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Autore: Efei    19/01/2017    0 recensioni
Saoirse è una ragazza che malgrado la sua poca audacia si trova a doversi difendere da sola in un mondo distopico in cui nessuno ha pietà per l'altro, in un mondo in cui la politica ha portato a molteplici ribellioni. Le leggi a molti stanno strette e, anche se sembra di essere tornati in un periodo di pace, le sommosse non sono finite.
E forse non finiranno.
"Con l’indice punto la finestra e lentamente sposto la mia mano verso l’alto, per far sì che le persiane si sollevino: mi sorprendo quando improvvisamente vengo invasa da una luce accecante che non dovrebbe essere presente a quest’ora della notte. Strizzo gli occhi, infastiditi dalla luminosità del mondo esterno, e mi sporgo poco più avanti in cerca di una spiegazione. Più mi avvicino, più inizio a distinguere sagome e man mano che i miei occhi si abituano alla nuova luce le immagini diventano più nitide, i colori più accesi e i volti più chiari."
Genere: Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lanterne in legno


Capitolo 1: Uomini in rosso

Un boato.
La camera trema, il letto si è spostato di qualche millimetro e nel buio intravedo mio fratello ancora dormiente con la testa che penzola fuori dal letto.
Cerco di capire cosa stia succedendo: penso ad un terremoto, ma le scosse sono intermittenti e sembra quasi seguano un ritmo, come se una canzone fosse stata sparata ad alto volume nel bel mezzo della notte. Non voglio accendere la luce, non voglio che mio fratello si svegli e si spaventi, per ora è meglio lasciarlo vivere nella sua innocente incoscienza.
Con l’indice punto la finestra e lentamente sposto la mia mano verso l’alto, per far sì che le persiane si sollevino: mi sorprendo quando improvvisamente vengo invasa da una luce accecante che non dovrebbe essere presente a quest’ora della notte. Strizzo gli occhi, infastiditi dalla luminosità del mondo esterno, e mi sporgo poco più avanti in cerca di una spiegazione. Più mi avvicino, più inizio a distinguere sagome e man mano che i miei occhi si abituano alla nuova luce le immagini diventano più nitide, i colori più accesi e i volti più chiari.
Persone in cerchio, si sono posizionate attorno alla mia casa e con violenza battono a terra dei particolari bastoni circondati da un candido bagliore che mi dà quasi i brividi malgrado il suo rassicurante colore: il ritmo che scaturisce da questo movimento segue un format fisso che continua a ripetersi, a riecheggiare, facendo tremare la mia stanza, facendo quasi cadere dal letto mio fratello.
Non capisco se mi stiano fissando o meno dato che il loro viso è coperto da maschere scarlatte che delineano delicatamente i punti salienti del viso, come il naso e le labbra, gli occhi però sono coperti da un leggero velo dello stesso colore; sono tutti uomini vestiti da sera, i loro abiti sono rossi e avvitati, difficili da non notare.
Intuisco di aver attirato la loro attenzione quando una folla scarlatta si posiziona davanti la mia finestra e impassibile continua con il frastuono che, se all’inizio poteva infastidire, adesso era diventato quasi sopportabile. Mi rendo conto che mentre con la mano destra maneggiano abilmente il bastone, nella sinistra sorreggono per un manico un oggetto che non riesco a distinguere, perché emana una luce accecante; ogni uomo ne ha uno ed intuisco che quell’aggeggio è la causa dello strano bagliore che mi ha stupita qualche minuto prima.
Con l’indice ancora puntato verso la finestra, provo ad alzare di ancora un po’ la serranda, in modo da poter provare ad intuire cosa stia succedendo senza dare eccessivamente nell’occhio: non so cosa vogliano da me, non so se siano qui per me o per mio padre, o mia madre, o mio fratello. Non siamo mai stati una famiglia rilevante, non abbiamo mai fatto parte della vita politica, mio padre era un semplice scienziato e mia madre un medico generale: nessuno aveva mai provato a farci del male, non abbiamo mai avuto “nemici”.
Riesco ad alzare la persiana in modo da creare uno spazio grande a sufficienza da permettermi di vedere con entrambi gli occhi senza dovermi sporgere eccessivamente: quelle misteriose fonti di luce si rivelano essere delle lanterne.
In un periodo come quello in cui viviamo, in cui la scienza continua a progredire, informarsi, in cui la tecnologia si cimenta nel creare l’utile e distruggere il futile, vedere delle lanterne è un’esperienza rara. Se le persone avessero voluto andare in giro di notte, avrebbero potuto portare con sé un milione di cose, ma sicuramente non una lanterna.
Inoltre, quest’ultima era stata proibita nel nostro stato, in quanto in passato fu utilizzata come simbolo per la propaganda del precedente governo, con cui gli attuali capi della nostra nazione avevano avuto uno scontro non poco sanguinoso che aveva portato a molteplici guerre civili.
Ad interrompere i miei pensieri, nel frattempo ci pensa un uomo che, una volta avvicinatosi al portico della mia casa fa un leggero segno con il capo facendo cessare il frastuono; punta il dito verso la mia finestra e con un movimento elegante e sinuoso, la fa aprire lentamente rivelando al resto del “pubblico” la mia presenza.
Mi rendo conto di non essere al sicuro così scoperta e cerco di abbassarmi o perlomeno di girarmi e correre via, portando mio fratello con me, ma non riesco a muovermi.
L’uomo mi fissa, so che mi fissa, il suo sguardo, anche se coperto, mi penetra gli occhi quasi da farmi sentire dolore alla testa; mi sento impotente e in pericolo, il mio respiro si ferma e sento un nodo alla gola che continua a stringersi bloccando il passaggio dell’aria.
La testa mi scoppia e ho tanta paura, ma non voglio distogliere il mio sguardo da quello nascosto di quell’uomo, voglio sapere il suo nome, chi è e cosa vuole, voglio gridare per svegliare mio fratello e farlo scappare.
Sono stata stupida, sono stata testarda, avrei dovuto svegliare la mia famiglia e chiedere aiuto ai miei genitori. Ma non l’ho fatto, perché sono egoista e curiosa e non so affatto controllare i miei impulsi da finta investigatrice.
Adesso ho paura e sono sola, sento le lacrime che rigano il mio viso e lancio uno sguardo ricolmo di terrore nella direzione dell’uomo che mi inquieta così tanto, sperando in un atto misericordioso, ma lui in cambio sposta la testa leggermente verso destra, come se fosse incuriosito da me, o da qualcosa alle mie spalle.
Vorrei sapere se mio fratello sia sveglio o meno, se sta ancora dormendo o se è lui che sta attirando l’attenzione dell’uomo; cerco di concentrarmi il più possibile sui suoni intorno a me e riesco ancora a sentire il suo respiro calmo e assonnato, anche se impercettibile.
Rivolgo nuovamente la mia attenzione nei confronti della misteriosa folla e sposto il mio sguardo sull’uomo che si era avvicinato più degli altri: aveva qualcosa di diverso, qualcosa in più rispetto al resto.
La cravatta era dorata e la maschera aveva i lineamenti evidenziati da una linea sempre in oro, il suo bastone era molto più lavorato e in cima aveva un pomello, ovviamente aureo, con incisi dei disegni, o delle lettere, ma non riuscivo a distinguere cosa stessero a simboleggiare.
La lanterna, invece sembrava uguale alle altre: era in legno, ma il fuoco al suo interno non la bruciava.
Questo non aveva il suo naturale colore, era bianco, e fiammeggiava fino a toccare il legno della lanterna, ma non la bruciava ne rovinava.
L’uomo interrompe i miei pensieri nuovamente schioccando le dita, come se si fosse accorto del fatto che mi trovavo sovrappensiero: volevo analizzarlo, conoscerlo e lui se n’era accorto e forse non voleva.
Si china e poggia la lanterna davanti la mia finestra, mi volta le spalle e si avvicina ai suoi compagni che, girandosi a loro volta iniziano a camminare nella direzione opposta alla mia casa.
L’uomo esita prima di seguire il gruppo e getta uno sguardo verso di me, che resto ancora immobile, bloccata completamente dalla paura. Con una mano guantata solleva la sua maschera fino all’altezza del naso, rivelando parte del suo viso. Le labbra sono sottili, per quello che riesco a distinguere da questa distanza, e sulle guance cresce ben curata una barba scura. Lo vedo sorridere beffardo e diventare serio nella frazione di un secondo, come se quella risata fosse un gesto proibito, come se se ne fosse pentito immediatamente.
La sua espressione è indecifrabile non solo perché metà del suo viso è coperto, ma anche perché continuava ad alternare sorriso e serietà, come se qualcosa dentro di lui lo fermasse dal fare ciò che davvero voleva.
Adesso si gira completamente verso di me, con la maschera ancora a coprire gli occhi e inaspettatamente, sussurra il mio nome con fare spavaldo:
Saoirse
Sorride di nuovo, mi volta le spalle e si dirige nel senso opposto alla mia casa, raggiungendo i suoi compagni.

Riprendo coscienza del mio corpo, muovo le braccia, le gambe e il respiro torna ad essere regolare, gli occhi continuano a far fuoriuscire lacrime, le domande si accalcano nella mia testa che continua a pulsare e non riesco neanche a pensare, sento solo un forte dolore che cerco di calmare premendo le mani sulle tempie, alla ricerca di un po’ di sollievo.

Un grido mi riporta alla realtà, un grido di una donna, una voce familiare che grida un nome. Le sue urla sono troppo vicine alle mie orecchie, provengono sicuramente dalla mia stessa stanza e stanno aumentando la mia emicrania; mi volta per capire chi sta parlando e cosa sta succedendo.
Mia madre è in ginocchio davanti al letto di mio fratello e grida il suo nome talmente tante volte che non ha più fiato, la vedo passare dalla disperazione più totale alla rassegnazione, quando la vedo sibilare Ewan dopo averlo gridato molteplici volte. Sento mio padre correre e agitarsi per la casa, lo sento sussurrare una miriade di No ripetuti in continuazione ogni volta che varca la soglia di una stanza.

Ewan, mio fratello, non era più nel suo letto.
Non era più nella sua casa.
   
 
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