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Autore: crissya    10/01/2017    1 recensioni
Era già la quinta volta che succedeva nell'ultimo mese e per quanto fosse ben a conoscenza che in passato John lo avesse aiutato senza batter ciglio, o quasi, questa volta Sherlock faceva fatica a scusare le bravate dell'amico perché John era un padre e stando ai luoghi comuni, i padri single stanno a casa a crescere i figli litigando con gli asili nido perché non danno la giusta pappa alla principessina di papà. È questo quello che fanno i padri single ed è questo quello che dovrebbe fare John Watson.
John Watson invece beveva nei locali fino ad ubriacarsi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Vieni a prendere John. GL

-Ancora? SH

-Si... GL

-Arrivo. SH


Quando Sherlock entrò nel bar sapeva benissimo a cosa stesse andando incontro. Era già la quinta volta che succedeva nell'ultimo mese e per quanto fosse ben a conoscenza che in passato John lo avesse aiutato senza batter ciglio, o quasi, questa volta Sherlock faceva fatica a scusare le bravate dell'amico perché John era un padre e stando ai luoghi comuni, i padri single stanno a casa a crescere i figli litigando con gli asili nido perché non danno la giusta pappa alla principessina di papà.
È questo quello che fanno i padri single ed è questo quello che dovrebbe fare John Watson.
John Watson invece, e si chiama per nome e cognome perché nella testa di Sherlock è tutto un po' più teatrale, passava le sue nottate in giro per locali, beveva come una spugna e rimorchiava giovani donne, quando la situazione degenerava spesso faceva a pugni con qualche estraneo e all'arrivo della polizia, gli agenti, quegl'incompetenti, mandavano a chiamare Greg per risolvere la situazione.
Sherlock era abbastanza stufo di questo.
Di vedere il suo amico cadere così in basso, di vederlo incapace di accudire la sua stessa figlia ma specialmente di sentirsi impotente davanti alla propria incapacità di salvarlo.
"Salva John Watson"
Quello forse era l'unico caso in cui Sherlock stesse miseramente fallendo.

-È lí che flirta con la rossa...

-Dovevi tenerlo d'occhio, cosa ci vieni a fare se poi devo venire io a pulire i tuoi casini? L'umiliazione a Scotland Yard non ti basta?

Sherlock era visibilmente nervoso, stringeva i pugni e respirava dal naso. Ovviamente si rese conto che la colpa non fosse di Greg ma doveva necessariamente trovare il colpevole di quella situazione, scaricare il barile su qualcun altro sarebbe stato più semplice che ammettere l'ovvia risposta. John si stava distruggendo con le sue stesse mani.

-Sherlock...

-Zitto.

Così Sherlock si diresse verso il biondo che a stento si reggeva al bancone, il viso era scarlatto e il naso rosso. Gli occhi lucidi e il maglione completamente sfatto, John sembrava uno di quei barboni che chiedevano pochi penny sotto London Eye e a Sherlock si spezzava il cuore.

-Cosí gli ho detto...Un altro miracolo, Sherlock--sigh--per me. Non--sigh-- non essere morto. E indovina? --sigh-- quel bastardo era ancora in vita e---OH! Guarda chi si vede!

-John...

-Il grande Sherlock Holmes! Parlavo di te a...come hai detto di chiamarti?

-Si chiama Annette.

-Eccola! Una grande deduzione del grande Sherlock Holmes! E come l'avresti dedotto, umh? Osservando le briciole del suo maglione? Oppure controllando lo smalto rovinato del mignolo destro? O ancora...

-Ho letto il suo nome sul cartellino, adesso andiamo.

Sherlock prese John da sotto le braccia cercando di trascinarlo via, la situazione stava sfuggendo di mano e lui non era bravo a gestire pubblicamente quelle cose. Era abituato a drogarsi fino a sfiorare la morte ma lo faceva sulla poltrona di casa sua, lontano da tutti. Certo, John lo veniva a salvare ma lui poteva aver accesso a quella sua intimità da drogato degenere che spesso lo attanagliava.
John no, non poteva. Era un dottore rispettabile, un padre, un amico e tanto altro.
Tutto questo era decisamente sbagliato.

-No! Voglio stare qui! --sigh-- Josh! Un altro giro! Paga il mio amico!

Sherlock esasperato estrasse una banconota da cento sterline e la pose sul bancone con aria stizzita.

-Ti pago per non dargli più da bere.

Detto questo, riuscì a trascinare John fuori dal locale mentre protestava e quasi si dimenava come un bambino che non voleva andare via dalla festa al luna park. Fortunatamente Greg aveva avuto il lume di raziocinio nel chiamare un taxi quindi Sherlock caricó un John ubriaco sui sedili posteriori e partirono per Baker Street.

****

-Io devo vedere mia figlia!!

John stava urlando e Sherlock inizió a perdere la pazienza, miss Hudson si sarebbe svegliata al suono di quelle grida che avrebbe persino sentito suo fratello dalle stanza di quel gabinetto. Ma John proprio non voleva smettere di urlare trascinando con se mobilio e ninnoli di ogni genere nel disperato tentativo di reggersi in piedi mentre tentava di sovrastare la figura alta e inflessibile di Sherlock.

-Ti ho già detto che è con Molly. Le ho mandato un messaggio e resterà con lei tutta la notte. Tu adesso devi riprenderti!

-Cosa vuoi che te ne importi? A te non piacciono i bambini, che ne so che non hai scaricato mia figlia da qualche tuo amico drogato?

-Perché sei tu il padre degenere che continua a lasciare sua figlia a perfetti sconosciuti per potersi ubriacare come un lurido marinaio in localetti da quattro soldi. Tu e Rosy siete la mia famiglia e ho giurato di proteggervi! Ho fatto un voto...

-Si è visto com'è finito il tuo ultimo voto...

A quelle parole Sherlock sbiancó. Serró la mascella mentre gli occhi si chiudevano lentamente tentando di ignorare John davanti a lui.
Eccola la storia, lui era il colpevole della morte di Mary e della disfatta della vita di John.
Per colpa sua una bambina aveva perso la madre e il suo migliore amico, sua moglie. Sherlock aveva permesso tutto questo e nonostante John dicesse il contrario, ancora lo incolpava. Forse convinceva se stesso, forse voleva convincere Sherlock ma sapeva che quel peso se lo sarebbe portato dietro finché il respiro lo avrebbe accompagnato.
Sherlock si sedette in silenzio sulla sua poltrona mentre John restava fermo in equilibrio precario meditando su quello che avesse appena detto, fece un sospiro prima di avvicinarsi al moro quasi rotolando ai suoi piedi.

-Sherlock io...sono ubriaco. Non so cosa stia dicendo ti prego di...

-Perdonarti? No John, io ti perdono sempre. Ti perdonerei per qualunque cosa al mondo ma non sei tu a farti perdonare.

John si sentì tremendamente in colpa, nonostante il notevole quantitativo di alcool nel suo corpo, non riusciva ad annullare quella sensazione di odio verso se stesso il quale era incapace di amare Sherlock per tutto quello che stava facendo per lui e per sua figlia nonostante o molteplici difetti che componevano l'essere di Sherlock Holmes.

-Ti chiedo scusa. Mi rendo conto di quello che ho detto e non lo meriti, quello che stai facendo per me e Rosy è davvero tanto e io sono un bastardo egoista...

John chinó la testa mentre le lacrime iniziarono a rigargli il viso. Dio, come si sentiva.
Gli mancava Mary perché nonostante tutto lo aveva guarito dalla sofferenza, si sentiva inutile perché incapace di prendersi cura di sua figlia che stava crescendo tra le braccia di altri completamente sola. Si odiava per la situazione in cui aveva trascinato Sherlock e odiava se stesso per la merda che era diventato. Piangeva perché forse le lacrime non erano mai abbastanza e magari avrebbe pianto via tutto l'alcool rendendosi in grado di poter riprendersi e aggiustare le cose ma sapeva benissimo che piangere lo avrebbe solo affossato di più.
E se ne vergognava.
Sherlock sospiró piano, nonostante i sentimenti fossero solo robetta da mettere in un barattolo di formaldeide per essere studiati, si chinó di fronte a John prendendogli il viso tra le mani in modo da poterlo guardare.

-Non è colpa tua, John. È solo la reazione umana a quella che è la perdita delle proprie certezze. Sono qui per salvarti da te stesso e non ho intenzione di fallire, non perché abbia fatto una promessa a Mary ma perché io ti voglio bene e voglio che torni il John di un tempo. Mi sento perso senza il mio blogger.

Sherlock parlò piano scandendo bene le parole mentre con i lunghi pollici chiari asciugava le lacrime dell'amico nel vano tentativo di far scivolare via tutto il dolore che gli lacerava il cuore.

-Sono un pessimo padre...

-Dovevi conoscere il mio. Rosy è fortunata a non avere un anche un fratello se no sai che problema?

-Tu eri un bambino diverso. -Anche Rosy lo è. Con un padre come te e i geni di Mary non può che non crescere una meraviglia. E poi parliamoci chiaro John, sono uno zio senza paragoni. Grazie a me tua figlia vincerà il nobel per la Scienza.

John fece una risata sommessa, tutto sommato Sherlock non aveva tutti i torti. Sua figlia sarebbe venuta un capolavoro con due genitori cosi. Genitori...
Forse Sherlock le stava facendo da padre più di quanto non lo fosse lui stesso.
John si morse le labbra, guardó per un attimo Sherlock con occhi diversi. Si stava facendo carico di una situazione impensabile per uno come lui votandosi al sacrificio per una persona scialba e sempliciotta come John Watson. Una grande e brillante mente, forse l'unica di quel secolo, si stava facendo in quattro per una persona e mezzo senza nemmeno batter ciglio.
In quel video Mary aveva detto "La persona che entrambi amiamo"
Ancora una volta non si stava sbagliando, forse quello che provava Sherlock per ridursi a tutto ciò era molto di più di una semplice amicizia. Forse davvero John poteva aver trovato una persona che sin dall'inizio lo aveva amato e si era prodigato per lui più di quanto avesse fatto Mary stessa. Mary che aveva deciso di sacrificare la sua vita abbandonando suo marito e sua figlia e Sherlock che aveva abbandonato il suo lavoro e la sua mente per salvare il suo migliore amico e sua figlia. Mary che era stata una moglie adorabile e meravigliosa ma che gli aveva nascosto un travagliato passato, che aveva messo a rischio la famiglia e che nonostante tutto non riusciva a dare a John quello di cui avesse bisogno. John che aveva tradito Mary e Sherlock che aveva salvato John dal primo giorno, che lo aveva spinto a vivere di nuovo e che gli aveva fatto tornare la voglia di combattere per una vita che vale la pena d'esser vissuta. Sherlock che si era finto morto per John, che aveva ucciso per John e che si era quasi fatto uccidere solo per poterlo salvare ancora una volta.
Sherlock che aveva rinunciato a tutto per continuare a salvarlo.
Chi era il vero eroe?

-John...?

-Scusa, è solo che...

E in un attimo accadde l'inimmaginabile.
John si sporse in avanti posando le labbra su quelle di Sherlock in un bacio improvvisato che impietrì il detective in una smorfia di puro stupore. Una glaciale sensazione che durò brevi istanti prima che gli occhi di Sherlock si chiudessero e le sue labbra si aprissero appena per respirare il suo stesso respiro.
Per un breve attivo, Sherlock si concesse il privilegio di baciare John Watson e regalare al proprio cuore una nuova sensazione che più tardi avrebbe studiato con meticoloso interesse. Ma Sherlock sapeva bene che quello non sarebbe potuto essere niente.
Un bacio immerso nella formaldeide.
Oggetto di studio.
Nulla più.

-John..io non--non posso.

John si staccò da lui, le labbra ancora protese in avanti e gli occhi chiusi mentre cercava di capire cosa stesse realmente succedendo, cosa avesse appena fatto.

-No, è colpa mia. Lo capisco, siamo entrambi...tu non lo so...io di più, insomma.

-È che non voglio sia così.

Sherlock interruppe i pensieri sconnessi di John e decise che forse avrebbe dovuto chiare la sua posizione una volta per tutte.

-Dopo tutti questi anni John, concedimi di essere un superficiale, stupido essere umano sentimentalista e lasciami dire che non è così che lo voglio. Non voglio che tu domani possa dimenticarti di un bacio, o ricordartelo e sentirti talmente in imbarazzo da non volermi guardare negli occhi. Voglio invece che tu possa ricordarlo con piacere e che desideri rifarlo ancora e sarò lieto di accontentarti ma tu...tu devi essere lucido e consapevole abbastanza da capire quanto io di mio ci stia mettendo per renderti di nuovo felice e che quanto tutto questo possa rendere felice me. Devi solo...

Ma John non lo stava più ascoltando, era prono sul pavimento con la testa accasciata in avanti mentre vomitava i fiumi di alcool ingeriti.
E Sherlock ancora una volta si sentì un idiota.
Resse la testa di John tutta la notte, lo spoglió e lo mise nel suo letto a dormire restando seduto a terra sorvegliandolo e badando affinché non fosse colto dai suoi soliti incubi. Sherlock lo avrebbe protetto e salvato anche da quelli.


****


Il mattino dopo Sherlock faceva colazione sulla sua poltrona, delle cartelle fresche di Scotland Yard tra le mani mentre John entrava nel salone con aria smessa. Profonde occhiaie gli circondavano gli occhi e il tremolio alla gamba sembrava essere più forte degli altri giorni.

-Buongiorno.

-Sherlock...Dio, grazie. Ieri sera...

-Non serve che tu dica niente.

-Ma ci tengo a scusarmi...

-Non devi, magari ne possiamo riparlare quando avrai mangiato e ti sarai rimesso.

-Certo e prometto che ti pagheró i danni.

-I danni?

-Per averti vomitato sul pavimento...

Il cuore di Sherlock perse qualche battito.

-Ricordi di aver vomitato sul tappeto e del prima non ricordi nulla?

-Ti prego, non dirmi che ti ho rotto la tua collezione di pipe...

Sherlock si sentiva un idiota e questa cosa stava accadendo fin troppo spesso affinché la sua mente potesse sopportarlo.

-No, no tranquillo. Miss Hudson ti ha lasciato del the e c'è un'aspirina sul tavolo.

John non aggiunse altro, si sedette al tavolo col la testa poggiata alla mano e un feroce buco allo stomaco.
In quel momento un suono imbarazzante partì dal telefono di Sherlock. Un ansimo inconfondibile al quale entrambi si girarono.

-È lei, vero?

-Si.

-Perché non rispondi?

-No, non è importante.



E Sherlock, per quel giorno, spense il telefono.
  
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