Attenzione: non leggete questo
capitolo!
Sconsigliato alle persone sensibili e ai bambini con età superiore ai
9 anni.
E agli unicorni.
Maneggiare con cautela.
6.2
Meanwhile…
«A |
bbiamo
un problema.»
Stupito
nell’udire quella constatazione, Keiran distolse lo sguardo dal fuoco morente
contenuto nel caminetto e si voltò a osservare interdetto l’espressione
sconvolta di Emily. In preda all’esasperazione, la ragazza si era infilata le
mani nella nuvola di biondi riccioli che la incoronava, scuotendo la testa e
borbottando una sequela di parolacce abbellite e senza senso. E per senza senso intendeva: “Maledetto unicorno fancuglitterato”
o “Porcorosa fluffoloso”.
Allarmato, abbandonò la sua postazione accovacciata e le si avvicinò. Seduta
sul tappeto, Emily aveva rovesciato il contenuto della sua borsa per terra, in
modo da fare un veloce inventario sui viveri rimasti. Quando lo sentì
accomodarsi al suo fianco, la ragazza lo guardò esasperata.
«Keiran! Mi erano rimasti solo un pacchetto di Skittles, sette caramelle assortite, un paio di Twinkies e una Pop Tarts al cupcake, ma… è sparita!»
Keiran aggrottò le sopracciglia, confuso dalle
priorità della ragazza. «Sicura che non sia finita da qualche parte?» domandò,
osservando in modo distratto i dintorni.
Emily sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Sì, ho
guardato ovunque. Non sappiamo per quanto tempo rimarremmo bloccati qui, per cui
dovremmo razionare le scorte rimaste, non farle sparire e…» All’improvviso si
bloccò, sbattendo le palpebre come se avesse appena avuto una rivelazione. Chiuse
gli occhi e si lasciò andare a un lungo sospiro. «Alex?»
Entrambi i ragazzi si voltarono a guardarla.
Distesa sul divano con la schiena rivolta verso di
loro in modo da escluderli, Alex si era appallottolata nella sua mantella ed
era rimasta lì, immobile e silenziosa, per un lasso tempo talmente lungo da risultare
preoccupante. Il suo malumore l’avvolgeva come un’ombra scura e, nonostante le
lamentele iniziali, si era ritrovata a soccombere alla luce dei fatti, insieme
al suo ego ferito.
«Avanti, Alex. Smettila di tenere il muso. La
situazione è grave» sbottò Emily, alzandosi per andare a stuzzicarla. Iniziò a
darle ripetutamente qualche buffetto sul fianco, fino a tirarle un pizzicotto.
L’ammasso informe di stoffa rossa ebbe un lieve
fremito. Dopo qualche momento, Alex si voltò verso di loro con quello che
rimaneva della merendina incriminata ancora tra le labbra.
«Mmlashiatemmi inh mmpashe.» bofonchiò, rigirandosi.
Sia Emily che Keiran sospirarono afflitti, ma poi la
ragazza sorrise. S’inginocchiò di fianco a Alex e le posò una mano sulla testa,
incominciando ad accarezzarla con mosse lente e cadenzate attraverso il
cappuccio. Si protese su lei; la sua voce era a malapena un dolce sussurro, che
non lasciava trasparire alcun fastidio nonostante le rimostranze protratte fino
a poco prima.
«Sei fortunata. Ormai ho preso l’abitudine di portare
sempre del cibo in più per te.» Fece una pausa per poi aggiungere greve, «Ma guai
a te se ci riprovi.»
Nascosta alla vista grazie alla barriera di stoffa che
l’avvolgeva, Alex socchiuse le labbra, sentendo improvvisamente uno strano peso
che le premeva sul petto. Strinse le mani attorno ai lembi della mantella,
cercando di trovare in sé la forza di non voltarsi per abbracciarla. In fondo,
nel bene e nel male, Emily sapeva sempre ciò di cui aveva bisogno.
Almeno finché non si allontanò da lei con un sospiro
teatrale.
«Oh, beh. Non importa. Dopotutto sei tu che continui a
darti la zappa sui piedi da sola» concluse.
Nell’udire quella frase, Alex perse l’ultimo
rimasuglio di sentimento che le era rimasto. Si liberò dalla mantella dopo
qualche goffo tentativo, ingarbugliandosi più volte in essa, e si voltò
definitivamente. Con fatica si mise a sedere, osservando di sottecchi l’amica
che gongolava di nuovo sul tappeto.
«Dipende da che cosa intendi» osservò Alex con tono
scettico.
Nel scorgere il suo sguardo di ghiaccio, il sorriso di
Emily si spense. «Perché?»
Alex sbuffò. «So che non ti stai riferendo al cibo. Prima
eri una valle di lacrime e ora sembri… euforica!» Il suo sguardo si
assottigliò. Dopo una pausa, una smorfia di disgusto le comparve in viso. «Che
vi siete detti?»
Emily aprì la bocca, ma la richiuse prontamente prima
di pentirsi delle parole che fortunatamente le rimasero incastrate in gola.
Alzò le mani davanti a sé a mo’ di scudo. «Nulla, te lo garantisco!»
Alex la esaminò per qualche momento, per poi
spalancare la bocca, completamente spiazzata.
«Tu…» mormorò, puntando il dito contro l’amica. «Tu ti
stai facendo i filmini, non è così?»
«Certo che no!» si difese Emily, nonostante il lieve
rossore che incominciava a espandersi sulle sue guance paffute.
«Filmini?» chiese confuso Keiran, in sincrono con la
risposta di Emily.
Alex sospirò, passandosi le mani sul viso per poi
agganciarle dietro il collo. «Ogni volta che qualche ragazzo mi rivolge la
parola… o solamente mi lancia un’occhiata, Emily tira fuori la regista che è in
lei» spiegò. «In meno di dieci minuti ti sa dire quanti anni, mesi o giorni passeranno
prima della dichiarazione; il tipo di casa in cui andremo a convivere; il nome,
tipo e quantità degli animali domestici; il tipo di ristorante dove avverrà la
proposta; il giorno del matrimonio con annesso il menù, la lista degli invitati,
la meta del viaggio di nozze; la vita coniugale e quanti figli…»
«Ai figli devo ancora arrivarci» mormorò Emily, che
sussultò quando Alex le scoccò un’occhiataccia colma di gelo. «Ma saranno come
minimo tre. Tutti con il tuo brutto carattere.»
«E fortuna che non ti stavi facendo alcun filmino…»
«Certo che no…»
«Oh, guarda!» Alex si inclinò in avanti, osservando da
vicino la fronte dell’amica come se potesse guardarci attraverso. «Vedo Ren,
bardato nella sua splendente armatura, al trotto su un unicorno tra gli
arcobaleni e nuvole rosa.»
Emily strinse le labbra e aggrottò la fronte, gli
occhi che scrutavano il soffitto con aria pensosa. «Io me lo immaginavo in
calzamaglia, a dire il vero» ammise.
Di fianco a loro, Keiran fece una smorfia disgustata.
Ormai aveva rinunciato a capirci qualcosa. E forse era meglio così. Tra migliori
amiche mai mettere il dito. «Bleah. Me lo sono appena
immaginato nei panni di Jareth in Labyrinth»
commentò.
«Dove il vero protagonista è il pacco perennemente
illuminato di Bowie.» Alex storse la bocca e scosse il capo, come a
cancellare l’immagine che le era apparsa in mente. «Beh, non credo che al drago
importi qualcosa del rivestimento.»
Sia Emily sia Keiran la contemplarono confusi.
«E chi sarebbe il drago?» chiese il giovane.
«Io. Mi sono sempre chiesta che sapore abbia un
unicorno, anche se sono quasi certa che sappia di torta. Ma è irrilevante, il
cavaliere mi rovinerà la digestione.»
Emily scoppiò a ridere in modo incontrollabile. Keiran
sorrise sollevato nell’accorgersi che la ragazza aveva ritrovato un po’ della
sua solare spensieratezza, ma Alex si limitò a osservarla di sottecchi, per
nulla soddisfatta, anzi… sembrava ancora arrabbiata. Posò lo sguardo sul fuoco morente.
Dopo qualche istante di silenzio, Alex parlò.
«Emily, hai per caso con te uno di quei libri che ti
piacciono tanto? Quelli scritti male, senza trama, pieni di cliché e di ragazzi
con gli addominali perfetti e protagoniste con le gambe sempre aperte per
essere socialmente utili?»
A quella strana richiesta, Emily aggrottò la fronte.
«No, ho solo un nuovo romanzo che devo ancora finire. Perché?» le domandò
stranita, ricambiando il suo sguardo di sfida.
«Oh, nulla. Era solo per alimentare il fuoco.»
Emily la fulminò con lo sguardo. «Lo sai che ormai la
maggior parte dei libri di oggi vengono letti in formato digitale, vero?»
Silenzio.
Entrambe mantennero il contatto visivo in quel momento
di stallo.
«Tu mi odi, non è così?» chiese Alex.
«Molte volte» ammise l’amica, annuendo.
Dopo qualche istante, Alex sospirò rassegnata. «Ecco
perché la gente è sempre più stupida…» bofonchiò in tono appena udibile.
Si stiracchiò, sollevando le braccia sopra la testa e
piegando il collo indolenzito. Poi rimase in attesa, osservando i due ragazzi,
che ancora la stavano scrutando.
«Posso almeno sgranchirmi le gambe o anche per quello
devo avere il consenso di Ren?» sbottò.
Emily scosse la testa impazientita, ma Keiran non
riuscì a trattenere un sorriso. «Fai pure.»
Facendo attenzione e non perdere l’equilibrio, Alex si
alzò e fece qualche passo nel salotto silente. I muscoli gemettero a causa
della forzata immobilità, ma dopo qualche movimento controllato incominciarono
a sciogliersi e a tornare operativi. E questo era un bene per i suoi piani di
fuga.
Si guardò attorno. Lo spazio sembrava molto più
grande, ora che erano rimasti solo loro tre a presidiare il forte. Anche se
definirsi in tre era un eufemismo di cattivo gusto. Ogni volta che aveva chiuso
gli occhi, ogni volta che aveva provato di cadere nelle braccia di Morfeo
mentre aspettava il ritorno degli altri, nella sua mente erano continuate a
echeggiare quelle fastidiose voci. E non era nemmeno la parte peggiore. Non con
le loro fredde mani che le accarezzavano il viso e il corpo mentre le
mormoravano frasi dalla dubbia utilità, condite da un’ovvietà che l’aveva
irritata al punto da soffocare la preoccupazione che avrebbe dovuto provare in
un contesto simile.
“Non saresti
dovuta venire qui...”
“Vai via…”
“L’oscurità
freme”
Magari…
ditemi qualcosa che non so. Bofonchiò
mentalmente.
Sospirando, finì con il sbattere la coscia contro il
tavolino deposto vicino al fuoco. Alcuni foglietti rischiarono di cadere oltre
il bordo, ma riuscì a ghermirli appena in tempo, stropicciandoli tra le dita.
Impiegò una frazione di secondo per rendersi conto della loro natura: erano gli
appunti di Sarah.
Posandoli nuovamente sulla superficie liscia del
mobile e disponendoli in ordine in modo che fossero tutti visibili, incominciò
a studiarli, il viso inclinato e perso in un’infantile curiosità.
Le prime annotazioni erano scritte nell’impeccabile
grafia della ragazza; le frasi erano disposte in modo ordinato e la pressione
della penna sul foglio era così leggera da non lasciare alcun solco. Eppure,
man mano che la seduta procedeva, le parole tracciate sulla carta erano state
trascritte in fretta e in modo poco accurato, lasciando perdere le righe di
riferimento e premendo la biro così forte al punto che alla fine di alcune
parole l’inchiostro aveva quasi oltrepassato la sottile membrana di cellulosa.
Fortunatamente per lei, la giovane era riuscita a trascrivere anche le
combinazioni create dai dadi, non sono le risposte date dagli spiriti.
Il suo sguardo lasciò perdere la disposizione e la
grafia e vagò su quelle parole, memorizzandole. Finché non si accorse che
qualcosa non quadrava.
«Sono più di uno» mormorò, comprendendo poco dopo di
aver dato voce ai suoi pensieri.
«Che cosa?» chiese sorpresa Emily, avvicinandosi a
lei.
Alex indicò i fogli. «I tuoi interlocutori. Erano più
di uno.»
«Sì, Alex. Erano i bambini» sentenziò Emily, la fronte
aggrottata per la confusione.
Scosse la testa. «Non intendevo quello. Alla seduta stavi
comunicando con più di uno spirito. Le risposte sono diverse sia per tono che
per messaggio. Pensaci un attimo.» Coprì con una mano gli ultimi fogli, in modo
da concentrare l’attenzione su quelli che riportavano le prime frasi.
«All’inizio c’erano delle pause. Hai dovuto ripetere più volte le domande prima
di ottenere una risposta. Erano indecisi, quasi spaventati. Ma poco prima del
caos…» Indico con un dito la risposta dopo: “Volete giocare con noi?”.
«L’interlocutore era deciso. Il lasso di tempo tra una risposta e l’altra era nettamente
più breve.» Scoprì gli ultimi appunti.
«Dove vuoi arrivare con questo, Alex?» le domandò
Keiran, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Credo…» mormorò lei. «Credo che l’ultimo
interlocutore volesse avvisarci. Metterci in guardia del pericolo.» Osservò
l’ultimo messaggio prima della ripetizione della sequenza, dove la parola
“book” spiccava in mezzo alle altre lettere. E lei in quel momento stava
leggendo un libro… Scosse il capo. «Forse avete parlato proprio con Mrs.
Pennington.»
Si voltò verso Emily che, tremante, stava
ricontrollando nuovamente le annotazioni. Un po’ le dispiaceva; sapeva che per
lei era ancora un tasto dolente, ma doveva sapere.
«Emily, non hai avvertito nulla mentre rivolgevi le
domande? Una sensazione strana, un suono, un odore, qualsiasi cosa fuori
dall’ordinario?»
Emily chiuse gli occhi e scosse la testa. Le tremavano
le labbra. «Mi dispiace, ero troppo preoccupata a pensare a cosa domandare,
però…» Aggrottò la fronte.
«Sì?» la incalzò Alex.
«In effetti verso la fine ho percepito qualcosa che
non andava. Iniziavo ad avere i brividi e… non so. Era come se qualcuno mi
guardasse, ma non ero preoccupata. Anzi, era come se dentro di me avessi la
certezza di non essere in pericolo. Ed è per questo che… ho continuato a
proporre le domande.»
Nella sala calò un silenzio opprimente a quella
rivelazione.
«Quindi i messaggi possono avere due connotazioni
diverse» sentenziò infine Keiran. «O “nascondete lei” oppure “nascondetevi da
lei”. Ma qual è quello giusto?»
«Per quel che mi riguarda, nessuno dei due è
rassicurante» mormorò Alex. Poi si accigliò.
«Che cosa c’è ancora?» domandò esasperata Emily
nell’accorgersi del suo cipiglio, senza preoccuparsi della nota stridula che le
uscì dalla gola.
Alex le fece cenno di tacere. «Non capisco, perché
avrebbero dovuto rivolgersi al…»
Non riuscì a terminare la frase. Con un gemito, si
portò la mano sul collo, massaggiandosi la parte lesa. Vacillò all’indietro e,
se Keiran non l’avesse sorretta afferrandola per un braccio, avrebbe rischiato
di cucinarsi il fondoschiena sulla brace.
«Stai bene?» le domandò stupito per quel malore.
Per un istante, Alex non seppe cosa rispondere. Il
dolore era sempre lì, persistente ma lieve, come una sorta di formicolio,
eppure… Per un momento si era trasformato in una pugnalata.
«Sì, è tutto ok» sentenziò, ritrovando l’equilibrio. «Probabilmente
è solo una botta, non è nulla di che» sospirò.
Se tale ammissione aveva convinto Emily, tutt’altro
fece con Keiran, che continuò a osservarla di sottecchi. «È da quando ti sei risvegliata che continui a
massaggiarti il collo, quindi non direi che “non è nulla di che”.» Si avvicinò
al divano e diede qualche colpetto sui cuscini. «Forza, fammi controllare.»
D’istinto, Alex strinse le labbra e scosse il capo.
Nel vedere il suo tentennamento, Emily sbuffò. «Alex, sei tra amici. Non hai
nulla di cui preoccuparti. Fidati.»
Alex la guardò incerta per un momento ma, quando fu
sicura che quel commento fosse del tutto estraneo allo screzio di prima, annuì
e si accomodò sull’imbottitura. Abbassò il cappuccio e allentò il nodo che
teneva chiusa la mantella, per poi posarla al suo fianco. Scostandosi i capelli
scuri, passò a slacciare con mosse rapide i piccoli bottoni della camicia che
le stringevano il collo fino a raggiungere quelli del petto, in modo da lasciare
facilmente scoperta la spalla. E lì rimase in attesa.
Dopo qualche attimo di tentennamento, come se avesse
paura della sua pelle scoperta, Keiran si avvicinò e incominciò a esaminarla.
Quando le sue dita fredde le toccarono la pelle, Alex rabbrividì istintivamente,
ma si costrinse a rimanere ferma.
«In effetti c’è un piccolo livido» decretò poco dopo
il ragazzo. «Vicino l’attaccatura del collo, ma…» S’irrigidì lievemente.
«Cosa?» chiese Emily preoccupata guardando oltre la
sua spalla.
Keiran fece una pausa e poi scosse la testa. «Nulla,
non credo sia grave.»
Alex fece per ribattere, quando un rumore alle loro
spalle li fece sobbalzare.
«Ma cosa…»
Ren era comparso sulla soglia, completamente
spiazzato. Il suo sguardo tetro li esaminò con un ardore che non prometteva
nulla di buono. Specialmente quando si focalizzò su Keiran, che ancora teneva le
mani sulla pelle nuda del collo di Alex. Dal canto suo, il rosso ebbe la buona
idea d’impallidire come se fosse stato preso con le mani nel sacco. Dopotutto,
dalla prospettiva di Ren, l’inclinazione del viso dell’irlandese verso di lei
poteva essere interpretata in un altro modo.
Alex fu la prima a riscuotersi. Allontanò
frettolosamente Keiran e si riabbottonò la camicia, nascondendosi poi sotto la
mantella giusto in tempo per l’arrivo degli altri. Nessuno di loro aprì bocca e
quel dettaglio la inquietò.
Ren dissolse la distanza che li separava con pochi
passi, fermandosi davanti a loro. Quando parlò, il suo sguardo era del tutto
concentrato su Keiran.
«Ti lascio qui a tenerle d’occhio e per poco non mi
ritrovo sul set di un film porno» sibilò, fulminandolo con lo sguardo.
«Ti sbagli, Alex ha male al collo e le sta comparendo
un livido. Stavamo solo controllando» esclamò in fretta e furia Emily, sperando
di evitare una tragedia.
Nell’udire quella frase, Ren si bloccò e inarcò un
sopracciglio. «È la
verità?»
«Da quello che dicono loro sì. Sto bene» rispose Alex
con un grugnito.
«Ottimo, perché non ho il tempo di preoccuparmi delle
tue ferite di guerra.» Il suo tono duro li stupì.
«Che cosa è successo?» domandò Emily.
Ren la osservò, dopodiché le prese una mano e le posò
sul palmo un oggetto che purtroppo conosceva bene.
«Mi dispiace Emily. Leyla è scomparsa.»
La ragazza batté le palpebre, come se non avesse
capito bene quella notizia. Si rigirò tra le mani il telefono crepato e solo
quando Gregory le depose una mano sulla spalla si rese conto della verità.
Incominciò a tremare e lasciò che l’amico l’abbracciasse, come se quel conforto
avrebbe potuto migliorare la situazione.
Ren li osservò per qualche istante, per poi riportare
la sua attenzione su Alex, mentre il resto della banda andava a cercare un po' di
alcool per combattere l’ansia e la paura che li avevano ghermiti. Ma quando
incrociò gli occhi della ragazza, rimase di stucco.
Alex stava sorridendo.
Prima di tutto, se
qualcuno è ancora vivo, vorrei ringraziarlo di essere arrivato fin qui.
Posso capire la
vostra delusione; un capitolo scritto con la peste nera in corpo è alquanto
sgradevole (anche se in effetti con la peste ho solo narrato le battute di
caccia verso gli unicorni capitanate dal pacco di Bowie), ma consideratolo come
un regalo, una sorta di dono per rendervi più piacevole ciò che ne seguirà.
Ormai vi ho lanciato talmente tante briciole di pane da poterci fare dei
canederli. L’unica cosa che manca in tavola, a parte i piatti e le posate, sono
i cadaveri. Ed essendoci più spiriti che ragazzi, direi proprio che si potrebbe
definirlo un episodio di “A cena con il morto”.
Vi anticipo già che
nel prossimo capitolo non vedremo, sfortunatamente, Dean e Sam entrare in
azione. E nemmeno i Ghostbusters, sia vecchi che
nuovi. Anzi, non vedremo proprio nessuno venire in soccorso della povera combriccola,
che ha più problemi interni che altro.
Tuttavia, un santo
farà la sua apparizione, declamando finalmente la differenza sostanziale tra un
vibratore in una fiction e un vibratore nella realtà.
Alla prossima.
P.S. Ovviamente ringrazio
con tutto il mio cuore deforme chiunque abbia lasciato una recensione e messo
la storia nelle proprie liste. Se sopravvivrete a questo avrete tutta la mia
stima.