16)La variabile impazzita.
Tamao p.o.v.
I giorni passano tranquilli qui a Londra.
Io e Jaime visitiamo tutto quello che la città ha da
offrire ed è davvero tanto, il nostro rapporto sembra
diventare ogni giorno più
forte e più profondo. Abbiamo guadagnato una buona
complicità e sembriamo
davvero una coppia sposata. Inoltre ci siamo baciati ancora e un paio
di volte
siamo arrivati vicini a fare l’amore, non potrei chiedere di
più.
Non ho fretta, ma questi piccoli passi avanti mi rendono
felice.
È una tranquilla mattinata quando suona il campanello,
Jaime è sotto la doccia quindi tocca a me aprire la porta
dell’appartamento.
Una coppia di mezza età mi squadra e io guardo la larga e
lunga maglietta
stampata con la fantasia della bandiera americana che indosso e mi
rendo conto
che è leggermente inadatta a ricevere qualcuno che non sia
un amico.
Non riceviamo molte visite quindi non mi sono messa
vestiti che fossero okay.
“Buongiorno, posso sapere i vostri nomi?”
Chiedo piuttosto educatamente.
“Siamo i signori Preciado. Lei è Maria e io sono
Juan.”
Io sbianco.
“Oh, entrate.
Scusatemi per il tono formale della domanda, Jaime non mi
ha detto che sareste arrivati. Ora vado a chiamarlo.”
Li faccio accomodare sul divano mentre il mio corpo si copre di sudore
freddo,
all’improvviso mi sembra di essere tornata agli esami delle
medie.
“Volete qualcosa da bere? Da mangiare?”
“Un bicchiere d’acqua per me andrà
benissimo, e tu caro?”
Mi risponde la signora Preciado.
“Una coca.”
“Arrivo.”
Sparisco in cucina, acchiappo al volo due bicchieri, in uno verso
dell’acqua e
nell’altro della coca, poi torno in salotto sorridendo.
“Ecco a voi, torno subito.”
Appoggio i bicchieri sul basso tavolino laccato di nero che
è davanti al
divano, poi vado in bagno, busso ed entro. Chiudo quasi immediatamente
gli
occhi, Jaime indossa solo un asciugamano, è una bella
visuale, ma non posso
annegare nella mia bava o saltargli addosso proprio adesso. Sarebbe
terribilmente inappropriato.
“Jaime…”
“Sì, Tamao?”
“Di là ci sono i tuoi genitori.”
“Stai scherzando?”
Apro gli occhi e vedo che ha la bocca ridicolamente spalancata.
“No, sono seria.
Vedi di muoverti, io vado a cambiarmi. Non posso
presentarmi a loro vestita così.”
Lui annuisce confuso, io esco dal bagno e vado in camera
mia. Apro l’armadio e guardo i miei vestiti con un senso di
nervosismo
crescente, dicono che l’abito non fa il monaco, ma di sicuro
fa una buona
impressione.
Alla fine scelgo una vestito rosso un po’ hippie che mi
arriva sotto le ginocchia e con le spalline, lo indosso, mi spazzolo i
capelli,
non sono truccata.
Mi chiedo se sia il caso di farlo, ma poi concludo che un
aspetto naturale è più rassicurante per due
persone che non mi conoscono e che
sono state sorprese dal matrimonio di Jaime, come e più dei
fans.
Probabilmente si aspettavano che Jaime li avvisasse, cosa
che non ha fatto, e forse sono arrabbiati con lui e non posso dare loro
torto.
Alla fine delle mie elucubrazioni torno in salotto e
trovo Jaime e i suoi genitori immersi in una fitta conversazione in
spagnolo,
lingua che non capisco ancora, e non ho idea di cosa si stiano dicendo.
Spero solo che non stiano litigando, non mi va che lo
facciano per colpa mia.
“Buongiorno.”
Mormoro intimidita.
“Vieni qui, Tamao.
Parliamo un po’, il vostro matrimonio ci ha sorpreso non
poco vista la relazione di Jaime con Jess.”
Io eseguo e mi siedo sul divano che mi sembra un po’
stretto, tipo tribunale dell’Inquisizione, ed è in
gioco la mia credibilità.
“Allora come hai conosciuto Jaime?”
Io lo guardo e lui in qualche modo mi fa capire di
raccontare la storia che propiniamo a tutti: quella della fan fortunata.
“Beh, ero a un loro concerto, quello di New York, e alla
fine dello show una guardia del corpo mi ha indicata e mi ha detto di
venire
con lui.
Non avevo idea del perché, sinceramente pensavo di avere
fatto qualcosa di male e di avere offeso la band in qualche modo,
invece lui mi
ha scortata fino al backstage e al loro camerino.
Ho aspettato che finissero di fare la doccia e poi Jaime
mi ha detto che mi aveva notata durante lo show e voleva trascorrere
del tempo
in mia compagnia.”
Arrossisco.
“Ci ha provato con me tutto il tempo, ma io ho resistito
perché sapevo che aveva una ragazza e non volevo essere una
groupie. Quando ci
siamo lasciati ero piuttosto delusa perché non pensavo che
uno dei miei idoli
potesse essere un tale puttaniere.
Scusa, Jaime.”
Gli rivolgo un falso sorriso di scuse.
“Di nulla, Tamao. La prima volta che ci siamo incontrati
sono stato davvero orribile con te.”
“Io non ti ho educato per essere così!”
Esclama la signora Preciado.
“Scusa, mamma.”
“E come mai ha cambiato idea?”
“Nei giorni seguenti
mi ha inondata di messaggi di scuse e di messaggi carini e
mi ha invitato a
seguire la sua band, ero piuttosto incerta, ma alla fine ho deciso di
farlo.
Non me ne sono pentita, da quando ci siamo ritrovati è
stato davvero gentile e
carino con me e…
Insomma, ci siamo innamorati.
Non era previsto, immagino, ma è successo e lui ha
lasciato Jess per correttezza.”
“E come mai vi siete sposati?”
“Il mio visto per rimanere negli Stati Uniti stava per
scadere e abbiamo deciso
tutto al momento, non volevamo separarci e sposarci sembrava la
soluzione
migliore.
Ci spiace di non avervi invitato, ma abbiamo deciso in
fretta e furia e c’era praticamente solo la band al nostro
matrimonio.”
I genitori di Jaime mi guardano in modo penetrante, come se non fossero
del
tutto convinti della mia storia e si aspettassero un qualche cedimento
che
rinforzi la loro teoria.
Se siano rimasti delusi dal fatto che non ho battuto
ciglio mentre rifilavo loro la solita bugia lo hanno nascosto molto
bene perché
mi sorridono entrambi.
“Oh, così è stato un colpo di
fulmine.”
“Sì, esattamente.”
“Interessante.”
È il commento scarno della signora Preciado.
“Non sapevo che Jaime credesse nei colpi di
fulmine.”
E questo è il signor Preciado.
“Beh, le cose possono cambiare, papà.”
“Sì, immagino di sì,
figliolo.”
Il tono è leggermente dubbioso.
“Volete fare un giro per Londra?
Scommetto che non l’avete mai visitata.”
“No, preferiremmo continuare a parlare e con te e
Tamao.”
Che l’Inquisizione continui e spero sia un verdetto positivo.
Dicono che il tempo passi in
fretta quando ci si diverta,
io aggiungerei che succede lo stesso quando sei sotto il fuoco di fila
delle
domande dei genitori di tuo marito.
Hanno voluto sapere tutto su di me, sulla mia famiglia, su
cosa ci facessi negli Stati Uniti e ho dovuto raccontare un
po’ di bugie, credo
che Jaime non si senta pronto a dire loro la verità e non so
che torto dargli,
non ho idea di come potrebbero reagire. Forse mi capirebbero o forse mi
odierebbero
e finirebbero per pensare che sto solo sfruttando la fama e i soldi del
figlio
per accaparrarmi un avvenire felice.
Le variabili sono tante se si considera la mia vera
storia e come potrebbe essere accolta, sono fin troppe.
Forse in fase iniziale è meglio una bugia, si è
sempre in
tempo a smentirla e a spiegare pazientemente perché non si
è optato subito per
la verità.
In ogni caso arriva l’ora di pranzo e Jaime controlla
l’orologio prima di parlare con i suoi genitori.
“Cosa ne dite di uscire a mangiare?
C’è un ottimo ristorante non lontano da
qui.”
I due si guardano e poi annuiscono.
“Mi sembra una buona idea, abbiamo impedito a Tamao di
cucinare per noi.”
Io sorrido debolmente mentre ci alziamo tutti dal divano.
Io recupero un paio di anfibi, la borsa e la giacca di
pelle, poi esco insieme con Jaime e ai miei suoceri.
Lui è a capo del gruppetto, loro continuano a
chiacchierare in spagnolo in tono tranquillo e pagherei oro per sapere
cosa si
stanno dicendo – devo convincere Jaime a insegnarmelo
– e poi ci sono
io a chiudere il corteo.
Camminiamo per un
po’ nel quartiere, poi finalmente
l’insegna “Da Massimo” fa capolino, il
locale è un delizioso ristorante italiano che alla sera
funge anche da
pizzeria.
Entriamo e il cameriere ci scorta sorridendo a un tavolo,
poi ci lascia i menù, io mi immergo subito nella lettura per
non dover
sostenere ancora una conversazione.
In realtà ho già deciso, le lasagne della casa
sono le
più buone che io abbia mangiato e amo le loro scaloppine al
limone.
Jaime invece parla con i suoi genitori, consigliando
questo o quel piatto, loro annuiscono o fanno qualche domanda su che
ingredienti siano usati.
Alla fine ordiniamo tutti le lasagne come primo, io
ordino le scaloppine al limone, Jaime della carne ai ferri, la signora
Preciado
dell’arrosto e il signor Preciado scaloppine ai funghi.
“Venite spesso qui?”
Ci chiede Maria.
“Sì, abbastanza. È un buon posto con
dell’ottimo cibo e
del personale discreto.
Penso che abbiano capito chi siamo, ma non l’hanno ancora
reso pubblico, visto che non ci sono fans fuori di qui.”
“Capisco. Come hanno reagito le fans?”
“Alcune bene, altre male. Non che mi aspettassi qualcosa
di diverso.”
“Come è essere famosi?”
Io rimango senza parole per la domanda del signor Preciado.
“Non lo so, io non mi considero famosa.
Sono solo una ragazza come tante, è Jaime quello che ha
talento e si merita la fama.”
“Non ti ha mai interessato la fama?”
Io scuoto le spalle.
La fama è stato l’ultimo dei miei pensieri anche
perché
nello stanzone dove ho trascorso gli ultimi dieci anni della mia vita
era già
un lusso pensare alla libertà, figurarsi alla fama.
“No, non mi è mai interessata. È solo
un caso che Jaime
sia famoso, non ho scelto di sposarlo per quel motivo.”
“Va bene.”
La mia risposta sembra averli convinti e io tiro un sospiro di
sollievo, questa
mattinata sta diventando lunga e insidiosa, sento che quei due mi
tendono delle
trappole ogni due per tre mascherate da domande innocenti.
Li capisco, ma è faticoso sostenere una conversazione del
genere, vorrei che si fidassero di me, ma immagino ci vorrà
un po’ perché sono
piombata nella vita di loro figlio all’improvviso e ho
scalzato Jess dal suo
ruolo di compagna di Jaime.
Sono come una variabile impazzita nella vita tutto
sommato ordinaria di loro figlio e devono capire se io sia un bene o no.
Il cameriere porta i piatti e cominciamo a mangiare.
“Ti piace, mamma?
E a te papà?”
Chiede premuroso Jaime..
“Sì, sono ottime.”
Rispondono tutti e due.
Un punto a nostro favore, il cibo è di loro gradimento.
Mangiamo in silenzio, un silenzio piuttosto imbarazzato.
No, siamo lontani dalla complicità delle vere famiglie,
forse con Jess c’era, io guardo Jaime, lui mi lancia uno
sguardo dispiaciuto.
Probabilmente vorrebbe che la sua famiglia mia accettasse di
più, ma non può
forzare loro la mano, è una cosa che deve avvenire in modo
naturale.
Il cameriere passa a prendere i piatti vuoti e inizia di
nuovo il fuoco di fila delle domande.
“Cosa pensi di fare, Tamao?”
“In che senso?”
“Lavoro.”
“Ah, so cucire a macchina e disegnare. Mi piacerebbe
iniziare una carriera nel campo della moda, iniziando magari a vendere
su
internet.”
“Ma davvero?”
“Sì, comprendo che sembri campato in aria o suoni
strano che una ragazza sappia
cucire a macchia di questi tempi, ma io sono giapponese. Mia madre mi
ha
insegnato a cucire, pensava potesse essermi utile nella mia vita e in
un futuro
matrimonio.”
“Capisco. Almeno qualcuno rammenderà i calzini e
le
magliette di Jaime.”
“Sì.”
Rispondo un po’ a disagio. Come mi considerano?
Non vedo l’ora di andarmene da qui e chiudermi nella
nostra stanza a piangere, è ovvio che non piaccio ai suoi
genitori e che molto
probabilmente mi considerano una specie di arrampicatrice sociale.
Ho fallito l’esame e non so quanto potrò
ripeterlo, che
tristezza.
Ci portano anche i secondi e poi il dolce, a cui segue il
caffè.
Finito quello mi alzo in piedi.
“Scusate, non mi sento molto bene.
Penso che andrò a casa, Jaime sarà felice di
portarvi in
giro per Londra.”
“Va bene.
Riposa, Tamao. Hai una bruta cera.”
“Grazie, signora Preciado.”
Prendo la mia giacca di pelle e la borsa e li lascio nel
ristorante, l’aria ancora fresca di maggio è come
un schiaffo in piena faccia
che mi risveglia completamente dopo il caldo del ristorante.
Cammino a passo spedito verso casa, cercando di mantenere
un’andatura eretta e non quella gobba di una perdente, ce la
posso fare.
Attraverso il quartiere e finalmente arrivo a casa,
saluto la portinaia e salgo le scale, poi apro la porta e me la
richiudo alle
spalle. Solo allora permetto alle mie lacrime di uscire e inondarmi il
volto,
mi appoggio alla porta e mi lasci scivolare fino ad arrivare a una
posizione
accovacciata contro il legno, il tatami che preme contro le mie gambe
nude e i
singhiozzi che sgorgano liberi.
Cosa ho fatto di male?
Perché non mi hanno accettato?
Cosa ho di sbagliato?
Perché ogni volta che c’è in ballo
qualcosa di importante
sbaglio?
Finirò per perdere anche Jaime a causa di questo?
Spero di no, non riuscirei a sopportarlo.
Mi alzo e barcollando raggiungo la nostra camera da letto
e mi butto sul futon senza nessuna grazia e poi riprendo a piangere
come una
bambina spaventata, come avrei pianto nel lasciare il Giappone se mi
fosse
stato concesso.
Rivivo tutti i momento felici della mia relazione con
Jaime e mi auguro di non doverli cancellare o dimenticare, voglio di
più!
Voglio che ce ne siano altri e voglio che lui mi ami!
Alla fine mi addormento piangendo e sogno che lui se ne
vada dicendo che non ne può più della commedia
che abbaiamo inscenato, che lui
si merita di più di una come me.
Una che lo ami, una come Jess, non una clandestina
sposata in un momento di rabbia contro l’Immigrazione.
Probabilmente urlo perché qualcuno mi scuote e quando
apro gli occhi vedo Jaime che mi guarda preoccupato.
“Tutto bene, Tamao?”
“È stato solo un incubo.
Dove sono i tuoi genitori?”
“Sono in un albergo, hanno insistito per andare lì
per
non disturbarci.
Non sono riuscito a fermarli.”
“Oh, capisco.”
Borbotto insonnolita.
“Tamao, stai davvero bene?
Mia madre era piuttosto preoccupata per te, dicevi che
avevi un cera orribile.”
“Sì, sto bene.”
“Ma hai qualcosa che non va.”
“Non sono riuscita a fare una buona impressione sui tuoi
genitori, credo mi considerino una specie di arrampicatrice sociale che
mira
solo ai tuoi soldi.”
“A me hanno detto che più di tutto sembravi una
ragazza spaventata.”
Io sospiro.
“Jaime, non credo ti direbbero quello che pensano se
è
quello che dico io.”
Lui scuote la testa.
“Me lo direbbero, sono due persone che non hanno peli
sulla lingua. Quando ho mollato il lavoro per i Pierce The Veil mi
hanno detto
che stavo facendo una cazzata e non avevo alcuna garanzia che la band
sfondasse
e che avrei fatto meglio a tenermi il mio posto.”
“Oh.”
“Già, per fortuna si sono sbagliati.
Ma tu hai pianto.”
Nota i segni delle lacrime sulle mie guance.
“Sì, sono piuttosto emotiva e
spaventata.”
“Spaventata da cosa?”
“Che loro ti convincano che io non sono adatta a
te.”
“Non succederà, Tamao.
Non avere paura.”
Mi abbraccia e io mi lascio andare nel suo abbraccio pensando che amo
il suo
calore e che non vorrei mai lasciarlo andare o cederlo a
un’altra. Jaime è mio
e tale deve restare, non posso cederlo senza combattere, devo riuscire
a farlo innamorare
di me.
Ma come?
Non ho un fascino particolare, sono solo io, Tamao.
“Tamao…”
“Jaime…”
“Mi piaci tanto e credo che tu piaccia anche ai miei
genitori.”
“Non mentire per addolcirmi la pillola.”
“Non sto mentendo, lo penso veramente, perché
dovrei mentire?”
“Per rassicurarmi e non farmi preoccupare.”
“Non avrebbe senso, non lo farei mai.
Non mi piace mentire.”
“Davvero?”
“Sì, fidati di me. Ti fidi di me?”
“Sì.”
“E allora andrà tutto bene.”
Io annuisco e poi purtroppo ci stacchiamo, lui mi manca già.
“Jaime, ti amo.
Lo so che non mi ami, ma io…”
Lui mi bacia all’improvviso, senza nemmeno lasciarmi finire
la frase,
lasciandomi letteralmente senza parole.
“Che cosa significa?”
“Mi sto innamorando di te o almeno credo, la situazione
è abbastanza
complicata.”
“Lo so, mi dispiace di aver complicato la tua vita.”
“Io invece ne sono felice.”
Io sorrido, lui sorride e tutto sembra andare di nuovo
bene, mi dimentico dei miei dubbi e delle mie paure.
Non mi importa di piacere o meno ai genitori di Jaime, mi
importa di piacere solo a lui, perché se gli piacessi lui
sarebbe disposto a
difendermi contro tutti, me lo sento.
“Cosa ne dici? Ci facciamo un the?”
Io annuisco e andiamo in cucina, lui mette l’acqua sul gas e
poi traffica negli
armadietti alla ricerca delle bustine e poi delle tazze. Quando ha
trovato
tutte e due anche l’acqua è pronta e lui la versa
nelle tazze, lasciando che il
familiare profumo del the si faccia sentire nella cucina.
Io sorrido, ricordandomi quando prendevo il the con mia
nonna, forse l’unico membro della famiglia per cui contassi
qualcosa e che mi
trattasse da essere umano: il giorno in cui è morta ho
sofferto parecchio.
Così va la vita.
“Domani i miei genitori ci hanno invitato a cena, per te
va bene?”
Io annuisco, mi sento un po’ più sicura adesso.
Credo di potercela fare principalmente perché sento che
Jaime è più vicino a me ora.
“Sicura, Tamao?”
“Sì, stai tranquillo. In qualche modo ce la
farò.”
Gli sorrido e lui sembra in qualche modo rassicurato.
“Cosa ne dici di un po’di coccole?
Questa giornata è stata stressante.”
“Mi sembra un’ottima idea.”
Ci stendiamo sul divano e lui mi abbraccia e comincia ad
accarezzarmi i capelli, io il petto beandomi della sua vicinanza, che
possa
essere una bugia non mi importa perché è una
meravigliosa bugia se lo fosse.
Gli massaggio le spalle indolenzite e lui sospira nel mio
abbraccio, sembra davvero felice o rilassato.
“Sono felice che tu sia qui, Tamao.”
“Anche io sono felice che tu sia qui.”
Rimaniamo così per quelle che potrebbero essere ore o
forse per sempre, contenti e tranquilli, calmati dalla reciproca
presenza.
Credo sia amore, lo spero con tutto il cuore.
Non sono mai stata così bene vicino a una persona, sono
talmente felice che alla fine mi addormento con un sorriso sulle labbra.
Mi piace questa vita.
Angolo di Layla.
Ringrazio Nico_Ackerman per la recensione.