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Autore: heysassenach    13/01/2017    1 recensioni
L'amore tra fratelli.
L'odio tra rivali.
Una città sull'orlo della catastrofe.
[Medici/Pazzi]
{Ho modificato titolo e descrizione, perché non ero soddisfatta. Se vi va, lasciate una recensione c:}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Rinascimento
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I suoi occhi avevano percorso quelle righe scritte frettolosamente pù e più volte. Lorenzo de' Medici avrebbe tanto voluto illudersi che quello che stava vivendo non era altro che un brutto sogno, magari una brutta conseguenza della cena pesante della sera prima, ma sapeva fin troppo bene che non era così. In realtà, c'erano tante cose che avrebbe voluto fare in quel preciso istante: strappare la lettera, gridare, correre a Firenze sulle sue stesse gambe, sbattersi la testa al muro. Ma si rese conto che simili reazioni non avrebbero certo risolto il problema. Un grosso problema, senza dubbio.
Si limitò a schiarirsi la voce, mantenendo un'espressione appena concentrata. « E così mio fratello non ha detto nient'altro?»

Il messaggero scosse la testa, i capelli fradici per la pioggia ancora appiccicati al volto. «No, mio signore», soggiunse con un filo di voce, «mi ha solo intimato di portarvi questo messaggio immediatamente, anche a costo di non riposare». Lorenzo inarcò un sopracciglio. «E ci siete riuscito? Senza riposare?»
L'uomo abbassò di colpo lo sguardo, il volto improvvisamente rosso per l'imbarazzo. «Beh, a dire il vero no, mio signore. Ma non mi sono fermato per più di qualche ora, questo ve lo posso assicurare».
Lorenzo liquidò la faccenda con un gesto della mano. In fondo, si disse, se lui era stato tanto distratto da non lasciare precise disposizioni a Giuliano, un povero messaggero non poteva certo averne colpa.
«Manda a chiamare lo stalliere», annunciò Lorenzo volgendosi verso la finestra, «devo partire oggi stesso».
Il messaggero parlò così piano che l'incessante ticchettio della pioggia sui vetri quasi ne coprì la voce. Lorenzo udì a malapena la porta chiudersi alle sue spalle, preso com'era dai suoi pensieri. Com'era potuto succedere? Come aveva potuto essere così sciocco? Ora chissà cosa sarebbe successo.
Lorenzo de' Medici non era mai stato un uomo particolarmente devoto, ma per una volta non potè che appellarsi a una forza superiore. Perché stavolta neanche lui era sicuro di riuscire a risolvere le cose.

 

Aveva quasi rinunciato a dormire, a costo di viaggiare tutta la notte e sotto la pioggia. Ora non solo si sentiva le dita gelate e le gambe indolenzite, ma la stanchezza pesava come un macigno sulle sue spalle. Tuttavia, quello che si ritrovò davanti quando, stremato, mise piede in Via Larga, fu uno scenario ben differente da quello catastrofico che si era immaginato per tutto il viaggio. Lorenzo tirò un sospiro di sollievo non appena vide suo fratello corregli incontro con il suo classico sorriso sornione stampato in faccia: se non altro non aveva combinato qualcosa di irreparabile... forse.
«Non immagini quanto sono felice di vederti». Giuliano sembrava visibilmente sollevato, ora che le sue giornate angosciate parevano finalmente giunte al termine.
«E io sono felice di vederti tutto intero, se le cose che si dicono sul duca di Calabria sono vere», replicò Lorenzo, godendosi il repentino cambio di espressione sul volto di suo fratello a quelle parole, «evidentemente le tue abilità diplomatiche non sono così scarse come mi hai lasciato credere in passato». Giuliano scrollò le spalle. «Quel che è certo, è che ne ho avuto abbastanza per un po' di diplomazia», annunciò il minore dei fratelli Medici. «Un altro giorno a tentare di comunicare invano con il più antipatico degli uomini, e sarei passato alle mani».

Lorenzo sorrise a quelle parole: nonostante la differenza di età tra lui e suo fratello fosse di soli cinque anni, in quel momento Giuliano gli ricordò sè stesso da ragazzo, quando ancora il mondo della politica non lo aveva coinvolto minimamente e pensava che bastasse tirare qualche pugno alla cieca per risolvere le cose.
Sebbene il sonno cominciasse a farsi sentire, e i dolori alle gambe fossero veramente fastidiosi, Lorenzo trasse un profondo respiro e fece il suo ingresso nella sala dove lo aspettava il suo ospite. Giuliano, che fino a pochi secondi prima aveva continuato a riempirgli la testa di discorsi di ogni genere, sembrava improvvisamente aver perso la lingua.
L'uomo che trovò ad aspettarlo, era proprio degno della sua fama. Il suo sguardo gelido lo trafisse da parte a parte, squadrandolo più e più volte, al limite del disgusto. Le labbra di Lorenzo si incurvarono nel più cordiale dei sorrisi. «Principe Alfonso», lo salutò, chinando leggermente il capo in segno di saluto, «vogliate perdonare la mia assenza in questi giorni. Spero che l'attesa in questo palazzo sia stata cosa gradita, per quanto tediosa».
Il duca si limitò a fissarlo in silenzio per qualche secondo, poco convinto. Poi, finalmente, dopo quella che sembrò un'eternità, si limitò a dire: «E così voi sareste Lorenzo de' Medici».
Lorenzo non perse il suo contegno: nonostante il suo aspetto provato dal viaggio, sapeva che la sua arma più forte erano le parole. Anche se il principe non sembrava affatto un avversario facile.
«Lo sono, infatti. Mi spiace di aver deluso le vostre aspettative, qualunque esse fossero, ma immagino che voi non siate qui per sindacare sulla mia identità».
Alfonso inarcò un sopracciglio, gli occhi azzurri leggermente spalancati dalla sorpresa. Alle sue spalle, Lorenzo sentì Giuliano schiarirsi nervosamente la voce. «No, avete ragione», replicò il principe, le labbra arricciate in un ghigno indecifrabile, «vengo per conto di mio padre, il Re di Napoli. Vengo a discutere affari importanti».
«Questo lo avevo immaginato», replicò Lorenzo sorridendo a sua volta, «perché non vi accomodate e non mi dite di cosa si tratta?».
Lo sguardo gelido del principe fissò un punto oltre la sua spalla. «Sono tenuto a parlare solo ed esclusivamente con voi», asserì Alfonso, il sorriso ormai divenuto solo un ricordo.
«Mio fratello è coinvolto nella gestione degli affari quanto lo sono io». Senza neanche rendersene conto, Lorenzo aveva stretto un pugno fino a farsi male. Fu grato che il principe non se ne fosse accorto ma che anzi, reagì con una risatina. «Sappiamo tutti che non è vero», replicò, tornando a fissare Giuliano, che dal canto suo se ne stava insolitamente zitto. «Allora magari vi hanno comunicato delle informazioni sbagliate». Lorenzo fece appello a tutta la sua cortesia, e ancora una volta apparve credibile.
«Non importa». La voce di Giuliano tremava di rabbia, ma il suo volto non tradiva alcuna espressione. «Se è questo che sua Altezza desidera, ubbidirò volentieri».
Uscì a testa bassa, ma Lorenzo riuscì a intravedere le sopracciglia ben definite di suo fratello inarcate in un'espressione mortificata. Il suo orgoglio era stato ferito, e tra tutte le persone che gli fosse mai capitato di conoscere in vita sua, Giuliano era sicuramente il più orgoglioso di tutti.
Tornò a voltarsi verso l'erede al trono aragonese, i muscoli del volto forzatamente rilassati a simulare un'espressione pacata e cordiale. «Ora che la situazione vi compiace», riprese Lorenzo, «potete conferire con me in totale tranquillità. Sentitevi libero di esternare ciò che avete fatto tanta strada per comunicarmi».
Un sorrisetto fece la sua comparsa sotto i baffi scuri del principe. «Ebbene», cominciò, «in primo luogo, mio padre mi ha incaricato di vedere com'è la situazione qui a Firenze. Non ve lo nascondo, la vostra accoglienza sgangherata mi ha lasciato molto perplesso».
Lorenzo si lasciò sfuggire una risatina. Se per il nervoso o per puro divertimento, non avrebbe saputo dirlo.
«Sono sicuro che mio fratello ha fatto il meglio che ha potuto, con così poco preavviso». Il suo interlocutore inarcò un sopracciglio e riprese: «Beh, ma non si tratta di vostro fratello, messere». Tamburellò distrattamente le dita sul bracciolo della sedia, noncurante dell'espressione di puro stupore sul volto di Lorenzo, «Vedete, si dicono grandi cose su di voi. Che siete un Principe. Che siete l'uomo più ricco, addirittura più ricco di mio padre, il re di Napoli!». Qualcosa si accese nei gelidi occhi di Alfonso, nel pronunciare quelle parole. Si era sporto in avanti, gli occhi fissi sul volto altrettanto incredulo di Lorenzo.
«Forse non dovreste credere a tutte le voci sul mio conto», asserì Lorenzo massaggiandosi il mento. Dove voleva andare a parare, questo emissario tanto importante? «Non sono certo un principe, credetemi. Né penso di essere lontanamente ricco quanto vostro padre, se è questo che vi preoccupa. Ma sono comunque un banchiere, e non vi nascondo che i soldi non mi mancano. E' dunque di questo che si tratta? Siete venuto in cerca di denaro?». Non aveva ponderato attentamente le parole, stanco com'era. I pensieri erano usciti dalle sue labbra prima ancora che potesse valutarne le conseguenze. I tratti raffinati di Alfonso, così in contrasto con quelli molto più aspri di Lorenzo, si contrassero in un'espressione indignata. Aveva quasi l'aria di uno che era stato costretto ad ingerire il più disgustoso dei cibi. Il suo colorito pallido virò al paonazzo in così poco tempo, che Lorenzo ebbe l'assurda impressione di vederlo stramazzare a terra da un momento all'altro.
«Avevo sentito parlare della vostra sfacciataggine, ma mai avrei immaginato di udire queste parole. Vi sembro forse il genere di persona che va ad elemosinare soldi in giro?». Serrò un pugno fino a far diventare bianche le nocche, poi tirò un profondo respiro e aprì nuovamente la bocca per parlare, ma Lorenzo lo interruppe: «Non intendevo certo offendervi. Capita spesso che persone illustri come voi si rechino da me in cerca di un prestito in denaro, non c'è niente di disdicevole in tutto ciò».
Gli occhi di Alfonso lo trafissero per qualche secondo, indagatori. Poi la sua espressione si rilassò. «No, messere. Non sono in cerca di un prestito. Tutto questo non ha niente a che fare con il denaro». Il principe si schiarì la voce, mentre con una mano dalle dita lunghe e sottili frugava sotto il farsetto. Ne estrasse una lettera,

sorprendentemente non troppo spiegazzata. Lorenzo l'afferrò con estrema delicatezza, quasi avesse paura di rovinarla. Ne avvertì l'importanza con un solo tocco: di cosa si trattava? Cosa mai poteva volere il Re di Napoli da lui? Osservò la ceralacca intatta, di un blu intenso, e la ruppe con un gesto secco. La lettera recava la firma del Re in persona. Erano poche righe, scritte in una grafia composta e ordinata. Gli occhi di Lorenzo si soffermarono su ogni singola parola, su ogni singola virgola. Di quando in quando il suo sguardo si spostava su Alfonso, che lo fissava a sua volta, impaziente. «Mi si sta chiedendo di riconciliarmi con il pontefice», riflettè Lorenzo ad alta voce, quasi per essere sicuro che ciò che aveva appena letto fosse vero. I suoi occhi scuri incontrarono quelli di ghiaccio di Alfonso. «Non posso farlo», disse semplicemente.
Il principe aragonese si sporse in avanti e trasse un bel respiro. «Lorenzo, non vi conviene inasprire il vostro rapporto con il Sua Santità. La situazione è più critica di quanto pensiate».
«Ebbene, perché non è il papa stesso a cercare di riappacificarsi con me? Perché deve usare voi?», replicò Lorenzo. Tutta quella situazione era assurda, e sommata alla stanchezza del viaggio, aveva tutta l'aria di essere un brutto, bruttissimo sogno.
«Siete voi che gli avete arrecato un torto non indifferente, non una, ma ben due volte. Nessuno sta 'usando' il Regno di Napoli, messere», Alfonso abbassò lo sguardo, «mio padre vorrebbe evitare di ritrovarsi nel bel mezzo di una guerra».
Lorenzo ripiegò la lettera e si passò una mano tra i capelli. Avrebbe messo da parte l'onore per ritrovarsi i domini papali ai confini? Avrebbe chinato la testa davanti a una richiesta così meschina? No, qui non si trattava di diplomazia. Se qualcuno minacciava la sua libertà, la libertà di Firenze, non si sarebbe piegato tanto facilmente.
«Riferite questo a vostro padre: non ci sarà nessuna guerra. La situazione è sotto controllo...e se Sua Santità vuole che io mi scusi per essermi opposto ai suoi piani di conquista, me lo deve chiedere egli stesso».

Alfonso d'Aragona scosse la testa, sconsolato. «Ci manderete tutti all'Inferno, Lorenzo de' Medici».

 

 

 

 

Angolo autrice:

 

Com'è che si dice? A volte ritornano. Mi ci è voluto praticamente un anno per trovare l'ispirazione per questo capitolo. La mia passione per i Medici purtroppo è inversamente proporzionale alla mia costanza nella scrittura. Mettendo queste cose per iscritto, mi ritrovo spesso ad osservare quanto nella mia testa apparissero decisamente migliori. Ebbene, ci ho messo parecchio tempo, sì, ma devo dirmi abbastanza soddisfatta. Ho partorito un capitolo che probabilmente sarà noioso ma ehi, data la mia deformazione professionale non potevo che farlo il più 'politico' possibile (anche se forse pecco di superbia pensando una cosa del genere).

Lorenzo è stato la sfida più grande, e continuerà ad esserlo. Spero di avergli, un minimo, reso giustizia. Per quanto ci piaccia (a me in primis) pensare a lui come un uomo politico praticamente impeccabile, devo dire che analizzando le sue scelte politiche fino alla Congiura ho notato una buona dose di avventatezza (se così la vogliamo chiamare). In questa enorme licenza poetica che mi son presa introducendo questo 'ultimatum' da parte del Regno di Napoli (che ne sa una più del Diavolo, per ovvie ragioni), ho cercato di mettere al corrente degli eventi anche chi magari ne sa meno di me. Lorenzo si oppose ai progetti di Papa Sisto IV di occupare le piazzaforti di Imola e Faenza, situate sul confine con la Repubblica di Firenze, e si rifiutò di prestargli il denaro necessario ad acquisire Imola dagli Sforza. Ho voluto immaginare un Lorenzo un po' testardo, orgoglioso ed incosciente, ben diverso dal Lorenzo del dopo- congiura.
Giuliano, dal canto suo, si è trovato in una situazione scomoda. Si vede costantemente sottoposto al fratello, anche se questi fa di tutto per considerarlo un suo pari (gli altri purtroppo la pensano diversamente), e la cosa ferisce il suo orgoglio.
Prometto che il prossimo capitolo sarà più avvincente, se siete arrivati fino a qui vi ringrazio immensamente per non esservi addormentati, e vi prego di recensire (anche per scrivermi che fa schifo eh), sono veramente curiosa di sapere cosa ne pensate! Vi ringrazio per il supporto, a presto! (spero)

P.S: il cambio di atteggiamento di Alfonso II d'Aragona è voluto. Mantiene l'atteggiamento dispotico per un po', ma anche lui si rende conto che la situazione è critica e cerca di far ragionare Lorenzo.

 

 

   
 
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