos. Così diversi e simili allo stesso tempo.


Quella ragazza era Ailea.


Cercava, di riuscire ad avere una risposta da Armin, la paura di perderlo era più grande di qualsiasi cosa.

Dopo ciò che era successo, Ailea pensava che Armin non l'avrebbe voluta vedere per il resto dei suoi giorni.

Non doveva trovarsi lì fuori, in quel momento.

Il suo unico scopo era quello di aiutarlo, perché lo sapeva, lo aveva capito e ne aveva avuto la conferma.

Armin stava avendo dei problemi.


Messaggio dopo messaggio, chiamata dopo chiamata.


E continuò.


- È difficile non pensarti, mi manchi. -


Ma Armin non rispose, si sentiva perso, deluso.

Era certo che suo padre l'avesse spaventata. E non se lo sarebbe mai perdonato.

Suo padre, sì. Nonostante tutto, Armin continuava a chiamarlo in quel modo.


Anche se, per un attimo pensò di star esagerando, forse era colpa sua, forse.

Forse, o sicuramente, aveva sbagliato qualcosa, pensava.

Forse se l'era meritato.

Forse.

- Armin, mi fai preoccupare, cazzo.

Rispondimi e chiariamo tutto, ti prego, io ne ho bisogno. Ho bisogno di sapere che stai bene.-


E si ricordò di troppe cose, che a riprovarle tutte insieme gli fecero male al petto.


- Come aveva potuto, quell'uomo, trattarlo in quella misera maniera?

Gli fiorirono nuovamente quelle immagini. Le immagine di lui, tremolante che provava a rimettersi in piedi mentre quel maledetto scalciava il suo stomaco ripetutamente.

Cadde.

E l'uomo continuava a scalciare, ancora.

Si accasciò a terra, cercando di urlare. Inutile. La voce gli si spezzò ancor prima di uscire.

E scalciava, ancora, piú forte.

Si aggrappò con tutte le sue forze al tavolino accanto a lui, inutile. Mollò la presa.

E scalciava, ancora, ancora, e ancora.

Quegli occhi,  quegli occhi rosa,  li avrebbe riconosciuti dovunque, in qualsiasi momento.

Avrebbe lottato per lei,  a qualsiasi costo.

Ma no, non ci riusciva. Ne era incapace in quel momento. Aveva perso il fiato, la forza, e i sensi.

E l'uomo scalciava, scalciava ancora. Più forte di prima.

-

Alisea rimase pietrificata davanti a quella scena. Osservava la scena di fronte loro, che non si accorsero di lei. Come se in quel momento fosse diventata invisibile.

Armin era lì, davanti a lei, buttato a terra con la fronte sanguinante, gli occhi gonfi, neri. I vestiti ridotti in uno straccio, e le mani piene di lividi. 

Era pietrificata.

Vedere Armin, il suo ragazzo,  in quelle condizioni, la fece morire dentro.

I loro sguardi si scontrarono per un attimo che sembrò durare anni.


Eppure non pianse.

Neanche una lacrima.

Ma si allagò dentro.

Potè giurare di aver sentito il suo cuore sgretolarsi in tanti piccoli pezzi.

Come quando si mozza il fiato per qualche secondo, poi senti una sorta di vuoto, di voragine, perforarti lo stomaco,  e subito dopo, il nulla.

Il nulla assoluto.

Non riusciva a capacitarsene.

Per tutto quel tempo era stato zitto, e lei,  all'oscuro di tutto.

Questa era la spiegazione a tutti quei lividi, graffi e cicatrici.

E nessuno mai se n'era accorto.

Nessuno era mai andato oltre quel finto sorriso.

Nessuno.


Non poteva crederci.

Scappò, Ailea scappò.

Si sentì talmente inutile da non riuscire a proferir parola. I suoi grandi occhi rosa bruciavano, bruciavano tanto e le pizzicavano. Avevano perso quella luce di sempre, che ormai li caratterizzava. Provava un dolore atroce, asfissiante.

Per il suo ragazzo.

Non si era mai innamorata di nessuno come lo era di Armin, e si sentiva un'idiota, un'inutile idiota.

Non fece nulla.

Riuscì solo a soffocare un lamento, chiudendo gli occhi, sperando di risvegliarsi da un brutto incubo.

-

“ Non sono poi così importante.

Dopotutto, la vita è una costante incertezza. ”

Mormorò a sé stesso.

Il ragazzo rise nervosamente, tornando a soffermarsi sul paesaggio.


Venne colto di sorpresa quando notò una figura piccola e bassa avvicinarsi a lui, era talmente distratto dai suoi pensieri da non aver udito lo scricchiolio della porta che si apriva.

Alisea tentò di sorridere, imbarazzata.




Due cerchi rosa apparvero nelle sue guance, ed abbassò lo sguardo. La timidezza era una delle tante caratteristiche di Ailea che preferiva.

Se n'era invaghito dalla prima volta in cui la vide, era bellissima, ricordava il maglione azzurro che le risaltava il colore degli occhi rosa e la sciarpa bianca che si confondeva coi suoi capelli naturali dalle sfumature argento. Guance rosee e labbra rosse, anch'esse al naturale, odiava il trucco. Profumava di rose, un profumo talmente dolce e delicato che gli pareva di trovarsi in un campo fiorito e respirare quell'aria pura, di natura. Era sempre stata timida, Armin ricordò la prima volta in cui la vide sorridere, due tenere fossette si fecero spazio ai bordi del suo sorriso, e buona parte delle volte tendeva ad arrossire. Per lui era semplicemente una meraviglia, una meraviglia rara.

Nessuna era come lei, lei era diversa da tutti e da tutto.




Ailea si sentiva in colpa.

Fin troppo.

Desiderava tanto poterlo riabbracciare, lasciandogli dei dolci baci sulle morbide guance, poi scendere all'altezza delle labbra, e schioccargli un bacio dopo l'altro, com'era suo solito fare.

Ma sapeva quanto si sentisse confuso Armin in quel momento. Si limitò soltanto ad appoggiare una delle due piccole mani sulla sua spalla.




“Ti fa male qui?” Chiese dolcemente.


Armin annuì, alzando gli occhi verso lei.

Solo in quel momento si accorse di come le sue pupille fossero rosse, forse di pianto, forse di rabbia.

Non parlò, ma capì tutto con un solo sguardo, quasi volesse dire "lui mi ha ridotto così”.

Rimase stupita quando lo vide accennare un mezzo sorriso. Non se l'aspettava.




Ma Ailea non trattenne un minuto in più. Non aveva il coraggio di far scontrare nuovamente i suoi occhi con quelli di Armin, seppur arrossati dalle lacrime, celesti, ed intensi. Con un particolare luccichio.

Non un celeste qualunque, non degli occhi qualsiasi.

Due di quelli che resteresti a guardare per ore, giorni interi.

Di quelli che ti ci perdi dentro, che ti incantano. Occhi che solo Armin possedeva. Perché sì, nonostante tutto, lui era speciale. Non era il solito ragazzo, non era un ragazzo qualsiasi.

Lui era lui.

Quello che per paura di sbagliare, per paura di essere giudicato, criticato, per paura di essere definito "sbagliato", paura di non riuscire a relazionare, di sentirsi diverso, escluso, si rifugiava in qualsiasi altro mondo che non appartenesse alla realtà.

Quello che pur di dimostrarti amore ti regalerebbe la luna, quello che ti fa innamorare e perdere la testa.

Nessuno conosceva il vero Armin.

Nessuno conosceva le sue paure.

Nessuno era in grado di capirlo.

Nessuno capiva di cosa aveva realmente bisogno. Si nascondeva da tutti, aveva una sorta di scudo, di maschera, mentre l'unica cosa che voleva, era ricevere amore, vero.

E nessuno aveva saputo darglielo.

Nessuno se non Ailea.


“Vorrei poterti spiegare come mi sento, cioè... Quello che sento” Disse, quasi sussurrando, Ailea, intenta ad interrompere quel silenzio. Armin fece cenno col capo, annuendo nuovamente.


“So che nessuno sarà mai in grado di sostituirti. L'ho sempre saputo.”


Ailea prese qualche cerotto e tra una frase e l'altra andava picchiettando il cotone inzuppato di disinfettante sulle ferite del ragazzo.


Continuò.


“E non ti devi preoccupare per me, per ieri.

È tutto okay, io sono qui. A prendermi cura di te. Di te che sei il mio piccolo, grande amore.

E non ti lascerò andare mai, mai. Per nessuna ragione al mondo.”

Armin strinse gli occhi e dischiuse le labbra, mentre Ailea gli spostava un ciuffo di capelli che gli ricadeva sul viso,  accarezzandogli la fronte.


“Sceglierei te, sempre. In un centinaio di parole, in qualsiasi versione di realtà, ti sceglierei.” Gli disse, avvicinandosi ancor di più e baciandogli delicatamente la ferita che si ritrovava vicino all'angolo delle labbra.


“Spesso penso che ho te, e mi ricordo di come mi fai sentire, di come mi sento quando sto con te e mi rendo conto che, ho anche io, un posto nel mondo, e voglio viverlo con te, perché tu sei l'unica che riesce a farmi sentire unico, semplicemente unico.”

 Armin sorrise.

E si fermò un istante.


“Ho un disperato bisogno d'amore.” Disse, con voce fioca.


A quelle parole, gli occhi della ragazza, brillarono. Scontrandosi con quelli di Armin, che la circondò in un forte e amorevole abbraccio.


Armin l'aveva sempre amata, dal primo momento. Strinse con affetto la sua piccola Ailea, mentre lei avvolgeva le braccia attorno al suo collo, aspirando un po' del suo profumo rilassante e piacevole.

Le accarezzò lievemente il viso, soffiò sulle sue labbra chiuse in un sorriso e la baciò, in modo folle, ambiguo, contemporaneamente appassionato e leggero, fu un bacio indescrivibile, essenzialmente unico.

Le due labbra si congiunsero alla perfezione,  un bacio così lento e pieno d'amore, un bacio che pareva perfetto sotto ogni aspetto.

Le sue grandi mani cinsero i fianchi di Ailea e la avvicinò ancor di più a sé, in modo che tra loro non ci fosse un millimetro di distanza.

E non desiderava altro, in quel momento e per sempre.

A lui bastava questo per essere felice.

E sorrideva.

Sorrideva perché sapeva che tra loro due ci sarebbero stati alti e bassi, ma si sarebbero amati in qualsiasi modo, incondizionatamente, sempre.

Ailea sarebbe potuta restare lì a fissarlo sorridere per ore ed ore, lo guardava come se fosse la cosa più bella del mondo, quei suoi sorrisi veri, quei sorrisi così forti e belli da rimanerti dentro, così sinceri da farti stare bene.


“In questo momento, vorrei soltanto dormire accanto a te, nient'altro.”

Ailea l'accontentò.

I due si fecero spazio tra le coperte, e l'uno si accoccolò all'altro.

“Penso che profumi di un odore che mi piacerà sempre.”

Disse il moro, lasciandosi cullare dalla dolce fragranza di rose.

Ricevette un morbido bacio sulle labbra, ed insieme, dormirono.


« Il sole stava tramontando, terra bruciata che inondava l’orizzonte. L’immagine gli ricordò che il tempo era breve, ma che ancora adesso, al termine di giornate fredde e malinconiche, potevano spuntare fuori dei bei finali.»




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 FINE.



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MACCCCCIAO BELLE.


Okok, non mi dilungherò troppo. Dico soltanto che è la mia prima OS, e praticamente anche la prima volta che scrivo qualcosa, quindi -e sicuramente- troverete degli errori.

Inoltre ci terrei tantissimo se dedicaste un solo minuto del vostro tempo a me, per lasciare una piccola recensione alla storia, anche solo dicendo se vi è piaciuta o meno.

Accetto anche eventuali critiche, che non siano insulti.

Detto questo, MI DILEGUO.

Byyee💕

   
 
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