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Autore: Kat Logan    09/01/2017    3 recensioni
Paradiso e Inferno; è ciò che si ritroveranno ad affrontare i protagonisti di Stockholm Syndrome in questa nuova avventura.
Hanno amato, realizzato i propri sogni, hanno accarezzato il paradiso nella pacifica Osaka ed ora devono ristabilire l'equilibrio; troppa gioia tutta in una volta è da pagare.
Per uno Yakuza la cosa più importante è l'onore, così, Akira e Haruka seguiranno le proprie tradizioni.
---
"Ovunque andrò, sarai con me. E avrei voluto dirlo in modo diverso, in un’occasione differente…magari al lume di candela, su un tetto, sotto alla luna, al nostro terzo matrimonio. Ma sai, un momento giusto non c’è mai. Quello giusto è quando lo senti, ovunque tu sia..quindi…lo dico adesso, forte come non l’ho mai sentito prima d’ora. Ti amo e questo non cambierà, non è cambiato nemmeno nel momento in cui non mi sono più riconosciuta".
[Sequel di Stockholm Syndrome].
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessuna serie
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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Capitolo 11
Epilogo
 
 

“Take your shot, take the fight
My fists are up my hands are tight
Steady flame, burn the arch
I take the blame, can't take enough
You know I can't take it, no no no
Can't feel my soul”
 
DRVGS - DVBBS
 
 
 

Le labbra rosse carminio si schiusero improvvisamente.
Onde acqua marina si avventarono su rosso cremisi in una manciata di secondi.
Michiru con lo scatto agile di una gazzella era addosso alla regina rossa puntandole il taglia carte alla gola. Non c’era stato bisogno di ponderare nulla, era solo puro istinto, lotta, sopravvivenza.
Gli uomini imbracciarono le armi puntando le canne lucenti alla zazzera color grano che non aveva fatto in tempo a seguire lo scatto repentino.
Non un fiato venne tirato e la lancetta dell’orologio da polso di uno degli yakuza scandì i secondi in un vuoto irreale.
“Adesso basta” il tono di Michiru a metà fra la supplica e la rabbia. Non aveva mai provato una disperazione tale.
Era riuscita a percepire il tocco scaltro della fine ma non le avrebbe permesso di stritolarle il cuore senza combattere.
I suoi occhi si persero nel blu cobalto di quelli di Haruka.
Lei non aveva paura e Michiru tentò disperatamente di aggrapparsi a quella forza che le leggeva in volto e sapeva le apparteneva.
Come hai fatto a vivere così per tutto questo tempo, mia dolce Haruka?
Si permise quel pensiero con un nodo in gola prima di scacciare a denti stretti la paura.
“Non ho intenzione di sottostare ai vostri sporchi giochi, né tanto meno di farmi rovinare la vita da voi”. Lo disse più risoluta, provando un calore diffuso in tutto il corpo.
I muscoli di Eudial guizzarono appena nella stretta di Michiru e le sue pupille scure indagarono su quanto quella lama lucente fosse vicina alla propria carotide.
Lei, la donna che aveva fatto fuori un uomo tanto potente ed era riuscita ad impossessarsi di un intero clan, la stessa che aveva ottenuto timore e rispetto da una banda di malviventi, ora era intrappolata nella stretta di un braccio vellutato.
Cederà. Eudial ne era certa.
Michiru non era una donna di strada, non sarebbe riuscita a portare a termine quel suo violento proposito.
Era un bluff o in caso contrario le sarebbe venuto a mancare il coraggio nel momento in cui avrebbe dovuto piantarle nel collo quell’aggeggio.
“Michiru” la voce di Haruka era un soffio.
“Michi guardami” le ripeté sorridendole. In quell’incurvatura che si portava sempre un’ombra di spavalderia però ora vi era una punta d’amarezza.
Haruka non le avrebbe mai permesso di sporcarsi così com’era stata costretta a fare lei.
 
“Ammazzatele” uno schiocco di lingua accompagnò il volere della regina rossa.
“Ce lo prenderemo con la forza quello che vogliamo”.
 
 
***
 
 
Ami, a capo chino, teneva salda la stretta all’aspiratore chirurgico.
Mamoru diede un’occhiata al monitor delle funzioni vitali di Minako e da dietro la mascherina storse le labbra in una smorfia di preoccupazione.
“Cattive compagnie, Ami?” domandò asciugandosi la fronte con il dorso della mano ricoperta dai guanti.
Ami tacque mordendosi la lingua e gli occhi cerulei fissi sullo squarcio nella carne dell’amica.
Come avrebbe fatto senza di lei? E Michiru dov’era finita? Stava bene?
Akira è uno che mantiene le promesse.
Inspirò ed espirò a fondo.
Forse era troppo coinvolta e non avrebbe dovuto essere in sala operatoria, ma persino il dottor Chiba era vicino alla paziente essendo il loro mentore. E non c’erano mani migliori delle loro in tutta Tokyo.
Andrà bene.
“Te lo chiedo solo perché sono preoccupato per voi…”.
Andrà bene perché ho fatto anche io una promessa.
“Non voglio ti accada niente di male”.
Ami sollevò lo sguardo senza però smettere il suo operato.
Un battito rimbalzò nella sua cassa toracica più forte degli altri.
Lei provò a dire qualcosa ma solamente un soffio riuscì a schiantarsi contro la mascherina verde menta che stava indossando.
 
Un bip sinistro.
I numeri sul monitor cominciarono una discesa ripida verso l’inferno.
“La pressione sta calando a picco” la voce di Mamoru si macchiò d’agitazione.
Ad Ami tremarono le mani.
“Mina non mi lasciare! Non mollare adesso”.
 Ami ritrovò la sua voce e cercò la fede nel suo giuramento.
 
 
***
 
 
“FERMA”.
La voce di Michiru riecheggiò nella stanza. Aveva perso il sangue freddo nel momento in cui le parole di Eudial avevano impartito la loro sentenza di morte.
Non era preoccupata per sé. Non temeva per la propria vita, ma per quella della sua dolce metà. Non sarebbe mai stata tagliata per un mondo del genere e quella ne era la prova lampante. Si sentì stranamente debole per quanto fosse sempre stata una donna di carattere.
Si era lanciata in quel gesto avventato e lo aveva fatto cadere nel vuoto. Però la vita di Haruka non poteva gettarla dalla finestra e se l’avesse salvata cedendo e facendo una figura patetica lo avrebbe fatto.
Eudial sorrise compiaciuta poiché la sua congettura si era appena rivelata corretta.
“Basta con i giochetti…”.
Michiru abbassò di qualche centimetro il taglia carte, ma decisa a non mollare ancora il proprio vantaggio non accennò a lasciare la presa dal corpo della giovane.
“Cosa vuoi?”.
“Te l’ho già detto”.
“Per…lasciarci andare, intendo”.
Eudial scoppiò in una risata divertita.
“Lasciarvi andare?”.
“Vuoi…vuoi Haruka?” la voce le tremò appena.
Haruka mosse il capo in cenno di diniego.
“Michi, no”.
“Haru...io…”. Rassegnazione, era tutta lì, in quelle poche parole. Ma più di quella era il dolore lancinante che si stava insinuando in lei.
La resa e la perdita di Haruka erano la cosa più penosa che stesse provando.
“Potremmo fare così” cominciò Eudial risoluta. “Allontani quell’aggeggio dal mio splendido viso. Io mi prendo Haruka, i nostri clan diventano uno solo e tu…beh, potresti lavorare in uno dei nostri locali. Non sei una brutta ragazza”.
Lo disse con sufficienza, ma poi un guizzo sadico le attraversò lo sguardo.
Una fine del genere per Michiru sarebbe stata sin troppo dignitosa a suo avviso. In fin dei conti quella donna aveva appena rischiato di sfregiarla o ancora peggio dissanguarla irrimediabilmente.
“Potresti stare col nostro caro Ken. Diventare la moglie di un membro tanto stimato non sarebbe poi una brutta posizione, no? E poi gli devo un bel premio per tutto il suo lavoro”.
Eudial si lasciò andare ad uno scarno applauso per quella trovata.
“Potresti vedere persino Haruka…al mio fianco, s’intende”.
Haruka digrignò i denti e uno degli uomini le bloccò le spalle per non permetterle mosse false.
“Michiru, no”.
Occhi liquidi in altri occhi del medesimo colore.
“Non lasciarglielo fare”.
C’era tortura peggiore di vedere il suo amore costretta al fianco di qualcun altro?
“Non puoi fidarti di lei”.
Haruka tornò alla carica infuriata e disperata.
“Non lo accetterò mai, non lo farò”.
E se fosse l’unico modo per tenerla in vita?
“PREFERIREI MORIRE”.
Per lei non era vivere senza Michiru, perché il motore che le aveva riacceso il cuore si trovava lì. Ad una distanza irrisoria con la malsana idea di rinunciare alla loro vita insieme.
Se Haruka non avesse avuto possibilità di trascorrere il tempo concessole sulla terra senza Michiru al suo fianco allora tanto valeva morire.
Michiru aveva il suo appoggio. Poteva uccidere Eudial e lei sarebbe stata trivellata di colpi guardandola un’ultima volta e non avrebbe covato rancore nell’esalare il suo ultimo respiro.
 
“SEI FORSE IMPAZZITA? Io preferirei di no, testa calda!”. La voce di Akira stemperò quella sorta di ultimo addio.
Poi furono fuoco e fiamme.
 
 
***
 
 
Settimo cerchio.
Avrebbero dovuto trovarsi tutti immersi nel bollente Flegetonte. E Akira sembrava appena uscito di lì con gli abiti macchiati delle stille vitali di Minako.
Haruka ebbe a malapena il tempo di notare le chiazze di sangue sulla giacca dell’amico precipitandosi verso Michiru e spingendola al riparo dietro al mobilio della stanza.
“Dico, ma sei impazzita?” le chiese tra i colpi che fendevano l’aria.
Michiru non rispose ancora stordita da quell’entrata in scena e la velocità con cui stava avvenendo il tutto.
“Mi avresti sul serio mollato dando retta a quella sciacquetta?”.
“Io…”
“Lascia stare principessa. Ti perdono perché devi esserti spaventata parecchio. Ma ricordati, ho la pellaccia dura”.
“Haruka…”
“Non ti libererai mai di me, mi hai capita?” la interruppe la bionda sollevandole il mento.
“Okay, Haru”.
“Okay, principessa”.
 
 
Rei chiuse l’occhio destro e mirò al braccio di uno degli scagnozzi di Eudial disarmandolo.
“Bella mira, piccola” Jadeite soddisfatto le fece un occhiolino per poi farne cadere un altro come un birillo.
“Non chiamarmi piccola” disse piccata lei riparandosi dietro ad una parete allo scoppiare del fuoco nemico.
“Possiamo discuterne più tardi?”.
“Non c’è nulla da discutere!”.
Jadeite uscì allo scoperto colpendone un altro e sottraendogli la revolver per poi farla scivolare verso Haruka.
“EHI, STO PARLANDO CON TE!” la voce di Rei fece eco arrivando chiara all’orecchio di Jadeite che sorrise sornione.
La regina rossa si alzò gridando frustata. Stava assistendo alla caduta del proprio impero, ma non avrebbe certo fatto una fine tanto miserabile.
Ken Azuma la raggiunse, l’aiutò cavallerescamente ad alzarsi da terra, ma Eudial ricambiò tutt’altro che gentilmente.
“Nonostante le tue dita perse sei sicuramente il più valente di questi idioti, ma credimi. Non vali tanto quanto la mia vita”.
Eudial lasciò all’uomo, come giuda, un bacio sulla guancia poi lo usò come scudo umano per ripararsi dalle pallottole di Akira.
 
 
 
Epilogo
 


Due settimane dopo.
 
“Te l’ho già detto? Sono morta per ben due volte ma sono tornata indietro, non ti pare di avere una fidanzata fichissima?”.
Minako nel suo letto d’ospedale sembrava al pieno della forma. Inizialmente Akira aveva creduto che blaterasse per l’effetto dell’anestesia o di antidolorifici, ma col passare dei giorni aveva capito che quella non era niente poco di meno che la sua frizzante biondina tornata al pieno delle forze.
“Si, questa storia ormai la conosco a memoria”.
“Sono una super girl. Altro che cat woman e la sua calzamaglia in latex!”.
Minako mostrò un bicipite con tanto di espressione colma di convinzione, ma poi dovette abbassare il braccio soffocando un flebile “ahi”.
“Se vogliamo essere attinenti ai fatti è Ami che ti ha riportata indietro. Tu non hai fatto un bel niente” la punzecchiò il moro dandole una grattatina al centro del capo biondo.
“Ma come ti permetti?!”.
“Minako stai facendo un gran baccano. E comunque sono le piastre magiche dell’ospedale ad aver fatto il lavoraccio. Quel pigro del tuo cuore voleva mollarmi così”.
“Ah si?! La metti così? E tu dov’eri? SENTIAMO!”.
Minako incrociò le braccia ostentando un’espressione scocciata per poi piegare le labbra all’ingiù. I punti la fecero dannare un altro po’ e faticò a mantenere corrugata la fronte in quel modo.
“A fare l’attacca brighe, quello che mi riesce meglio. No?”.
“Tsk”.
“Su Mina, dammi un bacetto”.
“Scordatelo”.
“Ma…ti ho portato i pasticcini!”.
Due occhi cerulei precipitarono nel limpido grigio dei suoi.
“Davvero? Mpf”.
“Davvero. Ti ho fatto anche quelli con la crema chantilly”.
Minako soffocò un urletto di gioia gettandogli le braccia al collo e sbaciucchiandolo dalla fronte al naso per poi spostarsi alle guance finì sulle sue labbra.
“Ti ho ringraziato abbastanza?” domandò con voce velatamente languida.
“Posso accontentarmi per ora” gli sorrise lui carezzandole il viso. “E adesso sbrigati a mangiare. Devi essere dimessa e c’è un matrimonio che ci aspetta”.
 
 

 
[è consigliato l’ascolto di “I get to love you” – Ruelle per queste ultime righe]
 
 

Niente navata, niente tempio, niente avrebbe potuto competere col viso splendente di Michiru dipinto dei colori della gioia e dei tiepidi raggi solari.
Lei aveva le onde del mare morbide che le ricadevano sulle spalle e  vestita da sirena bianca, avanzava a passo lento in direzione di Haruka intenta a torturarsi le mani.
La giovane Yakuza aveva al suo fianco il suo più fidato degli amici, Akira, il fratello che la vita gli aveva donato e colui che aveva salvato le loro esistenze.
“Respira” gli sibilò all’orecchio poggiandole una mano sulla spalla vestita di una giacca nera.
“Non credo di ricordarmi come si faccia”.
“Non vorrai che chiami un paramedico per una rianimazione d’emergenza, vero?”.
“Beh, direi che ci sono presenti abbastanza dottori qui in caso di bisogno”.
C’erano tutti per il grande giorno.
Ami nel suo abito blu a lustrini lasciò il posto a sedere accanto al suo insegnante per assolvere al suo compito di ufficiante.
Minako, da brava testimone, aiutò Michiru ad arrivare in fondo al percorso di petali che l’aveva divisa da Haruka.
E poi c’erano Rei, Sadao e Jadeite coloro che avevano reso possibile quel giorno aiutando Akira. In piedi, tutti e tre, si erano premurati di lasciare un posto vuoto accanto a Yoshio - il padre delle due ragazze dai capelli blu - per la persona che non c’era più ma continuava ad accompagnarli ogni giorno.
Haruka lanciò uno sguardo a Rei, poi alla sedia di Setsuna. L’ispettore avrebbe sicuramente avuto da ridire in merito al resto degli ospiti ingiacchettati e dallo sguardo celato dagli occhiali scuri calati sul naso.
Il clan aveva esiliato Haruka e Akira, la loro reputazione era infangata, eppure come ultima clausola avevano espresso la volontà di partecipare a quell’evento.
 
Il vento freddo scompigliò i lunghi capelli di Michiru. Si concesse un brivido, subito sedato dal tocco di Haruka che intrecciò le proprie dita alle sue.
Era lì, al fianco di quella che sarebbe stata la sua compagna in eterno.
Era lì e poteva ancora stringere il suo amore tra le mani.
“Fa che sia per sempre”.
“Te lo prometto”.
E Michiru baciò il suo dragone per incatenarlo al suo destino una volta per tutte.
 
 





Nota dell'autrice:
In tutta onestà non so come ringraziarvi. Ci sono stati momenti in cui non avuto ispirazione, altri in cui avevo perso la voglia ma c'è stato chi tra di voi, mi ha spronata con le proprie parole fino a far sì che riuscissi a concludere anche questo "secondo episodio". Non starò ad elencare uno a uno tutti quanti, ma davvero...siete fantastici, dal primo all'ultimo. Un ringraziamento particolare poi va a quelle persone che nonostante il tempo che è passato non si son date pervinte e hanno aspettato il mio ritorno accompagnandomi fino a fine scrittura. 
Le vostre recensioni, opinioni, scleri sono sempre la cosa più bella da ricevere perché perdete un pò del vostro tempo a parlarmi di ciò che vi è piaciuto o meno, mi fate divertire, interessare e mi aiutate a crescere. Spesso, senza rendervene conto mi aiutate anche a scrivere e a completare le storie come in questo caso. Adesso smetto di fare la sentimentale, ma mi pareva doveroso dirvi tutto quello che pensavo.
Kissing The Dragon è conclusa, ma vi prometto che tutti i protagonisti ritorneranno alla carica. Non riesco davvero a mollarli.
Lascio il solito link della mia pagina per seguire tutte le news dei miei scritti: 
https://www.facebook.com/KatLoganEFP/?ref=bookmarks 

Un abbraccio enorme.

Kat





 
   
 
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