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Autore: Zomi    18/01/2017    3 recensioni
Nove SoulMate!AU, con differenti prompt e universi.
Nove mondi in cui Nami e Zoro si ritroveranno sempre:
#1: Dormire davanti al caminetto
#2: Caramelle
#3: Natale in un futuro distopico
#4: A è un poliziotto e arresta B. BONUS se non si capisce davvero se B è colpevole o innocente. BONUS 2 se è Natale
#5: Tazza calda
#6: A è rimasto chiuso in una stanza e comunica tramite la porta con B. BONUS se A parla senza sapere che B è dall’altra parte ad ascoltarlo
#7: “Esprimi un desiderio!”
#8: Harry Potter!AU
#9: Desiderio

{Raccolta partecipante al "Christams Game! Puzzle Time!" indetto da Fanwriter.it}
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Nico Robin, Roronoa Zoro, Un po' tutti, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle Time!” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 6511
Prompt/Traccia: 11. Natale in un futuro distopico


 
Un grazie speciale alla mia Bambolina e a Piper_Parker per gli infarti e l'appoggio: vi voglio bene. Davvero.

















 
 
Art. 10 comma 7 del Codice [Blood Reader]: ogni Blood Reader scoperto a svolgere illegalmente la lettura del sangue con fine il ritrovamento della controparte, verrà condotto ai Centri di Lettura.
Art. 10 comma 12 del Codice [ Blood Reader]: la popolazione è tenuta a indicare alle forze vigenti  sospetti Blood Reader non inseriti nei Centri di Lettura.
Art. 10 comma 22 del Codice [ Blood Reader]: i Blood reader sono riconosciuti come persone aventi diritti personali e doveri presso la Repubblica e al Primo Ministro in carica.
Art. 11 comma 1 del Codice [Doveri dei Blood Reader]:i Blood Reader hanno il dovere di mettere a servizio della comunità la loro abilità di lettori di sangue, nella ricerca umana della propria anima gemella.

Art. 11 comma 2 del Codice [Diritti dei Blood Reader]: i Blood Reader hanno diritto di vita
Art. 11 comma 3 del Codice [Diritti dei Blood Reader]:omissis
Art. 11 comma 10 del Codice [Diritti dei Blood Reader]:omissis
Art. 11 comma 20 del Codice [Diritti dei Blood Reader]:omissis
 (Codice in vigore nella Repubblica, regolante la razza dei Blood Reader )





 




Scese dal tram mettendo piede in Piazza Choccolate, cercando di ignorare con tutte le sue forze le ridondanti canzoni natalizie che risuonavano nell’aria provenienti dagli altoparlanti posti agli angoli dei negozi, o dall’immenso albero di Natale che occupava e illuminava la piazza in quel freddo pomeriggio.
Inutilmente purtroppo.
 
Jingle bells, jingle bells, jingle all the way.
O, what fun it is to ride in a one-horse open sleigh.
Jingle bells, jingle bells, jingle all the way.
O, what fun it is to ride in a one-horse open sleigh.
 
Si notava senza problemi che la Vigilia di Natale era alle porte, e se non bastavano la promessa di una vicina nevicata proclamata dal meteo cittadino, il continuo ripetersi delle canzoni o i Babbo Natali sparsi per il centro commerciale, si erano aggiunte anche le pubblicità progresso ministeriale dei Centri di Lettura.
 
A man under cover but you tore me apart
Now I've found a real love you'll never fool me again
Last Christmas
I gave you my heart
But the very next day you gave it away
A face on a lover with a fire in his heart
 
“Trascorri il Natale perfetto con la Tua Anima Gemella: corri a scoprire la sua identità nei Centri di Lettura dello Stato” recitava una locandina colorata contro cui ringhiò, svoltando l’angolo della piazza.
Si, un Natale perfetto.
Per chi?
Per i politicanti che si dividevano il tiket governativo, pagato per conoscere il nome della propria anima gemella o per i proprietari dei Centri di Lettura, immersi nella loro falsa e altruistica voglia di donare l’amore alla gente e di ospitare nei loro Centri i Lettori?
Magari era per quest’ultimi il Natale perfetto: rinchiusi in edifici senza luce naturale e costretti a dissanguarsi per dovere verso la Repubblica, regalando a chiunque la gioia di un compagno per la vita.
Zoro si sollevò il bavero della giacca, infossando il viso nel giaccone per ripararsi da una sferzata di vento, guardandosi attorno circospetto.
Era nel centro del paese, a poca distanza dal palazzo del Governo e dal principale Centro di Lettura della capitale.
Un posto molto pericoloso per uno come lui.
Il Primo Ministro Charlotte Linlin nell’ultimo decennio del suo mandato aveva eretto decine di Case di Lettura, invitandovi Blood Reader da ogni parte del paese e aprendole come vere  e proprie case accoglienti e dedicate ai lettori del destino.
In molto vi avevano creduto, fidandosi di lei, tra elettori e Reader.
In pochi avevano avvertito l’inganno, tra gente razionale e Lettori.
In molti meno erano riusciti a scappare dai rastrellamenti e ad evitare di essere rinchiusi nei Centri di Lettura, venendo usati fino al dissanguamento.
Storse il anso attraversando in fretta la piazza, ringhiando alle ragazze immagine che distribuivano i volantini dei Centri di Lettura Statali osannandone i prezzi stracciati per la felicità della popolazione sotto le feste.
Guardò l’orologio stretto al polso, accertandosi di essere in orario, ringraziandosi di aver scelto di prendere il tram, evitando così di perdersi e arrivando in orario al suo appuntamento.
Strinse gli occhi marciando sotto gli altoparlanti che stridevano tra note e parole cantate, ignorando il freddo che gli pungeva la pelle sotto il giaccone color kaki.
Era il quinto appuntamento a cui andava, e sentiva che poteva essere quello giusto.
Si, lo sapeva, avrebbe incontrato la Gatta.
Gettò un’occhiata all’edificio sede del governo, chiedendosi se la senatrice Nefertari fosse al suo interno.
Vivi era l’unico membro della Repubblica che tentava di portare alla luce la schiavitù dei Blood Reader.
Più volte aveva chiesto al Primo Ministro di visitare con la stampa i Centri di Lettura per scoprire la reale qualità di vita dei suoi particolari ospiti, ma nessun segno di abuso o violenza su nessun lettore era mai emerso.
Perché allora ogni mese venivano ritrovati, in una differente parte dello stato, i copri mutilati da taglie e profondi prelievi di decine di Lettori?
Davvero la causa erano i Centri Abusivi di Lettura? Davvero i Reader clandestini, coloro che non volevano essere identificati e accolti nei Centri, si riducevano a dissanguarsi da soli per vivere?
E perché morivano con la cadenza della luna piena?
Solo gli stupidi potevano credere davvero che non ci fosse qualche sporco gioco politico dietro, e credere ai Centri Abusivi di Lettura era come credere che le immagini che spesso la Repubblica mostrava per Tv e telegiornali, dove Reader sorridenti e pieni di riconoscenza verso il Primo Ministro Charlotte, assicuravano senza ombra di lucidità mentale che nei Centri si sentivano a casa e in totale sicurezza, fossero sincere e per nulla recitate.
Stronzate!
Tutti sapevano, ma nessuno voleva vedere oltre il ricamato e delizioso velo di bugie che il Ministro gettava loro in faccia.
Solo la senatrice Nefertari aveva voluto vedere cosa ci fosse dietro quel pregiato tessuto, scoprendo, o almeno intravedendo, la verità rimanendone disgustata.
Si mormorava che la madre della stessa senatrice fosse una Reader, una delle prime ad essere condotta nel primo Centro di Lettura.
Una delle prime a non uscirne più.
Ma era una frottola, una leggenda metropolitana.
Per natura i Blood Reader non avevano un’anima gemella con cui avere un futuro, con cui vivere e aver figli.
I Lettori nascevano soli, venivano usati e morivano da soli.
Nessun compagno, nessun figlio, nessuna vita.
La vera spinta politica della senatrice era il suo desiderio per la verità, per tutti e a tutti i costi.
Ma non sempre con le parole e seguendo le regole si riesce ad ottenere ciò che ci vuole, men che meno la tanto agognata verità.
Era così che era nato il movimento dei Rivoluzionari.
Persone come lui che non si lasciavano ingannare dalle bugie e pretendevano la verità, ma che non avevano la pazienza dei tempi politici e burocratici che invece rispettava e chiedeva la senatrice Nefertari.
Ribelli che rubavano, estorcevano, minacciavano gli adetti ai Centri pur di avere informazioni e prove sulla reale condizione di vita dei Reader, ma che spesso ottenevano solo di essere imprigionati o di non essere creduti dati i loro discutibili modi di operare per il bene dell’umanità.
Non era una missione facile.
Non era una missione che accettava sconfitte.
Considerati alla pari di criminali dal governo, ostacoli per i politici che la pensavano come loro per i metodi poco ortodossi, pericolosi cacciatori per i Reader in fuga, mine vaganti per il resto della popolazione.
Ma come ottenere le prove di una schiavitù sui Lettori, se quasi tutti erano imprigionati nei Centri, e quei pochi liberi se ne stavano alla larga dal governo e da gente che voleva mettergli alla luce del sole, esposti ad una cattura?
Era come lottare contro i mulini a vento in groppa da un asino impaurito dal moto delle pale mosse dal sferzante soffio della corrente, che seppur debole, terrorizzava chiunque.
Zoro scosse il capo cercando di non perdersi tra i suoi pensieri, riportando la concentrazione al suo obiettivo.
Si fermò, mani infossate nel giaccone e la condensa del suo respiro che si trasformava in piccole nuvolette candide che salivano al cielo.
Davanti a lui la colorata a animata pasticceria “Whole Cake” dava sfoggio dei suoi colori e del via vai incalzante della sua clientela.
Inclinò il capo, chiedendosi se non fosse l’ennesimo buco nell’acqua.
Era il quinto appuntamento che aveva fissato con la Gatta, la Blood Reader che vendeva letture di contrabbando e su cui la Repubblica non riusciva mai a mettere le mani.
Si diceva che non avesse volto, che anche chi riusciva a consultare non riuscisse a descriverla con esattezza, e che ogni tentata cattura fosse stata vana: sembrava sapesse tutto, e che riuscisse ad essere un passo sempre più avanti.
Sapeva chi la cercava, per lavoro o per profitto, e sapeva come scappare senza lasciare traccia.
Era stata una fortuna per lui riuscire ad intercettarla, nonostante le difficoltà nell’avere una sua lettura, e non aveva avuto dubbi su quanta importanza avesse la sua missione per i Rivoluzionari: se fosse riuscito a portare dalla sua una Reader come la Gatta, anche altri lettori si sarebbero uniti a dimostrare la caccia spietata che la Repubblica eseguiva nei loro confronti, e con dei testimoni così vali più nessuno avrebbe potuto chiudere gli occhi davanti alle loro richieste di verità.
Ma, se era stato difficile chiederle una lettura, unico aggancio possibile, non era stato meno facile poterla incontrare.
Nei precedenti quattro incontri la Reader non si era nemmeno presentata ai luoghi da lei stessa indicati, e Zoro si era visto costretto a tornare a mani vuote dai compagni rivoltosi.
Possibile che spesse chi fosse?
Che sapesse il suo vero obiettivo?
Mille domande avevano iniziato a circolare per la base dei Rivoluzionari, sia sulla buona riuscita della missione che sulle sue abilità, ma all’arrivo del quinto invito per un ennesimo incontro, il mormorio si era zittito, lasciando in mano a Zoro la sorte di quell’importante missione.
Spostò il peso da un piede all’altro, guarda dosi intorno con nonchalance e fingendo di ascoltare con attenzione gli auguri di Natale del Primo Ministro urlati da ogni altoparlante nella piazza.
La calca non sembrava volersi attenuare lungo il viale commerciale, e il via vai di persone prestava attenzione solo ai loro acquisiti e non a ciò che li circondava.
Non vi era traccia di agenti in borghese o in divisa, intenti a perlustrare le strade colme di cittadini, né che qualcuno si fosse accorto di lu.
Sembrava un semplice ragazzo in attesa di qualcuno, o indeciso sul regalo da fare alla propria fidanzata.
Si passò una mano tra i capelli a spazzola ed entrò nella pasticceria.
La missione aveva inizio, e lui non poteva fallire.
 

 
-Benvenuto al Whole Cake, la pasticceria prediletta dalla nostra Prima Ministra Charlotte Linlin: si accomodi pure!-
Zoro non accennò nemmeno a rispondere alla cameriera della pasticceria, che sorridente e con i codini castani serviva i clienti affollati lungo il bancone.
Si sedette a uno dei tavolini lungo la vetrata che dava sulla piazza, dando la schiena all’esterno ed esaminando l’interno della pasticceria.
Si trovò a ghignare afferrando il menù a forma di bignè posto al centro del tavolino, premendo le spalle sullo schienale del lungo sedile imbottito che correva lungo la vetrata unendo tutti i tavolini.
Incontrare una Blood Reader per una lettura clandestina a pochi passi dalla sede della Repubblica e altrettanti dal più grosso Centro di Lettura dello Stato, e per di più nella pasticceria preferita dal Primo Ministro?
Ne aveva di fegato la Gatta, una beffa maggiore non poteva inventarsi contro chi la cercava e agognava da tanto tempo.
Si passò la lingua sulle labbra leggermente screpolate per il freddo, battendo a tempo soprapensiero le note della canzoncina natalizia di sottofondo nel locale, studiando i clienti presenti e cercando di ricordarsi i pochi elementi di cui era a conoscenza riguardanti la Gatta.
Si rivide davanti agli occhi il dossier che Sabo, un suo amico nei Rivoluzionari, gli aveva passato quando era riuscito a mettersi in contatto per la prima volta con la Reader.
 
Dossier riguardante Blood Reader “ la Gatta”:
Nome e Cognome: ---
Età: ---
Sesso: F
Residenza: ---
Contatti. ---
Ultimo avvistamento: ---
Segni particolari: ---
 
Scarno era una descrizione lusinghiera per il dossier.
Si passò una mano sulla nuca, massaggiandosela e guardando di striscio una cliente che gli passò davanti la visuale, intenta a parlare la telefono e imbacuccata per il freddo pungente dell’inverno, iniziando a contare le donne presenti nel locale.
Contando anche le cameriere e la titolare che disseminava sorrisi e sguardi languidi ad ogni cliente, ve n’erano undici.
Un numero ristretto ma che con le informazioni di cui disponeva era fin troppo elevato.
Voltò una pagina del menù, cercando di soppesare la situazione.
Non sapeva né come la Gatta lo avrebbe riconosciuto, né come avrebbero eseguito la Lettura: il locale era troppo affollato perché passasse inosservata.
Era l’ennesimo incontro fasullo?
Corrugò la fronte.
Se così fosse stato, perché organizzarlo?
Dopo quattro incontri a cui non si era presentata, perché organizzarne un quinto e ripetere il suo copione?
Era chiaro che non voleva rischiare, altrimenti non sarebbe stato così difficile e criptico contattarla, ma perché accettare una Lettura per poi rifiutarla in quel modo così ambiguo e snervante?
Ricordò all’improvviso la pubblicità statale dei Centri di Lettura, dove un Blood Reader sorrideva a una donna che aveva dinanzi, divisi solamente da un foglio di carta su cui cadeva all’improvviso una goccia rossa che come per magia si ramificava in mille rami, che fiorivano in parola rivelando alla smagliante signora, a cui si illuminavano gli occhi, alcuni dettagli del suo compagno di vita, inducendola alla fine ad un pianto di gioia nel vedersi davanti agli occhi finalmente il suo nome.
La scena sfumava e delle due figure rimaneva solamente la donna.
Il Blood Reader scompariva in una nebbia e la voce in sottofondo quasi sibilava tentatrice di recarsi nei Centri di Lettura per vivere l’emozione ancora palpabile sul viso della donna, assicurando che i Lettori provavano la medesima felicità nel donare loro il nome delle anime gemelle.
Si chiese se anche la Gatta avesse la consistenza del Blood Reader della pubblicità.
Nebbia pura.
Inafferrabile, presente e assente, priva di una reale forma.
Accavallò le gambe, portando la caviglia sopra la ginocchio, picchiettando il piede a terra.
Era giusto costringere qualcuno ad esporsi, seppur per una giusta causa, quando questa aveva lottato tutta la vita per essere nebbia, per essere invisibile e scaltra come un gatto, solamente per ottenere non la verità o un mondo più libero, ma semplicemente il diritto a una vita vera priva di paure?
Era davvero un fine nobile quello della sua missione, o egoistico?
-Ordina qualcosa-
Ruotò le iridi carbone alla sua destra, lanciando un’occhiata a una donna che sedeva la tavolino accanto al suo, intenta a inviare messaggi con il suo cellulare.
-Parla con me?- chiuse il menù.
-Inizierai ad essere sospetto se non ordini nulla- mosse le labbra in un leggero soffio quasi impercettibile, portandosi poi il telefonino all’orecchio e alzare la voce –Ciao amore! No, arrivo tardi, aspetto Carina per un piccolo aperitivo…-
Zoro la studiò.
Indossava un giaccone violastro che le arrivava alle ginocchia, un cappello di lana giallo le copriva tutto il capo e la fronte, e solo alcune ciocche lilla del caschetto le oscillavano a lato del viso, accerchiandole l’ovale chiaro e le iridi azzurre, fisse su di lui a incenerirlo.
Sussultò e sollevò un braccio per richiamare l’attenzione di una cameriera.
-Posso portarle qualcosa?- sorrise quella arrivando con il vassoio colmo di tazze sporche e tovaglioli da gettare.
-Una cioccolata calda, amara, niente panna- ordinò rapido non lasciandosi perdere nemmeno una parola della conversazione della ragazza che gli era accanto.
-… si in pasticceria! Oh lo sia quanto è golosa, da quando Gild l’ha lasciata poi… stai in linea un attimo!- la vide sporgersi sul tavolo, richiamando l’attenzione della cameriera –Posso approfittarne?- sbatté le lunghe ciglia –Mi può portare una cioccolata calda? Con panna per favore. Grazie mille! Si eccomi tesoro! Dicevo? Ah si, Gild e Carina…-
La cameriera annuì rapida, zigzagando tra la clientela e dirigendosi rapida verso il bancone.
Zoro la seguì con attenzione, accertandosi che nessuno badasse a lui prima di spingersi sul divanetto più vicino alla ragazza dal caschetto lilla.
-Sei…
-Fai scivolare i soldi nella borsa-
Il verde strinse lo sguardo, lasciando cadere la pupilla ai suoi piedi dove, sul pavimento del locale a metà tra lui e il tavolino della ragazza, una borsa giaceva con normalità.
Era di cuoio nera, non molto vistosa e posta non troppo vicina a lui.
La zip era aperta e non si notava alcun oggetto al suo interno.
Soppesò la situazione, posando le spalle alla vetrina costeggiata dal divanetto.
Dall’esterno sembravano solamente due sconosciuti che condividevano lo stesso mobilio di arredamento della pasticceria, ignorandosi tra di loro e concentrandosi, lei sul suo cellulare, lui sul suo profilo, incuriosito dalla sua siluette ma non pericoloso.
Non sembravano affatto un rivoluzionario e una lettrice nel bel mezzo di un incontro clandestino.
-Devo parlarti- affermò lapidario, estraendo dalla sua tasca il cellulare e controllando i messaggi, non accennando a mostrarle alcuna banconota.
Cosa che la Gatta notò subito.
La vide sorridere felina, piegandosi appena con il busto verso la borsa.
-È stato un piacere- si sporse ad afferrare la tracolla pronta ad andarsene.
Zoro sgranò gli occhi e ringhiò proprio mentre la Tv accesa del locale interrompeva il vocio delle canzoni natalizie per la pubblicità.
La Gatta tornò composta sul divanetto, portandosi un fazzoletto al viso e fingendo di soffiarci il naso, seguendo divertita la mano di Zoro scivolare dalla sua tasca al menù casualmente cauto a terra, soffermandosi appena sopra la borsa e facendovi scivolare dentro la mazzetta di banconote che Sabo gli aveva dato per la missione.
Sperava di spenderli in birra, non in una Lettura!
Storse le labbra incrociando le braccia al petto, scontroso fissando vagamente la pubblicità che illuminava il locale.
-Bene- la sentì parlare –Ora ascoltami…-
La vide strofinarsi il naso con il fazzoletto, piegandosi sulla borsa e raccogliendola, posandola sul divanetto e estraendone un pacchetto di fazzoletti di carta.
Ne estrasse due, lanciando occhiate al cellulare e sorridendo quasi che qualcuno le avesse inviato qualche messaggino divertente.
La studiò soffiarsi il naso e infilarsi, nella manica del giaccone, gli altri due.
-Fa cadere una salvietta- sussurrò, osservando con attenzione Zoro giocherellare con il porta salviette del suo tavolo e, accidentalmente, farne cadere una verso di lei.
Si inchinarono nello stesso momento e quando le loro mani si sfiorarono, il ragazzo percepì un lieve pizzicotto sul polpastrello del pollice.
Lo guardò di striscio notandone una piccola, insignificante goccia di sangue scivolarne sul profilo esterno.
-Tenga- gli sorrise la Gatta, porgendogli la salvietta e sfiorandogli il pollice sanguinante, asciugandolo con il fazzoletto che teneva nella manica del giaccone e dove un piccolo ago scintillò.
Zoro tornò ad addossare la schiena al divano, osservandola accavallare le gambe e nascondere, tra la piega dei jeans, il fazzoletto macchiato.
Con una mano digitò qualcosa sul cellulare ancora fermo sul tavolino, mentre con la gemella estraeva dalla manica una piccola boccetta. Con lentezza, per non essere scoperta o per non rovinare nulla, riportò le mani tra le gambe afferrando la boccetta con le dita.
Il verde capì che stava per avvenire la lettura, il miracolo, la magia della decifrazione, l’interpretazione del segreto che racchiudeva il suo sangue: il nome della sua anima gemella.
Percepì la gola arsa bruciargli mentre fissava le mani della Gatta muoversi attorno alla boccetta, facendola rotolare sulle dita scaldandola.
Avrebbe scoperto il nome della sua compagna di vita e alcuni sue caratteriste, come trovarla, dove, cosa le piaceva e  cosa no.
Scosse il capo, maledicendosi.
Doveva rimanere lucido!
La missione era più importante del suo futuro amoroso.
-Io devo parlarti- mormorò, assicurandosi che nessuno badasse a loro –Mi chiamo Zoro- gli diede l’informazione per guadagnarsi la sua fiducia ma non notando sul suo viso, o nelle sue iridi azzurre, alcun cambiamento continuò –Sono un…-
-Rivoluzionario- rise lei, premendo la boccetta tra le gambe e portandosi una mano a portarsi una ciocca lilla dietro un orecchio.
La mascella di Zoro si indurì.
Lei sapeva.
Una Reader clandestina sapeva che lui faceva parte dei Rivoluzionari.
Una persona che nemmeno avrebbe dovuto esistere, che viveva nell’ombra e che scappava a ogni soffio di vento, era a conoscenza del suo più oscuro segreto.
Quanto ci avrebbe impiegato il governo a prendere parte a quel suo intimo particolare di vita?
A perquisire la sua casa, arrestarlo nel cuore della notte e interrogarlo con i più sottili, quasi come coltelli, metodi interrogatori della Polizia della Repubblica?
-Tranquillo- sussurrò la Gatta, voltandosi a fissare la Tv –Mi informo sempre riguardo i miei clienti, ma con te è stato difficile capirlo. Ma se dopo quattro incontri andati a vuoto insisti, o sei disperato.. o nascondi qualcosa-
-E cosa ti ha fatto capire che non ero disperato?- ghignò, sentendo i muscoli rilassarsi dopo la scarica di adrenalina che li aveva attraversati.
La sentì ridere divertita e un piccolo spazio si aprì nel mezzo del suo petto, donandogli una piacevole sensazione.
Ammorbidì il ghigno e prese un respiro profondo.
Il caos della pasticceria fremeva attorno a loro, tra bignè, cioccolate calde e risate interrotte solamente dalla pubblicità o da qualche canzone natalizia.
Doveva approfittarne per parlarle.
-Tu…-
-Zitto!- sibilò premendo le gambe e giocherellando con una ciocca.
-No, noi...!-
-Ecco le vostre cioccolate!-
Ringhiò contro la cameriera che, sorridente ed ignara di tutto, posava sul suo tavolino la sua ordinazione, guardandosi attorno nella calca dei clienti.
-Scusate l’attesa, ma oggi c’è un po’ di ressa- si spostò verso il tavolino della Gatta, distraendola da un messaggino e posando la tazza di cioccolata –Ecco la ricevuta per il pagamento: buona pausa!-
La Gatta annuì, Zoro rivolse un cenno alla cameriera e il silenzio tornò tra loro nel chiacchiericcio del locale.
-Abbiamo bisogno di te- si portò alle labbra la tazza di cioccolata amara.
-No, voi avete bisogno di un buon avvocato- tornò con le mani sulla boccetta, stringendo le dita sul tappo di gomma –Tu specialmente, che sperperi i soldi dediti alla tua nobile causa per scoprire il nome della tua anima gemella-
-Se la pensi così, perché hai deciso comunque di incontrami?- la fissò svitare il tappo di gomma ed estrarre il contagocce, rivelandolo pieno di un denso liquido rosso cremisi.
-Perché tutti dovrebbero almeno una volta nella vita assistere al manifestarsi della maledizione di un Blood Reader- aspirò, premendo il cappuccio di gomma, dell’altro liquido, riempiendo totalmente la cannuccia e portandola sopra al fazzoletto macchiato del sangue di Zoro –E perché ognuno di noi ha diritto all’amore, e non sarò io a negarlo a te-
Fece forza sulla capsula di gomma riversando il liquido rosso sulla macchietta di sangue.
Ripeté il versamento altre cinque volte, alternando occhiate al cellulare, sorseggi alla tazza di cioccolata e risatine false.
Il fazzoletto grondava del liquido cremisi, amalgamandosi alla macchia di sangue di Zoro ormai invisibile come il bianco del fazzoletto.
Il verde studiava attento ogni gesto della Gatta, fissando le sue dita richiudere e riporre la boccetta nella manica, mantenendo il fazzoletto ben nascosto tra le gambe accavallate e osservandolo con occhio annoiato.
-Sai cosa sta succedendo Rivoluzionario?- lo interpellò a bassa voce, mantenendo gli occhi fissi sul fazzoletto ormai rosso.
Zoro si portò la tazza di cioccolata alle labbra, mantenendo lo sguardo su di lei.
-Il tuo sangue si sta dichiarando al mio- sorrise allo sguardo confuso del verde –Sì, è il mio sangue questo- accarezzò il fazzoletto cremisi –Venti centilitri del mio sangue per decifrare il nome racchiuso in una tua unica goccia-
Sentì  brivido attraversarlo da capo a piedi.
-Il tuo sangue è il codice- continuò perdendo lo sguardo ceruleo sul fazzoletto –Il mio la chiave di lettura. Per questo i Reader non hanno compagno: la chiave di lettura non porta nessun messaggio con sé, nessun nome, nessun indizio- strinse lo sguardo, mordendosi un labbro -Il sangue di un Lettore contiene solamente una maledizione!-
Il sangue colorò ogni singolo centimetro di cellulosa del fazzoletto, conquistandolo e facendolo suo con ferocia, chetandosi nel suo correre solamente quando raggiunse i bordi.
E poi accadde.
Il sangue della Gatta vibrò impercettibilmente sulla carta scarlatta iniziando a muoversi all’indietro e ridisegnare il suo corso, non più in una vasta macchia ma in linee, rami, fiori che si univano, sgusciavano, scappavano in ogni dove spazio libero, formando lettere e parole.
Zoro deglutì, ammutolito.
Era conscio di come avvenisse la lettura ma…
-Centri di Lettura- ridacchiò la Gatta, piegando il capo alla televisione, che proprio in quel momento trasmetteva la pubblicità dei Centri statali, con una simpatica ragazza che ne mostrava i luminosi interni, gli spazi arborei dedicati ai Lettori, le stanze adibite a locali personali di quegli ospiti speciali, agli uffici dove, con un semplice stick chiunque poteva venir aiutato dai Blood Reader a conoscere il nome della loro anima gemella.
-… quando ero bambina non erano così luminosi, ma dubito lo siano davvero ancora oggi-
-Cosa..?- si voltò repentino a fissarla esterrefatto.
Che intendeva dire?
Che diamine stava dicendo?
-Ti spremono fino alla morte- piegò il fazzoletto a metà –Ti dissanguano, usano ogni fibra del tuo corpo e poi…- spiegazzò il fazzoletto, gettandolo a terra, vicino ai piedi di Zoro -… ti gettano via, in qualche fogna dove i topi non aspettano altro che saziarti di ciò che resta di te- piegò le labbra amaramente, in un sorriso per nulla addolcito dalla cioccolata e panna che lo bagnava –Si vede che gli sono rimasta indigesta-
Zoro fece cadere un’altra salvietta e raccolse il fazzoletto intriso di sangue, che gocciolò sui suoi pantaloni.
-Scusa, ma dev’essere caldo affinché funzioni- fissò con occhi limpidi e azzurri la macchia del suo sangue che segnava i jeans del rivoluzionario -Sembra un bel tipo comunque…-
Il verde gettò un’occhiata al fazzoletto osservando le prime parole prendere forma.
Ramata.
Strinse lo sguardo, respirando piano prima di parlare.
-Possiamo proteggerti- affermò sicuro non sollevando il capo.
-So difendermi da sola- finì di bere la cioccolata.
Orgogliosa.
-Con te possiamo salvare altri Lettori-
-Gli altri che dici tu devono ancora nascere- ripiegò ogni singola salvietta toccata nella borsa –Altri Lettori liberi non ve ne sono-
Cocciuta.
-Racconta a tutti la verità, e i Centri chiuderanno-
-I Centri non chiuderanno mai, e io non ci torno dentro- una coppia di fidanzati passò davanti al suo tavolo ridacchiando e lei ne approfittò per infilare nella borsa anche la tazza sporca –Rimetterò piede dentro a un Centro di Lettura solo da morta-
Amante dei mandarini.
-Non tornerai mai in un Centro, te lo prometto!-
La vide soppesare le sue parole e fissare, con lo sguardo ceruleo e vago la televisione.
-Non urlare: ti scopriranno-
 Bisognosa d’amore.
-Con te potremmo mettere fine a tutto questo-
-È un futuro dispotico Zoro: non si può mettere fine al futuro-
Occhi marroni.
Furba.
Tatuaggio.
Impaurita.
Dolore.
Prese la sua borsa è uscì dalla pasticceria, non pagando la cioccolata e oscillando il caschetto lilla con naturalezza mentre riprendeva a parlare al telefono.
Zoro non si mosse, fissò il fazzoletto impregnato di sangue della Gatta giacere tra le sue mani.
Non la rincorse, non tentò di fermarla.
Rimase fermo lì, a fissare le ultime parole formarsi, le più importanti, che prendevano forma dal sangue della Reader dai capelli lilla seguendo il codice racchiuso nella sua unica goccia.
 
Nami Cocoyashi.
Via Midori Mimoza 33C, Coconat Village.
 
La Lettura si era conclusa.
 
 


 
***


 
-… e l’hai lasciata scappare- cercò di riassumere quanto gli era stato raccontato Sabo, fermando l’auto.
Zoro si massaggio le tempie con una mano sospirando.
-Tu che avresti fatto?- gettò un’occhiata fuori dal finestrino fissando la neve cadere.
Il biondo tamburellò le dita sul volante puntando gli occhi sul parabrezza ma perdendo lo sguardo in altri pensieri.
-Credo…- aprì bocca, per poi fermarsi e boccheggiare.
Piegò il capo verso l’amico e gli sorrise, con quel suo fare spontaneo e rassicurante.
-Credo che l’avrei lasciata andare non osando rintracciarla mai più- ammise, dandogli una pacca sulla spalla.
Zoro non si mosse, perdendo lo sguardo alla palazzina davanti cui avevano parcheggiato.
La missione per i Rivoluzionari era fallita su tutta la linea.
Cinque appuntamenti a vuoto, non era riuscito a portare dalla loro parte la Reader conosciuta come la Gatta, aveva sperperato i pochi fondi della loro organizzazione e non aveva ottenuto informazioni importanti o altro dalla Reader.
Almeno questa era stata la conclusione tratta dalle alte sfere dell’organizzazione, ma che Zoro non condivideva affatto.
Sospirò, sfilandosi la giacca con lo stemma da pompiere, gettandola sul sedile posteriore assieme a quella di Sabo.
Erano partiti non appena finito il turno, e durante il tragitto Zoro aveva raccontato al biondo cosa era successo il giorno precedente e durante la notte, non tralasciando le parole di Shanks riguardo l’esito del suo operato. Non aveva espresso la sua irritazione verso la decisione dei loro superiori, ma Sabo l’aveva colta nella palpabile espressione con cui il verde gliela aveva riportata.
Un fallimento, era un fallimento essere riuscito a parlare, a pochi passi dal palazzo del Governo e dal principale Centro di Lettura, con la Lettrice numero Uno ricercata da tutta la Repubblica.
Un grugnito gli sfuggì, facendogli increspare le labbra e corrugare la fronte.
Lo sguardo sempre puntato alla palazzina dinanzi a lui.
Anche il semplice incontrarla e condividere con lei una tazza di cioccolata, seppur su due tavole differenti e senza mai scambiarsi uno sguardo, gli aveva fornito molte informazioni sulla Reader.
Ora sapeva che era riuscita a scappare da un Centro di Lettura, in un modo che non osava nemmeno immaginare basandosi sui particolari che la Gatta si era lasciata sfuggire, che era impaurita a morte da ciò che facevano all’interno dei Centri, che si fidava almeno in parte dei Rivoluzionari, o non lo avrebbe mai davvero incontrato, che nonostante ciò che aveva passato nella sua vita credeva che la sua abilità, la maledizione –così l’aveva chiamata- che possedeva fin dalla nascita fosse importante, e che non avrebbe mai negato a nessuno la possibilità di amare ed essere amato.
Erano davvero così di poco valore quelle informazioni?
Per la sua causa forse sì, ma per lui no.
Lei gli aveva fornito il nome della sua compagna di vita e, si certo si era fatta pagare e anche profumatamente!, ma lo aveva fatto soprattutto perché si sentiva in dovere di farlo.
 
Perché ognuno di noi ha diritto all’amore, e non sarò io a negarlo a te.
 
Le sue parole ancora gli rimbombavano nel sottofondo dei pensieri.
Sospirò nuovamente, slacciandosi la cintura e aprendo la portiera.
-Quel che è fatto, è fatto- affermò lapidario verso Sabo, smontando dall’auto.
-E non si può più tornare indietro- ridacchiò rispondendogli con quel tono serio e grave che non gli apparteneva.
Sollevò lo sguardo a fissare l’amico in piedi sotto la neve, studiandolo.
-Sicuro di volerlo fare?- inarcò un sopracciglio.
Zoro spostò il peso da una gamba all’altra, osservando la palazzina che torreggiava davanti a lui.
Erano in via Midori Mimoza 33C, nel quartiere di Coconat Village, appena fuori il centro città.
Si era fatto accompagnare più per far tacere quel demente di Sanji, che continuava a deriderlo per il suo scarso senso dell’orientamento, che non per ricevere supporto morale da Sabo per quanto aveva deciso.
Aveva il suo nome, il suo indirizzo, alcuni dettagli fisici e altri caratteriali.
Aveva l’occasione di incontrare la sua anima gemella.
Aveva deciso di incontrarla.
-Si- chiuse la portiera, dando le spalle al biondo e incamminandosi alla prima palazzina, aggirandola e proseguendo nel piccolo porticato raggiungendo i citofoni.
Guardò di striscio la numerazione degli appartamenti ed entrò nel condominio, salendo fino al terzo piano e fermandosi davanti al 33C.
Nami Cocoyashi era in casa, s’intravedeva una luce oltre la porta e qualche nota musicale provenire dall’appartamento.
Doveva essere appena tornata a casa dal lavoro, quale che fosse ancora non lo sapeva, e dal tono di voce con cui intonava le parole della canzone che stava origliando, quello doveva essere il suo primo pomeriggio di vacanza per l’avvicinarsi del Natale.
Si leccò le labbra con la punta della lingua, passandosi una mano tra i capelli e sollevando la mano opposta a premere il campanello rapido.
Aspettò in silenzio, ascoltando i rapidi passi che echeggiavano oltre l’uscio.
Sentì la porta scattare, e una flebile vibrazione gli attraversò lo stomaco quando apparve una ragazza ad aprirgli.
-Si…?- gli sorrise, sgranando gli occhi quando li posò su di lui.
Zoro ghignò.
Ramata, occhi marroni.
No, sbagliato.
Non era ramata, aveva il fuoco in testa, dei capelli così rossi che avrebbero potuto incendiare l’intero paese e sciogliere la neve che si accumulava in strada.
E gli occhi? Marroni? Scherzava?
Erano color del miele, qualche sfumatura ramata ad illuminarne le emozioni che li attraversavano ma anche nocciola e d’oro, densi come cioccolata, espressivi come parole.
Si diede del mentecatto ad ammirarla in quel modo, e non la biasimò quando la vide sbiancare fissandolo, ancora ferma sull’uscio della porta, il busto metà dentro e metà fuori l’appartamento.
-Ciao- parlò, stupendosi della calma nella sua voce –Sono Zoro e…-
Lo strattonò dentro casa con forza, richiudendo la porta con un tonfo e addossandosi ad essa con tutto il suo esile peso.
-A che gioco stai giocando?- gli urlò contro, afferrando un tagliacarte da una pila di buste e puntandoglielo contro.
-Ehi calma ragazzina- sollevò le mani allarmandosi.
Che diamine le prendeva?
Ok che su di lei sapeva che era “impaurita”, e lui era un estraneo in casa sua ma era una reazione esagerata.
-Voglio solo parlare- provò a fare un passo verso di lei, indietreggiando quando Nami gli puntò il taglierino alla gola.
-Non prendermi per il culo- sibilò, infossando lo sguardo su di lui –Come mi hai trovata?-
-Non riesci a immaginarlo?- tentò con fare suadente, sperando capisse che era stata una Lettura a portarlo lì, ma la rossa corrugò maggiormente la fronte iniziando ad ansare.
-No- ringhiò –Non ho commesso nessuna imprudenza-
Sembrava più una rassicurazione a se stessa che una risposta per Zoro.
-Sei da solo? Hai portato qualcuno? Quanti siete? Parla!- lo strattonò per la giacca color kaki, tremando con la mano armata.
Zoro storse le labbra, abbassando una mano ad afferrarle il polso tremante.
-Vuoi forse farmi una tracheotomia?- ringhiò –Non so che diavolo stai pensando, ma non sono qui per farti del male ma solo per parlare!-
-Oh certo!- rise ironica con le lacrime agli occhi –Dove l’ho già sentita questa? Ah si! Ieri, giusto rivoluzionario?!?-
Fu il turno del verde di infossare lo sguardo sulla ragazza, studiandola con attenzione.
Si conoscevano?
Come sapeva che faceva parte dei Rivoluzionari?
Percepì un lieve formicolio alla nuca, cercando di associare il bel viso pallido e circondato dai ricci rossi di Nami a un evento, una riunione dell’organizzazione, un qualsiasi momento in cui si erano incontrati e conosciuti.
-Chi sei?- la squadrò, osservandola fremere per il suo tono secco e lapidario.
Taglierino ancora puntato alla gola la vide pensare rapidamente, stringendo gli occhi e mordendosi il labbro inferiore.
-Non prendermi in giro- sussurrò stoica ostentando una sicurezza che Zoro vedeva sgretolarsi pian piano nel suo sguardo –Sai bene chi sono…-
-Si certo- ringhiò –Ma la lama del tuo taglierino alla gola mi ha causato un attacco di Alzheimer-
-Smettila!- gridò serrando gli occhi.
La mano di Zoro si mosse da sola, piegandole il braccio e portandolo dietro alla schiena della rossa che era riuscito a far voltare.
Il taglia carte tintinnò contro il pavimento.
-Ora ti calmi…- le fermò anche l’altro braccio immobilizzandola contro il suo petto, lasciandola dimenarsi -… e parliamo!-
-Bastardo!- gli pestò un piede con quanta forza possedeva, ma riuscì a malapena a strappargli un ringhio di fastidio.
-Calmati!- sbottò Zoro, stringendo maggiormente la presa sui polsi della rossa sulla sua schiena –Vuoi che qualcuno ci senta? Non ti voglio far del male!-
-E allora lasciami!- strillò piegando il capo e incenerendolo con gli occhi –O urlerò così forte che accoreranno anche quelli dell’ultimo piano!-
La mascella del verde s’irrigidì, mentre le mani allentavano lievemente la presa.
-Ok- parlò calmo –Ma ti ripeto che non sono qui per farti del male- mollò la presa sollevando le mani in aria non appena Nami svicolò da lui, voltandosi a fissarlo e premendosi spalle al muro.
-Voglio solo parlare…- portò una mano dentro la giacca lentamente.
Fissò Nami scattare al pavimento e recuperare il tagliacarte, puntandoglielo di nuovo contro e fissandolo muoversi, mentre liberava un respiro profondo ricambiando lo sguardo indagatore.
Con mano lenta estraesse la Lettura del giorno recedente, agitandola con un movimento secco del polso per aprirla e porgergliela, mostrandole le fini e scarlatte lettere che parlavano di lei.
La vide sgranare gli occhi color del miele, lasciando cadere a terra il taglierino e aggrappandosi al muro con mani tremanti, le gambe che lentamente l’accompagnavano al pavimento mentre Zoro le si avvicinava porgendole la Lettura.
-Sei la mia anima gemella- tentò di non sembrare ironico o spavaldo, ma gli sfuggì comunque un ghigno –E sono qui solo per… conoscerti-
Nami si raggomitolò contro il muro scuotendo il capo, sconvolta.
-Non è… possibile- sussurrava con un filo di voce non togliendo gli occhi dal suo nome impresso col sangue di una Reader su quel misero foglio di carta.
-Perché non dovrebbe esserlo?- si inginocchiò davanti a lei –Tutti hanno la loro anima gemella e tu sei la mia… io la tua- borbottò, tossicchiando per nascondere quella lieve vena romantica che gli colorava la voce.
-No!- urlò lei –Non sono la tua anima gemella! Questo è un errore!- tentò di strappargli di mano il foglio, ma Zoro lo allontanò in fretta, grugnendo.
-Ho portato fin troppa pazienza con te, sappilo- strinse i denti.
-Io non posso essere la tua anima gemella!- strillò, sull’orlo della disperazione.
Non poteva essere vero.
Non poteva realmente essere successo.
Era contro ogni regola, contro natura.
Contro la sua Natura!
-Perché?- ringhiò, alzandosi e guardandola dall’alto in basso –Parla! Perché?-
-Perché una chiave di lettura non porta un messaggio con sé!- strillò Nami, alzandosi a sua volta e fronteggiandolo con occhi lucidi –Perché una Reader non può avere un compagno di vita: è una legge che nessuno può cambiare, nemmeno tu Rivoluzionario!-
Zoro la fissava stringendo gli occhi, riuscendo finalmente a intravedere la verità.
Capendo la sua paura, il timore che le si poteva leggere negli occhi a ogni singolo battito di ciglia, e l’incredulità delle sue parole nel dirle che era la sua anima gemella.
Sgranò gli occhi confuso e sorpreso.
Lei, una Blood Reader, era la sua anima gemella.
Non… non era possibile!
Non era mai successo, non si era mai sentito di Reader che avessero avuto un compagno, una vita di coppia, dei figli, non…
-Tu sei una Blood Reader- parlò secco, fissandola inarcare le labbra in un sorriso isterico alle sue parole.
-No- gli rispose, sollevando il capo e fronteggiandolo con gli occhi fiammeggianti –Io solo la Reader- si sporse col viso fissandolo dritto negli occhi –Io sono la Gatta, e sì- lo strattonò per la maglia portandoselo vicino al viso, sfoggiando un’capricciosa sfrontatezza –Dobbiamo parlare-

 
   
 
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