Fragile fiore d'argento
che tua sorella Notte
d'oscurità e candore tingi
Fanciulla senz'anni
dalle mani d'avorio
e capelli di nuvole bianche
Dolce perla splendente
nel mare di tenebra sconfinata,
volta delle nostre stelle,
il tuo orecchio fanciullo
in questa sera d'inverno
tendi a questo canto angosciato,
eco lontano del mio animo rinnegato,
voce dolente di quel sentimento d'amianto,
che senza immobile sosta, ancor mi castiga
Se nel tuo cuor di pietra dura
trovi pietà alcuna per questo mio, infranto,
ti prego, una lacrima sola,
una soltanto, mio giglio d'inverno,
versa per me, in quel mar profondo
che di noi, genere umano, è destino e fato
Quel mar fosco di futuro nebbioso,
mia lattea signora, confondi d'incanto
in cerchi lucenti che a rincorrer vanno
tua perlacea scia, nell'ebano denso
d'immensità solenne, cielo notturno,
stellar manto che a te s'inchina
Dell'angelo mio dimenticato,
ti prego attira gli occhi proibiti,
che nei Venti caldi dell'Est
sussurri il mio nome
Che nell'oscurità più buia,
che è l'ignoranza umana,
viva ancora quella fiamma
che del mio senno si nutrì
Che le vite che son state tagliate
per pochi attimi di dolce follia,
nel luminoso nettare tuo santo,
tornino infine segretamente legate
Nei tuoi capelli di bianco candore
nascondi la tua veste brillante,
che ammaliante sorella Notte,
faccia sua precisa guardia
a noi, uccelli smarriti
in questo cielo d'inverno,
che come fiori
siamo appassiti