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Autore: Greatad    21/01/2017    0 recensioni
Piano piano Abe riprende a vedere correttamente. Il sangue sulle pareti. Il cadavere della moglie e del figlio. Il cadavere della moglie e del figlio.
Genere: Dark, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Abe batté le palpebre. Erano ancora pesanti, doveva aver dormito davvero bene quella notte. Si girò sul pavimento. “Ancora cinque minuti.” pensò tra sé e sé. Pavimento?
Si alzò in piedi, come se poco prima si fosse trovato sui carboni ardenti piuttosto che sul piastrellato del centro commerciale. Cosa ci faceva lì? Stava facendo la spesa con Grace, avevano appena preso i pannoloni per il bambino quando…
Un pianto. Grace che grida, straziata. Il piccolo Tommy viene divorato da una sagoma oscura. Abe è paralizzato, non ha alcuna logica quello che sta succedendo.
Un incubo, sicuramente avrà avuto un mancamento, forse le pastiglie per la pressione? Eppure era convinto di averle prese quel pomeriggio… Si tenne la testa fra le mani e si diresse verso l’atrio. Dalle vetrate sul soffitto poteva vedere le stelle fuori. Era buio. Come mai non lo avevano notato, disteso a terra, mentre chiudevano?
 
Almeno non era solo. Arrivato all’atrio vide un gruppetto di persone discutere.
«Oh, ecco qualcun altro!»
«Benvenuto! Anche tu del club “siamo arrivati troppo tardi per la chiusura e troppo presto per l’apertura”?»
«Scusa?» Ma gli ci volle solo uno sguardo per capire. L’entrata era bloccata da una serranda, il buon vecchio acciaio. «Ci hanno chiuso dentro?» Ma non si fermò ad aspettare una risposta, continuando a parlottare tra sé e sé. «Trovo molto strano che ci abbiano lasciati qua… Deve essere sicuramente intenzionale.» Abe ripensò ai film che aveva visto in passato. «Forse siamo stati scelti, narcotizzati, messi da parte e poi lasciati dove eravamo prima di addormentarci per darci l’impressione di non esser stati rapiti… Diamine, questo edificio stesso potrebbe essere una replica del centro commerciale!»
 
Un ragazzo che stavo giocando col telefono parlò sopra ad Abe. «Non me ne importa un cazzo, io dovevo essere dalla mia ragazza un’ora fa! Ho un sacco di messaggi non letti e non mi crede che sono rimasto chiuso qui! Crede sia a letto con un’altra!»
«Il telefono?» Si frugò in tasca. Sì, il suo telefono era ancora lì. Lo estrasse e provò a chiamare un amico.
«Abe? È mezzanotte, perché mi stai chiamando?»
«Niente, Jack, mi è partita la chiamata per sbaglio! Ci sentiamo!»
Perché chi li ha intrappolati lì dentro aveva lasciato loro i cellulari? Era una mossa poco intelligente! Potevano chiamare i soccorsi così…
 
«Abbiamo già chiamato l’assistenza 5 minuti fa, Sherlock.” Si intromise un uomo con una valigetta in mano. Vestiva elegante, un completo davvero impeccabile non fosse stato per la cravatta allentata. «Hanno detto che manderanno qualcuno della sicurezza. Figurati, nessun responsabile del centro raggiungibile! Erano esterrefatti pure loro.»
«Beh, nell’attesa possiamo presentarci!» Esclamò una donna di mezza età, contenuta a malapena da un vestito dal motivo floreale. Una collanina si perdeva nel suo seno, lasciato volutamente in bella vista dalla scollatura.  «Io sono Christina. Ero in farmacia a prendere delle pastiglie, e mentre il commesso mi stava dando il resto sono crollata a terra… Sono stati davvero sgarbati a lasciarmi lì!»
Una ragazzina esile apparve da dietro un grosso vaso con diverse piante da appartamento. Doveva essere una quattordicenne. «I-io sono Celeste. Ero qui con i miei genitori questo pomeriggio. Ma mentre ero al bagno ho sentito gente urlare, e me ne sono rimasta nascosta lì dentro per la paura fino ad adesso…»
Abe la osservò. Era una ragazzina terrorizzata. Sicuramente stava delirando, impaurita dalla situazione ed inventandosi storie per ottenere attenzione. Si sforzò di sorriderle per rassicurarla. Celeste parve capire che era una finta gentilezza quella e torno a nascondersi dietro al vaso. Abe alzò gli occhi al cielo e riprese a ragionare ad alta voce.
«Ma… non è davvero possibile aprire dall’interno?» chiese Abe al businessman, incurante di Christina. Quel mistero lo affascinava troppo, doveva capirci di più o non sarebbe stato in pace con se stesso!
«Chiusura centralizzata. E può essere sbloccata solo con un’apposita tessera magnetica, in dotazione alle guardie… che qui non ci sono. Io sono Clark comunque, continuando con le presentazioni.»
«Sì certo, io sono Abe… E le finestre?»
«Le finestre… Ci abbiamo pensato. Ma non conoscendo le circostanze, ho valutato fosse meglio rimanere e aspettare qualche ufficiale di servizio. Sai com’è, potrebbe essere visto non bene qualcuno che esce furtivamente dalle finestre di un centro commerciale…»
 
«Ora ricordo! All’altra entrata c’è la portineria!» Esclamò il ragazzo interrompendo la conversazione tra Abe e Clark. Si alzò in piedi e corse via.
«Ma cosa gli è preso?» chiese Christina.
Abe assentì, accettando il fatto. Avrebbe dovuto pensarci subito. Si sedette per terra, rilassandosi. Si rivolse a Christina, ancora in ansia per il ragazzo. «Probabilmente pensa di trovare una di quelle tessere magnetiche in portineria. Ha senso, terranno sicuramente qualche copia dentro per sbadataggine.»
Celeste prese la parola, superando la timidezza che la stava bloccando fino a prima. «Potremmo andare ad aiutarlo allora!»
Clark fissò la ragazza, con una faccia che emanava superiorità e le fece un sorrisino. «Non penso proprio.» Sembrava davvero compiaciuto nel dare spiegazioni. «Sarà sicuramente chiusa a chiave, e chiunque faccia una cosa come buttare giù una porta sarà ancora più sospetto di qualcuno che esce dalle finestre.»
Sembrava sveglio, aveva risposto alla ragazza risparmiando fiato ad Abe, anche se lo aveva fatto in un modo davvero odioso.
«Ma… Sospetti? Perché dovremmo essere sospettati di qualcosa, non abbiamo fatto niente!»
Clark sospirò, dando segni di impazienza. «Siamo dentro un centro commerciale dopo l’orario di chiusura. Possono tranquillamente pensare che siamo dei ladri malamente organizzati, per quanto ne sanno loro!»
«Non serve sgridarla così!» Si mise in mezzo Christina, preoccupata dai modi bruschi dell’uomo.
«Beh, il ragazzo non ha torto. Possiamo dividerci e cercare degli indizi su come siamo stati rinchiusi qui dentro. Il mio sospetto che siamo stati rinchiusi da qualche folle rimane.” E per Dio se gli piaceva l’idea. Aveva sempre desiderato essere al posto delle vittime stupide di quei film di serie B!
Clark parve d’accordo e convinse pure gli altri. Si divisero, ognuno in un negozio diverso. Meno che un accattone, seduto immobile addosso ad una parete dell’ingresso. Lui continuava a sorseggiare Rum dalla sua bottiglia, incurante degli altri. Ad Abe andava bene così, non aveva voglia di fare da baby sitter ad un vecchio ubriacone.
  
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