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Autore: SmileGiveMeFive    20/01/2017    2 recensioni
La scarica elettrica lo attraversò brutalmente, ustionandolo dall’interno. Stringeva spasmodicamente i pugni, le unghie corte si conficcavano nel palmo fino a spellarlo. Il sistema nervoso portato allo stremo. Ogni singola cellula del corpo di Mycroft era in fibrillazione. Richiamava con tutto se stesso l’autocontrollo esercitato per anni,ma lamenti disperati gli sgomitavano in gola e non potè nulla per trattenerli.
**********
WARNING: descrizioni di scene di tortura.
Mystrade in crescendo.
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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La strada era un inferno di fumo e lamiere. John aprì gli occhi a fatica.
Vide Sherlock accanto a sé, privo di sensi, la testa poggiata sul finestrino. Tirò un sospiro di sollievo. Era vivo. Raccolte le forze controllò anche lo stato dell’autista. Il polso era assente.
La berlina era pressata tra due macchine schiantatesi su ambedue le fiancate. Guardò a fatica tra le crepe del lunotto posteriore. Macchine e camion ammassate come autoscontri, persone in preda al panico, che tossivano a causa del fumo denso.
Dei lampeggianti stavano sfrecciando a tutta velocità verso quel disastro, ma John non sapeva dire se si trattasse di un’ambulanza o della polizia. Le immagini gli risultavano sempre più offuscate ed un ronzio persistente copriva il resto dei suoni. Si sentiva la comparsa di un film muto di pessima qualità.
Istintivamente si buttò su Sherlock, facendo da scudo col suo corpo, quando una macchia indefinita, con tutta probabilità un furgoncino, travolse il veicolo lampeggiante scaraventandolo contro di loro.
Malgrado il ronzio, il botto, John, lo sentì forte e chiaro.
 

*****


Mycroft stava dormendo da un paio d’ore quando Moriarty entrò nella stanza, provocando un gran fracasso.

“Ben svegliata, Elsa. Dormito bene?”

Il politico sorrise a labbra strette e, senza aspettare la richiesta, si sedette sulla sedia. Già. La sedia. Ne aveva memorizzato ogni scheggia ed imperfezione. Durante le interminabili ore di tortura o di insonnia si concentrava su di esse per mantenere un minimo di lucidità.

Jim fece per parlare, ma Holmes lo precedette: ”Non mi aspettavo di vederti prima di domani. Di solito preferisci non rischiare di sporcarti con gli schizzi di sangue. Ti sei deciso a fare un po' di lavoro sporco o sei troppo impegnato a far finta di essere più intelligente di mio fratello?”

Mycroft alzò il mento, altezzoso e sfacciato lo sfidò con lo sguardo. Iridi di ghiaccio s’infransero contro un muro color petrolio, che vacillò.

Moriarty gli si avvicinò con furia e gli sibilò all’orecchio: ”Ucciderò il tuo orgoglio. Farò a pezzi la tua mente e ti ridurrò ad un insignificante omuncolo… Quando avrò finito con te non resterà più niente dell’arrogante Mycroft Holmes. Anche se dubito interesserà a qualcuno la tua dipartita.”

Il fiato di James era caldo, a differenza della stanza. Il corpo reagì allo sbalzo di temperatura e Mycroft si ritrovò a rabbrividire inconsultamente.
Si sentì leccare il collo. James si portò davanti al suo viso e gli strinse con forza le spalle. Sorrise apertamente, osservando la sua vittima sforzarsi di dissimulare il dolore. Si rivolse compiaciuto verso Moran.

”E’ ora di aprire le danze” cantilenò.


*****





XI GIORNO


L’ospedale era gremito di persone ed Anthea dovette sgomitare per raggiungere la stanza n° 53.
Entrò e si chiuse la porta alle spalle, con delicatezza. Il rumoroso vociare del corridoio divenne un sussurro, un qualcosa di estraneo a quella stanza.

“Come sta, dottor Watson?” sorrise gentilmente la donna.

In quel momento non era necessaria la freddezza imposta dal suo ruolo lavorativo.

“Non c’è male per uno che ha vissuto un grave incidente dodici ore fa,” rispose John un po’ sofferente, sistemandosi meglio sul lettino. “Mi passerebbe il cuscino?”, le indicò dove prenderlo.

“Ma smettila, John, non ti sei fatto niente” intervenne Sherlock.

“No, infatti. Hai ragione. Come sempre, d’altronde. Siamo solo stati sbattuti a destra e a manca in un sandwich di macchine e per poco non venivamo travolti da un’ambulanza. Già: niente” rispose il medico, combattendo l’impulso di strozzarlo.

“Esatto, per poco. A quanto pare non sono l’unica prima donna qui dentro.”

Erano felici di essere vivi, assieme. Ogni pretesto era buono per parlare, per sentire la voce dell’altro ed assicurarsi, per l’ennesima volta, che stesse bene.

John ammonì Sherlock con un’occhiata, poi si rivolse ad Anthea: ”Qual è il bilancio?”, fece un cenno del capo per indicare la realtà che li avrebbe travolti una volta riaperta la porta.

“Nove morti e tredici feriti.”

Calò il silenzio, o quasi. Non vi era altro da dire. Nessuno voleva vi fosse altro da dire. Gli occhi dei tre si posarono sul lettino in cui Gregory Lestrade dormiva da otto ore e il cui respiro rendeva quel silenzio meno definitivo.

“Mycroft ci ucciderà per questo” disse Sherlock, rivolgendosi ad Anthea con un mezzo sorriso.
 

*****


Il primo pugno gli fratturò una costola.

Ancora dormi?

Mycroft boccheggiò alla ricerca d’ossigeno.

Svegliati.

Il secondo, ancor più violento, gli fratturò lo zigomo destro.
Sebastian era mancino.

Svegliati, idiota!










 
  
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