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Autore: sere221    15/01/2017    2 recensioni
[Sherlock & Mycroft]
Dal testo:
A Sherlock bastò un semplice sguardo in direzione del fratello per capire che fosse successo qualcosa. A tal proposito chiuse il libro che teneva tra le mani, se lo mise sulle ginocchio e lo guardò senza dire una parola, quasi fosse scioccato. Il maggiore fece la stessa cosa e rimasero a fissarsi, senza dire niente, per qualche minuto.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note:
Mi scuso in anticipo per la nota iniziale ma devo per forza scrivervi qualche informazione per la lettura.
Rufus Stone citato all'interno della storia è un personaggio che esiste realmente nei libri di Sherlock Holmes, non quelli di Conan Doyle ma in Young Sherlock Holmes. Adoro quei libri e il personaggio di Stone che sono stata molto felice di citare.
La storia è ambientata durante la prima stagione di Sherlock.
Buona lettura.
 
 
 

 
 
(John non avrebbe mai pensato in vita sua di assistere alla scena che gli si stava parando davanti agli occhi.)
 
 



Negli anni in cui aveva avuto il piacere di vivere con Sherlock di una cosa era assolutamente sicuro e cioè: Sherlock odiava suo fratello. O così era come diceva lui, ma John non ha mai creduto veramente a questa cosa.
Il dottore sapeva che nonostante tutto, quei due fratelli si volevano bene. A modo loro, ma si volevano bene.
Per questo, una mattina di due giorni prima, quando Mycroft era passato al 221B, con il volto pallino e tutta l'aria di una persona a cui gli fosse appena successo qualcosa di brutto. Il maggiore, dopo aver cordialmente salutato il buon dottore era salito per le scale accompagnato da John che, entrato nell'appartamento lo fece accomodare sulla sua poltrona davanti a quella del fratello dove quest'ultimo era impegnato a leggere un libro.
A Sherlock bastò un semplice sguardo in direzione del fratello per capire che fosse successo qualcosa. A tal proposito chiuse il libro che teneva tra le mani, se lo mise sulle ginocchio e lo guardò senza dire una parola, quasi fosse scioccato. Il maggiore fece la stessa cosa e rimasero a fissarsi, senza dire niente, per qualche minuto.
John, che non riusciva proprio a capire quello che stava accadendo, si alzò dal divano dove era seduto e propose di andar a preparare il tè. I due fratelli non lo degnarono nemmeno di una risposta così il dottore, raggiungendo la cucina, decise di andarsi a preparare una tazza per se. Ovviamente però ne avrebbe preparato in più nel caso i due avessero cambiato idea.
Fu in quel preciso istante che Sherlock aprì bocca e disse: "Senza giri di parole, cos'è successo?"
Mycroft spostò lo sguardo, quasi a voler ricollegare le idee nella propria testa e disse. "é stato investito. Stava attraversando la strada ma l'uomo al volante non l'ha visto e lo ha presa. Non c'è stato nulla da fare. Non è riuscito ad arrivare nemmeno in ospedale." Sherlock distolse lo sguardo annuendo.
"A quando i funerali?" Domandò il moro.
"Tra due giorni."
"Ci andremo." Non era una domanda, ma un'affermazione. Mycroft annuì quasi non volesse aprire bocca.
"Immagino che tu abbia fatto qualcosa al riguardo." Continuò Sherlock.
"Ovviamente. Ho fatto si che all'uomo sia stata tolta subito la patente e a breve ci sarà il processo per quello che è accaduto. Non credo ne uscirò bene."
"Mai mettersi contro un Holmes" Pensò John mentre tornava in salotto con la tazza in mano. Solo in quel momento però notò lo sguardo di Mycroft: vi era disegnato sopra un misto tra, rabbia, odio e tristezza. John non aveva la minima idea di cosa avesse potuto scatenare così Mycroft Holmes. "L'uomo di ghiaccio" come lo chiamavano in molti, eppure in quel momento era tutto tranne che di ghiaccio.
I due fratelli continuarono a stare in silenzio finché Sherlock non disse: "Mi dispiace Mycroft." Il maggiore lo guardò e annuì come ringraziamento. "Immagino che dispiaccia anche a te." rispose Mycroft.
"Ovvio."
"Ho già chiamato la famiglia facendo le mie condoglianze. A proposito di famiglia, anche i nostri genitori saranno presenti alla cerimonia."
"Mi sembra giusto, anche loro gli volevano bene."
Mycroft non commentò più, guardò il fratello e poco dopo si alzò sistemandosi il completo: "Devo tornare al lavoro Sherlock, ti passerò a prendere io tra due giorni per andare al funerale e per messaggio ti invierò tutti i dettagli del posto e l'ora."
Il maggiore fece per andarsene ma Sherlock si alzò prontamente e si mise davanti al fratello mettendogli una mano sulla spalla. Il maggiore lo guardò e senza dire una parola, annuì, si girò verso il dottore lo salutò cordialmente e se ne andò.
Sherlock aspettò che il fratello uscì per tornare a sedersi e a guardare fuori dalla finestra con uno sguardo triste.
John che fino a quel momento era stato in silenzio andò in cucina prese una tazza di tè e la portò all'amico che lo guardò confuso: "Non so cosa sia successo ma per vedere te e tuo fratello così dev'essere qualcosa di grave. Una tazza di tè é quello che ci vuole." Aggiunse il biondo mettendosi a sedere di fronte l'amico.
"Vuoi raccontarmi cos'è successo?"
Sherlock non rispose immediatamente. Rimase in silenzio prima di aprire bocca e dire. 
"Ci sono solo tre persone per il quale Mycroft potrebbe stare così male. Una sono io, una è nostra madre, ma immagino non le sia accaduto niente calcolando che l'ho sentita al telefono nemmeno trenta minuti fa. L'ultima persona è invece Rufus Stone."
"Rufus Stone?"
"Si, è stato il mio l'insegnato di musica quando ero bambino. È stato lui ad insegnarmi a suonare il violino."
"Che c'entra tuo fratello con tutto questo?"
"Ovviamente è stato anche l'insegnante di Mycroft."
"Tuo fratello suona?"
"Ovviamente, suona molti strumenti, ma ha un'innata preferenza verso il piano."
"Non ne sapevo nulla! Stavate parlando di un funerale quindi, immagino che..."
"Si, John."
"Mi dispiace Sherlock. Ma ho un'ultima domanda. Non ho mai visto tuo fratello così distrutto. Perché mai? Capisco che sia stato il vostro insegnante di musica ma..."
"Al contrario di me, che ero ancora piccolo quando conobbi Rufus, Mycroft era già un'adolescente e come tale aveva molto problemi con i suoi coetanei. Rufus oltre ad essere il suo insegnate era anche l'unico amico che aveva. È grazie a lui se Mycroft è la persona che è adesso. Passavano molti pomeriggi assieme, soprattutto a suonare. Mycroft adorava suonare. Ricordo ancora quando la sera, dopo cena, prima di andar a dormire, mio fratello si sedeva davanti al piano in salone e mi chiedeva cosa volessi che suonasse per me. Oppure quando, cresciuti, abbiamo cominciato a suonare insieme. Erano i momenti più belli della giornata. Spesso facevamo dei piccoli concerti per i nostri genitori," John non poté non notare che Sherlock stava sorridendo a quel ricordo della sua infanzia.
"Perché hai detto "adorava"? Non suona più?" Domandò il biondo.
"La vita va avanti John, Mycroft fu costretto ad andare via di casa a causa dell'università e non poté più rivedere Rufus come prima, in più lo studio occupava la maggior parte del suo tempo quindi pian piano quel vecchio pianoforte in salone ha cominciato a prendere solo polvere. Sono anni che non suona. Gli ho perfino regalato un piano ma è messo da qualche parte in casa sua, inutilizzato."
"Cavolo, mi dispiace per lui. Non pensavo che una tale perdita potesse sconvolgere così tuo fratello."
" È un Holmes, si riprenderà facilmente."
"Tu invece come stai?" Gli domandò John, spiazzandolo.
"Io? Beh ovviamente sono dispiaciuto, ma è la vita, no? Si nasce, si cresce e si muore."
John non rispose, non ne aveva il coraggio. Rimase fermo a guardarlo mentre continuava a sorseggiare il suo tè.
 
Due giorni passarono e Sherlock era più silenzioso del solito. Durante quei giorni, prima del funerale, se ne stava molto più tempo per conto suo, chiuso a risolvere qualche esperimento senza parlare o mangiare. Notò però che passava molto tempo a messaggiare. Incuriosito, John a volte cercava di vedere a chi mai scrivesse così tanto e scoprì soltanto che mandava tanti messaggi a Mycroft ma non vi era mai riuscito a leggere cosa.
Il giorno del funerale, Mycroft, come promesso, passò a prendere il fratello. Anche John sarebbe stato presente. Non conosceva l'insegnante ma Sherlock aveva insistito nell'averlo al suo fianco in quel momento e lui ovviamente non aveva potuto non accettare.
Durante la cerimonia i due fratelli non avevano avuto il coraggio di parlare, Mycroft, che è solito avere un'espressione fredda e distaccata, in quel momento sembrava quasi stesse per crollare.
Sherlock gli mise una mano sulla spalla e ce la tenne per quasi tutta la cerimonia.
Quando si ritrovarono fuori dalla chiesa,la situazione era sempre la stessa. Sherlock e Mycroft si spostarono in disparte da soli mentre John si mise a chiacchierare con i genitori dei due fratelli.
John li osservava da lontano e al contrario di tutte le volte che li aveva visti  insieme in quel momento era Sherlock a parlare e il maggiore ascoltava guardando altrove. Poteva soltanto immaginare il dolore che stesse provando Mycroft in quel momento difficile. Perdere una persona cara è sempre un trauma. Un qualcosa che ti rimane nel profondo del tuo cuore e dal quale non potrai mai separartene. Che sia un ricordo felice o triste.
Quando i due fratelli si riavvicinarono a John e a i propri genitori, quest'ultimi abbracciarono i propri figli. A John gli si sciolse il cuore a vedere quella scena.
Cominciò a pensare se al posto di Rufus ci fosse stato Sherlock e come lui avrebbe reagito a tutto ciò. Sapeva che ne sarebbe stato distrutto ma sapeva anche che Sherlock avrebbe voluto che lui andasse avanti e non vivesse nel dolore.
John scosse la testa per scacciare via i brutti pensieri che gli avevano affollato la mente. La morte di Sherlock? Perché mai dovrebbe pensare a questa cosa?
Si sentì bussare sulla spalla e voltandosi notò Sherlock che gli faceva cenno che stavano andando via e che Mycroft li avrebbe accompagnati a casa.
Durante il tragitto in macchina nessuno dei presenti parlò. Notò con la coda dell'occhio che Sherlock, di tanto in tanto, spostava lo sguardo sul fratello per poi tornar a guardare fuori dal finestrino. Arrivati davanti a Baker Street, John salutò Mycroft e dopo averlo ringraziato del passaggio uscì dalla macchina. Sherlock fece altrettanto ma dopo esser sceso, prima di chiudere lo sportello si risolve al fratello. "Chiamami se hai bisogno di qualcosa. Di qualunque cosa.".
Il maggiore annuì in risposta e Sherlock chiuse lo sportello della macchina.
Non rividero Mycroft per le due settimane successive.
Una mattina John si alzò e come sempre andò in cucina per prepararsi un tè quando vide Sherlock intento a mettersi la giacca.
"Vai da qualche parte?" Gli domandò John.
Il detective si risvegliò dai suoi pensieri e si girò verso l'amico che lo guardava interrogativo.
"Si, devo fare una cosa."
"Vuoi che venga con te?"
"Se proprio vuoi va bene."
Il dottore allora si andò a preparare e poco dopo i due coinquilini si ritrovarono seduti in un taxi. Mentre percorrevano le strade di Londra, John si accorse che Sherlock aveva portato con se la custodia del suo violino.
"Come mai ti sei portato dietro il violino? E dove stiamo andando?"
Il detective inizialmente non rispose, preso dai suoi pensieri. Così John gli mise una mano sulla spalla per farlo risvegliare. Sherlock si voltò verso di lui e John gli ripeté la domanda.
"Sono giorni che Mycroft non risponde al telefono. L'ho fatto sorvegliare dalla mia rete di senzatetto e mi hanno riferito che non esce di casa e non va al lavoro da un bel po'. Oltretutto mi hanno informato che sentono sempre gli stessi rumori provenire da casa sua dalla mattina alla sera."
"Che rumori?"
"Lo scoprirai." Sorrise il detective.
Il dottore lo guardò confuso e si voltò verso il finestrino.
"Quindi sei preoccupato per lui?" Gli domandò dopo qualche attimo di silenzio.
"Non ho mai detto di esserlo."
"Ma ti comporti come se lo fossi. Sei preoccupato per lui?" Il detective non rispose e continuò a guardare fuori dal finestrino come se non avesse sentito la domanda.
Questa volta fu il turno di John di sorridere.
Arrivati davanti alla villa di Mycroft i due scesero dal taxi ma prima che questo potesse andar via Sherlock lo fermò e si rivolse al dottore.
"Forse è meglio se resti qui." Il dottore annuì senza fare domande e guardò l'amico incamminarsi verso il portone ed estrarre dal cappotto le chiavi di riserva che gli aveva dato il fratello per le emergenze.
Appena entrò John di rese conto che provenivano davvero dei rumori da quella casa. Ma non erano rumori qualsiasi. Era musica. Precisamente da un pianoforte. Il suono era inconfondibile.
La cosa strana è che era una melodia molto malinconica.
"Torni al piano dopo anni e la prima cosa che suoni è Beethoven. Non ti sembra esagerato?"
Sentì dire da Sherlock che ancora non aveva chiuso la porta della grande abitazione.
"Cosa vuoi Sherlock?" sentì rispondere John, indistintamente, da Mycroft.
John non riuscì a sentire nient'altro poiché il detective accostò la porta. Il dottore allora si girò verso il tassista che lo guardava confuso.
"Sa..."Cominciò. "Credo che ne avranno per molto, forse è meglio se va." Detto questo pagò il taxi e aspettò che quest'ultimo se ne andò per superare il cancello del vialetto che lo avrebbe portato davanti alla porta della villa.
Fece come gli aveva detto Sherlock e non entrò ma si mise seduto su uno degli scalini posti davanti alla porta di casa.
Di lì però, poté sentire quello che i due fratelli si stavano dicendo.
"Mycroft capisco che tu stia male, ma ti devi dare un contegno!" Cominciò il minore. "Sei sempre stato tu a dirmi che i sentimenti non sono un vantaggio, eppure eccoti qui a non fare niente dalla mattina alla sera. Fai qualcosa maledizione, hai un aspetto orribile!" urlò. A John venne quasi un colpo quando sentì un rumore di qualcosa che sbatteva provenire dalla casa.
Poi ci fu solo il silenzio ma dopo poco delle note musicali ricominciarono a farsi sentire. La canzone era diversa ma la melodia era comunque molto triste. Vi si poteva chiaramente sentire il dolore di Mycroft tra quelle note. Il dolore di aver perso una persona a te cara. Il modo in cui Mycroft poggiava le dite sui tasti era pesante, lo si capiva anche senza guardarlo. Tutta la rabbia e il dolore che provava lo stava trasmettendo a quel pianoforte che non usava da tempo. 
Sherlock, non accennava a dare risposta. Rimaneva lì e guardarlo mentre lasciava che il fratello si sfogasse da tutte quelle emozioni che stava provando e che, in realtà, non voleva provare.
John non poteva davvero sapere cosa stesse facendo Sherlock ma lo poteva chiaramente sentire. Anche se non poteva vedere con gli occhi, gli bastava l'udito per immaginare cosa stesse succedendo dentro quella casa.
"Mycroft ti prego." Sentì sussurrare John da Sherlock. "Reagisci."
"Quando facevamo lezione." Cominciò il maggiore cambiando discorso, senza smettere di suonare. "Diceva che dovevo portar a termine ogni brano che cominciavo. Lui cercava di spronarmi a dare i l mio meglio quando suonavo."
"E lo facevi Mycroft. Davvero!" Lo interruppe prontamente Sherlock. "Anche quando suonavamo insieme, ricordi? Tu eri sempre migliore di me. Ed era vero poiché mai in vita tua sentirai di nuovo pronunciare queste parole dalla mia persona." Rise il minore. "Devi essere forte" Continuò tornando ad essere serio.Mycroft non rispose ma concluse il brano che stava suonando.
John ascoltava attentamente ancora seduto sullo scalino e non si azzardava ad alzarsi. Sentì qualcuno muoversi all'interno della casa e poteva dedurre che fosse Sherlock che si dirigeva in cucina. Ne ebbe la conferma qualche minuto più tardi quando chiese al fratello di bere il bicchiere d'acqua che gli aveva portato ma questo lo aveva rifiutato malamente facendo cadere il bicchiere per terra dalle mani del detective.
Sentendo il rumore dei vetri caduti per terra John si alzò dirigendosi alla porta ma non osò entrate sentendo Sherlock dire, rivolto al fratello.
"Suona."
John attese una risposta dal maggiore che non arrivò e così Sherlock continuò a parlare.
"Se ti fa stare meglio allora suona. Tutto ciò che ho detto è inutile se l'unica cosa che ti fa stare bene è suonare."
Il maggiore non rispose di nuovo ma John poté sentire lo sgabello nero spostarsi e le mani di Mycroft posarsi sui tasti bianchi.
E cominciò a suonare. Una nuova melodia: malinconica ma dolce, lenta e precisa. Con note lunghe che facevano si che il suono di estendesse come una corda infinita. Vi era un significato in tutto questo e anche una persona non conosceva al momento la storia di quello che stava succedendo avrebbe capito e si sarebbe immedesimato nei sentimento del maggiore degli Holmes.
Il brano continuava ad essere eseguito alla perfezione da Mycroft che non sembrava minimamente intenzione a interrompersi, anzi andava avanti nella sua esibizione senza far caso al fratello che dietro di lui stava architettando qualcosa.
John, rimasto fermo davanti alla porta ascoltava quella struggente melodia quando sentì un secondo strumento aggiungersi all'esibizione.
Un violino.
Sherlock Holmes aveva deciso di unirsi assieme al fratello, nel suonare quel brano e di partecipare al dolore che il maggiore stava provando, cercando di stargli il più vicino possibile. Non essendo, Mycroft, una persona incline ai gesti d'affetto come gli abbracci, secondo Sherlock quello era l'unico modo per aiutarlo e stargli vicino per superare quel dolore che provava da giorni.
John, rimasto stupito dall'entrata in scena del detective, senza nemmeno accorgersene entrò in casa e raggiunse il salone dove poté finalmente vedere la scena.
John non avrebbe mai pensato in vita sua di assistere alla scena che gli si stava parando davanti agli occhi.
Mycroft Holmes con i capelli scompigliati senza la giacca e la cravatta ma solo in camicia e gilet, sedeva sullo sgabello nero ad occhi chiusi e le mani che si muovevano da sole sui grandi tasti bianchi. Dietro di lui, rivolto alla finestra, c'era Sherlock; che tolto il giubbotto, il quale gli sarebbe stato solo d'impiccio in quel momento, suonava il violino con una grazia da John mai vista.
I due Holmes sembravano fondersi con i propri strumenti. Niente e nessuno li avrebbe potuti distrarre da quell'esibizione. Nemmeno uno stupefatto John Watson.
Il dottore poté finalmente vedere in faccia il maggiore degli Holmes. Aveva il volto spento e più magro dall'ultima volta che l'aveva visto, il che significava che non toccava cibo da un bel po’. Anche se non lo avrebbero mai ammesso quei due fratelli erano molto simili soprattutto quando si tratta di sentimenti. Tutti e due non sapevano mai come interagire con quest’ultimi e quindi si rifugiavano in questo bolla di malinconia e risentimento.
Mycroft  pigiò con forza le mani sul piano, tanto forte da far risvegliare John dai suoi pensieri. Sherlock dietro di lui si era voltato a guardare il fratello. Sul suo volto era dipinto una sguardo pieno d'ansia e preoccupazione. Lo guardava attentamente mentre quest'ultimo con le lacrime agli occhi continuava a suonare.
In quel momento John ripensò a quando Sherlock gli aveva detto che lui e Mycroft suonavano spesso insieme da bambini e cominciò ad immaginare due piccoli Holmes intenti a suonare. Non una melodia malinconica come quella che stavano suonando in quel momento, ma dei brani allegri. Osservandoli bene però si rese conto di quanto era bello guardarli suonare. I due riuscivano ad andare a tempo tra loro senza sbagliare nemmeno una nota. Per quanto quella melodia esaltasse il dolore del maggiore degli Holmes, il loro modo di esibirsi era così eccellente e così bello da guardare che il dolore che emanava quel brano sembrava scomparire tra quelle quattro mura.
Ad un tratto Mycroft ebbe come un crollo e delle lacrime cominciarono a solcargli il viso e le mani cominciarono a cedergli facendolo rallentare nell'esibizione.
Sherlock accorgendosi di questo cambiamento cambiò il ritmo cercando di stare dietro al fratello che continuava ad andare ad intervalli prima lenti e poi veloci, cercando nel frattempo di trattenere le lacrime.
Questa cosa continuò per poco poiché Mycroft ad un tratto strinse il pugno di una mano e lo sbatté sui tasti provocando un forte rumore mentre con l'altra cercava di continuar a suonare inutilmente poiché, la vista appannata dalle lacrime e la rabbia che provava non glielo permisero.
Fu il quel momento allora che Sherlock lasciò il violino, interrompendo la sua esibizione, e lo gettò sul divano quasi scottato. Corse verso il fratello e si mise seduto vicino a lui sullo sgabello nero, abbastanza grande da far sedere tutti e due e poggiò le mani sullo strumento, prese un bel respiro e cominciò a suonare da dove il fratello si era interrotto.
Mycroft sentendo la melodia continuare alzò lo sguardo e vedendo il fratello intento a concludere il brano rimase stupito.
Si poteva vedere chiaramente dalla faccia di Sherlock l'impegno che ci stava mettendo per concludere la melodia, poiché nonostante l'impegno era il maggiore quello che suonava il piano. Lui da bambino si era limitato a impararne le basi ma niente di più. Perciò quando Mycroft notò la faccia impegnata del fratello, si asciugò il viso con la manica della camicia e riposò le mani sui tasti bianchi. Guardò le mani del fratello che continuavano a suonare e poi attaccò anche lui.
Il brano era sempre lo stesso ma la melodia cambiò totalmente. Non aveva più quel lato malinconico di pochi secondi prima anzi cominciò ad avere delle sfumature allegre. Nonostante però la difficoltà, Sherlock riusciva a stare appresso al fratello.
Il modo in cui suonavano faceva chiaramente intendere le emozioni dei due fratelli in quel momento: Sherlock, sicuro di se, e disposto a tutto pur di portare alla conclusione il brano e Mycroft confortato dalla vicinanza del fratello sembrava più sicuro di se e intento anche lui a portare a conclusione la canzone.
John continuava a guardare stupito i due fratelli.
Dopo poco che continuavano a suonare diventò tutto più naturale. I due avevano trovato un ritmo tutto loro che funzionava e non rischiava di rovinare il brano.
Ad un tratto però Sherlock cominciò ad aumentare la velocità aumentando anche il ritmo del brano per poi interrompersi all'improvviso in contemporanea con Mycroft che fino a quel momento invece aveva continuato alla stessa velocità di sempre.
Dopo un attimo di silenzio Mycroft riposizionò le mani sui tasti e ricominciò a suonare l'inizio del brano ma stavolta in maniera lenta e dolce, con Sherlock accanto a lui che teneva le mani alzate e non si azzardava a muoverle di un centimetro, ascoltando il fratello terminare il brano da lui stesso iniziato. Conclusa di suonare l'ultima nota, Mycroft alzò le mani di scatto dal pianoforte e cominciò a respirare profondamente.
L'aria intorno a loro era bollente. Si poteva sentire chiaramente quanto fosse stato importante in quel momento per i due Holmes.
Nessuno dei due fratelli sembrava pronto a parlare o semplicemente a guardarsi in faccia. Continuarono a tenere gli sguardi bassi a fissare i tasti del piano. Che adesso non producevano più un suono.
John, di cui nessuno si era accorto, dopo un po' di minuti passati in silenzio, con le mani tremanti cominciò ad applaudire. I fratelli si risvegliarono dai loro pensieri e fissarono il dottore. Sherlock allora si alzò dallo sgabello, rimise il suo violino dentro alla custodia , si rimise il pesante cappotto e raggiunse John, ancora stupito, prendendolo per le spalle e facendolo girare in direzione della porta mentre Mycroft non accennava ancora a muoversi.
"Sherlock." Si sentì chiamare.
Il detective volse il capo in direzione del fratello che era rimasto seduto ma aveva girato il busto per guardare il minore in faccia.
"Grazie." Gli disse solamente.
Sherlock sorrise. "Sei fortunato." Gli disse. "Conoscevo il brano." E detto questo raggiunse il dottore alla porta e uscì.
Mentre tornavano in taxi John cominciò a fissare il detective cercando di analizzarlo.
Sherlock ripeteva in continuazione di odiare suo fratello eppure appena aveva saputo della situazione disastrosa in cui si trovava Mycroft era corso in suo aiuto. Le parole poi, con quei due non funzionavano. Ma forse era proprio questo il bello dei fratelli Holmes: a loro le parole non servivano. Avevano altri modi per dirsi che nonostante tutto, sarebbero sempre stato uno accanto all'altro.
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE:
 
 
Canzoni:
La prima canzone che John sente è "Piano sonata No. 14 "Moonlight" di Beethoven.
La seconda (quando Sherlock e Mycroft suonano insieme è "River Flows in you" di Yiruma
La terza è sempre "River Flows in you" di Yiruma ma suonata a quattro mani.
 
 
 
Ammetto di essere molto legata a questa storia poiché pensavo da tanto tempo di scriverla e finalmente ho deciso di farlo.
È anche la prima volta che mi dedico ad una shot così impegnativa: Non sono un'esperta di musica quindi le scene col piano sono state molto difficili da descrivere e di norma scrivo molti dialoghi ma per questa storia erano pressoché inutili quindi è stato impegnativo riuscir a descrivere i pensieri e le emozioni senza farli parlare ahah
È stata una sfida davvero difficile ma sono felice di averla portata a termine.
Se lasciaste una recensione per sapere che ne pensate mi fareste davvero felice (anche per capire che sono riuscita a vincere la sfida xD)
Per eventuali errori perdonatemi ma volevo assolutamente pubblicarla prima dell'ultimo episodio.
Con questo credo di aver scritto anche troppo!
Alla prossima e buon finale di stagione a tutti! 
  
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