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Autore: Super Mimi_    09/01/2017    3 recensioni
Hermione guarda Harry – il suo sorriso la sua bocca la sua cicatrice – e posa la fronte sulla sua spalla, sempre più vicini – al passato o alla caduta. Sospira, beandosi del tocco caldo e confortante dell’altro sulla sua schiena, solo la stoffa del suo vestito li separa – senza malizia né vergogna – sono vivi.
[Harry/Hermione] [Post-Seconda Guerra magica]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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I personaggi non mi appartengono; sono di proprietà di J. K. Rowling.


Ballando nel cielo stellato.

Ballando nella tenda, tra le onde, sulla Luna.
 
«Sei… Sei bellissima, Hermione.»
Non sa nemmeno il motivo, ma un sorriso s’impossessa rapidamente delle sue labbra – le illumina gli angoli della bocca tirati in su, la pelle nivea del viso, nivea e non smorta, gli occhi grandi e marroni. Lo osserva con quel luccichio nello sguardo giovane e gentile, i soliti capelli indomabili costretti in una treccia laterale ed un sorriso senza motivo sulla bocca. Le porge la mano, che lei stringe priva d’imbarazzo – un’intimità libera dalla malizia, un loro essere loro così naturale da fare quasi un male strano.
«Grazie. Anche tu, Harry.»
Ha quegli occhi verdi, verdissimi e profondi, e saperli su di lei quasi la fa fremere – se d’imbarazzo o di ingenuo piacere non lo sa.
«Balliamo?»
Ricambia il sorriso e la stretta di lei, traendola più vicino a sé e posandole una mano sul fianco sinistro. Lo sguardo verdissimo luccica e le labbra si piegano in un innocente ghigno sbilenco; le ammicca e lei ride, facendosi sempre più vicina – è tutto così innocente e giovane e bello.
Iniziano a muoversi sulle note di un lento, stretti in quell’abbraccio e sorridenti, senza vergogna né altro, semplicemente loro – e ritornano a ballare in quella tenda, soli e vivi e liberi.
Si guardano negli occhi e rivedono nei reciproci visi i ragazzi spauriti e infreddoliti e confusi – e persi, terrorizzati, disperati – che fuggivano per l’intera Inghilterra alla ricerca di oggetti introvabili ed in fuga dalla morte – sempre dietro di loro, con il fiato sul loro collo ed il loro sangue in bocca. Ne hanno passate tante, troppe – la guerra non è mai giusta, giustificabile, e nulla potrà ripagare ciò che hanno vissuto, le cicatrici sulla loro pelle giovane e le lacrime a rigare i loro bei volti. Torna in sottofondo la voce graffiante alla radio, si riproiettano le loro ombre sul telo sbiadito della tenda e l’aria si assuefà nuovamente di elettricità palpitante – sono vivi, vero?, per quanto continuerà questo irreale idillio?, quando romperanno le loro gambe e li costringeranno a smettere di danzare, riempiendo le loro gole di urla scomposte ed i loro occhi di rivoli salati?
Hermione guarda Harry – il suo sorriso la sua bocca la sua cicatrice – e posa la fronte sulla sua spalla, sempre più vicini – al passato o alla caduta. Sospira, beandosi del tocco caldo e confortante dell’altro sulla sua schiena, solo la stoffa del suo vestito li separa – senza malizia né vergogna – sono vivi.
Restano così per un paio o più di balli, ignorando gli altri invitati – smarriti nella penombra tremolante di quella tenda. È Harry, il suo Harry, pensa con un’ingenuità vecchia di anni.
 
*
1996
«Ron è--»
«Uno stupido, lo so» sospira lui, e lei gli fa posto al suo fianco.
Per qualche attimo restano entrambi in silenzio a guardare i riflessi di luce dorata sulle increspature delle acque torbide del Lago Nero. Sono l’uno vicino all’altra, lui con le gambe stese in avanti e lei strette al grembo dalle braccia. È marzo – il cielo di un azzurro tenue e i raggi del sole sempre un po’ più caldi – e loro assaporano i primi giorni primaverili come un bambino con una torta di mele – resta sempre quella sfumatura dolce e intensa sulla punta della lingua.
«Lui è fatto così, lo sai.»
Sembra quasi ammonirla e a Hermione infastidisce quel tono di giustifica – è sempre lei quella esagerata. Fa per aprire bocca, pronta a ribadire che è da sei anni ormai, dal loro primo anno insieme, che lui è così e forse si è stufata, ma lui la anticipa. «È troppo orgoglioso per soffermarsi su cosa potrebbe perdere.»
Rimane zitta, cercando di assorbire quelle parole che la fanno arrossire ed accennare un sorriso senza motivo – è tutto normale, sono loro. Gira il capo nella di lui direzione e un paio di occhi verdi – brillanti nel viso arrossito e dietro le lenti spesse – la stanno osservando. E sembrano sparire Ron con il suo orgoglio e Ginny, scordati in altri giorni, in giorni normali – nei quali loro sono Harry e Hermione, non semplici ragazzi. Si cercano e trovano le loro mani, intrecciando dita, sguardi e battiti.
È così bello lui e forse anche lei lo è – non più una bambina con i capelli cespugliosi e i denti troppo grandi. Sono belli e giovani, e – cuori palpitanti, bocche schiuse, guance rosse – qualcosa li unisce – sempre più vicini.
 
*
Cosa potrebbe perdere.
 
«Cosa ci fai qui fuori? Sta iniziando a fare freddo.»
 Il cielo è ormai blu, di un nero dolce, rischiarato dal gelido bagliore delle stelle, che un po’ spaventa ogni suo malinconico, innamorato, perso osservatore. Hermione si stringe nelle spalle e rabbrividisce piacevolmente sotto la stoffa del vestito leggero e blu – di qualche tono più chiaro della volta celeste e meno luminescente. Secondo Harry è fatto di polvere stellare e frammenti di sogni cuciti assieme, brillante e bellissimo.
«Quella è la Stella Polare.»
Punta con l’indice sottile la stella più luminosa, scorrendo poi lungo la costellazione dell’Orsa Minore. Si sofferma con il braccio esile teso verso tutto quel blu immenso, avvertendo un piacevole stordimento per il senso di libertà che la coglie a osservare quella distesa infinita – è magia pura, bellissima nonostante la vecchiaia, bellissima per la sua arcaicità. Il respiro le si mozza mentre s’immagina scorrere negli anni, avanti e poi a ritroso, e Harry le si siede vicino.
«Cosa c’è che non va, Hermione?» spezza il silenzio il mago – è uno strappo secco, rumoroso, doloroso.
Sa leggerla così bene lui, capisce ogni singola sfaccettatura del suo modo di essere e del suo comportamento – il mordicchiarsi il labbro inferiore se è nervosa o concentrata, l’arrotolare un ricciolo sull’indice se è sovrappensiero o spostarlo dietro l’orecchio quando sta per spiegare qualcosa, lo sbuffare per quattro volte, sempre quattro, di seguito se è scocciata. E se non la capisce lui impazzisce, lo manda fuori di testa non comprendere cosa la turba, preferisce sempre esserne al corrente – anche quando lei piangeva per Ron la notte credendo che Harry dormisse e lui restava sveglio ad ascoltarla, iniziando a provare una sorta di odio nei confronti dell’amico e avvertendo la tenda sempre più piccola.
Hermione sospira ancora, buttando tutta l’aria e il resto fuori dai polmoni, godendo di quell’attimo di vuoto dentro di lei. Ha lasciato il salone della festa degli impiegati del Ministero, nell’atrio dello stesso, e si è rifugiata nel parco di fronte non per essere riacciuffata da lui – ma poi va sempre a finire così.
 
*
1998
«Non essere triste: vedrai che quest’anno a Hogwarts andrà bene, ci sarà Ginny con te e poi, be’, avrai il primo anno normale, senza Basilischi o professoresse psicopatiche.»
Accenna una risatina ed un piccolo sorriso si affaccia anche sulle labbra di Hermione – ma poi torna a nascondersi, sotto tutta la confusione, il dolore, le cicatrici.
«Io adoravo quei guai» è solo un sussurro, basso e timido alla luce del sole di fine agosto – la Tana si erige dietro di loro e li fa sentire protetti, a casa.
«Dici sul serio? Perché, sai, essere quasi morto nel cimitero di Little Hangleton o nella Camera dei Segreti non è stato poi così piacevole.»
Le rivolge uno dei suoi soliti sorrisi sbilenchi, ma Hermione sa leggere un velo di dolore nel suo sguardo – ma no, non è un velo, come quello che gli ha strappato Sirius, ma un’intera voragine nera e senza fondo, non c’è via d’uscita. E lei, in fondo, vorrebbe davvero tornare al tempo dei loro guai, quando la guerra e tutti i suoi segni e la morte non si erano ancora abbattuti su di loro. Quando anche il semplice camminare non era appesantito da ferite cicatrizzate. È egoista, lo sa, ma il suo mondo è ancora scosso, instabile.
«Mi mancherete.» La sua voce è sempre un fragile sussurro – come quando, solo pochi mesi prima, erano fuggitivi e si erano abituati a fare il minimo rumore possibile, nonostante ci fossero gli incantesimi di protezione, e anche solo respirare troppo forte li spaventava.
«Vedrai, andrà bene.»
Ancora una volta le loro mani si uniscono, si salvano a vicenda e fanno da ponte tra un dolore e l’altro – rese forti dalla presenza dell’altra.
«Come fai a dirlo?»
«Perché sei la ragazza più forte che conosco…»
Si guardano e la stretta che congiunge le loro mani si rinsalda.
«Mi mancherete. Mi mancherai, Harry.»
Nessuno dei due sa il motivo, ma quelle parole valgono molto più di quello che sembra all’apparenza, celano significati immensi sotto la loro limpida superficie, e loro lo sanno. È forse per questo che i loro visi si accostano sempre di più, fino quasi a sfiorarsi; possono sentire l’uno il respiro, caldo e accelerato, dell’altra sulle proprie labbra. Sembra tutto così maledettamente giusto: per la prima volta pare data loro la possibilità di agire senza dipendere da tutto ciò e tutti coloro che li circondano. È la voce della signora Weasley proveniente dalla cucina, però, a interrompere quel momento – “la cena è pronta, venite!” –, a lasciare quel qualcosa in sospeso e insaziato. Sono gli ultimi, folli giorni di un’estate calda, caldissima – che mai avrebbero pensato di poter vivere. Forse è proprio questo il punto: nessuno di loro credeva di possedere ancora un futuro, altri giorni di sole, e ora è tutto surreale; hanno un’altra possibilità e possono compiere nuove scelte, più chiare e vere di quelle prese con la mente asfissiata dal panico e da  un’indecisione infantile ancora appiccicata addosso. Sono vivi e liberi – sono giornate selvagge, brillanti, ma loro dimenticano quasi volontariamente che l’oscurità può spegnere tutte le stelle.
 
*

Guarda il cielo rischiarato di metà luglio, guarda Harry, guarda il futuro – nei suoi occhi verdissimi come i prati di Hogwarts e quelli della Tana dove si rincorrevano come bambini. In quei mesi, subito dopo la guerra e il suo ritorno dall’Australia, le era sembrato che tutto sarebbe cambiato. In realtà la vita è andata avanti seguendo il suo corso – corso programmato non troppo seriamente perché, Merlino, c’era una guerra e presto sarebbero morti! È giusto pentirsi ora di quelle scelte (non) prese con leggerezza?
Guarda Harry, così giovane e bello – sono già passati otto anni dalla Guerra Magica e quelle cicatrici sulle loro pelli continuano a prudere, le loro lacrime a riformarsi ed il loro corpo a sussultare per i rumori troppo bruschi – i Mangiamorte stanno arrivando! Osservare il suo viso, la sua pelle chiara e segnata da quella saetta sbilenca e sempre meno nitida – deve restare, sennò le apparirà tutto come una sorta di incubo piuttosto realistico – le gela il cuore nel petto, la riporta indietro a quei giorni d’inferno invernale in cui si è aggrappata alle sue spalle per non affogare – le note nell’aria fredda e le luci sbiadite – e a quei caldi giorni in cui ha fatto i conti con la realtà, con le sue scelte – il treno scarlatto partiva e lei decideva di rinunciare a lui per il bene di tutti.
 Sospira: ora non si può più tornare indietro, il gioco è finito e lei non è più una bambina – non è più libera. Sfugge al suo sguardo mentre butta fuori le parole con una fatica sfiancante: «Ron mi ha chiesto di sposarlo», e il silenzio che le segue pare fatto di ghiaccio.
Questa volta è Harry a sospirare. Guardano entrambi il cielo con occhi vitrei, persi in pensieri propri e non troppo distanti tra loro.
«E tu?»
Questa domanda logica coglie Hermione – e lo stesso Harry – impreparata: può davvero decidere lei? È tutto scritto, dopotutto; loro hanno sempre agito secondo degli schemi prefissati da terzi, hanno seguitato ad accontentare gli altri – e cosa ne sarà di loro alla fine?
«Non gli ho ancora dato una risposta…» sospira ed avverte una feroce stanchezza coglierla d’improvviso, come quando le palpebre stanno calando e non si ha la più la forza per sorreggerle.
Rimangono in silenzio.
È davvero tutto già deciso, scritto, avvenuto? Guarda Harry, legge la sua anima ancora elettrica e brillante, e sogna – un altro futuro, un altro universo, un altro cielo. Ha le lacrime agli occhi mentre prende consapevolezza che questa è l’ultima volta in cui saranno liberi – rivede Ron ed il suo sorriso imbarazzato da cui prende forma quella semplice e timorosa domanda. Si sente come in trappola, il respiro ed il cuore accelerano di scatto, ma poi Harry le afferra la mano – come sempre – e tutto si blocca. Si scrutano dritto negli occhi – verde e castano, brillante e diamanti. Come spinti da una forza magnetica, i loro visi si avvicinano e le loro labbra premono le une sulle altre con una delicatezza inattesa – niente rumori forti o movimenti troppo bruschi, è pericoloso. È un attimo – il brivido violento lungo la spina dorsale, il respiro trattenuto,  il battito impazzito – e le loro lingue s’incontrano con urgenza – come l’epilogo di un racconto lasciato in sospeso per troppo tempo: era inevitabile. Le mani di Harry sono nei di lei capelli e quelle di Hermione allacciate attorno al suo collo. I loro corpi premono con forza, scambiandosi calore e fremiti. È una boccata di ossigeno puro dopo chilometri di corsa senza sosta – hanno attraverso l’intera Inghilterra, hanno lottato, sono sopravvissuti.
Si separano con riluttanza, lenti e consapevoli – ma non colpevoli.
«Harry…» lo chiama con voce stravolta e le lacrime lottano per affacciarsi oltre le ciglia lunghe.
È così bello e dolce e incasinato e… Merlino, lo ama, lo ama così maledettamente tanto da fare un male strano. La fa sentire giovane, bellissima e selvaggia solo guardandolo negli occhi verdi – prati su cui fa mille capriole il suo cuore.
«Sei la donna più forte che io abbia mai conosciuto, Hermione, la più intelligente, la più bella, l’unica che mi capisca, ci sei sempre stata…» s’interrompe, arrossisce lievemente, ma senza permettere alla sicurezza di abbandonare la sua voce o il suo sguardo. «Io… Io ti amo, Hermione Jean Granger.»
Sono poche parole proferite con un tono a tratti scandito e a tratti tentennante a farle scivolare una lacrima lungo il volto niveo – ancora giovane ed intatto. Annuisce e, mentre lo guarda, si domanda se sarà per sempre così, se la amerà anche quando non resterà altro che un’anima stanca e straziata – troppe cicatrici e catene per scelte prese con inerzia a deturparla.
La sua voce è incrinata, quasi innaturale, e le permette di pronunciare poche, flebili parole. «Ti amo, Harry James Potter.»
 Lo osserva illuminarsi e un sorriso le sale alle labbra a sua volta – e dei rivoli salati le macchiano il viso.
 
*
Cosa potrebbe perdere.
 
Avanza lungo la navata e trattiene il respiro mentre decine di paia di occhi la scrutano ridenti. Sforza un sorriso e si ferma a un paio di passi dal suo sposo. È il loro grande giorno: ci sono gli invitati, i fiori – gigli bianchi e rosa –, le candele e l’amore. Tutto è perfetto, ma un nodo le comprime lo stomaco e le serra la gola incastrando respiro e voce. Da lì a poco la sua vita cambierà in modo radicale, niente più “Hermione Granger” o risate fino a tarda notte con un bicchiere di Burrobirra ed un amico al suo fianco – occhi verdi e anima magnetica. Il cielo non sarà più lo stesso perché sarà diverso il modo in cui lo guarderà – la persona con cui lo guarderà.
La cerimonia sta per iniziare e lei si volta per qualche attimo verso gli invitati e sa che lui è lì a guardarla, ad augurarle il meglio e a soffrire per tutte quelle scelte che hanno preso per il bene degli altri.
Nei suoi occhi verdi – più brillanti degli altri – scorge tante cicatrici, lacrime e morti che non lo fanno dormire la notte – i suoi stessi tormenti. Hanno anime straziate e corpi stravolti, ma va bene anche così: basta amarsi ed essere felici, anche se non stanno insieme. La ama adesso che è giovane e bella e sa che l’amerà pure dopo, ma ormai non sono più liberi e spensierati. La guerra è passata e li ha segnati, distrutti e privati della forza di lottare – anche per il loro amore. Non sono più forti e ribelli e non resta più tempo. Lo osserva sorriderle – triste e contento e innamorato – come si guarderebbe un infinito cielo fatto di stelle fredde – ed è consapevole che avranno il loro ultimo ballo e che lui continuerà ad amarla, come il sole con il suo cielo nero d’estate. Lo guarda e, mentre sa che lui è ben consapevole di cosa sta perdendo, gli riserva il più dolce e bel sorriso che sia mai affiorato sulle sue labbra – e calde lacrime le scivolano rapide a far bruciare le loro cicatrici.
 
 
 
 
 

{2755 words.







 

Piccolo atomo di follia:
Eggià, sono già tornata. Anche questa era una One Shot che, pseudo-dimenticata nel mio computer, m'implorava per vedere la luce, così eccola qua. Come sempre, la Harry/Hermione regna sovarana, anche dopo il matrimonio di entrambi - proprio come nei libri.  ehehe ups! La malinconia non ci abbandona mai, dunque non potevo certamente permettere che si amassero come due semplici personcine. Dopotutto, questo loro amore tormentato e non, questo "posso ma non posso" è qualcosa che mi manda letteralmente fuori di testa. Insomma, li amoh 
♥.

Spero che questa mia piccola fanfiction sia di vostro gradimento. Grazie per il tempo che avete passato leggendola e, perché no? non si sa mai ^^, magari lasciandomi un vostro parere.
Ringrazio di cuore anche chi ha letto e recensito la storia precedente 
♥.

A presto, un abbraccio.
Mimi.



 
 
  
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