Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: SherlokidAddicted    08/01/2017    4 recensioni
- John, tu chi sei per me? – Si asciuga le lacrime con il palmo della mano. Mi sembra di guardare un bambino indifeso e impaurito. E quel bambino indifeso ha bisogno di qualcuno che lo aiuti e che lo sostenga, ed anche se non mi riconosce voglio essere io quel qualcuno che lo prende per mano e lo guida. Accenno un sorriso ed abbasso lo sguardo sulla punta delle mie scarpe.
- Vuoi davvero saperlo? – Lui annuisce. Il velo di paura nei suoi occhi sta pian piano svanendo, sembra ricominciare a fidarsi di me. – Ci arriverai da solo, con calma. -
Cosa mi passa per la testa, dite?
Perché non ho semplicemente detto “Sherlock, io sono tuo marito”?
Non lo so. Ho come l’impressione che questo sia il modo giusto per affrontare la cosa. In fondo non sa chi sono, credo che avrebbe reagito male se avesse saputo già da subito la verità. E questo non è mentire! Semplicemente lascerò che sia lui a capirlo… o spero a ricordarlo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il capitano John Watson




Il tempo è volato. Non ho niente di importante su cui soffermarmi di quello che è successo in questa settimana… a parte forse la sera in cui Sherlock mi ha pregato di leggere ciò che io ho scritto sulla nostra prima avventura, Lo studio in rosa. È successo in tarda sera. Sherlock si era fatto trovare a letto con il mio portatile sulle gambe, sapendo che io sarei passato per la sua pillola serale. Non ho potuto resistere dallo sdraiarmi accanto a lui e cominciare a leggere.
Ha ascoltato con profondo interesse, interrompendomi con qualche quesito di tanto in tanto. Subito dopo ho posto la fatidica domanda: “Ti viene in mente qualcosa?”, alla quale lui ha risposto negativamente, si è addirittura scusato con uno sguardo dispiaciuto. Non posso pretendere troppo da lui, in effetti.
Oh, dimenticavo! Ha avuto un’altra seduta dal dottor Portman e ne è uscito abbastanza soddisfatto. Ovviamente sapevo che non me ne avrebbe parlato, ha detto che ciò che loro si dicevano durante le sedute doveva restare segreto, almeno per un po’… mi sembrava addirittura imbarazzato ogni volta che usciva fuori l’argomento “James Portman”, cercava in tutti i modi di deviare il discorso su qualcosa di più semplice. Ho seguito quindi il consiglio della vocina della mia testa:

Lascialo respirare, John!

Oggi è domenica. Sherlock ha sempre odiato la domenica, diceva che era il giorno in cui perfino i serial killer si prendevano una pausa dalle loro attività perché secondo lui morivano di noia. Di solito era il giorno in cui si divertiva a sparare al muro, a lamentarsi per le sigarette e delle regole “assurde” del Cluedo.

Spero che non si ricordi subito di quel gioco, su quello mi faceva sempre sclerare.

Le cose sono leggermente cambiate. Si annoia, come sempre, ma invece di attentare alla parete dell’appartamento si limita a stare seduto sul tavolino di fronte al divano, con le gambe incrociate e lo sguardo fisso alla mappa di Londra e alle foto segnate e attaccate dalle puntine da disegno. Chissà a che pensa mentre storce le labbra verso destra.
Una bella doccia è quella che di sicuro mi aiuterà a rilassarmi, quindi abbandono Sherlock ai suoi pensieri e mi lascio andare sotto il getto tiepido che rapido inzuppa i miei capelli. Ultimamente sono cresciuti abbastanza, dato che badare ad un consulente investigativo non mi ha permesso di dedicare un po’ di tempo a me stesso o per andare dal barbiere. Il ciuffo è abbastanza lungo da coprirmi gli occhi. Certo, sarei potuto uscire tranquillamente lasciando Sherlock nelle adorabili mani della signora Hudson… ma non me la sento di lasciarlo solo, non dopo quell’attacco di panico e d’ira nei miei confronti. Devo tenerlo d’occhio come se ne valesse la mia vita, ed è così in fondo.
Quando mi asciugo i capelli, allora, decido di pettinarli all’indietro, così che quel ciuffo sarebbe rimasto al suo posto. Mi accorgo anche di avere una leggera barbetta incolta sulle guance e sul mento e con questa pettinatura sembro addirittura tutt’altra persona. Potrei giurare di apparire anche più virile e giovane in questo stato. Adesso ho la fronte scoperta e i miei occhi risaltano maggiormente mentre guardo la mia figura allo specchio, penso mentre cospargo una piccola dose di gel sul lavoro appena finito. Sono soddisfatto del risultato.

L’importante è non farsi crescere quegli orribili baffi che Sherlock avrebbe di sicuro bocciato.

In salotto, trovo ancora Sherlock immobile sul tavolino, solo che stavolta ci è salito in piedi e sta fissando con sguardo indagatore una foto posta al centro della sua mappa, c’è raffigurata una donna e lui l’aveva cerchiata con un pennarello rosso, mentre tutti gli altri individui erano stati segnati con una x. Probabilmente sta cercando di ricordare chi quella persona sia.
I miei passi devono aver fatto abbastanza rumore da farmi sentire, dato che adesso si rivolge a me, senza staccare gli occhi dai capelli biondi della ragazza catturata in quell’immagine.
- John, dici che dovrei riprendere ad indagare? –
- Beh, dovresti ricominciare da capo. Devi considerare che per te sarebbe un bello sforzo viste le tue condizioni. – Dico, affiancando il tavolino ed incrociando le braccia al petto.
- Sono giorni che ci lavoro su, nella mia testa. – Mormora muovendo lentamente le dita della mano, quella del braccio fratturato. Ogni tanto lo fa per alleviare il continuo formicolio. – Beh, solo che… ho paura di poter avere qualche piccola ricaduta se mi dedico al lavoro sul campo, forse dovrei continuare a lavorarci da solo. – I miei occhi sono puntati sulla sua alta figura. Il suo corpo guarisce in fretta, è la sua mente che fatica a riprendersi. Non ricorda, confonde facilmente i vocaboli, dimentica le frasi mentre le pronuncia, gli capita di dedurre Greg quando ci viene a trovare, e mi duole ammettere che per il 50% delle volte quelle deduzioni sono errate. Però ci sono degli esercizi che mette in atto, esercizi di cui non sono a conoscenza per via del dottor Portman, ma lui dice che lo stanno aiutando a stabilizzarsi, ad avere la mente lucida.
- Sherlock, sono contento che tu voglia metterti al lavoro e cercare di riprendere la tua vecchia vita, davvero… ma non credi di essere un po’ troppo frettoloso riguardo alla cosa? Insomma, sei ancora abbastanza confuso e non vorrei che tutti questi pensieri contribuissero a far peggiorare il tuo stato. – Abbassa la testa sconsolato. Si è accorto che ho ragione sotto un certo punto di vista, ed il fatto che io sia un medico lo aiuta a capire che i miei consigli sono anche strettamente professionali.
- Già, hai ragione. – Sospira profondamente. – Devo aspettare? –
- Lo preferirei per te, sì. Ma questo non vuol dire che non puoi più dedicartene. Magari una volta ogni tanto potresti lavorarci, ma solo una volta ogni tanto. – Il mio tono deve sembrare dolce e protettivo, perché mentre ancora lo osservo con il suo sguardo basso, posso notare il leggero sorriso fare capolino dalle sue labbra. È in quel momento che si gira e finalmente mi guarda. Il suo sorriso svanisce. Le sue labbra si schiudono leggermente e le sue pupille sono talmente dilatate e sorprese che per un attimo penso al peggio. Si umetta le labbra con la lingua mentre scende dal tavolino senza staccarmi gli occhi stupiti di dosso.
- Stai bene? – Chiedo dopo interminabili secondi di silenzio. Lui distoglie subito lo sguardo e lo fa vagare sul pavimento. Noto il suo nervosismo nel modo in cui cerca di evitare le mie attenzioni subito dopo la domanda che gli ho posto.
- Certo… - Mormora per poi tossicchiare e dirigersi a passo ampio e svelto verso la cucina. Non me la bevo, so che qualcosa non va da quando mi ha guardato in faccia.
- Sei sicuro? – Lo seguo e sto attento ad ogni suo movimento nervoso mentre riempie di acqua il bollitore, forse nel tentativo di prepararsi un tè caldo, l’unico che ho scoperto essere un calmante per lui.

Non va affatto tutto bene, in caso contrario non avrebbe bisogno di tranquillizzarsi con una tazza fumante.

Cosa ti turba Sherlock?

- Sì, insomma… perché non dovrei? – Rimango in silenzio mentre con mano tremante cerca a tutti i costi di accendere il fornello, perdendo la presa sulla rotellina dell’accendino ad ogni disperato tentativo. Mi affretto subito ad aiutarlo e porto la mano a poggiarsi sulla sua, bloccando i suoi tremori. Si gira verso di me e solo dopo svariati secondi, perso nelle sue iridi cangianti con quella particolare caratteristica di eterocromia, mi accorgo che siamo pericolosamente vicini e che i nostri respiri si mescolano l’uno con l’altro.
È vero, avrei potuto spostarmi, avrei potuto allontanarmi e lasciare che accendesse quello stupido fornello… ma non l’ho fatto. Sono rimasto lì, immobile a pochi centimetri dal suo viso, con gli occhi puntati nei suoi ed un leggero sorriso ad increspare le mie labbra sottili. Non gli ho ancora detto cosa ci fosse tra di noi, ma spero con tutto il mio cuore che lo capisca adesso, che i miei gesti e i miei segnali gli facciano intuire ciò che siamo stati in passato. Non saranno le mie parole a comunicargli il nostro stato, ma i gesti… voglio che lo capisca da solo, ed il fatto che io non mi stia allontanando deve essere uno degli indizi che dovrà analizzare a fondo per arrivare all’ovvia conclusione, ovvero che io amo l’uomo che ho di fronte, che l’ho sposato e che non avrei potuto fare scelta migliore nel mettergli la fede al dito.

Sono stanco di tenere segreto tutto questo.

Sta per parlare, la sua bocca si apre appena ma le parole gli muoiono in gola quando la sua mano si ritira di scatto lasciando cadere l’accendino sul ripiano della cucina, con un lamento di dolore. Era riuscito ad accenderlo a quanto pare, ma era talmente distratto dal mio sguardo che non si è accorto che la piccola fiamma lo stava per scottare.
- Stai bene? – Chiedo preoccupato mentre si porta il polpastrello fra le labbra per alleviare il bruciore.
- Sì… - Dice, poco convinto.
- Fammi vedere. - Quindi afferro la sua mano e la tiro verso di me, in modo da poterla controllare alla luce. – Mi piace come hai pettinato i capelli… - Mormora con evidente imbarazzo, dettato dalla voce tremante e dal modo in cui sento il suo cuore pulsare velocemente mentre la mia mano gli cinge il polso.
Se ho avuto un buon maestro (e l’ho avuto), posso finalmente capire a cosa è dovuto il nervosismo di Sherlock che è ancora immobile davanti a me a fissare i miei occhi stupiti.

A quanto pare la nuova pettinatura non piace solo a me.

Sherlock sembra decisamente apprezzare, e me lo ha dimostrato in una maniera abbastanza evidente.

Questo pensiero mi fa sorridere involontariamente.
- Insomma, ti stanno bene. Dovresti lasciarli così, ti donano. Cioè, a me piacciono… molto. – La sua parlantina balbettante e imbarazzata mi fa ridacchiare a bassa voce.

Dio, è così bello quando si imbarazza. Quegli zigomi arrossati sono adorabili.

Faccio ciò che nessuno dei due si aspettava accadesse: mi avvicino velocemente e le mie labbra si poggiano dolci e delicate sulla sua guancia maledettamente calda dall’imbarazzo. Riesco a sentire il suo respiro mozzarsi e le sue palpebre sbattere sorprese… e il suo profumo intenso solleticarmi le narici mentre allontano il viso dal suo, sussurrando un “grazie” al quale però lui non risponde, ancora intontito dalla mia recente azione.

Ti prego, Sherlock, ricorda. Questi episodi capitavano spesso.

Ti prego, ricordati.

- Janet passa più tardi per salutare, è il suo ultimo giorno. – Dice dopo secondi interminabili di silenzio. Ha preferito cambiare argomento e per il momento lo preferisco anche io, visto l’evidente imbarazzo che c’è fra noi.
- Era oggi? –
- Sì, le mie condizioni… le mie… quelle non mentali, quelle del mio corpo… - Sta accadendo di nuovo, non ricorda i vocaboli, si confonde. Non posso permettere che abbia un altro attacco di panico, ha già iniziato a far tremare le mani quando si è reso conto del baratro in cui sta per affondare.
- Le tue condizioni fisiche? - Lui annuisce affranto, ma è più tranquillo, ha smesso di tremare. Solo che riesco a leggere la delusione profonda nei suoi occhi. La mia mano che dolcemente va ad accarezzare il dorso della sua serve proprio a tranquillizzarlo ulteriormente, ed ogni contatto pelle su pelle sembra smuovere qualcosa in entrambi. Capisco con un unico sguardo che prova sollievo quando lo sfioro, quando gli parlo dolcemente e quando mi lascio andare a piccoli gesti con lo scopo di aiutarlo a riprendersi.
-  Sì, quelle… - Si schiarisce la voce con una finta tosse, poi riprende a parlare. – Le mie condizioni fisiche sono migliorate e ha detto che posso cavarmela da solo. –
- Chiederò alla signora Hudson di preparare qualcosa da offrirle… -
- Ci ho già pensato io mentre eri sotto la doccia. – Ci sorridiamo a vicenda, e solo dopo mi accorgo che la mia mano è ancora intenta a carezzare la sua.
 
***
 
Janet è stata veramente indispensabile in queste settimane. Mi è dispiaciuto il fatto che ci stesse lasciando, ma abbiamo il suo numero, possiamo chiamarla per quattro chiacchere ogni volta che vogliamo.
Ha detto che la mia esperienza medica è già abbastanza per Sherlock, e visti i suoi miglioramenti non c’è bisogno di una persona in più per prendersi cura di lui.

“Tu mi basti, John”, ha detto quando ha capito che mi sentivo abbattuto per lei.

In fondo aiutarlo non mi guastava mai. Mi prendo cura di lui come ho sempre fatto quando stava male, perché sì, signore e signori, anche a Sherlock capitava di avere brutti raffreddori ed influenze, e scordatevi la sua testardaggine in quei casi, perché di certo non se ne usciva con un “nemmeno un po’ di febbre riuscirà a farmi smettere di lavorare”. Quando William Sherlock Scott Holmes si ammalava prima dell’incidente sembrava una sottospecie di zombie. Nessuno riusciva a tirarlo giù dal letto, e per il resto della giornata passava dall’essere insopportabilmente irritabile ad estremamente dolce ed in cerca delle sue coccole… prendersi cura di Sherlock era come avere a che fare con un bambino indifeso, ma io lo amavo e lo amo ancora. Avrei sopportato le pene dell’inferno pur di vederlo stare bene.
Adesso che non si ricorda non è molto irritante, non si lamenta quasi mai e, purtroppo per me, la sera non cerca le coccole del sottoscritto per addormentarsi.

Non avete idea di quanto tutto questo mi manchi.

Nelle giornate seguenti ha tolto il gesso in ospedale, e dopo delle accurate radiografie, siamo stati felici di poter dire che adesso il braccio e le sue costole stanno molto meglio. Ora porta una fascia elastica perché nonostante lui possa muoversi liberamente, il suo osso deve ancora stabilizzarsi del tutto. Non dovrà più portare il tutore, questo lo rende abbastanza felice.
Per quanto riguarda i suoi ricordi siamo ancora nella stessa situazione. Continua a dire di provare delle sensazioni strane e familiari, così il dottor Portman gli ha procurato un quadernetto dove lui appunta ogni cosa che possa sembrare un indizio in grado di riportarlo alla sua vecchia vita. Lo tiene sempre con sé, anche quando siamo in giro, e capita che ogni tanto si fermi a scribacchiare qualcosa con la sua penna nera. Quando tornava dalle sedute comparivano nuove didascalie in quel diario, scritte in penna rossa dallo psicologo. Pare ci lavorassero abbastanza seriamente. Non mi sono mai azzardato a leggerlo… insomma, non mi sembrava il caso, e di certo non volevo intromettermi nei suoi esercizi di recupero.
A volte mi ricapita di pensare al sogno che ho fatto, quello dove Sherlock mi chiedeva (anzi, pregava) di essere forte per lui. E ci penso tutt’ora, mentre lo guardo affiancarmi e camminare a passo lento accanto a me, tenendo le mani nelle tasche del cappotto. Abbiamo avuto l’idea di uscire e camminare un po’, convinto che ciò avrebbe potuto fargli solo del bene. Poco dopo siamo seduti su una panchina di Hyde Park ad ingurgitare fish and chips.
- Che ne pensi? –
- Di cosa? –
- Del cibo, ovviamente – Quella domanda è ricolma di speranza, perché è stato questo che abbiamo mangiato nel nostro primo vero appuntamento, quello avuto dopo aver esternato i nostri sentimenti. Quel giorno mi ero sorpreso del fatto che lui stesse sorridendo per tutto il tempo, era così spensierato, così felice… ed anche affamato, dato che ha mangiato tutto con evidente appetito senza fare storie.
- Beh… è buono. – Annuisco, deluso da quella risposta, ma il fatto che stia pian piano migliorando non rende la mia reazione del tutto indifferente ai suoi occhi. – Oh, intendevi… - Il suo sguardo si sposta sui tovaglioli e sul piatto vuoto che ha sulle gambe, lo fa scorrere su ogni elemento velocemente. – è collegato ad un qualche mio ricordo? –
- In effetti sì. – Dico finendo l’ultimo boccone e pulendomi subito dopo le mani con uno dei tovaglioli.
- Non ho… non ho niente in mente. – Dice mentre appallottola uno dei tovaglioli e lo lascia ricadere sulle ginocchia.
- Non importa. – Dico con un sorriso che vuole sembrare rassicurante. Non devo sembrare debole, non devo disperarmi se non ricorda, perché gli ho promesso che sarei tornato ad essere il soldato coraggioso che tanto amava, quello che non crolla davanti alle difficoltà e che non si lascia abbattere.
Delle improvvise urla ci distraggono dalla nostra chiacchierata ed in lontananza vediamo la folla accalcarsi attorno ad una panchina. Sto per dire qualcosa mentre concentro lo sguardo sulla scena, ma mi accorgo di parlare da solo, perché Sherlock si è già alzato per andare a controllare in mezzo alla folla, ed io sono costretto a seguirlo per evitare che succedano imprevisti, lasciando piatti di plastica e tovaglioli sporchi sulla panchina.
- Fatemi passare! – Dice facendosi spazio tra la gente.
- Sherlock! – Sembra però non sentirmi, si limita a spingere a destra e a manca per poter avere una visuale più ampia. Ciò che ci ritroviamo davanti è il corpo di una donna collassata su quello che sembra un marito addolorato e piangente.
- Margaret, ti prego svegliati! – L’uomo le stringe la mano e cerca di risvegliarla scuotendole una spalla. Piange ininterrottamente osservando gli occhi sbarrati della ormai morta Margaret.
- Fatemi passare, sono un medico. – Dico mentre Sherlock è immobile ed in piedi davanti al corpo inerme della povera donna. Riesco a percepire i suoi occhi slittare sulla coppia con quello sguardo indagatore mentre io mi cimento di capire la causa della morte. Le condizioni della donna sono decisamente inquietanti: gli occhi sono sbarrati dallo spavento, le braccia rigide al tatto e la bocca spalancata con una schiuma bianca che piano piano si fa strada dalle labbra al mento, colando sul mento e sul collo. Non c’è altra spiegazione per capire la causa del decesso, è talmente ovvio. – Avvelenamento, non ho dubbi. – Dico prendendo il cellulare dalla tasca per chiamare i soccorsi ed evidentemente anche la polizia. Mi sembra di vedere la povera Margaret scossa da violente convulsioni poco prima di morire, non riesco a trattenere i brividi sulla pelle al pensiero che il povero marito non ha potuto fare niente per salvarla, a parte guardarla spegnersi.
- Ma come è possibile, è stata con me tutto il tempo! – Esclama l’uomo con le lacrime agli occhi ed un evidente stupore dipinto in faccia.
- Questo sarebbe possibile stabilirlo dopo un’autopsia e… - non finisco la frase per due motivi: il primo, al telefono hanno appena risposto, il secondo, Sherlock si è appena abbassato sul corpo e lo sta annusando come un segugio alla ricerca del suo osso da masticare, sotto gli occhi sconcertati del marito e dei presenti che ancora ci stanno accerchiando.
- Lo ha ingerito pochi minuti prima di morire… - Mormora a bassa voce, attirando la mia attenzione poco dopo aver messo giù con la polizia, sarebbero arrivati a breve.
- Che cosa? – Chiedo seguendo con lo sguardo cosa sta afferrando dal terreno sotto alla panchina: è uno stampino rosa di carta, come quello per i muffin. Lo annusa con attenzione prima di spalancare gli occhi sorpreso.
- Un muffin al cianuro, interessante. –

Vedo la scintilla di eccitazione nei suoi occhi. Sembra che stia per risolvere un caso, come una volta.

- Dove li avete comprati? - L’uomo guarda Sherlock come se fosse smarrito, per un attimo sembra in balia di una specie di trance, ma alla fine riesce a rispondere alla domanda.
- Proprio qui, al parco. C’è un chioschetto che li prepara. – L’uomo fa saettare lo sguardo dallo stampino di carta alla moglie deceduta al suo fianco, poi scuote la testa velocemente e si porta le mani alla fronte. – Quei bastardi, quei bastardi hanno avvelenato la mia povera Margaret! – Sherlock lascia ricadere sulla seduta della panchina il contenitore del muffin, poi si rizza sulla schiena e comincia a studiare l’uomo dall’alto in basso, passando poi a scrutare Margaret.
- Non è così. – Dice ad un certo punto, facendo alzare di scatto la testa al marito della povera vittima. – Siete andati al chioschetto e lei era nervoso mentre Margaret ordinava il suo muffin. I segni che ha sul collo lo dimostrano, non smetteva di grattarsi per l’agitazione. Lei lavoro in un laboratorio che fa ricerche scientifiche, è ovvio, guardi le sue mani. Alcune chiazze di pelle sono di una tonalità diversa dalla sua normale carnagione, questo vuol dire che è in continuo contatto con sostanze chimiche. Certo, ci sono altri lavori che prediligono l’uso di queste sostanze, ma lei è riuscito a procurarsi del cianuro liquido ed è più probabile procurarselo in un laboratorio. Ha nascosto la siringa in tasca per tutta la vostra romantica passeggiata, poi ha aspettato che Margaret si distraesse per iniettare la soluzione nel muffin… -
- Come diavolo…? – Chiedo, incuriosito da questa sua ultima supposizione improbabile.
- Le mani di sua moglie profumano di sapone neutro di bassa qualità, tipico dei bagni pubblici. Margaret è andata in bagno e il marito ne ha approfittato per avvelenare il suo spuntino. Come faccio a dirlo? – Sherlock si allontana appena dalla panchina e raggiunge il cestino dell’immondizia, al suo interno, proprio in cima al resto dei rifiuti, si trova una siringa a cui lui stesso dà una rapida annusata. – Cianuro. Le impronte sporche di fango che raggiungono il cestino corrispondono al suo numero di scarpe, e guardando la suola sporca non posso dubitare a chi quelle orme appartengano. – Mormora avvicinandosi con la sospetta arma del delitto, sventolandola davanti agli occhi dell’accusato. Quest’ultimo sta iniziando a sudare freddo, lo vedo tremare e boccheggiare.
- Perché mai dovrei uccidere mia moglie? –
- Non c’è che dire, lei è un fantastico attore. Stava quasi per convincere anche me con tutte quelle finte lacrime, ma no! – A questo punto si gira verso di me. Devo avere una faccia abbastanza sconvolta, visto il modo in cui mi guarda. – John, osservala attentamente. Guardiamo il telegiornale la mattina, qual è stata l’ultima notizia sconvolgente a Londra? – Boccheggio, incapace di parlare o ragionare, convinto in un primo momento che Sherlock stia solo delirando per colpa del trauma cranico, ma appena punto gli occhi sulla donna mi accorgo che quel viso non mi è del tutto sconosciuto.
- Margaret Taylor! – Esclamo all’improvviso, ricevendo un sorriso soddisfatto dal mio compagno.
- Margaret Taylor, la figlia di Jacob Taylor, l’imprenditore scomparso. Lo hanno trovato due giorni fa in Canada, morto. Il suo testamento diceva che avrebbe lasciato settecentomila sterline alla figlia. Una somma abbastanza imponente! Lei avrebbe voluto usufruire di una buona parte dei soldi ma Margaret non era affatto d’accordo e avrebbe tenuto l’assegno per aprire quel centro per disabili che tanto desiderava, lo ha detto all’intervista con i giornalisti, ricordi John? Ottenere i soldi uccidendola sarebbe stato più facile, quindi è ricorso al suo lavoro. Si sarebbe appropriato dell’assegno senza scrupoli e sarebbe fuggito. – L’uomo è immobile, riusciamo a vedere soltanto il suo pomo d’Adamo fare su e giù nervosamente, mentre il suo sguardo sconvolto si alterna su di me e poi su Sherlock. Non abbiamo il tempo di dire o fare qualcosa che il nostro furfante si alza e comincia a correre come un forsennato.
- Dannazione! – Impreca Sherlock, per poi prepararsi ad un inseguimento che sarebbe stata la rovina delle sue ossa ancora doloranti e che, per colpa delle sue poche forze, non avrebbe mai avuto una fine decorosa. Lo fermo subito, afferrando il suo polso, poi metto una mano nella tasca interna della giacca e tiro fuori una pistola, quella pistola che Sherlock una volta sapeva avessi sempre con me, che portavo sempre per qualsiasi evenienza. Questa volta però, mi guarda stupito come se non si aspettasse che io avessi con me un’arma.

In fondo non si ricorda le nostre avventure passate, non può saperlo.

- Che stai facendo? – Mi chiede preoccupato per una mia possibile mossa azzardata.
- Oh, non ti preoccupare! – Dico chiudendo un occhio e prendendo la mira. – Voglio solo bucare una gomma alla nostra Ferrari. – Poi sparo un colpo che prende di striscio la gamba del fuggitivo. Si accascia dolorante sul terreno, urlando imprecazioni strazianti e contorcendosi. Proprio come volevo. Un unico colpo in grado di non ferirlo gravemente ma di fermarlo.

Percepisco Sherlock sorridere al mio fianco.

Lestrade è arrivato poco dopo e hanno portato via l’assassino ed il corpo della povera donna.
Sono accadute due cose incredibili oggi all’Hyde Park: Sherlock ha azzeccato ogni cosa con le sue deduzioni, nessun intoppo, tutto è andato liscio, neppure una piccola esitazione e ne sono assolutamente fiero. Ho rivisto quell’eccitazione da parte sua che non vedevo da tempo (ha anche appuntato qualcosa sul suo diario mentre Lestrade si occupava dell’omicida). La seconda cosa? Ho agito come il soldato coraggioso che temevo di non essere più.




Note autrice:
Hola people! Avevo questo capitolo pronto ma non sapevo se pubblicarlo oggi o meno, dato che stasera ci sarà la seconda puntata di Sherlock. Ma poi ho pensato "potrei rimanere sotto shock per mezza settimana e loro potrebbero restare senza capitolo per colpa del mio cervello scandalizzato, meglio pubblicare adesso".
Per questo non aspettatevi un prossimo aggiornamento veloce, dovrò riprendermi dal possibile dolore.
E niente... siamo a 35 seguiti e a quattro pucciosissimi recensori. Vi adoro c.c
Alla prossima, un bacio!
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: SherlokidAddicted