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Autore: littleheda    17/01/2017    0 recensioni
Stati Uniti d'America, 2139.
Sono passati oltre 100 anni dalla rivoluzione che sconvolse gli Stati Uniti, le 6 città che rimasero in piedi formarono 5 stazioni, più la capitale.
Ogni 5 anni, dieci ragazzi delle 5 stazioni americane che formavano gli Stati Uniti venivano scelti per la Selezione, una missione in cui venivano mandati su un'isola sperduta per mettere in atto le proprie capacità.
Quel posto molto pericoloso, ha molti segreti nascosti che a lungo andare i ragazzi scopriranno. Sarò dura vivere, dovranno costruirsi una casa e lotteranno per la sopravvivenza fin da subito, ma sono sicuri di una cosa:
non sono soli.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Alexa non poteva far partire suo fratello. Non avevano il diritto di strapparle via l'ultima persona che le era rimasta accanto.
 
L'ansia diventò panico quando la porta dell'ufficio del direttore del campo si aprì, lasciando intravedere un uomo robusto, probabilmente una guardia, che copriva la visuale della grande stanza dipinta di grigio.

"Sei Alexa Walters?" chiese questo, e la ragazzina annuì trattenendo il respiro "Entra" e lei fece altrettanto.

Quella stanza era veramente grande, piena di quadri e attestati, con una bandiera americana e un'altra accanto con su 6 stelline, le sei città sopravvissute alla rivoluzione. Al centro della sala, la scrivania del direttore, che si trovava lì seduto a compilare dei fogli.

"Salve" le sorrise "Walters, hai qualche problema?" chiese l'uomo in giacca e cravatta.
"Volevo parlare di... di mio fratello" balbettò Alexa, mentre si accomodò su una delle due sedie di pelle davanti la scrivania.
"Chris Walters? Il selezionato?" chiese il direttore posando i suoi occhiali sul ripiano della scrivania.
"Sì" annuì "non potete spedirlo lì. La prego, lo sa anche lei che questi giochi sono una stupidaggine" disse con un tono da spezzarle il fiato, quando vide l'espressione stupita dell'uomo.
"Non mi occupo di queste scelte, e lei sa bene che è impossibile non partecipare alla missione. Sono tantissimi anni che va avanti questa Selezione, e per nulla al mondo potremmo rinunciarci. Ne vale l'America" concluse giocherellando con la penna.
Alexa non si sentì mai così in imbarazzo. Sapeva di non poter far cambiare idea a quelle persone.
"Allora le chiedo di scegliere un'altra persona al posto di Chris. Per favore, noi due siamo orfani da più di tre anni e non voglio perderlo" era decisamente imbarazzata, ma se ne valeva la vita di suo fratello, allora avrebbe continuato.
"Ma lo sa che è contro le regole? O devo ripetergliele tutte? Il mio compito in questi giorni è assicurarmi che i due selezionati stiano in forma, che si allenino e che partano per Washington D.C. prima di intraprendere il viaggio. Il consiglio sceglie come fare, non sono la persona con più potere, signorina Walters" il tono dell'uomo era decisamente cambiato, ma poco interessava alla bionda.
"Ho capito. Non posso fare nulla insomma. Non potrei parlare con la presidente?" chiese con sguardo di sfida all'uomo, che sbalordito rispose.
"Cosa? Assolutamente no! Lei è una ragazzina, e non potrebbe mai parlare con un politico così importante, e di certo non farà cambiare idea a nessuno" detto questo, l'uomo chiamò la guardia a cui chiese di far uscire Alexa.
 
Una volta fuori l'ufficio, la ragazzina dai bellissimi occhi azzurri si rese conto di aver fatto una cavolata parlando con il direttore del campo. Non gli avrebbe mai fatto cambiare idea sulla Selezione, era un giorno molto importante per gli Stati Uniti, perchè ricordava l'inizio della rivoluzione.
 
Alexa si arrese, e decise di tornare al suo alloggio nel centro di accoglienza, mentre si perse nei ricordi della mattinata in cui incontrò per l'ultima volta gli occhi di suo fratello più grande, Chris.

-------
Gwen prese la sua roba e si diresse verso la guardia fuori il portone della palestra.
 
"Ho finito. Mi lasci passare" rispose a forza la ragazza, che venne bloccata dalla guardia vestita in uniforme nera.
"Dovete aspettare l'arrivo del direttore, altrimenti rimarrete qui" rispose con una voce roca che a Gwen metteva i brividi.
"Che schifo di regole, non si può fare un cazzo qui" sbuffò la mora mentre rientrò nella palestra, e posò lo sguardo sulla ragazza castana che stava sistemando su uno scaffale tutte le tavole intatte.
 
A Gwen iniziò a far pena Jennifer, forse perchè dopo tutto quello che avevano passato, anche lei meritava di essere felice. Ma la sua felicità veniva prima della ragazza davanti.
Era crudele, ma non voleva ancora perdonare Jennifer.
 
La mora si sedette su una panchina, e con tutta la sua volontà non guardò la ragazza.

"Penso di aver finito qui. Potresti passarmi quelle sulla panca?" chiese mentre si asciugò il sudore dalla fronte.
Gwen non prestò attenzione, era troppo impegnata a fissare il meraviglioso paesaggio dalle finestre, ovvero il tramonto.
"Gwen" ripetè per la terza volta Jennifer, e la mora si spazientì.
"Cosa vuoi?" esclamò con cattiveria.
"Ti ho chiesto solo un favore, calmati" Jennifer decise di prendere da sola le tavole, sarebbero costate altre energie, ma non le importava.
"Non faccio favori" la sua risposta le ricordò un libro che Jennifer aveva letto a tredici anni. Parlava di una ragazza più o meno come Gwen, spensierata, abbastanza cattiva e pareva che il mondo ce l'avesse con lei. Forse era solo un caso, ma la ragazza del libro era la copia di Gwen Andrews.
"Beh, sicuramente la gentilezza non è la benvenuta nella tua personalità" pensò ad alta voce la castana, che si fermò ad ammirare il tramonto "che spettacolo" commentò infine.
"Ne ho visti di più belli. Qui a Los Angeles non sono il massimo" ribattè Gwen.
"Dove?" chiese Jennifer, o come Cindy la chiamava, Jen.
"Sulla costa nord della California, quelli sono i miei preferiti. Mio padre mi portava sempre lì" la sua voce si era incrinata e i suoi occhi erano immobili sul sole che piano piano scompariva al ricordo del padre.

Jennifer annuì. Lei non era mai uscita dalla stazione, non aveva avuto modo di visitare qualche posto, ma dopo la rivoluzione l'America non permisero più di uscire ai cittadini dal paese, cosa contraria per i politici.

Avrebbe voluto vedere tantissime città, a partire da Parigi. Quando adocchiava qualcosa nei libri scolastici delle vecchie città si chiese come potevano vivere lì. Era meravigliata da tutti i luoghi del mondo, tanto da sognare di poterci un giorno arrivare. Se fosse nata 100 anni prima ne avrebbe avute di occasioni.

"Tua madre come sta?" chiese la ragazza dal braccio meccanico.
"All'idea che la sua unica figlia possa morire non si è tanto felici" rispose la mora, mentre tirava fuori la sua borraccia dal borsone.
"Anche la mia. E' scoppiata a piangere appena ci siamo incontrate" confessò, ricordandosi le parole della madre.
"Questo è un mondo crudele, nessuno ti aiuta senza qualcosa in cambio. Ci mandano come cavie a morire per la nostra patria. E che patria" Gwen non amava gli Stati Uniti, sarebbe voluta nascere in Europa, sarebbe stata libera di compiere ciò che avrebbe sempre voluto fare.
"Io sono spaventata all'idea di sbarcare su quell'isola. E' in mezzo al nulla!" esclamò a bassa voce Jennifer, come se avesse paura che qualcuno la possa sentire.
"Dovremo arrangiarci" rispose senza espressione.
"Vorrei tanto conoscere gli altri ragazzi e scoprire cosa hanno in mente" la gola secca di Jennifer non faceva che farle male, così bevve un sorso d'acqua. Cavolo, le sarebbe anche mancata l'acqua della sua stazione, pensò.

 
Pochi minuti dopo arrivò il direttore, che le condusse all'alloggio prestabilito.
Non aveva sonno, ma doveva dormire. Ma il pensiero di lei dispersa nell'oceano Pacifico non conciliava il sonno, purtroppo.


​hello peoplee, vi prometto che il prossimo capitolo sarà più interessante, e anche più lungo. alla prossima :)
   
 
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