Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: SweetMelany    12/01/2017    4 recensioni
Questa storia parla di una Kagome e di un Inuyasha nel mondo di tutti i giorni.
Kagome è una studentessa delle medie che sta iniziando a rapportarsi con ciò che l'aspetta non appena frequenterà le superiori. Qui conoscerà Inuyasha in una circostanza alquanto insolita. E i due, tra un litigio e l'altro, cominceranno a provare affetto l'uno per l'altra.
Inuyasha è un ragazzo disastrato. Abbandonato dalla famiglia e dalla donna che amava, non riesce a vedere il suo futuro se non come un enorme buco nero. Ma per fortuna ci penserà Kagome, con la sua vitalità e la sua testardaggine, a far sciogliere l'odio che lo circonda e a fargli ritrovare la voglia di vivere e di essere felice.
Ma purtroppo quando le cose tra i due sembreranno finalmente arrivare a una svolta, ecco ricomparire qualcuno che metterà in dubbio e in pericolo l'affetto di entrambi.
Se volete scoprire chi è questo qualcuno, leggete e scopritelo voi stessi ;)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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- … e vi auguro di passare degli anni meravigliosi qui. Benvenuti all’Istituto Kururuma! -
Uno scroscio di applausi segue l’ultima affermazione. Finalmente il preside ha finito il suo discorso di benvenuto e possiamo avviarci all’aula.
Scorgo con la coda dell’occhio le mie amiche e faccio loro un cenno di saluto, un sorriso a sfigurarmi il volto. Devo essere forte, mi ripeto. Almeno oggi. Si sa, niente è peggio del primo giorno di scuola.
Soprattutto se sei sola soletta e non conosci nessuno, si insinua la voce odiosa della mia mente.
Cerco di zittirla mentre ci avviamo per i corridoi e infine in classe.
Il professore si presenta e per fortuna iniziamo con argomenti piuttosto facili. All’intervallo sono fiera di ammettere che ho ricopiato perfettamente gli appunti trascritti dal docente alla lavagna.
Appoggio la schiena alla sedia e mi prendo un momento per rilassarmi.
Guardandomi intorno noto con sconforto che i miei compagni sono già divisi in gruppetti. E hanno tutta l’aria di essere off-limits a chiunque cerchi di entrare a farne parte.
Vorrei appoggiare la testa sulle braccia e rialzarla solo una volta finite le superiori.
Sto pensando di andare a trovare Ayumi nella sezione B, quando una figura si affianca al mio banco.
- Ciao. – mi saluta. È una ragazza molto carina, l’avevo notata mentre il preside parlava nell’aula magna. È stata l’unica che pareva essersi annoiata e che non l’aveva nascosto. Aveva tenuto le gambe distese davanti a sé, le braccia incrociate e un’espressione scocciata a deformarle il viso.
- Io sono Sango Hirai, piacere di conoscerti – continua.
- Piacere, Kagome Higurashi – ribadisco.
Non protendo la mano nella speranza che me la stringa perché so che non lo farà. Dal comportamento di stamattina immaginavo non badasse alle formalità e in un certo senso mi va bene così.
Subito dopo si siede dietro il banco di fianco al mio. – Allora, come ti è sembrato il sensei? – mi domanda. Sembra quasi una domanda retorica. Mi dà l’impressione che conosca già la mia risposta.
E ne ho la conferma dopo averle dato ciò che voleva. Il suo sguardo è quasi compiaciuto, come se non si fosse aspettata nient’altro da me.
- Eh già, il prof è un maestro nell’arte del piacere. Ma aspetta una settimana e vedrai come ci massacrerà – rivela, sorridendo.
- Scusa se sono inopportuna, ma tu come fai a saperlo? – le chiedo, troppo curiosa per trattenermi.
- Be’, devi sapere che questo è il secondo anno che frequento la prima – risponde. E usa un tono così leggero che quasi penso non le importi. E forse è proprio così, anche se mi sembra incredibile.
Io sono stata molte volte in difficoltà nello seguire le lezioni e nel prepararmi in tempo per i compiti in classe, ma non ho mai rischiato la bocciatura. Quindi per me è un terreno completamente estraneo.
Non so cosa rispondere, ma per fortuna non ne ho il tempo dato che suona la campanella ed entra l’insegnante di inglese. 
Sango mi fa l’occhiolino prima di voltarmi le spalle per accomodarsi al suo posto, tre file davanti alla mia.
Mentre tiro fuori il quaderno nuovo dallo zaino, una domanda continua ad assillarmi il cervello.
Perché proprio io?
 
 
Quando torno a casa la mamma mi assale con una domanda di ogni tipo, mi ha chiesto persino se in classe c’era troppo freddo e se i professori erano giovani o anziani.
Io cerco di essere paziente e dimostrarmi disponibile, ma sono già le sette di sera e io sono veramente affamata dopo una giornata del genere, così quando sta per attaccarmi con un altro quesito le lancio un occhiataccia e la invito a smetterla.
Ma lei è troppo entusiasta per prenderla male e così si mette a preparare la cena con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. È anormale che mi dia sui nervi il suo atteggiamento solare?
La risposta la conosco, ma non vedo come qualcuno possa entusiasmarsi per una giornata in realtà insipida e noiosa.
Okay, forse non lo è stata poi così tanto, ripensandoci.
All’ultima ora, come regalo di benvenuto in ritardo, ci è stato annunciato che la lezione di educazione fisica sarebbe stata anticipata a questo pomeriggio.
Tutto perché la professoressa Shirakami aveva avuto un’intossicazione alimentare la sera prima e sarebbe mancata per una settimana. Così la segreteria aveva dovuto cambiare i turni delle ore di ginnastica del prima anno e spartirle ai professori del secondo e il terzo.
Così ci fu detto di presentarci per le due e mezza nel campo da baseball, dietro la scuola.
Lato positivo: avremmo frequentato i ragazzi del secondo anno per un’ora e mezza.
Lato negativo: non avendolo saputo fino a oggi, nessuno si era portato dietro il pranzo.
Per fortuna ci fu concesso di uscire dall’edificio per andare a nutrirci, bastava che tornassimo puntuali.
A quel punto mi sarei aspettata che Sango mi avrebbe chiesto di mangiare insieme, ma appena suonò la campanella lei prese la sua roba e uscì svelta dall’aula.
Non la vidi più quel giorno, non si era presentata.
Fortunatamente gli abiti per la ginnastica si trovavano dentro gli spogliatoi, comprese scarpe e calzini.
Quando misi la mia puzzava ancora un po’ di plastica, dato che era rimasta chiusa per mesi in un sacchetto ermetico, ma sempre meglio che continuare a indossare la mia divisa scolastica.
Una volta pronte, ci dirigemmo al campo dove tutti gli studenti del secondo anno erano già seduti a terra ad ascoltare le direttive dell’allenatore, che quando ci vide arrivare assunse un’aria corrucciata e insolente.
- A cosa è stato dovuto il ritardo? – chiese.
Noi ci guardammo confusi. Sulla circolare c’era scritto le due e mezza.
Un ragazzo si assunse la responsabilità di dirlo a voce alta e il professore lo guardò storto. Per tutta l’ora seguente lo prese di mira, facendogli notare ogni cosa sbagliata. O meglio, ogni cosa che non fosse come voleva lui.
- Molto bene. Stavo spiegando ai vostri compagni che, data l’assenza della professoressa Shirakami, oggi avranno compagnia. E che quindi faremo tutti lo stesso sport e gli stessi esercizi. Siete in troppi perché possa tenere d’occhio sia i maschi che le femmine.  –
Disse il tutto come se fosse colpa nostra, anche se aveva specificato apertamente la causa del nostro “lavoro di squadra”. Sperai vivamente che la professoressa si riprendesse al più presto.
Quando ci assegnò i ruoli ringraziai i Kami di essere finita in panchina.
L’allenatore ci aveva divisi in due, e ogni parte era formata da ragazzi del primo e del secondo anno.
La nostra squadra era quella dei battitori, con mio enorme rammarico. Non avevo mai tenuto in mano una mazza in vita mia, che bella figura avrei fatto!
E per di più il professore non sembrava incline ad alcuna spiegazione, quindi cercai di metabolizzare il proverbio: “o la va o la spacca!”.
Ma l’agitazione era così tanta che non feci caso ai nostri compagni di sventura del secondo anno, finché le ragazze sedute di fianco a me non attirano l’attenzione su un giocatore in campo.
- Ma l’hai visto? Oh, quanto mi piacerebbe potergli parlare – affermò la prima.
- Parlare? Sai cosa gli vorrei farei io a quello? Lo vorrei slinguazzare dalla testa ai piedi, non saltando neanche un centimetro e poi… - ribadì un’altra, al che mi voltai per capire quanto fosse seria.
Lo era eccome e la cosa peggiore era che non se ne vergognava affatto, al contrario della sua amica.
- Yura, abbassa la voce, ti sentiranno tutti. -
- Perché, tu non vorresti… fartelo? - E detto questo assunse un’espressione maliziosa, inarcando sopracciglia e bocca.
L’altra arrossì violentemente e iniziò a balbettare cose senza senso.
Okay, ero veramente curiosa. Chi aveva scatenato così in fretta la libido delle mie compagne?
Quando seguii i loro sguardi fino al soggetto delle loro attenzioni rimasi senza fiato.
- Guarda com’è sicuro mentre impugna la palla e si prepara a lanciarla – quasi gridò la seconda e me la immaginai con la bava che le scendeva da un angolo della bocca e gli occhi a forma di cuore.
Mentre i miei erano spalancati e sconvolti e la mia mascella era caduta dallo stupore.
Non può essere lui… mi ripetei. Non può avere solo un anno più di me!
Mentre questa litania mi occupava la mente, un altro pensiero si fece strada come un lampo nella tempesta.
Non avrei dovuto incontrarlo mai più.
E proprio in quell’istante l’allenatore diede il cambio e tra tutte le ragazze che poteva scegliere chiamò me!
Non poteva scegliere momento peggiore.
Per di più, prima c’era ancora la speranza che lui non si fosse accorto di me, mentre quando gli stetti di fronte, con la mazza che qualcuno mi aveva messo in mano, non ci furono dubbi che l’avesse fatto.
Mi misi in quella che pensai fosse la posizione corretta per ricevere la palla e, mentre sistemai meglio la presa, notai un sorrisino fare capolino dalle sue labbra.
A quel punto non potei più fare a meno di guardarlo.
I nostri occhi si incrociarono. Nei suoi il divertimento prevalse. Nei miei l’incredulità.
Fui ancora persa in quello sguardo quando lui lanciò la palla nella mia direzione.
Essendo presa alla sprovvista, risposi in ritardo al suo attacco e il prof gridò: - Strike uno! –
Sentii un velo di sudore incresparmi la fronte.
Concentrati Kagome!
Non ci tenevo a fare una brutta figura. Soprattutto perché era la prima lezione e perché, se sbagliavo, il mio errore avrebbe segnato il resto della mia vita scolastica.
Con la coda dell’occhio vidi i ricevitori posti agli angoli del campo rilassarsi, incrociare le braccia, allargare le gambe. Avevano intuito già che non c’era nulla da temere e che non si sarebbero mossi per un bel po’.
Inuyasha nel frattempo aveva ripreso la palla in mano. Tenni d’occhio lei, anziché il suo possessore. Ma ancora una volta sbagliai tempismo e mi mossi prima che questa mi passasse di fianco.
- Strike due! –
Anche le mani iniziavano a sudarmi. Questa è la mia ultima possibilità, non posso fallire.
I giocatori si stavano stirando le braccia, alcuni sbadigliavano, altri si erano addirittura tolti il guantone di cuoio.
Quando Inuyasha fu pronto per l’ultimo tiro, cercai di concentrarmi e di osservare i suoi movimenti.
Divaricò le gambe, tirò indietro le spalle, inspirò lentamente e poi…
Clang!
Un suono sconosciuto mi invase le orecchie. Quel rumore inaspettato mi immobilizzò e io continuai a fissare il mio avversario, finché l’allenatore non urlò: - Corri! –
E allora rinsavii e iniziai a muovere un piede dietro l’altro fino alla prima base. Alla seconda anche i miei compagni di squadra mi incitavano di non fermarmi e di andare più veloce. Cercai di non mollare, di spingere quanta più forza possedevo nelle mie gambe magre. Arrivata alla terza base decisi di non fermarmi. Volevo vincere.
Con la coda dell’occhio vidi un oggetto bianco passarmi di fianco così decisi di lasciarmi cadere e scivolare fino all’ultima base.
Si creò una nuvola di polvere e solo quando questa si depositò vidi il professore sporgersi sopra di me, distesa a pancia in su, una gamba tesa nella speranza di aver raggiunto l’obiettivo.
Mi appoggiai sui gomiti e constatai che ce l’avevo fatta.
La domanda era: avevo fatto in tempo?
Guardai speranzosa il prof. La sua espressione non faceva presagire niente di buono.
Di fianco a me sentii una presenza e alzai un secondo gli occhi solo per accorgermi che si trattava di Inuyasha, anche lui impaziente di conoscere il verdetto finale.
- Salva! – gridò alla fine e avvertii un peso togliermisi dal petto.
Quando i miei compagni di squadra mi sollevarono sulle loro teste non potei fare a meno di ridere divertita.
È stato fantastico, assolutamente e incredibilmente fantastico.
Non avrei mai immaginato che il mio primo giorno di scuola sarebbe cambiato così radicalmente in poche ore.
- Kagome? Ehi, mi stai ascoltando? -
Rinsavisco giusto in tempo per vedere mia madre osservarmi preoccupata dal mio silenzio improvviso.
- Scusa mamma puoi ripetere? -
- Tutto a posto? – mi domanda e io mi limito ad annuire. Per fortuna non insiste oltre e continua a preparare la cena come se niente fosse. La mamma non è una grande appassionata di sport, così non mi ha chiesto niente della lezione di ginnastica e io non ho dovuto dirle del mio grande esordio come battitrice.
Ne sono felice, anche perché raccontandoglielo non avrei potuto evitare di pensare a Inuyasha.
Quando fui uscita dallo spogliatoio femminile, lui mi stava aspettando davanti ai cancelli della scuola. Per una volta non mi dispiaceva affatto vederlo.
Un sorriso compiaciuto mi si dipinse in volto. – Che c’è? Vuoi che ti ripeta l’azione di quando ti ho miseramente stracciato, poco fa? – gli chiesi.
Lui era appoggiato con la schiena al muro della cinta, una gamba piegata con il piede che toccava la stessa superficie e le braccia incrociate. Era incredibilmente affascinante in quella posa. Mi osservava divertito, come se non gli scocciasse affatto di essere stato battuto da una ragazza. Più giovane per di più.
- Allora? – lo provocai.
Lui sorrise scuotendo la testa. - Eh, sei proprio una ragazz… - ma non riuscì a finire la frase che una mia compagna di classe ci affiancò.
Era la stessa che prima aveva fatto quei commenti poco “pudici” riguardo il mio interlocutore.
L’altra non era nei dintorni. Forse non approvava quello che la sua amica stava per fare. O per dire.
- Ciao. Mi chiamo Yura, tu sei Inuyasha vero? – domandò.
Ma non lo fece finire di parlare che aggiunse: - Scusa se ti importuno, ma volevo dirti che, a mio parere, hai giocato molto bene oggi. Meritavi di vincere. –
Mentre parlava si passò una ciocca di capelli tra le dita e sbatté le ciglia almeno due volte per ogni parola che pronunciava.
Non dava per niente l’idea che avesse appena fatto ginnastica. I capelli a caschetto erano perfettamente in ordine, il viso truccato e pulito, e il suo profumo aveva una fragranza così forte che sicuramente lo stava avvertendo anche Inuyasha.
- Comunque… mi chiedevo se potevo offrirti una coca per farti stare meglio dopo la pesante sconfitta di oggi – e detto questo assunse un’aria triste, per far intendere quanto fosse rammaricata che la sua (ovvero la nostra) squadra avesse vinto.
Osservai Inuyasha. Al contrario di Yura, lui non sembrava per niente dispiaciuto di aver perso. La guardava con uno sguardo impassibile, come se lei non valesse neanche la scocciatura di risponderle male.
Ma Yura non mollò. Si avvicinò di pochi passi, fino a stagliarsi di fronte a Inuyasha. Gli toccò il braccio in un modo così sensuale che provai imbarazzo per lei. Tutto d’un tratto ero diventata il terzo incomodo. Più Yura si avvicinava e gli tastava i muscoli dei bicipiti, più io mi allontanavo.
- Allora, che ne dici? – domandò alla fine con voce roca. Quella ragazza non si faceva alcuno scrupolo! pensai allibita.
Ma che cosa ci facevo ancora lì? Era ovvio che Inuyasha avrebbe accettato. Dopotutto Yura era una bella e più che disponibile ragazza, ci sarebbe uscito volentieri.
Cercai di dileguarmi senza farmi notare.
- Scusa tanto, ma stavo parlando con lei. – rispose Inuyasha, con un tono così glaciale che mi convinse a guardarlo. Aveva scostata da sé Yura e prima che potessi obiettare mi prese per un polso e mi trascinò con lui.
- Andiamo, Kagome. – disse per congedarci. Non mi voltai a guardare la reazione della mia compagna, troppo sconvolta per quello che era appena successo.
Inuyasha si fermò dietro l’angolo e, non appena vedemmo una Yura uscire adirata dal cancello e andare nella direzione opposta alla nostra, tirò un sospiro di sollievo.
- Che gente c’è al mondo? – sussurrò.
Io lo osservai, ancora incredula. Quando lui si accorse della mia espressione, inarcò un sopracciglio.
- Be’? Perché mi guardi a quel modo? – domandò.
- È la prima volta che mi chiami per nome. – affermai e sentii gli angoli della bocca sollevarsi in un sorriso.
Lui alzò il mento. – Tzt. Non montarti troppo la testa. Non significa nulla – disse.
Però ripensandoci adesso non posso fare a meno di sorridere nuovamente.
È una reazione sciocca, lo so, ma quando l’ho sentito chiamarmi per nome, anziché con il solito vezzeggiativo, mi si è scaldato il cuore.
- Sorellona, che hai? – mi chiede Sota, entrando in cucina.
- Mmh? Niente, niente – dico scuotendo la testa.
Lui non sembra convinto della mia risposta, però lascia correre. – Mmmh, sarà? – 



ANGOLO DELL'AUTRICE
Eheheh... qualcuno di voi ricorderà la fine del quarto episodio di Inuyasha.. beh ho cercato di riprendere una scena (avrete già capito quale) da quella puntata, per far avvicinare maggiormente i due protagonisti. 
Ma torniamo alla storia. Inuyasha e Kagome iniziano a mostrare le prime simpatie, ma la strada che condurrà a una vera amicizia purtroppo è ancora lunghettina ^-^" 
Spero che il capitolo abbia soddisfatto Romanticgirl02, Giorgia2006 e Maria76 (soprattutto quest'ultima, così carina da lasciarmi sempre una recensione positiva) :)
Alla prossima settimana! 
Baci, SM
   
 
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