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Autore: Persej Combe    13/01/2017    1 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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22 .  Turbinio interiore


 

   A quelle parole, Shana si riscosse all’improvviso, intuendo ciò che stava accadendo e come mai Serena avesse agito in maniera così avventata. I suoi limpidi occhi verdi, tuttavia, tradivano un certo smarrimento misto a un sottile timore. AZ sollevò lo sguardo su di lei e vedendo la sua espressione confusa sorrise, rassicurante.
   «Come ti chiami?» le chiese, piegandosi sulle ginocchia e rivolgendole il viso.
   «Shana!» esclamò, presa alla sprovvista, perché stando accanto a una ragazza come Serena era quasi raro che si curassero di lei – spesso la sua presenza passava in secondo piano «Mi chiamo Shana» ripeté poi, più tranquillamente, stringendosi con imbarazzo le mani lasciate penzolare di fronte al ventre.
   L’anziano annuì, la guardò pieno di conforto: «Mi fa piacere che accanto alla prescelta ci sia tu a sostenerla, Shana. Ma dimmi, mi sembri leggermente smarrita: ti ha già raccontato tutto? Tu sai cosa comporterà il suo ruolo?».
   «No, non le ho ancora raccontato tutto» si inserì Serena «Questa storia, nonostante abbia ormai accettato di esserci dentro, continua ad angosciarmi a volte, e non volevo riversarle eccessivamente addosso il mio dolore. Ma lei, signore, sarà certamente in grado di spiegarci meglio ogni cosa. Perché anch’io ho ancora molti dubbi».
   «Ti prego, Serena, dammi del tu. Io ormai, anche se un tempo fui principe e re, non sono più degno di alcun titolo. Dunque, allora, vediamo un po’. Quale credi che sia il compito della tua compagna, Shana?».
   Shana rimase a riflettere qualche attimo, tenendo bassa la testa.
   «Io credo che il suo compito sia quello di salvare il mondo».
   «Quella è una delle possibilità, nel caso in cui le cose dovessero andare in un certo verso. Nel verso che temo purtroppo sia il più probabile».
   Le due ragazze rimasero sorprese. Allora il destino avrebbe potuto dispiegarsi anche in maniera diversa? Che cosa intendeva dire?
   Il cielo iniziava ad annuvolarsi. Da Ovest provenivano nubi scure, promettenti pioggia. AZ consigliò di trovare un luogo tranquillo e riparato, dove potesse spiegargli tutto con calma. Conosceva una piccola grotta nelle vicinanze, così si incamminarono verso di essa. Una volta arrivati, si sedettero a terra in circolo. L’uomo accese un piccolo fuoco per far luce: presto il sole sarebbe stato coperto, lasciando posto al buio.
   «In realtà, le persone che dovrai salvare, Serena, sono due. O meglio, una sola» precisò, spegnendo con un soffio il fiammifero che aveva utilizzato per alimentare il fuoco.
   «Una sola in tutta quanta Kalos?» domandò la ragazza.
   «Sì. Il ritorno dell’Arma Suprema dipende soltanto da essa».
   Shana annuì: certo, doveva esserci qualcuno che desiderava di poter riattivare la macchina più di ogni altro, ma chi mai poteva volere qualcosa del genere? S’immaginò una persona estremamente malvagia, senza scrupoli, che avrebbe goduto profondamente nel far soffrire gli uomini un’altra volta dopo tremila anni. Non riusciva a trovare delle motivazioni che avrebbero potuto giustificare un simile gesto, non era possibile. Eppure, in qualche modo, il suo cuore continuò inconsciamente a cercarle, perché altrettanto assurda era l’idea che non vi fosse alcuna origine ad una tale crudeltà.
   «Ascoltatemi, adesso. Devo dirvi qualcosa di molto importante, perciò prestate attenzione. Io, AZ, costruii l’Arma Suprema tremila anni fa, sfruttando il potere dei Pokémon Leggendari della regione di Kalos. Inizialmente ero stato mosso da buoni propositi, ma inevitabilmente le mie azioni finirono per creare distruzione e morte. L’Arma Suprema venne nascosta nelle profondità della terra da mio fratello minore, affinché nessuno potesse nuovamente utilizzarla. Ma, ovviamente, finché essa non cesserà di esistere, il pericolo che essa possa ritornare alla luce sarà sempre presente.
   «Per questa ragione, ogni mille anni Xerneas e Yveltal, poco prima del loro risveglio, scelgono due fanciulli, l’uno ultimo discendente della stirpe di mio fratello, l’altro un essere umano o un Pokémon qualunque che sappia stare al fianco del primo. Le due creature si mostrano a loro nel mezzo della notte, fermando lo scorrere del tempo, legando indissolubilmente le loro esistenze e facendo loro provare lo stesso dolore che generò l’Arma, di modo che l’ultimo erede non sia mai persuaso ad utilizzarla nuovamente: solo lui, o lei, infatti, ha il potere di farlo. In lui o in lei solamente è riposta la chiave per giungere alle porte che custodiscono la macchina. I due fanciulli vengono quindi portati a giuramento, affinché si apprestino a lottare essi stessi per impedire un eventuale ritorno di ciò che fu tremila anni fa.
   «Tuttavia, un giorno, una persona a me molto cara venne e mi disse che aveva avuto una visione del destino. Ebbene, dovete sapere che il destino non è cosa che si possa vedere chiaramente. Esso si manifesta soltanto in frammenti labili e incerti, poiché nel nostro futuro non c'è nulla di durevole e sicuro. Ogni cosa può essere cambiata e mutata, se si ha il coraggio di prendere saldamente in mano le nostre decisioni e i nostri sogni, se anziché limitarci ad essere fiori troviamo la forza di tramutarci in farfalle».
   «Che cosa vide?» chiese Shana.
   «Vide il cristallo rosso e blu dell’Arma tornare a scintillare e a districarsi come un fiore maledetto fino ai confini del cielo, le croci delle tombe delle vittime cadere al suolo e frangersi in innumerevoli pezzi, il sangue che colava su di essi. Nell’oscurità scorse le mani dei due fanciulli stringersi e poi separarsi senza che mai più potessero incontrarsi di nuovo. Dunque comprese che sarebbe accaduto loro qualcosa, che l’indole dell’uno avrebbe prevaricato sull’altro. Poi però, quando ogni cosa sembrava essere perduta, vide anche una terza fanciulla, colei a cui diede il nome di prescelta, la quale sarebbe stata in grado di riportare la serenità nei loro animi. Quella ragazza, Serena, sei tu».
   Serena tremò lievemente. Si portò la mano al petto per acquietare i battiti del proprio cuore, resi inquieti dalle sue parole. Con gli occhi cercò di penetrare oltre la folta frangia dell’uomo e di scoprirne lo sguardo. Lo vide, ed era serio, ma al tempo stesso fermamente fiducioso. La ragazza riprese coraggio, si tranquillizzò. Si accorse che Shana la stava osservando.
   «AZ, dimmi, allora, qual è il mio compito?».
   «Se il secondo fanciullo non riuscirà a prevalere sull’altro, il giuramento fatto alle creature si romperà ed essi si separeranno, lasciando che l’Arma Suprema ritorni sulle terre di Kalos, devastando la regione e il mondo intero. So che questo sta già accadendo, poiché ho visto l’ultimo discendente avvicinarsi alle porte dietro cui essa è celata per aprirle un’altra volta. Il tuo compito, Serena, è quello di trovare i due fanciulli e fare in modo che essi non si separino, che venga mantenuto l’equilibrio tra i loro cuori».
   Da fuori cominciarono a udirsi i primi tuoni squarciare l’aria. Di tanto in tanto un bagliore illuminava le nubi scure. Il vento fischiava e le foglie dei rami intorno frusciavano irrequiete.
   «Un momento», disse Shana, come se le fosse venuto in mente qualcosa, «Serena, e se quei due fanciulli fossero i due bambini di cui sogni ultimamente?».
   AZ rimase sorpreso da quelle parole, così chiese che gli spiegassero meglio di cosa si trattasse. Non appena Serena ebbe finito di raccontare, l’uomo sorrise, poiché aveva inteso che si era formato un legame misterioso tra lei e i due fanciulli e che presto avrebbe saputo riconoscerli lei stessa lungo il proprio cammino.
   «Ma come potrò essere certa che saranno proprio loro?», domandò però poco convinta la ragazza.
   «Quando li vedrai insieme, lo sentirai e ne avrai la certezza. Lascia che i tuoi sogni ti parlino: in essi, più che in ogni altra cosa, è racchiusa la nostra anima e i moti che essa desidera compiere, insieme alle sue paure. È lì che più chiaramente può mostrarsi il destino, anziché, ad esempio, nelle stelle».
   «Tu però già sai chi sono, non è vero?», chiese allora Shana, «Non potresti darci soltanto un indizio? Io, perlomeno, potrei aiutarla almeno un po’ se li riconoscessi prima di lei».
   L’anziano comprese il suo stato d’animo, ma ben sapeva che soltanto la prescelta sarebbe stata in grado di riconoscerli in virtù del legame che la univa a loro. Tuttavia, si lasciò un po’ prendere la mano, intenerito, e rispose: «Voi siete Allenatrici, giusto? Per cui immagino che sicuramente abbiate già fatto conoscenza del secondo fanciullo. È una persona a cui molti di quelli come voi si rivolgono. Mi dispiace, ma più di questo non posso dirvi. E ora perdonatemi, ma devo riprendere il mio viaggio. Mi sono trattenuto qui molto più del dovuto. Non temete, sono certo che ci rivedremo. A presto».
   Così dicendo si alzò, mise la sacca in spalla e uscì dalla grotta. Serena e Shana lo osservarono finché non fu scomparso all’orizzonte. Poi il cielo si colorò di viola, rosso e blu per qualche istante. Infine iniziò a scendere pioggia e le due ragazze rimasero in silenzio davanti al focolare che s’era spento in attesa che tornasse il sereno.
 
 
   Quella sera quando si ripresentarono in albergo ebbero la spiacevole sorpresa di scoprire che non avrebbero potuto continuare ad alloggiare nella stanza che avevano occupato fino a quella mattina. Tuttavia, con i soldi rimasti, riuscirono comunque ad accaparrarsi una camera, più piccola e al primo piano, senza balcone. L’unico problema che poteva risultare più scomodo era la presenza di un unico letto, ma fu qualcosa su cui riuscirono a sorvolare, facendosi strette sotto alle coperte.
   Avevano deciso che l’indomani si sarebbero rimesse in viaggio subito dopo colazione: i bagagli erano già pronti vicino alla porta, mentre i vestiti erano stati riposti a scaldare vicino al termosifone. La prossima destinazione sarebbe stata il Percorso 13 in vista del ritorno a Luminopoli, dove le attendeva lo scontro nella Palestra di Lem e la quinta Medaglia. Serena diceva di essere intenzionata a catturare qualche Pokémon di tipo Terra vicino alla Centrale Elettrica.
   Girate di schiena l’una contro l’altra, stavano cercando di addormentarsi. Da oltre la porta ogni tanto si sentiva un rumore di passi e di gente che rideva mentre usciva per andare a fare un giro e divertirsi. Tuttavia fuori il vento ancora soffiava forte e faceva freddo, i vetri delle finestre tremavano.
   «Sei sveglia, non è vero?».
   Serena aprì gli occhi, sentendo la voce dell’altra.
   «Sì».
   «Stai ripensando a quello che ha detto oggi AZ, non è così?».
   «Sì».
   Si udì dal piano di sopra un oggetto cadere sul pavimento e poi il rumore di un mobile che veniva spostato.
   «Hai già pensato di chi potrebbe trattarsi il fanciullo di cui ci parlava? Potrebbe essere qualche Allenatore che abbiamo sfidato durante il viaggio. Magari un Capopalestra? Per caso Lino di Altoripoli ti sembra familiare?».
   «Non riesco a ricordare precisamente le sembianze di quei due bambini. So solo che, quando li vedo nei miei sogni, ho come la sensazione di conoscerli già da molto tempo, nonostante in effetti non sappia nulla di loro».
   Serena sospirò, come afflitta da un grande peso. Shana la sentì rigirarsi qualche secondo nel letto e poi tirare su col naso. Socchiuse le labbra, animata dal dispiacere, ma non si volse, poiché sapeva quanto per l’altra era difficile mostrarsi ridotta in un tale modo.
   «Serena...», tentò di richiamarla comunque, sperando di poter trovare qualcosa da dire per confortarla.
   «E se non dovessi farcela?», la interruppe però lei all’improvviso, con voce irrequieta, «E se dovessi fallire? Se tutta Kalos dovesse venire distrutta per causa mia? Che ne sarebbe allora di me? Per tutta la vita, ho sempre desiderato andare incontro al mio destino e diventare qualcuno, lontano dall’ombra di mia madre, ma adesso, adesso...».
   La sua voce si fermò per qualche lungo istante, mentre tentava di ricacciare il pianto che sempre più prepotentemente minacciava di sgorgare dai suoi occhi per bagnarle le guance e riversarsi sul cuscino. Vi riuscì a malapena, perché poi dovette premere con una mano sulla bocca con tutta la propria forza per bloccare un lamento.
   «Io ho sempre pensato che per diventare quella che sono davvero avrei dovuto lottare contro gli altri, contro tutti quanti gli altri, e non mi sarei mai tirata indietro, ma adesso ho capito che non è contro gli altri che devo lottare, ma contro me stessa, soltanto me stessa... E fa male, fa così male che mi viene da piangere!».
   Shana esitò. Ascoltò il suo pianto e i suoi singhiozzi in silenzio, fissando il muro che aveva di fronte con sguardo mesto e impotente. Si morse le labbra, sentendo la schiena dell’altra scuotersi e dimenarsi. Poi, con un po’ d’imbarazzo decise di farsi avanti. Allungò le dita cercando le sue, lasciate penzolare lungo il fianco, e quando le trovò strinse timidamente la sua mano.
   Serena parve acquietarsi per un istante, mentre avvertiva il calore delle loro pelli venute a toccarsi così semplicemente. Inspirò profondamente e sentì la stretta di Shana farsi gradualmente più forte, ed ella dopo un po’ ricambiò, con tutta sé stessa, scoprendo delle sensazioni che mai aveva provato prima.
   «Tu mi piaci, Serena. Mi piaci molto», sussurrò, «E non m’importa se sei la prescelta o chissà cos’altro, tu mi piaci per la persona che sei dentro. Tutto il resto per me non ha valore, per cui, se anche dovessi fallire, io rimarrei lo stesso al tuo fianco. Sempre, persino se a Kalos dovessimo sopravvivere soltanto tu ed io. Non succederà mai che io dubiti di te o che mi trovi sorda nel momento del bisogno. Io ci sarò e non ti lascerò sola».
   Si strinsero più forte le mani. Serena sorrise, commossa, nonostante un lieve imbarazzo stesse cominciando a fiorire nel suo cuore. Improvvisamente, la pietra incastonata nel Megacerchio che portava al polso brillò. Guardò il suo bagliore colorato come stordita. Perché tutt’a un tratto si sentiva così?
   Si mise a sedere, poi si alzò dal letto, uscendo dall’abbraccio delle coperte. A quel punto Shana si girò, la vide spogliarsi del pigiama e indossare i vestiti.
   «Dove stai andando?», chiese.
   «Esco. Vado a fare due passi. Ho bisogno di prendere una boccata d’aria».
   «Con questo freddo? Serena, posso aprire un po’ la finestra, se vuoi, ma andare fuori con questo gelo è una pazzia! Resta. Possiamo parlarne insieme, non devi tenerti tutto dentro. Per favore. Fidati di me».
   «Sei l’unica persona di cui possa fidarmi al momento, Shana. Ma...».
   La scrutò, stringendo con le mani i lembi della gonna rossa che aveva appena infilato addosso. Incontrò i suoi occhi verdi e abbassò la testa.
   «Perlomeno, mettiti qualcosa di più pesante. Quelle calze non riscaldano abbastanza».
   «No, sto bene così. Sto bene».
   Afferrò la giacca e se la sistemò indosso alla bell’e meglio. Si avviò verso la porta e rivolse un ultimo sguardo in silenzio alla compagna prima di uscire.
  «Perdonami».
   Shana restò a osservare il punto da cui se ne era andata. Sospirò. Tornò a sdraiarsi e serrò gli occhi, coprendoli con le mani. Temette di aver detto le parole sbagliate o di averla offesa in qualche modo, pur avendo voluto soltanto confortarla e agire per il suo bene. Ad un tratto vi fu un bagliore. Shana allontanò le mani e vide il Lucario di Serena uscire dalla sua Poké Ball. Guardò il Pokémon con stupore mentre posava le zampe sul pavimento.
   «Vuoi andare da lei, non è vero?» domandò dopo un po’, comprensiva, «Certo. Nonostante vi conosciate da così poco, tu le sei già molto affezionato. Vai, allora. E per favore, controllala da parte mia».
   Lucario la scrutò. Avvertì che era preoccupata e lievemente amareggiata per ciò che era appena accaduto. Capì ciò che gli stava chiedendo. Annuì. Aprì la porta della stanza e con passo furtivo si avviò lungo il corridoio.
 


 


Ciao a tutti!
Come forse avrete visto, ultimamente sto cercando di scrivere capitoli un po' più corti, sperando in questo modo di riuscire ad aggiornare più spesso. Penso che comunque questo fosse già abbastanza pieno di cose importanti, per cui a maggior ragione non volevo caricarlo troppo. Spero che vi sia piaciuto! Poi vi dirò, sono molto felice di essere arrivata finalmente a questo punto!
Ho anche pensato di risistemare l'impaginazione, credo che questo l'abbiate notato subito. Mi sembra più ordinata così. La sto applicando anche ai capitoli vecchi, per il momento sono ferma al decimo, piano piano arriverò anche agli altri.
Un bacione a tutti e un caro augurio per il 2017, sperando che possa portarvi un po' di serenità ♥
A presto,
Pers

  
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