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Autore: Hikari_Henko    16/01/2017    2 recensioni
Lovino Vargas rivela le doti di un ottimo studente,anche se si dimostra sufficiente verso la lingua spagnola. Per questo gli viene affidato un tutor, Antonio, il quale sarà pure il suo unico amico, l'unico con cui poi rivelerà le atrocità del proprio passato e, creando un forte legame con lui, proverà ad affrontarle.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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“Oh merda oh merda oh merda”
Era davvero un solo letto. Non poteva nemmeno usare la solita scusa del dormire sul divano perchè Antonio non glielo avrebbe mai permesso, ma allo stesso tempo non avrebbe mai lasciato che ci andasse lo spagnolo al posto suo, era casa sua, in fondo. Non riusciva però a rassegnarsi.
“Davvero devo dormire con questo qui?”
Il tutor prese ogni oggetto di Lovino, lo sistemò in un armadio accanto al suo, poi vide la tartaruga di peluche.
-Questa…
-L-LASCIA STARE- gliela strappò di mano, portandosela al petto, come per nasconderla.
-Tranquillo… se tra le poche cose che hai portato c’è pure questa… dovrà essere veramente speciale.
Antonio gli sorrise, non sembrava per nulla scosso di un vecchio peluche che si portava dietro un ragazzo di ormai sedici anni. L’italiano non potè fare a meno di arrossire di botto.
Lo spagnolo gli si avvicinò. Sentiva il suo leggero profumo, che emanava dal suo collo, dalle sue dita, che andarono a toccare quelle del ragazzino. A Lovino tornò in mente quel precedente giorno alla sua finestra, del loro saluto del leggero calore che si erano trasmessi attraverso le gelide sbarre. Gli tornò in mente quella strana sensazione… quel piccolo desiderio di piacere. La sua vicinanza a lui in quel momento non aiutava. Fino ad un giorno prima erano distanti, irraggiungibili. Una luce fioca che tentava di illuminare u arazzo.
Ora si trovavano a così poca distanza l’uno dall’altro che sentivano la lentezza dei loro respiri, l’inebriante profumino della pioggia che avvolgeva la stanza e il calore che le loro mani si trasmettevano.
In tutto questo,  l’italiano osò solo per pochi istanti a sollevare il viso per controllare l’espressione dell’altro, che si rivelò altamente lucente e pura, come un angelo disceso in terra.
Il silenzio rimase per pochi minuti, poi Tonio prese la parola.
-Ti piacciono le tartarughe?
-Le ho viste solo sui libri…
-Vieni con me
Lo prese per una mano, accompagnandolo al piano terra, percorrendo la strada verso il soggiorno.
Prima non l’ aveva notata, ma dietro la televisione era posata su un mobile una grande teca, dove all’interno si trovavano almeno venti piccole tartarughe acquatiche. Così graziose, ma anche impacciate, non sapevano se rimanere sulla terra ferma o andare nella fresca acqua.
Lovino si riconosceva molto in tutto questo. O almeno, credeva.
Perché lo spagnolo ne prese alcune che si postarono su tutto il suo corpo, cosa che il giovane non avrebbe mai osato fare.
-Ma che cazz
-Sono così piccine, vero?
-S-si… ma per qul motivo ti stanno così addosso cazzo?
-Mi ameranno forse
-Ma… cosa?
-Scherzo scherzo… penso si affezionino, sai, quando si vuole bene a qualcuno- ma Lovino lo interruppe per evitare eventuali arrossamenti sconvenienti.
-VA BENE VA BENE…- si avvicinò ad una, toccandole il guscio umido, notando delle lettere disegnate sopra.
-Sono i loro nomi, così non le confondo.
-Oh… come si chiama?
-Brunilde
-Ma sei scemo? Che nome è?!
Il restante del pomeriggio proseguì in questo modo, discutendo su nomi di tartarughe e sul fatto di quanto l’immaginazione di Antonio fosse infinita e senza senso.
Verso le 8, iniziarono ad avvertire un leggero brontolio allo stomaco. Fortunatamente non mancava nulla, in quella casa. L’italiano non aveva mai visto così tanto cibo, che per lo spagnolo era una normalissima cena da due persone. I profumi delle verdure, della carne, sbocciavano nel palato del giovane, che si saziò deliziato, congratulandosi con il tutor.
-Sei proprio bravo, se fai tutto da solo
-Posso insegnarti se vuoi, non fa male imparare
-Se dici… non mi dispiacerebbe
-Allora la cena di domani la preparerai tu
La serata proseguì bene. Lovino si sentiva veramente allegro, nel fare le cose che tutti i ragazzi facevano. Mettersi su un divano a giocare ai videogames, o guardare un episodio di qualche serie tv di cui la trama era andata perduta. Tutto andava magnificamente bene.
Fosse per la tranquillità e la spensieratezza della situazione, oppure della gioiosa presenza di qualcuno di cui si fidasse tanto, l’italiano non sapeva decidersi.
Tuttavia stava benissimo, non sapeva cosa fare per ringraziare il suo compare per quel bellissimo tempo trascorso assieme. O per tutti i pomeriggi in cui stava con lui. Non sapeva minimamente che fare.
Ormai ad un’ora tarda, si avviarono alla camera. Antonio prese un suo vecchio completo da prestare a Lovino per la notte, visto che i suoi ormai erano vecchi e troppo piccoli. Quei nuovi indumenti gli stavano larghi, ma gli andavano. C’era un pomodoro disegnato sopra.
Presi i posti, si ricoprirono fino al naso con le coperte, augurandosi la buona notte.
Lovino cadde subito in un profondo riposo, abbracciando il proprio tesoro, piccolo e caloroso. Accoccolato su sé stesso, in un modo che andava oltre la comune tenerezza, e Antonio lo sapeva. In quel buio, coi suoi occhi verde acceso, si soffermava sulle piccole clavicole che spuntavano dal collo della maglia, sui polsi aggrovigliati, sulle ciglia abbassate, le labbra socchiuse, i capelli che scivolavano sul cuscino pomposo. Si chinò appena verso di lui, lasciandogli un leggero bacio sulla sua fronte, sperando che i suoi brutti sogni potessero svanire del tutto.
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La giornata seguente, dormirono fino a tarda mattinata, svegliandosi alle due del pomeriggio, avvolti dalla fredda luce del sole ormai invernale.
Chissà per quale strano motivo, si ritrovarono avvinghiati, con un forte calore che si poggiava sulle loro braccia e sulle loro gambe. La notte volle trasportarli nel più profondo abisso affettivo.
Lovino aprì a malapena gli occhi, annebbiati ancora dalla luce. Allungò una mano verso quella massa castana che si ritrovava a poca distanza da sé, senza nemmeno pensarci, scendendo fino a sentire una pelle liscia. Sobbalzò all’indietro, serrando gli occhi.
-COGL**NE, METTITI UNA CAZZO DI MAGLIA, PORCO D-
 Eppure è il sogno di tutti ritrovarsi uno spagnolo a petto nudo sul proprio letto.
Saltando questo fatto, nella loro più completa tranquillità fecero trascorrere il rimanente pomeriggio, giocando con parole spagnole e guardando la televisione. Come promesso, la sera Lovino volle imparare a cucinare qualcosa di più sfizioso dei soliti cibi che si preparava nella sua vecchia casa. Antonio ovviamente gli esponeva i passaggi e gli spiegava tutto, parlando anche del più e del meno.
-Vorresti salutare i tuoi zii?
-Hai visto come non ha esitato a cacciarmi di casa. Non servirebbe nemmeno provare.
La serata si concluse prima di quella precedente, in effetti, il giorno dopo sarebbero dovuti tornare a scuola per un’altra settimana.
Nonostante il tentativo dell’italiano di ergere una muraglia di cuscini per evitare altri contatti durante la notte, fu lui stesso ad oltrepassarla per attaccarsi a quel “termosifone umano” spagnolo. Il giovane era freddo, nonostante indossasse abiti anche pesanti o fosse sotto un piumone, mentre il tutor era costantemente caloroso, anche senza vestiti.
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Passò una settimana da quel giorno. Lovino iniziò ad apprezzare la vita, nonostante i suoi compagni di classe fossero sempre terribili con lui. Gli importava poco, perché per tutto il resto del giorno avrebbe avuto Antonio.
Insieme anche a Gilbert e Francis, iniziò a girare per le città, alla scoperta del mondo che lo aveva sempre circondato. Conobbe nuove persone, moltitudini di ragazze simpatiche nei bar, uomini corpulenti che si divertivano nel mostrargli le loro riviste molto pure con ragazze molto vestite.
La vita di un classico ragazzo.
I lividi scomparirono, le sue energie lo indussero a muoversi di più, facendolo cambiare anche un po’ nella corporatura. Si avviava nella strada della maturazione.
Con Antonio proseguiva le sue lezioni, parlando anche spagnolo in casa ogni tanto per sfotterlo.
Non sentiva per nulla la mancanza della sua precedente vita.
“Tutto grazie a lui” si ripeteva. Non sapeva mai come ringraziarlo.
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Trascorsero altre settimane, arrivava il periodo delle vacanze invernali.
Pochi giorni prima della fine della scuola, Tonio e Lovino decisero che quel sabato potevano goderselo ubriacandosi, visto che gli altri erano occupati (chissà con chi). Rimasero in casa, avendo fatto provviste e con l’intenzione di poter andare tranquillamente a dormire dopo, senza fare la fatica di trovare la strada per il ritorno alla loro dimora.
-Ma i tuoi sanno che bevi?
-Ci sono cresciuto con loro che si scolavano tranquillamente due bottiglie di vino a testa… quindi –si mise a ridere.
Dopo poco, iniziavano già a finire le prime bottiglie. Assunsero facce da ebeti, parlando in modo sconnesso, senza nemmeno capire se fossero in piedi. Solo Antonio era lucido per un certo verso. Lovino era partito.
Il giovane perse l’equilibrio e cadde addosso al maggiore, che lo tenne sollevato.
I loro volti erano vicinissimi. Coloriti di un rosso porpora, si sentiva veramente tanto l’odore dell’alcool.
Gli occhi dell’italiano erano fissi sull’ispanico. Rimasero fermi, nell’atmosfera calma del salotto.
Poi Lovino allungò le mani al sedere dello spagnolo, palpandoglielo, per poi scappare ridendo buttandosi sul divano, mentre Antonio non sapeva che espressione assumere dal movimento esperto e furtivo dell’italiano, che ridendo ancora sdraiato lo chiamava.
-ToNIo! ViENi QuI!
-Cosa c’è furfante?- si chinò sopra di lui, rimanendo comunque in piedi, ma piegandosi e poggiando le sue mani ai lati della testa di Lovino.
Il giovane cinse le proprie braccia sul suo collo, porgendolo ancora più vicino al suo volto.
-Besàme.
   
 
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