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Autore: AlenGarou    19/01/2017    2 recensioni
Pennington Mansion era buia e derelitta; una costruzione ormai morta da tempo, soffocata dal sangue e dalle ceneri del suo stesso passato. Del suo florido corpo non rimaneva altro che un labirinto di corridoi silenziosi e decadenti, marciti dal tempo e dall’usura. Ogni tanto la dimora gemeva, emanando qualche tetro scricchiolio; assestava le sue stanche e logore membra ricercando un riposo a lei proibito. Nonostante la misera fine che l’aveva soggiogata, all’interno delle sue ossa rimbombavano ancora i loro mormorii; flebili, infidi… supplichevoli. Malgrado i numerosi ospiti che ancora ricevevano, nessuno era stato in grado di dar loro una risposta, di dar loro una voce. Esseri senza guscio e senza alcun potere, venivano semplicemente ignorati.
Anno dopo anno, la loro agonia continuava inesorabile. Quell’incubo perdurava, mascherato da innocente gioco di un’infanzia a loro rubata. Fino a quel giorno. Fino alla notte di Samhain.
Fino a che lei non arrivò.
La casa si ridestò dal suo sogno; loro si risvegliarono e il male, che assopito aveva pazientemente atteso nel cuore oscuro di quella dimora, ritornò alla vita.
Eppure lei non gli diede alcun credito. Perché mai avrebbe dovuto temere quel male?
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Attenzione: non leggete questo capitolo!

Sconsigliato alle persone sensibili e ai bambini con età superiore ai 9 anni.

E agli unicorni.

Maneggiare con cautela.

 

 

 

 

 

6.2

 

 

Meanwhile

 

 

«A

bbiamo un problema.»

Stupito nell’udire quella constatazione, Keiran distolse lo sguardo dal fuoco morente contenuto nel caminetto e si voltò a osservare interdetto l’espressione sconvolta di Emily. In preda all’esasperazione, la ragazza si era infilata le mani nella nuvola di biondi riccioli che la incoronava, scuotendo la testa e borbottando una sequela di parolacce abbellite e senza senso.  E per senza senso intendeva: “Maledetto unicorno fancuglitterato” o “Porcorosa fluffoloso”. Allarmato, abbandonò la sua postazione accovacciata e le si avvicinò. Seduta sul tappeto, Emily aveva rovesciato il contenuto della sua borsa per terra, in modo da fare un veloce inventario sui viveri rimasti. Quando lo sentì accomodarsi al suo fianco, la ragazza lo guardò esasperata.

«Keiran! Mi erano rimasti solo un pacchetto di Skittles, sette caramelle assortite, un paio di Twinkies e una Pop Tarts al cupcake, ma… è sparita!»

Keiran aggrottò le sopracciglia, confuso dalle priorità della ragazza. «Sicura che non sia finita da qualche parte?» domandò, osservando in modo distratto i dintorni.

Emily sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Sì, ho guardato ovunque. Non sappiamo per quanto tempo rimarremmo bloccati qui, per cui dovremmo razionare le scorte rimaste, non farle sparire e…» All’improvviso si bloccò, sbattendo le palpebre come se avesse appena avuto una rivelazione. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a un lungo sospiro. «Alex?»

Entrambi i ragazzi si voltarono a guardarla.

Distesa sul divano con la schiena rivolta verso di loro in modo da escluderli, Alex si era appallottolata nella sua mantella ed era rimasta lì, immobile e silenziosa, per un lasso tempo talmente lungo da risultare preoccupante. Il suo malumore l’avvolgeva come un’ombra scura e, nonostante le lamentele iniziali, si era ritrovata a soccombere alla luce dei fatti, insieme al suo ego ferito.

«Avanti, Alex. Smettila di tenere il muso. La situazione è grave» sbottò Emily, alzandosi per andare a stuzzicarla. Iniziò a darle ripetutamente qualche buffetto sul fianco, fino a tirarle un pizzicotto.

L’ammasso informe di stoffa rossa ebbe un lieve fremito. Dopo qualche momento, Alex si voltò verso di loro con quello che rimaneva della merendina incriminata ancora tra le labbra.

«Mmlashiatemmi inh mmpashe.» bofonchiò, rigirandosi.

Sia Emily che Keiran sospirarono afflitti, ma poi la ragazza sorrise. S’inginocchiò di fianco a Alex e le posò una mano sulla testa, incominciando ad accarezzarla con mosse lente e cadenzate attraverso il cappuccio. Si protese su lei; la sua voce era a malapena un dolce sussurro, che non lasciava trasparire alcun fastidio nonostante le rimostranze protratte fino a poco prima.

«Sei fortunata. Ormai ho preso l’abitudine di portare sempre del cibo in più per te.» Fece una pausa per poi aggiungere greve, «Ma guai a te se ci riprovi.»

Nascosta alla vista grazie alla barriera di stoffa che l’avvolgeva, Alex socchiuse le labbra, sentendo improvvisamente uno strano peso che le premeva sul petto. Strinse le mani attorno ai lembi della mantella, cercando di trovare in sé la forza di non voltarsi per abbracciarla. In fondo, nel bene e nel male, Emily sapeva sempre ciò di cui aveva bisogno.

Almeno finché non si allontanò da lei con un sospiro teatrale.

«Oh, beh. Non importa. Dopotutto sei tu che continui a darti la zappa sui piedi da sola» concluse.

Nell’udire quella frase, Alex perse l’ultimo rimasuglio di sentimento che le era rimasto. Si liberò dalla mantella dopo qualche goffo tentativo, ingarbugliandosi più volte in essa, e si voltò definitivamente. Con fatica si mise a sedere, osservando di sottecchi l’amica che gongolava di nuovo sul tappeto.

«Dipende da che cosa intendi» osservò Alex con tono scettico.

Nel scorgere il suo sguardo di ghiaccio, il sorriso di Emily si spense. «Perché?»

Alex sbuffò. «So che non ti stai riferendo al cibo. Prima eri una valle di lacrime e ora sembri… euforica!» Il suo sguardo si assottigliò. Dopo una pausa, una smorfia di disgusto le comparve in viso. «Che vi siete detti?»

Emily aprì la bocca, ma la richiuse prontamente prima di pentirsi delle parole che fortunatamente le rimasero incastrate in gola. Alzò le mani davanti a sé a mo’ di scudo. «Nulla, te lo garantisco!»

Alex la esaminò per qualche momento, per poi spalancare la bocca, completamente spiazzata.

«Tu…» mormorò, puntando il dito contro l’amica. «Tu ti stai facendo i filmini, non è così?»

«Certo che no!» si difese Emily, nonostante il lieve rossore che incominciava a espandersi sulle sue guance paffute.

«Filmini?» chiese confuso Keiran, in sincrono con la risposta di Emily.

Alex sospirò, passandosi le mani sul viso per poi agganciarle dietro il collo. «Ogni volta che qualche ragazzo mi rivolge la parola… o solamente mi lancia un’occhiata, Emily tira fuori la regista che è in lei» spiegò. «In meno di dieci minuti ti sa dire quanti anni, mesi o giorni passeranno prima della dichiarazione; il tipo di casa in cui andremo a convivere; il nome, tipo e quantità degli animali domestici; il tipo di ristorante dove avverrà la proposta; il giorno del matrimonio con annesso il menù, la lista degli invitati, la meta del viaggio di nozze; la vita coniugale e quanti figli…»

«Ai figli devo ancora arrivarci» mormorò Emily, che sussultò quando Alex le scoccò un’occhiataccia colma di gelo. «Ma saranno come minimo tre. Tutti con il tuo brutto carattere.»

«E fortuna che non ti stavi facendo alcun filmino…»

«Certo che no…»

«Oh, guarda!» Alex si inclinò in avanti, osservando da vicino la fronte dell’amica come se potesse guardarci attraverso. «Vedo Ren, bardato nella sua splendente armatura, al trotto su un unicorno tra gli arcobaleni e nuvole rosa.»

Emily strinse le labbra e aggrottò la fronte, gli occhi che scrutavano il soffitto con aria pensosa. «Io me lo immaginavo in calzamaglia, a dire il vero» ammise.

Di fianco a loro, Keiran fece una smorfia disgustata. Ormai aveva rinunciato a capirci qualcosa. E forse era meglio così. Tra migliori amiche mai mettere il dito. «Bleah. Me lo sono appena immaginato nei panni di Jareth in Labyrinth» commentò.

«Dove il vero protagonista è il pacco perennemente illuminato di Bowie.» Alex storse la bocca e scosse il capo, come a cancellare l’immagine che le era apparsa in mente. «Beh, non credo che al drago importi qualcosa del rivestimento.»

Sia Emily sia Keiran la contemplarono confusi.

«E chi sarebbe il drago?» chiese il giovane.

«Io. Mi sono sempre chiesta che sapore abbia un unicorno, anche se sono quasi certa che sappia di torta. Ma è irrilevante, il cavaliere mi rovinerà la digestione.»

Emily scoppiò a ridere in modo incontrollabile. Keiran sorrise sollevato nell’accorgersi che la ragazza aveva ritrovato un po’ della sua solare spensieratezza, ma Alex si limitò a osservarla di sottecchi, per nulla soddisfatta, anzi… sembrava ancora arrabbiata. Posò lo sguardo sul fuoco morente.

Dopo qualche istante di silenzio, Alex parlò.

«Emily, hai per caso con te uno di quei libri che ti piacciono tanto? Quelli scritti male, senza trama, pieni di cliché e di ragazzi con gli addominali perfetti e protagoniste con le gambe sempre aperte per essere socialmente utili?»

A quella strana richiesta, Emily aggrottò la fronte. «No, ho solo un nuovo romanzo che devo ancora finire. Perché?» le domandò stranita, ricambiando il suo sguardo di sfida.

«Oh, nulla. Era solo per alimentare il fuoco.»

Emily la fulminò con lo sguardo. «Lo sai che ormai la maggior parte dei libri di oggi vengono letti in formato digitale, vero?»

Silenzio.

Entrambe mantennero il contatto visivo in quel momento di stallo.

«Tu mi odi, non è così?» chiese Alex.

«Molte volte» ammise l’amica, annuendo.

Dopo qualche istante, Alex sospirò rassegnata. «Ecco perché la gente è sempre più stupida…» bofonchiò in tono appena udibile.

Si stiracchiò, sollevando le braccia sopra la testa e piegando il collo indolenzito. Poi rimase in attesa, osservando i due ragazzi, che ancora la stavano scrutando.

«Posso almeno sgranchirmi le gambe o anche per quello devo avere il consenso di Ren?» sbottò.

Emily scosse la testa impazientita, ma Keiran non riuscì a trattenere un sorriso. «Fai pure.»

Facendo attenzione e non perdere l’equilibrio, Alex si alzò e fece qualche passo nel salotto silente. I muscoli gemettero a causa della forzata immobilità, ma dopo qualche movimento controllato incominciarono a sciogliersi e a tornare operativi. E questo era un bene per i suoi piani di fuga.

Si guardò attorno. Lo spazio sembrava molto più grande, ora che erano rimasti solo loro tre a presidiare il forte. Anche se definirsi in tre era un eufemismo di cattivo gusto. Ogni volta che aveva chiuso gli occhi, ogni volta che aveva provato di cadere nelle braccia di Morfeo mentre aspettava il ritorno degli altri, nella sua mente erano continuate a echeggiare quelle fastidiose voci. E non era nemmeno la parte peggiore. Non con le loro fredde mani che le accarezzavano il viso e il corpo mentre le mormoravano frasi dalla dubbia utilità, condite da un’ovvietà che l’aveva irritata al punto da soffocare la preoccupazione che avrebbe dovuto provare in un contesto simile.

Non saresti dovuta venire qui...”

“Vai via…”

“L’oscurità freme”

Magari… ditemi qualcosa che non so. Bofonchiò mentalmente.

Sospirando, finì con il sbattere la coscia contro il tavolino deposto vicino al fuoco. Alcuni foglietti rischiarono di cadere oltre il bordo, ma riuscì a ghermirli appena in tempo, stropicciandoli tra le dita. Impiegò una frazione di secondo per rendersi conto della loro natura: erano gli appunti di Sarah.

Posandoli nuovamente sulla superficie liscia del mobile e disponendoli in ordine in modo che fossero tutti visibili, incominciò a studiarli, il viso inclinato e perso in un’infantile curiosità.

Le prime annotazioni erano scritte nell’impeccabile grafia della ragazza; le frasi erano disposte in modo ordinato e la pressione della penna sul foglio era così leggera da non lasciare alcun solco. Eppure, man mano che la seduta procedeva, le parole tracciate sulla carta erano state trascritte in fretta e in modo poco accurato, lasciando perdere le righe di riferimento e premendo la biro così forte al punto che alla fine di alcune parole l’inchiostro aveva quasi oltrepassato la sottile membrana di cellulosa. Fortunatamente per lei, la giovane era riuscita a trascrivere anche le combinazioni create dai dadi, non sono le risposte date dagli spiriti.

Il suo sguardo lasciò perdere la disposizione e la grafia e vagò su quelle parole, memorizzandole. Finché non si accorse che qualcosa non quadrava.

«Sono più di uno» mormorò, comprendendo poco dopo di aver dato voce ai suoi pensieri.

«Che cosa?» chiese sorpresa Emily, avvicinandosi a lei.

Alex indicò i fogli. «I tuoi interlocutori. Erano più di uno.»

«Sì, Alex. Erano i bambini» sentenziò Emily, la fronte aggrottata per la confusione.

Scosse la testa. «Non intendevo quello. Alla seduta stavi comunicando con più di uno spirito. Le risposte sono diverse sia per tono che per messaggio. Pensaci un attimo.» Coprì con una mano gli ultimi fogli, in modo da concentrare l’attenzione su quelli che riportavano le prime frasi. «All’inizio c’erano delle pause. Hai dovuto ripetere più volte le domande prima di ottenere una risposta. Erano indecisi, quasi spaventati. Ma poco prima del caos…» Indico con un dito la risposta dopo: “Volete giocare con noi?”. «L’interlocutore era deciso. Il lasso di tempo tra una risposta e l’altra era nettamente più breve.» Scoprì gli ultimi appunti.

«Dove vuoi arrivare con questo, Alex?» le domandò Keiran, senza staccarle gli occhi di dosso.

«Credo…» mormorò lei. «Credo che l’ultimo interlocutore volesse avvisarci. Metterci in guardia del pericolo.» Osservò l’ultimo messaggio prima della ripetizione della sequenza, dove la parola “book” spiccava in mezzo alle altre lettere. E lei in quel momento stava leggendo un libro… Scosse il capo. «Forse avete parlato proprio con Mrs. Pennington.»

Si voltò verso Emily che, tremante, stava ricontrollando nuovamente le annotazioni. Un po’ le dispiaceva; sapeva che per lei era ancora un tasto dolente, ma doveva sapere.

«Emily, non hai avvertito nulla mentre rivolgevi le domande? Una sensazione strana, un suono, un odore, qualsiasi cosa fuori dall’ordinario?»

Emily chiuse gli occhi e scosse la testa. Le tremavano le labbra. «Mi dispiace, ero troppo preoccupata a pensare a cosa domandare, però…» Aggrottò la fronte.

«Sì?» la incalzò Alex.

«In effetti verso la fine ho percepito qualcosa che non andava. Iniziavo ad avere i brividi e… non so. Era come se qualcuno mi guardasse, ma non ero preoccupata. Anzi, era come se dentro di me avessi la certezza di non essere in pericolo. Ed è per questo che… ho continuato a proporre le domande.»

Nella sala calò un silenzio opprimente a quella rivelazione.

«Quindi i messaggi possono avere due connotazioni diverse» sentenziò infine Keiran. «O “nascondete lei” oppure “nascondetevi da lei”. Ma qual è quello giusto?»

«Per quel che mi riguarda, nessuno dei due è rassicurante» mormorò Alex. Poi si accigliò.

«Che cosa c’è ancora?» domandò esasperata Emily nell’accorgersi del suo cipiglio, senza preoccuparsi della nota stridula che le uscì dalla gola.

Alex le fece cenno di tacere. «Non capisco, perché avrebbero dovuto rivolgersi al…»

Non riuscì a terminare la frase. Con un gemito, si portò la mano sul collo, massaggiandosi la parte lesa. Vacillò all’indietro e, se Keiran non l’avesse sorretta afferrandola per un braccio, avrebbe rischiato di cucinarsi il fondoschiena sulla brace.

«Stai bene?» le domandò stupito per quel malore.

Per un istante, Alex non seppe cosa rispondere. Il dolore era sempre lì, persistente ma lieve, come una sorta di formicolio, eppure… Per un momento si era trasformato in una pugnalata.

«Sì, è tutto ok» sentenziò, ritrovando l’equilibrio. «Probabilmente è solo una botta, non è nulla di che» sospirò.

Se tale ammissione aveva convinto Emily, tutt’altro fece con Keiran, che continuò a osservarla di sottecchi. «È da quando ti sei risvegliata che continui a massaggiarti il collo, quindi non direi che “non è nulla di che”.» Si avvicinò al divano e diede qualche colpetto sui cuscini. «Forza, fammi controllare.»

D’istinto, Alex strinse le labbra e scosse il capo. Nel vedere il suo tentennamento, Emily sbuffò. «Alex, sei tra amici. Non hai nulla di cui preoccuparti. Fidati.»

Alex la guardò incerta per un momento ma, quando fu sicura che quel commento fosse del tutto estraneo allo screzio di prima, annuì e si accomodò sull’imbottitura. Abbassò il cappuccio e allentò il nodo che teneva chiusa la mantella, per poi posarla al suo fianco. Scostandosi i capelli scuri, passò a slacciare con mosse rapide i piccoli bottoni della camicia che le stringevano il collo fino a raggiungere quelli del petto, in modo da lasciare facilmente scoperta la spalla. E lì rimase in attesa.

Dopo qualche attimo di tentennamento, come se avesse paura della sua pelle scoperta, Keiran si avvicinò e incominciò a esaminarla. Quando le sue dita fredde le toccarono la pelle, Alex rabbrividì istintivamente, ma si costrinse a rimanere ferma.

«In effetti c’è un piccolo livido» decretò poco dopo il ragazzo. «Vicino l’attaccatura del collo, ma…» S’irrigidì lievemente.

«Cosa?» chiese Emily preoccupata guardando oltre la sua spalla.

Keiran fece una pausa e poi scosse la testa. «Nulla, non credo sia grave.»

Alex fece per ribattere, quando un rumore alle loro spalle li fece sobbalzare.

«Ma cosa…»

Ren era comparso sulla soglia, completamente spiazzato. Il suo sguardo tetro li esaminò con un ardore che non prometteva nulla di buono. Specialmente quando si focalizzò su Keiran, che ancora teneva le mani sulla pelle nuda del collo di Alex. Dal canto suo, il rosso ebbe la buona idea d’impallidire come se fosse stato preso con le mani nel sacco. Dopotutto, dalla prospettiva di Ren, l’inclinazione del viso dell’irlandese verso di lei poteva essere interpretata in un altro modo.

Alex fu la prima a riscuotersi. Allontanò frettolosamente Keiran e si riabbottonò la camicia, nascondendosi poi sotto la mantella giusto in tempo per l’arrivo degli altri. Nessuno di loro aprì bocca e quel dettaglio la inquietò.

Ren dissolse la distanza che li separava con pochi passi, fermandosi davanti a loro. Quando parlò, il suo sguardo era del tutto concentrato su Keiran.

«Ti lascio qui a tenerle d’occhio e per poco non mi ritrovo sul set di un film porno» sibilò, fulminandolo con lo sguardo.

«Ti sbagli, Alex ha male al collo e le sta comparendo un livido. Stavamo solo controllando» esclamò in fretta e furia Emily, sperando di evitare una tragedia.

Nell’udire quella frase, Ren si bloccò e inarcò un sopracciglio. «È la verità?»

«Da quello che dicono loro sì. Sto bene» rispose Alex con un grugnito.

«Ottimo, perché non ho il tempo di preoccuparmi delle tue ferite di guerra.» Il suo tono duro li stupì.

«Che cosa è successo?» domandò Emily.

Ren la osservò, dopodiché le prese una mano e le posò sul palmo un oggetto che purtroppo conosceva bene.

«Mi dispiace Emily. Leyla è scomparsa.»

La ragazza batté le palpebre, come se non avesse capito bene quella notizia. Si rigirò tra le mani il telefono crepato e solo quando Gregory le depose una mano sulla spalla si rese conto della verità. Incominciò a tremare e lasciò che l’amico l’abbracciasse, come se quel conforto avrebbe potuto migliorare la situazione.

Ren li osservò per qualche istante, per poi riportare la sua attenzione su Alex, mentre il resto della banda andava a cercare un po' di alcool per combattere l’ansia e la paura che li avevano ghermiti. Ma quando incrociò gli occhi della ragazza, rimase di stucco.

Alex stava sorridendo.

 

 

 

 

Prima di tutto, se qualcuno è ancora vivo, vorrei ringraziarlo di essere arrivato fin qui.

Posso capire la vostra delusione; un capitolo scritto con la peste nera in corpo è alquanto sgradevole (anche se in effetti con la peste ho solo narrato le battute di caccia verso gli unicorni capitanate dal pacco di Bowie), ma consideratolo come un regalo, una sorta di dono per rendervi più piacevole ciò che ne seguirà. Ormai vi ho lanciato talmente tante briciole di pane da poterci fare dei canederli. L’unica cosa che manca in tavola, a parte i piatti e le posate, sono i cadaveri. Ed essendoci più spiriti che ragazzi, direi proprio che si potrebbe definirlo un episodio di “A cena con il morto”.

Vi anticipo già che nel prossimo capitolo non vedremo, sfortunatamente, Dean e Sam entrare in azione. E nemmeno i Ghostbusters, sia vecchi che nuovi. Anzi, non vedremo proprio nessuno venire in soccorso della povera combriccola, che ha più problemi interni che altro.

Tuttavia, un santo farà la sua apparizione, declamando finalmente la differenza sostanziale tra un vibratore in una fiction e un vibratore nella realtà.

Alla prossima.

 

P.S. Ovviamente ringrazio con tutto il mio cuore deforme chiunque abbia lasciato una recensione e messo la storia nelle proprie liste. Se sopravvivrete a questo avrete tutta la mia stima.

 

 

 

  
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