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Autore: Sospiri_amore    18/01/2017    1 recensioni
Nico porta sulle spalle un ricordo doloroso che condiziona ogni singolo giorno della sua vita. La ribellione e il menefreghismo sembrano l'unica soluzione al male che sente dentro.
Rassegnato a vivere la vita che la società gli impone, si ritroverà a dover abbassare la testa e accettare il lavoro che gli viene imposto presso la Fabbrica dei Sogni.
Insieme ai suoi migliori amici, Lola e Ahmed, vivrà avventure a cavallo tra la fantasia e il reale, tra il sogno e la realtà, tra la finzione e la verità.
Chi sono gli Onironauti?
Cosa deciderà di fare Nico?
Chi è la misteriosa ragazza con gli occhi tristi?
Chi lo tradirà?
Scoprirà segreti su suo fratello Alex?
Troverà l'amore?
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Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Alex muove la gamba su e giù come fosse un martello pneumatico, quando lo fa non promette nulla di buono. Si passa le mani tra i capelli cercando di districare i ricci finendo con tirare troppo forte. Non si lamenta del dolore, Alex non si lagna mai. 
Io sto zitto, raramente ho visto mio fratello in questo stato, non voglio stressarlo più del dovuto, mi limito a fissare le stelle nel cielo e giocare con i fili d'erba vicino alle mie gambe.
La roccia su cui sono appoggiato è fredda anche se è inizio estate. 
Sento la superficie irregolare della pietra premere contro la maglietta spingendo la carne e in alcuni punti sfiorare le ossa della spina dorsale. Sono scomodo, ma non mi va di muovermi. Alex ed io veniamo sempre qui a vedere il Grande Salto ogni volta che siamo tristi, lo facciamo da quando siamo piccoli, ci sediamo su queste rocce e parliamo di tutto quello che ci passa per la testa. Casa nostra dista una ventina di minuti, è una bella passeggiata, ma niente di così impossibile da fare. Il nostro posto preferito è vicino al promontorio Nord, questo è il luogo più sicuro prima della recinzione di sicurezza ed è abbastanza in alto per sbirciare l'inizio della Onirocascata. È uno spettacolo ogni volta, miliardi di gocce colorate scivolano giù per il Grande Salto vorticando, mischiandosi e creando giochi di colore indescrivibili. Turbini, gorghi e correnti impetuose si collegano fino a formare la grande cascata color arcobaleno. Un salto di centinaia di metri dicono alcuni, ma Alex dice che saranno al massimo ottanta metri. Lui ha lavorato un anno alla Onirocascata, ha fatto il corso per diventare Onironauta, ma non l'ha passato.

Per questo siamo qui. 
Alex non dorme da due giorni.

«Com'è da vicino?», gli chiedo mentre gioco con un sassolino vicino ai miei piedi.

«Vedi le stelle che ci sono adesso nel cielo? Quando sei vicino alla cascata è come sé tutta la luce delle stelle, tutta la loro luminosità, fosse racchiusa in ogni singola goccia», mi dice Alex.

Il cielo nero puntellato da migliaia di luci mi pare più buio del solito.
Sento la tristezza di mio fratello colpirmi in pieno volto.

«Quando... quando sei a un passo per... per... ecco. Cioè... una persona, non può più farne a meno...». Alex se ne sta con la testa china, balbetta, i suoi ricci cadono in avanti coprendogli il volto.

«Mi dispiace, mi dispiace davvero per te. Il fatto che tu non sia diventato un Onironauta non è un dramma. Guarda la cosa positiva hai un ottimo lavoro negli uffici direttamente al tredicesimo piano interrato, ti hanno assegnato una compagna di vita e un alloggio niente male», gli dico con voce pomposa imitando malamente la Direttrice Xix. «Inoltre sarai vicino a casa, potremo vederci più spesso, tra i miei corsi e il tuo praticantato non ci vedevamo da mesi. Mamma cucinerà qualcosa di decente finalmente, sai che non vede l'ora che tu ti sistemi e metta su famiglia come tutti. Hai ventidue anni caro mio, vedrai che sarai un bravo maritino», gli dico con voce leziosa cercando di alleggerire la situazione.
Alex accenna un sorriso che viene però smorzato da un'espressione cupa dipinta sul suo volto.

«Sarà bello lavorare anche se non sono un Onironauta, vero? Sarò a casa tutt'e le sere, avrò una moglie e cenerò con mamma e papà la domenica. Uno spasso», dice sarcastico.

«Credevo fosse quello che volevi. Sei sempre stato il migliore studente, il più bravo di tutti. Hai rispettato tutte le regole, non hai mai saltato un test. Sei praticamente perfetto. Seguire il protocollo è la tua specialità». Alex è bravo a fare tutto, mamma l'ha sempre preferito a me. Alex non ha mai dato problemi, è sempre stato puntuale, preciso fino all'ossessione, per questo era stato ammesso al corso, lui era il candidato ideale. Purtroppo però qualcosa è andato storto, ma nessuno sa cosa sia successo di preciso.
Alex alza le spalle rassegnato:«È solo che... che... una volta che vedi, ecco, poi non puoi più farne a meno».

«Che vedi cosa?», gli chiedo.

La sofferenza dipinta sul volto di mio fratello è spiazzante, non è da lui comportarsi in questo modo. Le sue mani fremono, non riescono a stare ferme come la gamba che rimbalza su e giù. Sento un vuoto, la distanza tra me e lui è come una voragine che non riesco a colmare.

«Hai solo diciasette anni Nico, hai ancora parecchi anni di studio, questo è il tuo periodo più bello. Se mai vorrai diventare Onironauta ricorda di seguire sempre le regole e il protocollo. Capito? Io non sono adatto, non posso essere come vogliono loro», mi dice mentre con un gesto rapido si alza in piedi mentre ammira da lontano l'Onirocascata.

«Seguire le regole non è proprio il massimo per me, sai che non amo quando mi si dica cosa fare. La mia vita è già organizzata come quella di tutti, a ventidue anni mi daranno una moglie e un lavoro. Tanto lo sanno tutti che sarò un operaio come papà perché dovrei sbattermi tanto a voler diventare un Onironauta?». Detesto quando Alex mi fa la ramanzina, certo non sono proprio uno stinco di santo, ma non sono poi così male. Durante i corsi a scuola non sono il primo che alza mano per dare la risposta e più volte ho saltato le lezioni, ma questo non toglie che sia uno sveglio. Posso arrampicarmi su qualsiasi albero, scassinare anche il più complicato lucchetto e aggiustare ogni macchina dei sogni. Su quest'ultimo punto ci sto ancora lavorando, a volte le cose non vanno proprio come vorrei, fumo, scintille e rumori strani escono spesso dai miei meccanismi. Devo lavorarci ancora  un po', ma prima o poi sarò un bravo meccanico. Questo è il mio destino.

«Dico sul serio Nico. Devi essere come vogliono loro a prescindere del lavoro che farai, non puoi essere troppo strano, diverso. Quando le cose non vanno come dicono loro tutto crolla, io non sarò mai un Onironauta e... e...». Alex si allontana qualche passo da me, il suo tono è duro come non lo è mai stato. Un leggero vento scompiglia i suoi capelli, ha la divisa del corso di specializzazione tutta stropicciata, credo non si cambi da due giorni. Non è il solito Alex, non è il fratello che ho sempre conosciuto.

«Che ti prende? Giuro, non capisco. Sei il più bravo, il migliore in tutto. Il fatto che non abbia superato il corso, beh, che cavolo te ne frega? Hai un milione di opportunità con i voti che hai e la tua intelligenza», sbotto. Mi innervosisce il suo pessimismo.

Alex sta diversi secondi in silenzio, ammira il panorama. Ogni muscolo del suo corpo pare fatto di marmo, è immobile. Mi passano nella testa centinaia di immagini, ricordi di noi due insieme. 
Quella volta che mi ha insegnato ad andare in bicicletta senza rotelle. 
Quelle decine di volte che si è preso la colpa al posto mio. 
Quelle infinite volte che mi leggeva storie su come i Sogni alimentino l'energia della terra.

Alex e Nico. 
Mai desiderato un fratello diverso da lui.
Mai.

«È tardi. Devi tornare a casa. Ecco le chiavi della macchina». Alex mi lancia il mazzo tintinnante che prendo al volo. «Devo prendere una cosa in ufficio. Ho dimenticato solo una cosa». Senza aggiungere altro mi abbraccia con forza. Sento la sua stretta e le sue mani premere sulla schiena. Un paio di pacche sulle spalle poi, come quando ero piccolo, mi sistema la maglietta cercando di rimetterla in ordine. Alex mi fissa, un secondo solo, accenna un sorriso poi scatta verso la parete scoscesa scivolando tra il pietrisco, ma riuscendo a mantenere l'equilibrio nonostante la posa sbilanciata da un lato. Una nuvola di polvere lo avvolge, il rumore disordinato dei sassi rimbomba lievemente nella vallata.

Con le chiavi in mano e la faccia di cera, lo osservo allontanarsi.
Uscite del genere non sono da lui.
Che cavolo gli passa per la testa?

«Merda. Merda. Merda». Dico tra i denti. 

Scalpito sul posto. Mi siedo su una roccia. Scatto in piedi dopo poco. Guardo a destra poi a sinistra. Prendo a calci un rametto secco. 
Non so che fare.

«Alex! Alex!», urlo verso la sagoma lontana di mio fratello che ormai ha già raggiunto la recinzione Nord in una zona lontana da cancelli di ingresso o cose simili. 
Tutta questa storia sta rasentando il ridicolo, non ho idea di cosa mio fratello abbia in mente, ma non posso stare qui a fare nulla.
Dopo un salto ben assestato ricado con forza ammortizzando con le ginocchia, scivolo sulla parete scoscesa senza perdere di vista mio fratello. Mi accorgo, mano mano che mi avvicino, che Alex sta cercando un punto preciso visto che corre appiccicato alla recinzione rinforzata guardando per terra. Dopo pochi secondi scompare come se fosse improvvisamente svanito nel nulla. Provo ad aguzzare la vista, ma non noto nulla di strano. 

Merda, dov'é finito quell'idiota di mio fratello?

Corro senza risparmiare energie verso la zona in cui pochi istanti prima c'era Alex, sono come un treno lanciato a tutta velocità tanto che senza accorgermene mi schianto contro la recinzione rinforzata alta tre metri. Sbam. La faccia, le braccia e l'intero busto sono appiccicati alla sottile trama della dura plastica e metallo color verde. 

«Mi servirebbero un paio d'ali e un'ottima spiegazione per violare un confine così pericoloso», bisbiglio tra i denti.

È impossibile entrare, se provassi a scavalcare la rete rinforzata rimarrei incastrato nel triplo filo spinato che ricopre la parte superiore, senza contare che mi toccherebbe espormi ad almeno duecento metri di radura prima di incontrare un dirupo che si affaccia direttamente sulle Onirocascate. Gli uffici interrati sono nella zona Sud, dalla parte opposta, da questa parte non si accede a nessuna struttura. Oltre a questa fottutissima recinzione non c'è nulla, solo terra, sassi e quel pazzo di mio fratello che cammina in tutta tranquillità verso il nulla.
Senza lasciarmi abbattere provo a ripercorrere la rete, palmo a palmo, come ho visto fare a mio fratello. Non noto nulla di strano per diversi metri poi vicino a un palo di sostegno, c'è una grossa tronchese abbandonata e uno squarcio che deturpa la rete finora inviolata.

«Alex, che combini?», mi dico tra i denti.

Incurante del grave pericolo che corro mi infilo nella spaccatura scivolando agile dall'altra parte della recinzione. Alex non è molto lontano da me, pare non essersi accorto che lo sto seguendo perché cammina calmo verso la Onirocascata.
Cercando di mantenermi il più basso possibile seguo mio fratello accelerando il passo, non voglio che mi scopra, ma neanche si spaventi. Mi sento come quando il mio gatto si apposta nell'erba alta mentre punta la preda. Ho i sensi in allerta.

Cinquanta metri.
Trenta metri.
Dieci metri.

Sono a pochi passi da mio fratello, posso distinguere i ricci scompigliati sulla sua testa. Con estrema cautela muovo mani e piedi cercando di sincronizzare i movimenti, non devo muovere un sassolino, non posso far scricchiolare nessun rametto.
Alex è pericolosamente vicino allo strapiombo che da sulla Onirocascata. Un fumo dalle sfumature azzurre, viola e rosa si alza in aria proprio davanti a lui. Il vapore e la forza di caduta dell'acqua regalano uno spettacolo magnifico che non avevo mai visto da così vicino. Scintillii vivi, splendidi giochi di colore e guizzi vivaci. Credo che non esista niente di più spettacolare al mondo.

«È bello, vero? Dico a te, fratellino. Avrei preferito che tu fossi tornato a casa, ti avrei risparmiato uno strazio, ma ormai ho deciso», dice Alex.

«Credevo di essere stato bravo a nascondermi», gli dico ironico mentre salto fuori dall'erba come un coniglio stanato.

«Sei troppo rumoroso. Prima urli il mio nome, poi sbatti contro la recinzione. Mi chiedo quanto ci impieghino i guardiani prima di arrivare qui. Credo manchi poco», dice tranquillo.

«G-guardiani? Vuoi dire quei tizi con tuta e caschetto nero? Q-quelli con il manganello?». Mi rituffo nell'erba cercando di nascondermi senza smettere di guardarmi in giro.

«Non ti preoccupare, dai tutta la colpa a me», dice Alex ridacchiando.

«Ma... ma... non dire scemenze. Andiamocene prima che arrivino quegli invasati a riempirci di botte». Striscio verso mio fratello cercando di raggiungerlo per poterlo portare fuori dalla recinzione.

«Non farlo Nico. No. Non verrò con te. Ho visto cose... ho visto... io non posso più farne a meno. È una sensazione strana, capisci?», mi dice triste, immensamente triste.

«Che diavolo blateri. Mettiti giù. Andiamocene fuori di qui, subito!», gli intimo senza tanti convenevoli facendo gesti con la mano.
Alex non risponde. Sembra perso in mondi lontani, troppo assorto nelle sue fantasie per rendersi conto che un gruppo di uomini sta arrivando nella nostra direzione.

Passo cadenzato, scricchiolio della divisa di pelle, caschi lucidi.
Siamo nei guai, i guardiani ci stanno raggiungendo.

«Devo andare. Chiedi scusa a mamma e papà». I piedi di mio fratello sono sul bordo del dirupo. Dei sassi cadono nello strapiombo.
Mi avvicino sempre di più ad Alex.

Voci minacciose giungono dai piedi della vallata.
I passi decisi dei guardiani fanno tremare la terra e l'aria.

«Ti sei mai chiesto perché fabbrichiamo sogni? Oltre a fornire energia all'Onirocascata, intendo. E se ci fosse altro?». Alex allunga le braccia verso il vuoto come se cercasse di afferrare un fantasma, come se le sue mani cercassero di catturare ciò che non esiste.
Scatto in piedi, mi lancio verso mio fratello. Inciampo in una radice sbattendo la faccia.

Intimidazioni e urla feroci arrivano nella nostra direzione.
Manganelli sbattono tra loro.
Fasci di torce elettriche danzano sull'erba.

«La vita non è più la stessa. Io ho bisogno di sentire ancora...». I pugni di Alex sono stretti, le braccia morbide lungo i fianchi. Respira sereno, forse sorride. I capelli ricci ondeggiano, la piccola spinta che si è dato lo fa oscillare verso il vuoto.
Cade.
La nuvola di vapore multicolore che riempie lo strapiombo lo avvolge, lo inghiotte.
Attimi e secondi.
Vedo la sagoma del suo corpo confondersi e sparire.

Urlo.
Urlo con fili d'erba appiccicati sul volto.
Urlo.

Uno sciame di fasci luminosi mi colpisce.
Sono le torce dei guardiani.
Inizio a scalciare, sbraitare e colpire tutto ciò che mi trovo a tiro. Con tutta la ferocia che possiedo tiro pugni, spallate. Sento dolore, ma non mi importa. Non mi importa più di nulla.
Poi un manganello mi colpisce in testa.
Sbam.
Adesso c'è solo buio.

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Spero vi piaccia il prologo.
   
 
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