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Autore: EmilyW14A    11/01/2017    4 recensioni
Succede spesso di convincerci che le persone ci guardano e critichino ogni singola cosa che facciamo, ma non è così. La verità è che gli esseri umani sono tutti perfettamente egoisti e non hanno tempo da dedicare agli altri, anche se si tratta di uno sconosciuto seduto nel sedile davanti sul treno. Noi ci convinciamo che gli altri passino il loro tempo a commentare i nostri abiti, i nostri capelli, i piercings, i tatuaggi, i nostri lineamenti, il nostro fisico; in realtà nessuno si sofferma veramente a giudicare cosa fanno gli altri. Nonostante ciò, in questo momento non riesco a togliermi di dosso la sensazione che tutti i passeggeri della metropolitana si siano accorti di quello che ho appena fatto e mi stiano fissando con sguardo indagatore. Cerco di darmi velocemente un contegno, sistemo la camicia e la giacca, e proseguo nel mio cammino. Controllo l'orologio e mi accorgo che tra meno di due ore devo iniziare il turno a lavoro. Decido di fermarmi qualche fermata prima per pranzare in un posto tranquillo. Ho bisogno di riflettere da solo su tutto quello che è appena successo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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(consiglio l'ascolto di Istant Crush -  Daft Punk) 




XXI.





































Mi guardo intorno spaesato sperando di inciampare su qualche oggetto e cadere inesorabilmente in un buco nero posizionato sul pavimento ma, ahimè, da quanto ricordi non ci sono cose del genere nella grande sala del negozio. Cerco di regolarizzare il respiro senza dare troppo nell'occhio. Affilo lo sguardo guardando davanti a me. Il bancone non mi è mai sembrato così lontano come in questo momento. Allungo il passo mettendo il vassoio sotto il braccio sinistro e raggiungendo Yuu che sta pulendo alcuni vassoi dalle briciole rimaste. Ripongo alcuni barattoli tristemente vuoti su una mensola più alta e controllo cosa è rimasto in vetrina. Qualche biscotto con le gocce di cioccolato, gelatine alla fragola e due fette di crostata ai mirtilli. Oggi i clienti non si sono proprio risparmiati: siamo riusciti a terminare persino quegli orribili biscotti alla menta che personalmente non mangerei nemmeno se quello fosse l'unico cibo commestibile rimasto sul pianeta. Non capisco come la signora Watanabe sia così entusiasta di quei biscotti quando a fine giornata lavorativa siamo costretti a buttarli o portarceli a casa visto che quasi nessuno li ordina. Eppure oggi è tutto diverso e imprevedebile. Forse troppo. 
Guardo il mio collega che sistema gli scontrini della cassa e senza alzare lo sguardo da quello che sta facendo mi dice: "Akira è rimasto un ultimo cliente da servire. Tu continua qui che vado io a prendere la sua ordinazion-"
"Faccio io." controbatto con un tono di voce deciso ma pacato. 
"Ma no Suzuki, faccio io che tanto-"
"Ho detto. Che. Faccio io." riaffermo in maniera dura.
Il mio collega alza il volto dalle decine di scontrini raccolti nelle sue mani e mi guarda con aria confusa e, forse, leggermente spaventata. Cerca di scrutare il mio volto per svariati secondi senza riuscire a trovare traccia di un'emozione. Ancora più confuso di prima lo vedo aggrottare il sopracciglio sinistro e poi tornare a concentrarsi sui fogli di carta bianca. 
"Bah, fa come vuoi Suzuki..."
Mi sistemo la divisa del nostro negozio controllando che non vi siano macchie di crema al cioccolato e poi mi volto a cercare qualcosa in vetrina. Incredibile ma anche i dolci esposti in vetrina sono stati venduti e non è rimasto veramente nulla da mangiare. Mi guardo intorno grattandomi la testa pensieroso.
"Shiroyama, è stato già preparato il cheesecake al Macha ordinato dalla signora anziana che abita qua vicino?"
"Certo! L'ho preparato io questa mattina ed è nel frigorifero, perché?"
"Ne prendo una fetta." sussurro. Non sono mai stato così serio in vita mia. La mia voce è così tagliente che non sembra nemmeno la mia.
Yuu si alza dalla sua mansione offrendomi uno sguardo carico di incertezza mista a curiosità. Si sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio rendendo visibile un piccolo cerchietto d'argento che decora finemente il suo orecchio destro. 
"Suzuki mi spieghi cosa ti sta succedendo? Ti sei drogato? Prendi ancora le medicine che ti ha prescritto il dottore?"
"Yuu sono serio. Non me ne frega se quella torta è prenotata. Ho bisogno di tagliarne una fetta e portarla a quell'uomo laggiù." termino la frase indicando un piccolo uomo moro seduto di spalle al bancone. Yuu segue il mio sguardo andando a posarsi sulla schiena dell'ultimo cliente rimasto nella pasticceria. Guarda il piccolo uomo per svariati minuti e poi torna a posare il suo sguardo su di me. Dai suoi occhi capisco che è più confuso di prima. Mi scruta per altri due minuti abbondanti prima di concludere con un "Fai come cazzo ti pare."
Lo ringrazio con una pacca sonora sulla spalla e mi avvicino al suo orecchio sussurrando.
"Tranquillo Yuu sono disposto a prendermi io tutta la responsabilità. Domani entrerò a lavoro un'ora prima del previsto e rimedierò per bene. La signora non si accorgerà di nulla." 
Mi schiarisco la voce e proseguo.
"Ah ecco! Offro tutto io a quel tavolo. Non fargli pagare nulla mi raccomando"
Senza aspettare una sua reazione mi dirigo in cucina e apro il frigo alla mia destra. Prelevo il cheesecake e ne ricavo una fetta che posiziono delicatamente su un piatto decorato con panna e polvere di cacao. Torno verso la sala e mi soffermo al bancone a preparare un caffè americano. Posiziono la fetta di cheesecake al macha e la tazza di caffè bollente su un vassoio e mi dirigo verso quel tavolo cercando di soffocare ogni emozione. Prendo fiato e mi soffermo per pochi istanti per poi spuntare alle sue spalle appoggiando il piccolo vassoio rosa sul tavolo di fronte ai suoi occhi.
"Senta io veramente non ho ancora ordinat-"
"Cheesecake al macha e caffè americano; offre la casa." rispondo prontamente interrompendolo.
Mi concedo pochi secondi prima di guardarlo negli occhi. So già cosa mi aspetta. Non posso permettermi nessuna debolezza. 
Mi volto nella sua direzione trovando due lune piene color miele ad aspettarmi impazienti. Il suo sguardo sembra una calamita e proprio per questo mi tengo a debita distanza. Quei lineamenti così familiari mi provocano una fitta dolorosissima alla bocca dello stomaco. 
"Akira." sussurra con un tono di voce a metà tra la sorpresa e il rimprovero.
"Spero di aver azzeccato la tua bevanda. Se non ti va il caffè posso prepararti altro."
"No no, va bene così."
Silenzio. Maledetto schifoso silenzio. Mi chiedo se il silenzio esista davvero o se sia solo un prolungamento degli istanti di tempo che interrcorrono tra una frase a l'altra. Per fortuna dura poco. Muovo impercettibilmente la gamba destra, ma lui mi frena subito.
"Akira senti io devo, cioè sì insomma, devo parlarti"
"Stacco il turno tra meno di 30 minuti. Aspettami all'uscita vicino alla cabina telefonica. Il tempo di cambiarmi e recuperare le mie cose." concludo tornando verso il bancone. 
Lo lascio in compagnia del suo dolce preferito mentre mi affretto a sistemare gli ultimi piatti e tazze rimanenti. Mentre lavoro completamente concentrato qualcuno mi tira un orecchio.
"Suzuki, non credere di potertene andare senza avermi prima spiegato chi è quello lì." Yuu sembra abbastanza arrabbiato considerando che non ho mai sentito la sua voce così dura. O forse è molto curioso. Yuu Shiroyama è un grande impiccione e prima o poi dovrò soddisfare la sua terribile ingordigia di pettegolezzi. Ma ora non è proprio il momento.
Gli rispondo con un cenno della mano facendogli capire che gli spiegherò in un altro momento cosa sta succedendo e infine sparisco nella cucina assicurandomi di aver rimesso tutto a posto. Volo ad una velocità esorbitante nel camerino e mi spoglio in fretta. Rimetto tutto a posto e, prima di uscire dalla porta sul retro, mi soffermo davanti allo specchio per sistemare i capelli decisamente più ordinati rispetto a qualche mese fa e quando mi ritengo soddisfatto esco. Saluto Yuu con una mano e sparisco nel piccolo viottolo che sfocia sulla via principale. 
Lo trovo ad aspettarmi proprio ad un metro dall'uscita della pasticceria vicino alla cabina telefonica con le mani dentro le tasche della giacca di jeans, la borsa a tracolla e pantaloni skinny blu scuro. I capelli sono corvini come tre mesi fa e la sua pelle sembra incredibilmente più bianca. È posizionato di profilo e, dio, mentirei a me stesso se dicessi che è brutto o insignificante. Sembra essere qualcosa di altro rispetto allo squallore del paesaggio circostante. Una creatura caduta erroneamente nel mondo degli uomini che non riesce a trovare il proprio posto tra le numerose stupide carcasse umane. Un angelo in mezzo ad una folla di peccatori.
Mi avvicino guardandomi le punte delle scarpe. Tossisco falsamente per attirare la sua attenzione.
Alza il volto verso di me. 
"Akira!" la sua voce è così carica di ansia che per un secondo mi destabilizza. Quanto tempo è passato? Da quante ore mi sta aspettando qua fuori?
"Ciao" dico con tono indifferente.
"Il tuo collega, quello con i capelli neri, mi ha detto che non c'era bisogno di pagare perché hai offerto tutto tu. Solo che...non occorreva Akira. Tuttavia ti ringrazio"
"Prego figurati. Ti avevo promesso di farti assaggiare una fetta del nostro Cheesecake e non potevo sapere se apprezzassi così nel dubbio ho offerto io. Non fare complimenti perché l'ho fatto con piacere"
I suoi occhi guardano fissi il terreno davanti a noi. Il suo volto sembra molto pensieroso. Mi sento quasi in colpa. Forse non sono una buona compagnia. D'altronde a volte annoio anche me stesso; non dovrei stupirmi se riesco benissimo a farlo con gli altri. Possibile che nei momenti più delicati tutto quello che mi passa per la testa sono domande sciocche o argomenti così banali che se provassi ad accennarli sembrerei solamente un idiota? Potrei iniziare a parlare delle abitudini quotidiane delle scimmie che vivono nel sud dell'Australia considerando che lo scorso pomeriggio ho passato il tempo guardando ben quattro documentari sulla vita degli animali esotici e sulle loro esperienze sessuali. No, forse potrei parlare della vittoria della squadra di baseball del mio quartiere. No, forse meglio di no. Perché ho la mente così vuota? Mi sento come una scatola di cioccolatini svuotata del suo contenuto. Prima che riesca a rimettere in moto i miei neuroni il suono della sua voce mi riporta nel mondo reale.
"Era buonissimo..." sussurra.
"Mh?"
"Il cheesecake. Era buonissimo."
"Oh, grazie. Però non l'ho preparato io...devi ringraziare Yuu. L’uomo con i capelli corvini. Lui è il miglior pasticciere che abbia mai incontrato. Qualsiasi pietanza che passa tra le sue mani diventa il nettare degli dei." affermo sorridendo. Mi stupisco di quanto mi riesca naturale. Pensavo di essermi dimenticato come si sorride. 
"Beh allora ringrazialo da parte mia. Era davvero delizioso." dice lui prendendo una sigaretta dal suo occhietto di Marlboro rosse. Me ne offre una che accetto senza troppi complimenti. Con un gesto rapido accende la mia sigaretta e poi la sua poco dopo.
Inspiro una forte boccata di nicotina e tabacco e faccio fuoriuscire il fumo lentamente. Mi prendo tutto il tempo. Non serve andare troppo di fretta. Tutti gli esseri umani muoiono nello stesso modo; perché quindi avvicinare la propria caduta nella tomba?
"Come mai da queste parti?" azzardo.
"S-sono...sono venuto qui per vederti" sussurra lui guardando un punto impreciso dall'altra parte della strada.
Con un gesto della mano lo invito a camminare. Iniziamo una piccola passeggiata interrotta in qualche momento da nuvole di fumo provenienti dai nostri mozziconi e dallo strusciare delle scarpe sull'asfalto. Tossisco.
"Come mai volevi vedermi?" chiedo con nonchalance. 
Non ricevo alcuna risposta. Continuiamo a camminare per svariati minuti. Ci inoltriamo in un grande viale ad ovest di Ikebukuro finché non arrestiamo il passo nei pressi di un piccolo viottolo desolato in cui sono posti in fila quattro cassonetti e qua e là scorgo dei sacchetti della pattumiera abbandonati nel mezzo della strada. I nostri passi pesanti spaventano un piccolo passerotto che vola via andando a posarsi sulla grondaia del palazzo di fronte. Termino la mia sigaretta lanciandola tra le grate di un tombino. Vengo colto alla sprovvista da un movimento improvviso. 
Takanori si butta su di me affondando la sua testa al centro del mio petto e cingendo il mio busto con entrambe le braccia. Mi stringe forte come un bambino spaventato che si rifugia tra le braccia della mamma. Rimango impassibile e appoggio delicatamente il palmo della mia mano sulla sua spalla.
"Akira" lo sento sussurrare contro la stoffa della mia t-shirt. "Akira io...sono venuto fin qui per vederti. Non ce la facevo più a starti lontano. Ho provato, ho lottato con tutto me stesso. Non ci riesco. Non posso stare senza di te."
Allontano il suo volto dal mio petto così da poterlo guardare negli occhi.
"Perché sei tornato?" l'unica domanda che non avrei voluto fare esce dalla mia bocca come numerose bollicine di ossigeno sott'acqua. Non riesco a controllare le mie parole; esse sfuggono alla mia volontà e raggiungono la superficie del mare.
"Avrei voluto farlo molto prima Akira. Non riesco a vivere. Senza di te non sono niente." le sue frasi mi colpiscono la testa ma non il cuore. Afferro quello che mi ha detto, tuttavia non riesco a capirlo perfettamente. Lo scosto da me. Non voglio essere toccato. Ho paura che se qualcuno lo facesse potrebbe mandare in frantumi tutto me stesso. Potrebbe rompere tutto quello che ho incollato negli scorsi mesi. Non si toccano gli oggetti fragili. 
"Non riesco a capire Takanori. Tu stesso mesi fa hai detto che non ci saremmo mai più visti. Perché sei qui?" chiedo guardando la fine del viottolo desolato. Mi accorgo di una bicicletta rotta legata malamente ad una catena che prima non avevo notato. Chissà da quanto tempo è lì.
"Akira ti prego smettila di rispondermi così. Come puoi non capire? Ero spaventato quel giorno...mi è caduto il mondo addosso ed ero stramaledettamente confuso. Non sapevo nemmeno quello che stavo dicendo."
Ci guardiamo negli occhi. I suoi sono così concentrati come non li avevo mai visti. Sono fortemente convinto che la tortura più grande sia quella di guardare negli occhi il nostro interlocutore. Perché siamo condannati ad una sofferenza così grande? 
"Lo hai ripetuto più volte. Hai detto 'è meglio se la chiudiamo qui. Non dobbiamo vederci mai più'. Tu hai chiuso tutto quello che c'era tra di noi. Dovevi pensarci prima."
"Smettila di rivolgermi queste frasi fatte e che non ti appartengono!" esclama tirando la manica della mia felpa blu. "Lo ammetto: ho sbagliato. Ho sbagliato e ho sbagliato ancora. È colpa mia e ti chiedo scusa...Tuttavia non capisco il tuo atteggiamento. Capisco che tu possa essere arrabbiato ma...perché mi tratti come se fossi uno sconosciuto?"
"Perché è ciò che sei Takanori." rispondo. Non c'è né tensione né amarezza nella mia voce. Solo sincerità.
"Akira smettila cazzo! Mi stai facendo arrabbiare! Ho sbagliato te l'ho detto. Ma perché non ti sforzi un minimo di capirmi? Quando tu mi ha confessato tutto ho avuto paura. Ero terrorizzato. Non solo da ciò che ci lega ma anche dalla tua malattia. Ho già passato una brutta esperienza in famiglia con la malattia di mio padre e sapere che l'uomo di cui mi importava - e di cui mi importa - è stato consumato dalla stessa sofferenza che ha portato mio padre alla morte mi ha letteralmente messo i brividi. Ho avuto paura per te, per me. Per noi. Perché non riesci a capirlo?"
"Non c'è nulla da capire Takanori. Io ti ho dato le mie spiegazioni e in risposta ho ricevuto solo offese"
"Non ho mai pensato veramente nemmeno una singola parola di tutto quello che ho detto! Perdonami Akira..." la sua frase viene interrotta da un piccolo singhiozzo. Con un dito arresta la discesa elegante ed egocentrica di una lacrima sulla sua guancia. 
Rimango in silenzio. Non voglio attaccarlo né farlo sentire in colpa. Non ne ho la minima intenzione. Sono solo...incuriosito. Sono curioso di sapere perché lui è qui in questo momento. 
"Sai Takanori...Le parole feriscono più di ogni altra cosa." sussurro accendendomi un'altra sigaretta. 
"Lo so. Tu hai ferito me, e io ho ferito te." sussurra lui sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Rivolgo il mio sguardo verso di lui e per un attimo penso di star sognando. Mi sembra così assurdo di essere in sua compagnia dopo tutto questo tempo. Forse tra poco mi sveglierò.
"Ti ho cercato per tantissimo tempo. Sapevo che c'era qualcosa che mi legava a te e non solo dal punto di vista fisico. Probabilmente dopo averti conosciuto ho iniziato anche io a credere a quello che gli esseri umani chiamano 'filo rosso del destino'. Ma dopo che mi hai lasciato ho ripensato a tutto questo. Non esiste nessun filo rosso del destino. Esistono solo i sogni e le illusioni, e spesso sono troppo fragili ed effimeri per essere anche solo afferrrati. Sei andato via in un battito di ali senza che io abbia potuto avere il tempo di ammirarti....." parlo più a me stesso che a lui. Forse sto veramente facendo un monologo a voce alta nel mezzo della strada. Sono un pazzo megalomane senza speranza. 
Appena vedo il suo volto capisco che è tutto vero e che lui è realmente accanto a me. Le sue lacrime sono vere. Il suo volto, i suoi occhi. Sento la sua mano sulla mia. La raccoglie con delicatezza come si raccoglie un fiore caduto in mezzo di strada. Porta il mio palmo vicino alla sua guancia appoggiandolo sopra. La sua pelle è bollente. 
"Akira no. Sei un perfetto stupido. Non senti quante stupidaggini stai dicendo? Io e te siamo irrimediabilmente legati. Lo eravamo ancora prima di incontrarci. E lo saremo anche se io andassi a vivere a migliaia di km di distanza. Niente può dividerci."
"Tu lo hai fatto"
Ricevo uno schiaffo molto sonoro in tutta risposta. La mia guancia sinistra inizia a pulsare forte; sento un forte calore dentro la bocca.
"Smettila di dire stupidaggini. Se io e te ci siamo ritrovati così è anche colpa tua Akira!" inizia a urlare. Tutt'ora mi chiedo da dove ricavi tutta quella forza. Per la sorpresa faccio un passo indietro. "Perché non mi hai cercato nei giorni successivi? Io ero arrabbiato ed ero accecato dal terrore...ma tu? Tu hai lasciato tutte le cose come stavano. La colpa è anche tua. Non hai fatto nulla!"
Appena pronuncia quelle parole sento qualcosa svegliarsi dentro di me...come un fuoco che si allarga alla velocità della luce. Sono davvero spaventato; non riesco a controllare me stesso. Afferro entrambi i lembi del colletto della sua giacca di jeans e lo alzo da terra quei pochi centimetri che bastano a terrorizzarlo. Trema così tanto che per un attimo penso che possa svenire in mezzo a quella strada sporca e puzzolente. Alzo il suo esile corpo da terra e lo appoggio al muro cercando di controllare la rabbia. Lo scruto con i miei occhi in cerca di un emozione, in cerca di qualcosa che annunci la mia vittoria sul suo volto pallido. Non hai vinto tu Takanori, ho vinto io. Abbiamo perso entrambi.
"Io non ti ho più cercato?" sbraito senza aver cura di abbassare il volume della voce. "Cosa cazzo ne sai tu di cosa è successo?"  Prendo sbadatamente la parte sinistra del mio labbro aprendo la mia bocca, mostrando al mio interlocutore quello è rimasto della profonda ferita che ha stracciato la mia guancia qualche mese prima. Ora è solo uno scarabocchio di colore leggermente più chiaro rispetto alla pelle rosea del mio palato. Un solco di poca importanza.
I suoi occhi si posano sulla mia ferita ormai guarita e iniziano a dirigersi in ogni direzione come due satelliti impazziti. Le sue labbra tremano, ma sono nulla in confronto ai suoi occhi. I suoi occhi tremano dal freddo e dalla paura. Dalla voglia di sapere ma allo stesso tempo dal voler lasciare per ultimo il momento della verità. Eh no, caro Takanori. È arrivato il momento di sapere. 
"Taglio orizzontale lungo sette centimetri. 15 punti di sutura. Vuoi sapere come cazzo me lo sono fatto? Bene allora vai a chiedere al tuo amichetto Yutaka. Pochi giorni dopo quello che è successo, il tuo caro collega mi ha raggiunto qui ad Ikebukuro e mi ha aspettato fuori dalla pasticceria. Ha aspettato che finissi il turno, e quando mi ha incrociato vicino all'ingresso mi ha rincorso e mi ha minacciato. Mi ha detto 'Se osi avvicinarti ancora a Takanori ti ammazzo'. Io ho cercato di reagire ma lui mi ha aggredito rompendomi il labbro e procurandomi questo profondo taglio sulla guancia. Era fottutamente serio. Se fossi tornato ancora una volta ad Yokohama sarebbe stata la fine per me. Così ho deciso di lasciarti perdere. In fondo in quel momento avevo capito una cosa: tu hai già qualcuno che si prende cura di te nella vita. Non hai bisogno di me." concludo la frase allentando la pressione sulla stoffa della sua camicia e posando il suo cadavere in terra. 
Lui mi guarda. Ha paura. Però non scappa. I suoi occhi sono velati da una patina gelatinosa. Una lacrime, due lacrime, tre lacrime. 
"Akira io..." la sua frase rimane sospesa a mezz'aria, incompiuta. Come un aquilone rimasto incastrato tra i rami di un albero vecchio e prepotente. Recupera le mie mani racchiudendole tra le sue. I suoi palmi sono caldi e lievemente sudati e appiccicosi. Porta le mie falangi sulle sue guance arrossate e socchiude gli occhi. Il suo respiro è pesante e diseguale. 
"Akira. Sono...spaventato. Non per me e nemmeno da te. Ho paura di quello che è intorno a noi. Di tutto quello che è successo. Il mondo ci ha separato e noi gliene abbiamo dato tutto il permesso. Come può essere giusta una cosa così? Come può esserci giustizia nel momento in cui due parti di un intero vengono allontanate? Quando un piatto viene spaccato a metà occorrono entrambi i cocci per farlo tornare come prima. Akira Suzuki. Non pensare neanche per un secondo che io abbia smesso di pensarti anche un solo secondo di tutto questo tempo passato lontano da te. Non pensare che io abbia mandato Yutaka a picchiarti. Non pensare che io sia tornato da te strisciando chiedendo la tua pietà. So quello è successo. Ho sbagliato e me ne scuso. Tuttavia io sono qui per un motivo preciso. È qualcosa di più alto e aulico rispetto a noi esseri umani. È il destino che mi ha portato qui."
"Non c'è nessun destino." dico io accarezzando la sua guancia.
"E allora come spieghi quello che è successo tra noi? Io e te siamo nati per incontrarci, in un modo o nell'altro." I suoi occhi sono così penetranti che mi sento nudo sotto al suo sguardo. Persino la loro dolce sfumatura color miele è sparita per lasciare posto ad un castano scuro e inquietante. 
"Invece no,  è stato tutto uno sbaglio. Non avrei mai dovuto cercarti. Ho sempre avuto questo pensiero dentro di me. Chi mi ha dato il permesso di entrare nella tua vita? È stato tutto sbagliato fin dall'inizio. "
"Anche salvarti la vita è stato sbagliato?" il suo tono è tagliente e duro. Takanori è un coltello che mi ha tagliato il cuore. 
Rimaniamo in silenzio guardandoci. Non riesco a pensare a nulla. Vorrei non essere qui. Mi sento come un ragazzo di fronte al suo ultimo esame di scuola. La tensione, la paura. Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare i miei fantasmi. Osservo l'asfalto secco e indebolito dai raggi caldi del sole che ho la hanno seccato sbriciolandolo con il passare degli anni. 
"C'è già una persona nella mia vita e-"
"Immaginavo Akira. Lo avevo già capito. Ripeto: non sono qui per avere la tua tenerezza. Sono qui per chiederti scusa e soprattutto perché ho seguito il filo rosso che è legato saldamente al mio dito. Il filo mi ha condotto qui."
"Smettila con queste stronzate"
"Smettila tu." sussurra lui. 
"È scaduto il tempo; devo andare" scappare è sempre stata la mia più grande abilità. È bello scappare da tutti, anche da noi stessi. 
"Ti prego Akira. Lo so che per te è finita qua. Me ne farò una ragione. Ti chiedo solo di vederci ancora. Un'ultima volta. Poi me ne andrò e ti lascerò alla tua vita e al tuo fidanzato. Ti prego Akira. Voglio stare ancora con te, un'ultima volta. Prima della morte di entrambi." 
Il suo tono di voce è intenso. Caffè amaro. Caffè nero. Vorrei bere le sue parole così da farle sparire per sempre.
"Sono molto impegnato in questi giorni..."
"Perché odi te stesso così tanto? Un'ultima volta, prima del patibolo. Ogni condannato ha diritto al suo ultimo giorno di libertà"
Le sue parole lacerano la mia carne, trapassano gli organi e tagliuzzano le mie ossa riducendole in granelli. Perché lo stai facendo Takanori? Perché mi stai uccidendo ancora
"Questo weekend ho promesso a mia madre che sarei andato nella casa in montagna di mia zia a rimettere a posto delle cose. Puoi venire con me se vuoi. Mia zia è troppo anziana per prendersi cura della casa e così mi sono offerto di badarci io. È molto spoglia e ci sono pochi mobili e pochi oggetti. Tuttavia devo solo recuperare un po' di legna per l'inverno. Non ci impiegheremo molto se mi darai una mano."
Mi sorride nervosamente. Il suo sorriso assomiglia di più ad una smorfia infantile. Una folata di vento settembrino scompiglia i suoi capelli. Perché c'è un angelo davanti a me? Mi pento di tutti i miei peccati. Sono pronto ad accettare la mia fine.
Ci vediamo all'inferno Takanori. 









































Eccomi qua! Chiedo scusa per il ritardo ma sono in periodo esami e purtroppo non posso permettermi troppe distrazioni quindi aggiorno appena posso.  Inoltre: oggi ho iniziato a lavorare come bibliotecaria nella biblioteca della mia università!!!!!! Sono una piccola Takanorina <: come primo giorno è andata piuttosto bene anche se ammetto che è davvero difficile rimettere a posto tutti i libri negli scaffali corretti <_< sono inciampata e mi sono già caduti i libri di mano un paio di volte c_c l'unica cosa che spero veramente è che non entri nessun ragazzo con la giacca di pelle come Akira perché scappo a gambe levate lol scusate il piccolo siparietto sulla mia vita privata :B parliamo del capitolo.... Ho ascoltato alcune teorie di voi lettori e sinceramente eravate così negativi uu avete immaginato cose gravi e invece non è poi così grave su.... Semplicemente si amano così tanti da odiarsi <: a parte gli scherzi... Adoro questo capitolo.... Ho tirato fuori tutta me stessa per scriverlo.. Ho cercato di immedesimarmi nella situazione e di essere più neutra possibile.  Qui non ci sono né vincitori né vinti.... Ci sono semplicemente due anime che sono irrimediabilmente legate. Secondo voi si vedranno ancora? 
   
 
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