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Autore: Ruta    09/01/2017    4 recensioni
- Abbaiare al vento, - dice, evitando con determinazione di incrociare il suo sguardo come sta facendo da quando ha messo piede nell’appartamento. Sa che lui la sta scandagliando, alla ricerca della chiave di volta che sveli l’arcano potere che a volte, le ha confessato, lei esercita inconsapevolmente su di lui. – Ecco come mi sento. Come mi fai sentire. Come se sprecassi il mio fiato, le mie energie, il mio… – tentenna e si morde la lingua. Per un attimo, presa dalla foga, è stata sul punto di pronunciare la parola proibita.
- Il tuo cosa, esattamente? –
SPOILER SU THE LYING DETECTIVE 4X02
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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abbaiare

Nulla è più facile che illudersi. Perché l’uomo crede vero ciò che desidera.
Demostene, Orazioni

 

 

 

 

Abbaiare al vento.

 

 

 

 

- Sei arrabbiata. – L’azzurro cupo degli occhi di Sherlock è venato da una sfumatura inerte di rassegnazione. In un giorno diverso, Molly lo considererebbe un dettaglio destabilizzante. In questo giorno particolare, invece, diventa soltanto una tortura atroce, l’ennesima a cui lui la sta sottoponendo contro i suoi desideri.
- Sei arrabbiata, - lui ripete sottovoce, con l’accanimento di chi non vuole ascoltare la versione di un racconto perché non la trova di suo gradimento. Inclina la testa di circa trenta gradi, le nocche dell’anulare e del mignolo premute sopra il labbro inferiore, le tre restanti che tamburellano contro l’incavo della guancia note di una melodia di cui le pare di ascoltare l’eco in un angolo appartato della mente. E, oh, cos’è se non il trillo del diavolo*? – Perché sei arrabbiata? –
Molly non vorrebbe notare i particolari, i sintomi riconoscibili della verità che lui le sta offrendo così apertamente. Gli avallamenti nel suo volto emaciato e affaticato, il pallore sofferente, il fremito che gli è impossibile controllare, la luce febbrile e folle nel suo sguardo appassionato, vibrante di un’esaltazione che in qualunque altro momento la renderebbe orgogliosa, ma che, stando così le cose, le spezza soltanto il cuore.  
Oh, l’audacia barbara e insultante di quest’uomo! Se disponesse dei mezzi necessari, lei rivolterebbe il mondo, ma a che servirebbe? Non a lui.
Arrabbiata? Arrabbiata! Una parola così riduttiva, banale. Una parola che sembra una blasfemia, una frottola. Lei non è arrabbiata, è semplicemente furibonda.
E ciò nonostante, quante volte è già successo in passato e a cosa è servita la sua rabbia? Di preciso, la sua delusione, quali risultati ha ottenuto?
Di colpo, la rabbia si sgretola su se stessa come un mucchietto di ossa ridotte in polvere dal battagliare del tempo, delle sue inquietudini.
- Molly, - lo sente chiamarla e qualcosa nel suo tono, l’esitazione, la cadenza inquisitiva e al contempo supplice, le fa serrare la bocca in una smorfia. - Molly, per piacere, guardami. –
Odiandosi per la propria debolezza, lei si volta. Vorrebbe non averlo fatto. Assecondarlo non è mai un bene. In più ha effetti perfino più spiacevoli su di lei: la fa sentire… le fa provare sentimenti che non sopporta.
- Abbaiare al vento, - dice, evitando con determinazione di incrociare il suo sguardo come sta facendo da quando ha messo piede nell’appartamento. Sa che lui la sta scandagliando, alla ricerca della chiave di volta che sveli l’arcano potere che a volte, le ha confessato, lei esercita inconsapevolmente su di lui. – Ecco come mi sento. Come mi fai sentire. Come se sprecassi il mio fiato, le mie energie, il mio… – tentenna e si morde la lingua. Per un attimo, presa dalla foga, è stata sul punto di pronunciare la parola proibita.
- Il tuo cosa, esattamente? –
Era ovvio che non gli sarebbe sfuggito. Coglierli in fallo, annotare i loro errori e poi farli risaltare sotto una luce inclemente, non è ciò che lui sa fare meglio?
Se fosse ancora la donna che è stata in passato, Molly si rintanerebbe in se stessa e ammortirebbe i danni, trincerandosi dietro un paravento di patetiche scuse e biascichii, ma Molly non è più quel genere di donna né aspira a rimanerlo. L’esempio fulgido della tenacia della signora Hudson e di Mary Watson scolpiscono le sue spalle nella pietra, assottigliano le sue paure fino a rendere il dolore e la delusione tollerabili. Molly solleva il mento e le sue mani rimangono ferme, la sua voce è implacabile. – Il mio amore. –
Forse è l’impressione di una speranza antica, ma le sembra di vederlo trasalire.
- Perché insistere? – La domanda di lui è la blandizia crudele di una lusinga. E’ questa l’idea che ha di lei: l’immagine di un’ambizione indesiderata e seccante, il desiderio per un’opportunità continuamente delusa, calpestata?
Molly sorride amaramente. – Perché l’uomo crede vero ciò che desidera. –
- E tu cosa desideri? Molly. – Un passo, poi un altro, nelle movenze sgraziate di un valzer. Sherlock le è di fronte e c’è qualcosa nel modo in cui ha pronunciato il suo nome, nella sua espressione concentrata che la fa sentire ancora più vulnerabile e turbata.    
- Niente che non abbia già, – lei risponde.
Sherlock non smaschera la sua bugia, anche se potrebbe. – Perché sei arrabbiata? – insiste, come se si trattasse di una questione della massima rilevanza.
L’enormità della rabbia (lo sgomento e la paura di fronte alla possibilità di perderlo) che sta covando da più di un giorno le ha aperto una voragine dentro il petto. – Perché stai morendo. –
- Stavo, - lui la corregge con precisione. – Non assumerò più droghe. –
- Bugiardo. –
- Non sto mentendo. Non su questo. –
Molly si arrischia a credergli e con movimenti furtivi si passa i polpastrelli agli angoli degli occhi. – Cosa ti ha fatto cambiare idea? –
- Non cosa. – Lui osserva le sue dita con un'immobilità affascinata. – Ma chi. –
- Bene, allora. Chi? – Molly domanda.
Sherlock non risponde, limitandosi a fissarla con un sorriso obliquo che è quasi pruriginoso nel suo essere deliberatamente provocatorio e condiscendente. Il suo silenzio è un chiaro incoraggiamento che la esorta a trovare da sola la risposta. Molly non vorrebbe dargli la soddisfazione, ma la notte è giovane, mancano ancore molte ore prime che John venga a darle il cambio ed è sinceramente stufa (e stanca, stanca come lo è ogni volta che rischia di vederlo gettarsi dal precipizio) di essere in collera con lui.  
- Non credo che sia opera della signora Hudson e neppure del viaggio nel suo bagagliaio, - lo stuzzica.
Il sorriso di Sherlock si flette come la corda di un violino, curvandosi verso l’alto.
- Dubito che sia merito di John o del suo gancio destro. –
‘Continua’ la invita il brillio di divertimento in fondo ai suoi occhi, ma il gioco è già agli sgoccioli. Sono poche e perciò tanto più preziose le persone importanti per Sherlock. Sapere di fare parte di questo circolo esclusivo è un privilegio che un tempo l’avrebbe intimorita e infiammata di esultante gioia. Il favore del suo affetto, Molly ha però imparato negli anni, offre clamorosi abbagli. E’ un serpente che si morde la coda in uno svago persistente e macabro: due denti del veleno, in uno fiera sconsideratezza ed entusiasmo, nell’altro panico e angoscia. Chi rimane che lei non abbia nominato? Un fantasma e un rimpianto. Una madre, una moglie, un’amica; una bambina che serba in sé il significato di un amore che in ultimo è stato sacrificio.  
- Neppure loro, - lui la previene, intuendo facilmente la direzione dei suoi pensieri. – Non è merito loro. – Inaspettatamente lui si china in avanti, il suo respiro le sfiora il collo, in corrispondenza della vena giugulare. Le è così vicino che lei può sentire fisicamente il calore che il suo corpo, teso da fili invisibili, attraversato da onde di energia smaniosa e frenetica, emana. Profuma di tabacco, alcool e sogni infranti. Ha lo stesso odore residuo di alcuni cadaveri che ha sezionato sul suo tavolo operatorio. E’ quel pensiero che la fa scostare da lui, come scottata. L’allontanamento brusco produce in Sherlock una reazione strana, un’ombra ferita gli taglia il volto, ma Molly cerca di non badarci.
- Culverton Smith. – Con le braccia incrociate dietro la schiena, Sherlock corregge la sua postura, raddrizzandosi e ispezionando ostentatamente il muro. – Mentre avevo le sue mani attorno al collo e lottavo contro l’asfissia, ho avuto modo di riflettere su precedenti considerazioni personali e di conseguenza di metterle in discussione. –
- Considerazioni del tipo? –
- La morte, - lui svela con pratica e brutale schiettezza. – La mia, per l'esattezza. –
Molly ingoia a vuoto, interdetta. – Ne sei venuto a capo? –
Sherlock fa un breve cenno di assenso. – Ho capito che non intendo morire. Non a breve, non di morte violenta, se posso evitarlo. Intendo vivere con soddisfazione molti degli anni a venire. –
- Bene. – Molly annuisce mentre un peso che neppure si era resa conto di avere attenua la sua presa e si scioglie come carbonato monosodico disciolto in un composto a base di acqua. 
– Bene. E’ un… - la gola le solletica in modo buffo, – un piacere che tu la pensi così. John sarà felice di saperlo e anche la signora Hudson, scommetto e… - Molly sbatte le palpebre per disperdere le lacrime, si copre la bocca con il dorso della mano.
Sherlock le sfiora il polso come se fosse qualcosa di fragile e dal valore più unico che raro, i suoi occhi hanno fatto propria quella particolare sequenza di emozioni che formano un crescendo in progressione. La duttilità di una gentilezza soffice, qualcosa di morbido e cedevole che lo illumina dall’interno, triste e felice assieme.
Sopraffatta da quello che sta provando, ma non intimidita, mai più intimidita, Molly accarezza la lanugine sulla sua mandibola. Lo vede socchiudere gli occhi per il piacere e accostare ancora di più il viso, imprimerlo nel palmo della sua mano nella stessa maniera in cui innumerevoli volte lei ha visto Toby cercare i suoi gesti affettuosi, le sue carezze.
- Con te, - lo sente sussurrare a pochi centimetri dalla sua bocca, quando ormai l’azzurro dei suoi occhi stanchi e arrossati è l’unico colore della stanza. - Intendo viverli con te. –
Abbaiare al vento dell’est, alla luna, alle stelle, pensa Molly un attimo prima che lui la baci, l’ha fatta gridare in silenzio per anni, ma alla fine non si è rivelato invano, né senza ragione né effetto, non è forse così?  

  
       


N/A (SPOILER FREE SECONDO EPISODIO):

L’ho scritta di getto, ambientandola nella notte che nel secondo episodio viene accennata (quella che Molly deve trascorrere controllando Sherlock nel suo percorso di disintossicazione, alternandosi a John), ma non mi ha regalato particolare soddisfazione. Non quanta ne ho provata scrivendo i dialoghi di un’altra piccola storiella che ho in cantiere, assai più frizzante e dai toni molto più piacevoli e spassosi. Ciò nonostante spero che a voi piaccia o che vi regali quantomeno un piccolo sorriso. Il secondo episodio mi ha lasciato dentro una marea sconvolgente di emozioni contrastanti: innanzitutto una venerazione imperitura per la cara, carissima signora Hudson, un patrimonio che va preservato e custodito come una reliquia sacra; e poi il solito magone di tristezza per Mary, la cui dipartita per me rimane una voragine incolmabile; orgoglio per Sherlock, il cui percorso come personaggio e come uomo è, ormai ne sono convinta, al suo culmine. Sherlock non rifugge più le emozioni come se si trattasse dell’ottava piaga d’Egitto, ha imparato a sue spese che esistono cose peggiori del perdere una persona amata e cioè non averne alcuna. Un bacio e un abbraccio a tutti, spero di leggerci presto ;)       

* Il trillo del diavolo: https://www.youtube.com/watch?v=z7rxl5KsPjs

  
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