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Autore: Itsamess    14/01/2017    2 recensioni
Raphael gli aveva già prestato la giacca decine di volte prima d'allora e per le più svariate occasioni – missioni diplomatiche, meeting fra vampiri, matrimoni mancati – tuttavia nel suo sguardo c'era stato qualcosa di diverso, quella notte.
Qualcosa che avrebbe fatto arrossire Simon, se avesse avuto ancora una circolazione sanguigna.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Missing moment idealmente collocato in mezzo alla prima stagione, quando Simon era ancora al DuMort e niente faceva male - o quasi.
Note, disclaimer, saluti vari in fondo :)

Immagino che l'headcanon di Raphael che presta le giacche a Simon ci stia sfuggendo di mano.



 
 
Jacket weather


Thank you for seeing museums in me
where I saw empty hallways
 
 
New York non riusciva a spegnersi neanche di notte.
Le automobili continuavano a sfrecciare in flash dorati sopra all'asfalto bagnato di pioggia e le insegne al neon avevano preso a lampeggiare nel buio come tante lucciole multicolori, gettando incostanti chiazze di luce sulla superficie dell’Hudson.
 
Era strano, ad una tale distanza, poter distinguere con chiarezza tutti quei dettagli.
Simon, che per diciotto anni, appena sveglio, aveva osservato confuso il proprio riflesso sfocato nello specchio del bagno prima di ricordarsi di inforcare gli occhiali, pensò che fosse l'ennesimo cambiamento al quale non si sarebbe mai abituato.
 
Non era il solo, comunque.
Oltre ad aver guadagnato quel paio di diottrie mancanti che al cinema, prima della Trasformazione, lo costringevano a vedere i film in 3D mezzi sfocati (perché era troppo da loser perfino per lui indossare gli occhiali per la visione tridimensionale sopra a quelli da vista) si era accorto di essere diventato sempre più simile ai giocatori di football che all’inizio del liceo si divertivano a sbatterlo contro l’armadietto: era più forte, più agile, più veloce.
Forse anche più alto, anche se quella probabilmente era solo una suggestione.
 
Aveva perso la propria casa, la propria famiglia, la propria vita. Ormai del vecchio se stesso gli era rimasto solo il senso dell’umorismo e uno scalcagnato paio di All Stars, dal momento che dopo la notte al cimitero il resto del suo outfit era di gentile concessione di Raphael Santiago.
 
Simon si domandò quanto ancora avrebbe potuto cambiare e farla franca prima di non riconoscersi affatto, prima di diventare una persona completamente diversa – sempre ammesso che si potesse definire persona chi non possedeva nemmeno un battito cardiaco.
 
Fece stancamente dondolare i piedi sopra al vuoto della strada, domandandosi se sarebbe sopravvissuto alla caduta.
Una volta aveva perfino provato a chiederlo a Raphael, durante una sessione di addestramento particolarmente preoduttiva in cui non era riuscito a parare nemmeno un colpo. Il vampiro si era accigliato e non gli aveva nemmeno lasciato finire la domanda, ordinandogli di tornare al lavoro e di smetterla di perdere tempo con questioni inutili e Simon aveva deciso di tenere per sè i successivi dubbi.
Ora che era seduto sul cornicione, il viso sferzato dal vento e ben poche ragioni per continuare a vivere, quel pensiero lo sfiorò di nuovo, crudele come la brezza notturna.
 
Non fece in tempo a decidere se la rigenerazione spontanea l’avrebbe salvato da un salto del genere, dal 21° e ultimo piano dell’hotel, perché uno scricchiolio di passi – che risuonò chiaro e distinto nelle sue orecchie quasi si fosse trattato di un rumore vicinissimo – lo avvertì della presenza di un estraneo.
Simon voltò bruscamente la testa, nonostante avesse la sensazione di sapere già di chi si trattasse.
Non si sbagliava.

Raphael stava incedendo lentamente verso di lui, le mani nelle tasche della giacca damascata, lo sguardo distratto di un turista che ammira il panorama. Doveva essere tanto che non saliva sul tetto.
«Se sei venuto fin quassù per vedere se l'hotel possedeva un faro-segnalatore a forma di pipistrello, sarai rimasto deluso. Questo è il DuMort, non la Bat-Caverna.»
 
Simon non riuscì a soffocare un sorriso al pensiero che Raphael avesse sul serio letto i fumetti che gli aveva prestato, anche se probabilmente lo aveva fatto solo per poterlo prendere in giro per le sue letture da nerd.
«Non ci crederai, ma la Bat-Caverna è – sorpresa, sorpresa – una caverna. Non possiede nessun faro-segnalatore.  Un eroe non rivelerebbe mai l’ubicazione del suo covo segreto. È la regola numero uno!»

L’altro vampiro alzò gli occhi al cielo.
«Risparmiami le tue filippiche a tema Marvel»
 
Anche a rischio di perdere l’equilibrio, Simon allargò le braccia con un’espressione in bilico fra incredulità e risentimento.
«DC!»
 
«Risparmiami, ho detto!» ripeté Raphael, esasperato.
Diòs, quel 
niño riusciva ad essere davvero irritante quando ci si metteva – ovvero sempre.
«Allora, cosa ci fai qui tutto solo? Ti godi la vista?»

Simon scosse la testa, pur continuando a fissare l’orizzonte: «Avevo bisogno di- pensare, credo. Sono accadute tante cose ultimamente… è difficile elaborarle tutte insieme»
 
Raphael lo osservò passarsi nervosamente la lingua sulle labbra.

Probabilmente in quell’istante stava assaggiando il sapore dolciastro del proprio sangue, rappreso sul labbro inferiore in una ferita che difficilmente si sarebbe rimarginata, se non avesse imparato a controllare i propri canini.

Fino a quel momento Raphael non era stato clemente con lui. Aveva colto ogni occasione per infastidirlo con frecciatine e battute pungenti, quasi si trattasse di specie di rito di iniziazione senza il quale Simon non poteva ritenersi davvero parte della comunità dei vampiri, utilizzando la parola Dio come interiezione da inserire nel 90% delle proprie frasi solo perchè lui invece non poteva pronunciarla, tormentandolo durante gli allenamenti e prendendolo in giro quando se ne usciva con domande senza senso tipo perché i vampiri riuscissero a guardarsi allo specchio se era costituito in parte di una lamina di argento e altre leggende metropolitane che doveva aver sentito al cinema. Gli aveva reso quelle settimane di ambientamento un vero inferno, eppure per una volta non ebbe il coraggio di infierire.
 
A vederlo lì seduto sul cornicione, con le gambe a penzoloni, Simon sembrava un ragazzino che si dondolava su un altalena troppo alta.
Aveva gli occhi lucidi e i capelli spettinati dal vento e sembrava giovane e vulnerabile. Raphael si rese conto di non sapere con esattezza quanti anni avesse – e pensò che ora che Simon non sarebbe cresciuto più di un solo giorno sarebbe rimasto per sempre così, giovane e spettinato.
 
Si stupì nel sentire una punta di compassione in mezzo al petto, lieve ma dolorosa, come se si fosse trattato di un paletto di frassino.
Voleva aiutarlo, lo voleva davvero, eppure non c’era nulla che potesse fare. In circostanze simili, ci si salvava da soli.
Con il passare dei giorni, anche Simon avrebbe imparato a convivere con i propri demoni con la stessa ostinata lentezza con cui gli occhi si abituano al buio.
Lo avevano fatto tutti, ci sarebbe riuscito anche lui.
 
«Credimi, dopo un po’ ci si abitua»
 
Simon non ebbe bisogno di chiedergli a cosa si riferisse.
Spostò lo sguardo su di lui e, con il tono incerto di chi ha paura di rimanere deluso, domandò: «Davvero?»
 
«Te lo assicuro»  rispose Raphael, con un sorriso triste. Nessuno meglio di lui poteva saperlo. «È solo questione di tempo… per fortuna hai tutta l'eternità davanti»
 
Si pentì delle proprie parole nell'istante stesso in cui le sentì scivolargli via dalle labbra, ma era troppo tardi per rimediare.
 
Simon si era immobilizzato, a bocca aperta, paralizzato dal terrore.
Non che il pensiero dell'immortalità non lo avesse sfiorato fino a quel momento – era difficile che gli passasse di mente visto che ogni sua funzione vitale si era azzerata – tuttavia sentirlo pronunciare ad alta voce lo rendeva in qualche modo più reale.
 
«Dimentica quello che ho detto» cercò di dire Raphael con una voce tesa che Simon non gli aveva mai sentito usare. «Non intendevo-»

​«Lascia perdere» si schernì Simon,
 con la voce carica di disperazione. 
Era
 la verità: la Trasformazione lo aveva reso immortale. Era inutile fingere il contrario, eppure l’idea di sopravvivere a tutti coloro che amava lo travolse con una tale violenza da fargli correre un brivido di terrore lungo la spina dorsale, facendogli stringere goffamente le spalle.
 
Accadde in un istante – tanto in fretta che perfino un vampiro dotato di sensi potenziati come lui non si rese subito conto della situazione:  Raphael dovette fare caso al suo tremore, si sfilò la giacca damascata e gliela posò sulle spalle con l'attenta delicatezza con cui si rimboccano le coperte ad un bambino.
 
Non ce n'era stata davvero nessuna ragione, perché per essere una notte di ottobre non faceva così freddo e Simon in ogni caso non avrebbe potuto sentirlo, ma forse era proprio questo a rendere quel gesto tanto importante: faceva sentire Simon ancora normale, ancora freddoloso, ancora umano.
 
Non era così e lo sapevano entrambi, eppure non c'era bisogno di dirselo: non avrebbe cambiato le cose.
Simon, incespicando appena per lo stupore, disse solo:
«Grazie»
 
«Non è la prima volta che ti dono un assaggio del mio impeccabile guardaroba.» rispose Raphael sprezzante, distogliendo in fretta lo sguardo.
«E poi non lo faccio per te, lo faccio per me. I miei occhi non possono sopportare a lungo la vista delle tue terribili t-shirt stampate. Li ferisce più della luce del sole»

Simon non rispose nulla e si strinse ancora nelle spalle.
La delicata carezza del velluto gli sfiorò la pelle del collo, là dove Camille lo aveva morso lasciando due piccoli forellini come quelli di un serpente velenoso, là dove la mano di Raphael aveva indugiato un attimo, aggiustandogli la giacca.


 




Angolo dell'autrice
Vorrei solo ringraziare chiunque sia arrivato a leggere fin qui.
La citazione ad inizio storia l'ho letta online, ma non sono stata in grado di risalire ad un autore, quindi se qualcuno lo conosce mi scriva pure, mentre la parte in cui Simon si chiede "quanto ancora avrebbe potuto cambiare e farla franca prima di non riconoscersi affatto, prima di diventare una persona completamente diversa" è tratta da un poeta che amo moltissimo, Richard Siken.
La gif non è tratta da nessun vero episodio, ci ho aggiunto io il testo sopra perchè adoro le gif e le metterei ovunque
Oh, ultima cosa: questa storia è dedicata a Laura - se stai leggendo, ricordati che la vita dopo il liceo migliora e che sei la cugina migliore di tutti i mondi possibili, mondani e delle ombre.
Ora credo sia davvero tutto
Un abbraccio

Itsamess
 
  
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