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Autore: conlatestatralenuvole    21/01/2017    1 recensioni
Conosciamo tutti la storia del maghetto più famoso di tutti i tempi, ma qui non si parla del ragazzo che è sopravvissuto. Questa è la storia della strega più brillante della sua età, Hermione Jean Granger, da ciò che già sappiamo, come l'indissolubile amicizia con Harry Potter e Ronald Weasley, a ciò che non ci è stato dato sapere: il suo arrivo a Hogwarts, le sue conquiste, le sue emozioni e le sue insicurezze.
[...]Ma era proprio questo il punto: Hermione non era una persona "normale" [...]Il suo problema non era tanto quel bisogno di imparare a memoria tutti i libri prima ancora dell'inizio dell'anno scolastico, ma il fatto che senza volerlo, delle volte, faceva accadere cose strane; cose che proprio non si sapeva spiegare
Questa fanfiction è liberamente ispirata ai libri di Harry Potter, scritti da J.K. Rowling. La grande maggioranza dei personaggi è dunque di sua proprietà, così come la maggioranza dei temi e delle ambientazioni. Per ulteriori informazioni leggere la nota posta all'inizio del primo capitolo. Grazie.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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IMBECILLE, MEDUSA, SCAMPOLO, PIZZICOTTO!


L'omone con la lanterna, quello che li aveva guidati fino al castello e aveva trovato il rospo di Neville, era ora salito sulla scalinata e, il pugno alto e lo sguardo serio, stava bussando alle porte di Hogwarts. Hermione aveva praticamente smesso di respirare. Ad ogni battito di ciglia si rendeva in qualche modo sempre più conto di dove si trovasse, di quale importante passo della propria vita stesse affrontando. Era ancora così innaturale tutto questo per lei. Per quanto avesse cercato di prepararsi, conosceva ancora così poco. Quando il grande portone si fu spalancato, sentì un forte bisogno di chiudere gli occhi. Era troppo per lei. Troppo bello, troppo inaspettato, troppo incredibile, troppo... magico. Troppo, semplicemente. Non chiuse gli occhi, ovviamente, era troppo curiosa. I ragazzi facevano silenziosamente a gara a chi entrava per prima nel castello. Sgusciavano da tutte le parti. Si affrettavano, anche senza correre. Si alzavano sulle punte dei piedi per vedere meglio, anche a costo di rischiare di inciampare sui gradini. Hermione, ancora intontita dall'emozione, era rimasta indietro. Non era particolarmente alta, e con tutti quegli altri maghi davanti a lei non riusciva a vedere niente. Solo il bianco marmoreo della scalinata sotto i suoi piedi, quasi grigia, avvolta com'era dalle ombre della notte, e l'enorme portone che si stagliava alto sopra di lei. Hannah le stringeva forte la mano. Oltre a tutte queste novità a cui stava andando incontro, passo dopo passo, anche la confidenza con cui quella ragazza con i codini biondi si rivolgeva a lei era qualcosa di nuovo. Hannah era ancora più bassa di lei, e camminava con il naso in su pur di cercare di capire qualcosa, di scorgere anche solo un pezzettino della tanto sognata Hogwarts. Mentre il gruppo di studenti del primo anno procedeva in avanti pian piano, Neville era rimasto indietro, il suo rospo Trevor stretto in mano, fermo sull'ultimo gradino, la bocca spalancata e il viso tondo pallido come se avesse appena visto un fantasma. Raccogliendo un po' di coraggio, Hermione si sporse a prendergli la mano e lo tirò bruscamente su con sé, prima che il portone si richiudesse cigolando. Il maghetto aveva la mano talmente sudata che Hermione dovette lasciargliela andare quasi subito, un po' schifata, per pulirsela sul mantello. Anche ora che era finalmente arrivata all'interno del castello, la giovane strega non riusciva a distinguere ancora molto. Il corridoio in cui si trovavano era altissimo, forse cinque o sei metri, e le pareti in pietra disegnavano archi e colonne, sulle quali erano appese grosse torce infuocate. Dovevano essercene diverse dozzine, o essere incantate con la magia, perché la luce nella stanza era forte quasi come quella di un lampadario. Morbide ombre, lunghe e tremolanti, disegnavano il loro profilo un po' dappertutto. C'erano quella del gigante, che era alto almeno tre metri, e quelle dei ragazzi, che andavano a sfiorare sulla parete la pancia protuberante dell'omone con la lanterna. Ma anche una terza ombra si stagliava insieme alle altre. Era più alta di quelle degli alunni e, sul suo profilo esile, si distinguevano un lungo mantello e un cappello a punta.

-Ecco qua, gli allievi del primo anno, professoressa McGranitt.

L'ombra, anzi, la professoressa McGranitt, avanzò di un paio di passi fino a confondersi quasi con l'ombra del grosso uomo con la barba.

-Grazie, Hagrid. Da qui li accompagnerò io.

La voce della strega era ferma, asciutta e autoritaria. Un po' rauca, segno che probabilmente la professoressa era un po' avanti con gli anni. Nonostante tutto, però, era anche musicale, in qualche modo, come quella della nonna di Hermione, la mamma di suo padre, che era venuta a mancare l'anno prima. Le ispirava simpatia. Quella strega con il cappello a punta ed il mantello era sicuramente una donna che sapeva farsi rispettare.

Ad un ritmo sostenuto l'ombra di Hagrid si allontanò dalla loro vista mentre quella della professoressa McGranitt si affrettava nella stessa direzione. La massa di studenti iniziò a seguirla e anche Hermione si mosse con loro, una mano stretta a quella di Hannah e l'altra che si tirava un'altra volta dietro quella sudata di Neville, per evitare che rimanesse indietro.

La professoressa li condusse avanti lungo il corridoio fino a che non si trovarono davanti un'elegante scalinata in marmo che sembrava infinita e, a destra, una grande porta in legno, poco più piccola dell'immenso portone d'ingresso, da cui provenivano voci schiamazzanti. Non presero però né l'una né l'altra direzione. Si infilarono invece in una stanzetta proprio di fronte a quella da cui proveniva il brusio degli altri studenti e ci si sistemarono tutti stretti stretti, non perché non ci fosse abbastanza spazio, ma piuttosto perché la gente non faceva altro che indietreggiare contro la parete di fondo, forse timorosa di stare troppo vicino alla professoressa. Essendo stata tra gli ultimi ad entrare nella sala, Hermione adesso si trovava in prima fila e da lì, finalmente, vedeva proprio tutto. Non che ci fosse molto da vedere, in realtà, in quella stanza vuota, stipata di studenti e con pavimento, pareti e torce identici a quelli dell'ingresso. La cosa più interessante erano le vetrate, grandi, strette e lunghe, che affacciavano sull'oscurità del cortile. Finiti di entrare anche gli ultimi allievi, tra cui Neville, che nel breve percorso era riuscito a staccarsi da Hermione e a rimanere indietro, la professoressa chiuse la porta e si posizionò dritta davanti a loro, un sopracciglio sollevato a scrutarli tutti attentamente, un cipiglio impassibile in volto. Ora che ce l'aveva a pochi passi di distanza, la professoressa McGranitt non era più solo un'ombra alta e sottile, ma una donna con un paio di occhiali squadrati intorno agli occhi, un completo da strega verde smeraldo e degli occhi felini che incutevano timore e soggezione. Portava le mani giunte in grembo e tutto in lei gridava ordine e severità, ma aveva gli angoli della bocca rilassati, leggermente incurvati in un accenno di sorriso che accentuava le rughe sulla faccia e tradiva un temperamento abbastanza tranquillo, alla fine dei conti. Una cosa era certa, però, non bisognava farla arrabbiare.

-Benvenuti a Hogwarts.

Disse così improvvisamente che qualcuno sussultò.

-Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà un po' come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero nella Sala Comune della vostra Casa.

-Le quattro Case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim'ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere.

Hermione sperò con tutto il cuore di non trovarsi mai e poi mai nella condizione di infrangere qualche regola. Non aveva intenzione di farsi espellere come era accaduto al signor Fogg. Strinse forte la bacchetta nella tasca del mantello. Non avrebbe mai lasciato che gliela spezzassero.

-Alla fine dell'anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiata con la Coppa delle Case, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro alla Casa cui verrà destinato.

-La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti davanti a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco di mettervi il più possibile in ordine.

Non appena la professoressa uscì dalla stanza, come in preda ad un riflesso automatico, Hermione raddrizzò la schiena, passò le mani sul mantello come per togliergli le pieghe e si passò le dita tra i capelli, che stavano iniziando a diventare crespi e gonfi. Ora che non erano più sotto il controllo di qualcuno, alcuni ragazzi avevano iniziato a chiacchierare a bassa voce o a muoversi sul posto per guardarsi meglio intorno. Nella prima fila, insieme a lei, oltre a Hannah e Neville, c'erano Harry Potter e il suo amico con i capelli rossi, Ron, che stavano parlottando nervosamente tra loro.

-Di preciso, in che modo ci smistano per Casa?

Sentì chiedere Harry all'altro.

-Una specie di prova, credo. Fred ha detto che è molto dolorosa, ma penso che stesse scherzando.

Hermione dovette girarsi verso Hannah per evitare di mettersi a ridere. Una prova dolorosa? Ma sul serio? Se i purosangue erano tutti come quei due e Neville, non aveva davvero di che preoccuparsi.

-Cosa ti è successo?

Chiese la biondina sentendola ridacchiare sotto i baffi.

-Due ragazzi credono che lo Smistamento consista in una prova da superare o qualcosa del genere. Non è ridicolo?

-Davvero c'è una prova?

Chiese Neville. Hermione lo guardò di traverso.

-No, Neville. Ti mettono un cappello in testa e lui ti dice in che Casa devi andare.

Rispose Hannah con pazienza.

-Un cappello parlante, mitico.

Annuì lui, non molto convinto.

-Già.

Rispose la strega con i codini.

-Sarebbe bello se ci fosse una prova di magia, però. Vero, Hermione?

-Sì, beh, non so. Non credo che tutti noi conosciamo qualche incantesimo.

-Io conosco la formula di un incantesimo che serve a far lavare i piatti da soli. Mia nonna lo usa sempre. Non l'ho mai provato, però.

-Anch'io ne conosco un paio. Uno è quello che usa sempre papà per degnomizzare il giardino e l'altro invece serve a riparare le cose spezzate. Mi riesce davvero benissimo.

Anche Hermione iniziò a parlare degli incantesimi che conosceva, sia di quelli di cui sapeva solo le formule, sia di quelli che invece aveva imparato a praticare con l'aiuto del signor Fogg.

Il signor Fogg, a pensarci bene le mancava un po'. Non vedeva l'ora di potergli scrivere per raccontargli tutto di Hogwarts. Avrebbe scritto anche ai suoi genitori. Chissà quante cose avrebbe dovuto spiegargli. Non è una cosa facile credere all'esistenza di un cappello parlante o dei fantasmi.

Come se li avesse chiamati, Neville la prese un braccio per farle indicare qualcosa sopra di loro. Qualcosa di cui Hermione aveva solo sentito parlare. Un gruppo di fantasmi in carne ed ossa erano entrati da non si sa dove nella stanza. Beh, in carne ed ossa non erano proprio. Erano di un bianco quasi trasparente, tanto che ci si poteva vedere attraverso e, se non fosse stato per il colore e per il fatto che fluttuavano nell'aria, sarebbero sembrati persone vere in tutto e per tutto. In più, parlavano. Anzi, sembravano immersi in una conversazione talmente importante da non essersi neanche accorti del pubblico che avevano proprio sotto di loro.

-Io sono dell'idea che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un'altra possibilità...

Stava dicendo un fantasma basso e grassoccio, con quella che sembrava la tunica di un frate indosso e le mani conserte. Accanto a lui, un fantasma con la calzamaglia e la gorgiera cercava di farlo ragionare:

-Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Peeves tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi non è neanche un vero e proprio fantasma... Ehi, dico, che cosa ci fate qui?

Il fantasma in calzamaglia li aveva notati. Qualcuno cacciò un gridolino.

-Nuovi studenti!

Esclamò il Frate battendo le mani con un sorriso.

-In attesa di essere smistati, suppongo.

Qualcuno annuì, ma la maggior parte di loro era terrorizzata. Hermione li guardava con occhi spalancati. Per quanto si ricordasse, in nessuna delle sue letture i fantasmi erano citati come creature pericolose o poco amichevoli. Tuttavia, trovarseli davanti, sortiva comunque un certo effetto.

-Spero di vedervi tutti a Tassorosso!

Continuò il Frate.

-Sapete? È stata la mia Casa.

Hannah sorrise.

-Visto? Quello deve essere il Frate Grasso, il fantasma di Tassorosso. La mamma me ne parlava sempre. È simpatico e mette tutti di buon'umore.

Ma si dovette interrompere, perché la figura possente della professoressa McGranitt si era fermata proprio dietro di lei.

-E ora, sgombrare!

Ordinò la strega a quelle figure eteree più vicine al soffitto che al pavimento. Con un ultimo cenno di saluto, i fantasmi scomparono al di là della parete.

-Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento.

Li avvertì poi la professoressa quando gli occhi degli alunni del primo anno tornarono a posarsi su di lei.

-Mettetevi in fila e seguitemi.

Ordinò la professoressa McGranitt, e tutti obbedirono silenziosamente. Hermione apriva la fila e Hannah era dietro di lei. Seguendo la donna, si incamminarono tutti fuori dalla stanza dove si trovavano ed entrarono in quella con i battenti giganteschi, la Sala Grande.

Già a vederla in foto o a leggerne la descrizione sul libro Storia di Hogwarts, la Sala Grande evocava un fascino fiabesco, ma vederla dal vivo era tutta un'altra cosa. Occupavano il centro della stanza, egregiamente apparecchiate con piatti e calici d'argento e d'oro, quattro lunghissime tavolate attorno alle quali gli studenti e alcuni fantasmi applaudivano e si scambiavano parole eccitate. Le mani timide di qualche studente del primo anno salutavano i fratelli più grandi, ma la maggior parte di loro guardava verso l'alto. Hermione lo sapeva, lo aveva letto tante di quelle volte, ma a guardarlo, quel soffitto interminabile era ancora più straordinario. Pochi metri sopra le teste degli studenti erano sospese a mezz'aria centinaia di candele e, in alto, molto più in alto, il soffitto era nero come la notte ed ornato da tante piccole stelline. Era davvero da mozzare il fiato, ancora più incredibile di quanto già non le sembrasse prima. Si girò verso Hannah:

-È un incantesimo che lo fa sembrare come il cielo che c'è fuori! L'ho letto in "Storia di Hogwarts".

Bisbigliò. L'espressione della biondina divenne, se possibile, ancora più meravigliata.

Cercando di mantenere una postura eretta nel seguire la professoressa McGranitt e di non guardarsi continuamente intorno in alto, in basso, a destra e a sinistra - era difficile, ma avrebbe avuto sette anni di tempo per farlo, no? - Hermione proseguì lungo la sala fino a che le tavolate non terminarono e si trovò di fronte al tavolo rialzato degli insegnanti. Tra loro c'erano Hagrid e il professor Albus Silente. Finalmente lo vedeva di persona, l'uomo che il signor Fogg stimava più di tutti, il miglior preside che Hogwarts avesse mai avuto; il vecchio mago dalla barba bianca e gli occhiali a mezza luna che le faceva l'occhiolino dal poster nel salone del suo dirimpettaio giù a Londra era adesso proprio davanti a lei. Nessuno dei ragazzi, però, stava guardando i professori. Erano tutti girati dal lato opposto e fissavano qualcosa davanti a loro. Hermione, che era finita di nuovo in ultima fila, si fece largo tra qualche studente per vedere meglio. La professoressa McGranitt aveva piazzato di fronte a loro uno sgabello in legno e ci aveva posizionato un cappello a punta, sgualcito e malandato, pieno di macchie e toppe dappertutto. All'improvviso, il cappello si ripiegò su se stesso e, nel rimettersi nella posizione iniziale, un pezzo di stoffa vicino al bordo si strappò. Era il Cappello Parlante e quella era la sua bocca; e da quella bocca, iniziò a cantare:


-Forse pensate che non son bello,

ma non giudicate da quel che vedete:

io ve lo giuro che mi scappello

se uno migliore ne troverete.

Potete tenervi le vostre bombette,

i vostri cilindri lucidi e alteri,

son io quello che a posto vi mette

e al mio confronto gli altri son zeri.

Non c'è pensiero che nascondiate

che il mio potere non sappia vedere,

quindi indossatemi e ascoltate,

qual è la Casa a cui appartenere.

È forse Grifondoro la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.

O forse è Tassorosso la vostra vita,

dove chi alberga è giusto e leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale.

Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

che si confà a simile gente.

O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori,

quei tipi astuti e per niente babbei

che qui raggiungono fini e onori!

Venite dunque senza paure

e mettetemi in capo all'istante;

con me sarete in mani sicure

perché io sono un Cappello Parlante!


Gli studenti più grandi e i professori iniziarono ad applaudire non appena lo strappo-bocca del Cappello Parlante si fu richiuso, ma gli allievi del primo anno erano troppo frastornati per unirsi a quelle acclamazioni. Hermione si fermò a pensare alla filastrocca del Cappello stringendo la bacchetta da sotto il mantello. Grifondoro era la Casa delle persone audaci. Fino a quel momento le era sembrato che fosse il posto più adatto a lei, in fin dei conti, ma adesso, pronta per essere smistata davanti a tutta la scuola, non si sentiva poi così coraggiosa. Corvonero, invece, per quelli svegli e pronti di mente, sembrava una Casa più sicura.

I suoi pensieri si interruppero di colpo quando la professoressa McGranitt si fece avanti accanto allo sgabello del Cappello e srotolò un lungo foglio di pergamena.

-Quando chiamerò il vostro nome, metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati.

Disse.

Ci fu un attimo di silenzio, poi...

-Abbott Hannah!

Hannah, che si trovava appena dietro di lei, si fece avanti con mani e gambe tremanti. Perse l'equilibrio. Inciampò. Si sistemò. Si sedette sullo sgabello e aspettò che la professoressa le mettesse il Cappello sui codini biondi. Quell'indumento magico non ebbe neanche bisogno di tempo per pensare:

-TASSOROSSO!

Urlò, e dal tavolo dei Tassorosso si levò un rumore fragoroso di urla e di applausi.

Hannah era raggiante e Hermione si ritrovò a sentirsi molto felice per lei. Era stata collocata proprio nella Casa dove sognava di stare.

-Bones Susan!

-TASSOROSSO!

-Boot Terry!

-CORVONERO!

Il Cappello andò avanti così con un sacco di nomi, e ogni volta che un allievo veniva smistato, tutta la sua nuova Casa si alzava in piedi ad accoglierlo calorosamente. Hermione si passò una mano trai capelli. Diventavano più crespi ad ogni nome che veniva chiamato. Doveva darsi una calmata. Alcuni degli studenti ci mettevano un'eternità per essere smistati. Hermione sperò che con lei facesse subito. Doveva essere incredibilmente imbarazzante starsene lì per minuti interi con un vecchio cappello calato sugli occhi e centinaia di facce che ti guardano mentre un oggetto magico decide del tuo futuro.

-Granger Hermione!

La giovane strega si sentì mancare il pavimento sotto ai piedi, eppure avrebbe giurato che la pietra fosse molto resistente. All'inizio avanzò lentamente, un passo dopo l'altro, il cervello in panne. Dove sarebbe stata collocata? Dove sarebbe stata collocata? Poi, però, decise che doveva veramente darsi una calmata. Stava perdendo troppo tempo a cercare di capire dove fosse la chiave per quella dannatissima porta di cui parlava il signor Fogg, ma se non la trovava forse era meglio cercare un'altra soluzione. È meglio strapparsi in fretta il cerotto, pensò. Così superò le ultime righe di studenti con un'andatura affrettata e si mise di corsa il cappello sulla testa, prima di riuscire a riprendere fiato. Ecco fatto, pensò, Ci sono. L'ho presa a calci quella porta. E, dopo un arco di tempo che le sembrò infinito, forse proprio per quello che aveva pensato, forse per qualche altro motivo, il Cappello finalmente parlò:

-GRIFONDORO!

Emozionata come mai prima di allora, Hermione Granger scese dallo sgabello e riconsegnò il cappello alla professoressa McGranitt. Finalmente era una vera studentessa di Hogwarts. Una Grifondoro. Sperava che sarebbe riuscita a fare proprio quello che la professoressa aveva detto quando erano arrivati: avrebbe dato lustro alla sua Casa. Avrebbe fatto il possibile per farle guadagnare punti e non si sarebbe mai e poi mai cacciata nei guai. Questo era il minimo che poteva fare per Hogwarts, per quella scuola di cui non aveva mai sentito neanche il nome fino a poche settimane prima e che comunque l'aveva scelta. Aveva scelto lei come studentessa. Hermione sapeva che in realtà era stata ammessa perché era una strega, ma in qualche modo si sentiva comunque riconoscente verso quel castello, verso tutto il mondo magico, verso il preside Albus Silente. Trattenendo la voglia di saltellare fino al tavolo dei Grifondoro, si avviò verso gli studenti esultanti con schiena dritta e mento in alto. In ragazzo dai capelli rossi accanto a cui si andò a sedere, il prefetto di Grifondoro, la accolse con una stretta di mano e una pacca sulle spalle:

-Piacere, Hermione. Io sono Percy Weasley. Sono sicuro che ti troverai bene con noi.

La ragazza sorrise raggiante:

-Il piacere è tutto mio.

Weasley, pensò. Quel nome l'aveva già sentito.

La Cerimonia dello Smistamento continuò. La folla degli studenti del primo anno davanti al tavolo dei professori si diradava a mano a mano che il Cappello Parlante assegnava ciascun allievo alla sua Casa. Hermione riconosceva alcune di quelle facce, quelle delle persone che aveva incontrato sul treno mentre cercava il rospo di Neville. Riconobbe anche i tre ragazzi che erano scappati dal vagone di Harry Potter urlando. Erano finiti tutti e tre in Serpeverde. Quando fu il turno di Neville, il povero ragazzo inciampò e cadde. Le sue guance paffute erano diventate più rosse delle fiammelle delle candele sospese per aria. Mentre il Cappello impiegava il suo tempo a decidere dove collocarlo, Hermione si trovò parecchio in apprensione per Neville. Ogni minuto che passava lo sguardo sul suo viso diventava sempre più terrorizzato. Il Cappello non ci aveva messo poco con lei, ma con il ragazzo stava impiegando ancora più tempo. Alla fine, anche lui fu smistato in Grifondoro e Hermione fu la prima ad alzarsi in piedi sbattendo le mani. Era felicissima per lui. Era stato collocato proprio nella sua Casa preferita, la Casa dei suoi genitori. Purtroppo, corse via dallo sgabello senza togliersi il Cappello dalla testa, e tutta la Sala Grande scoppiò in una fragorosa risata. Anche Hermione non poté fare a meno di ridere. Era troppa l'emozione di essere finalmente arrivata a Hogwarts perché riuscisse a impegnarsi a mantenere una compostezza esemplare. Ormai i ragazzi rimasti erano davvero in pochi. Un ragazzo fu smistato in Corvonero, un ragazzo dai capelli biondi e una ragazza con un caschetto nero in Serpeverde, due gemelle, forse di origine indiana, furono collocate una in Corvonero, l'altra in Grifondoro. Chissà se anche in India esisteva una scuola di magia, si chiese Hermione mentre le salutava con un applauso. Poi fu chiamato il nome di Harry Potter.

Il brusio nella sala cessò immediatamente. Tutti allungavano il collo verso il ragazzino con gli occhiali che avanzava titubante verso il Cappello. Tutti volevano sapere dove sarebbe stato smistato il ragazzo più famoso dell'anno, il ragazzo che era sopravvissuto. A Hermione, in fin dei conti, non importava granché. Da quello che aveva capito parlandoci sul treno, non era un granché sveglio. Lei lo sapeva bene: i ragazzi popolari sono sempre i più sciocchi. O almeno, nel mondo dei babbani funzionava così. Il Cappello non fu tanto svelto nel collocarlo, e la curiosità degli studenti si faceva sempre più accesa. Poi lo strappo-bocca vicino al bordo del vecchio oggetto magico si aprì e la voce del Cappello annunciò:

-GRIFONDORO!

Tutti al tavolo dei Grifondoro si alzarono in piedi ad applaudirlo. Tutti gli volevano stringere la mano. Tutti lo acclamavano a gran voce, come se avesse fatto qualcosa di speciale. Tutti volevano presentarsi a Harry Potter. I due gemelli dai capelli rossi che avevano giocato a Hermione lo scherzo della tarantola sul treno urlavano a squarciagola:

-Potter è dei nostri!

Harry Potter ricambiava ogni saluto con un sorriso, ma sembrava troppo scombussolato per rendersi conto di quante cerimonie gli stessero serbando.

I ragazzi da smistare davanti al tavolo dei professori erano rimasti solo in tre.

-Turpin Lisa!

-CORVONERO!

-Weasley Ron!

Ecco dove avevo sentito quel nome! Il penultimo ragazzo ad andarsi a sedere sullo sgabello era Ron, l'amico di Harry che Hermione aveva conosciuto sul treno. Un altro non particolarmente sveglio. Era talmente pallido che sembrava stesse per sentirsi male. I suoi capelli color carota scintillavano alla luce delle candele. Hermione notò che aveva ancora dello sporco sul naso.

-GRIFONDORO!

Urlò il Cappello, e Ron corse verso la loro tavolata sollevato, il viso che riassumeva piano piano un colorito normale. Il prefetto Percy si alzò per accoglierlo con una vigorosa stretta di mano, allungandosi da sopra la testa di Harry:

-Ben fatto, Ron, ottimo!

Dovevano essere fratelli.

Quando anche l'ultimo ragazzo fu collocato nella sua nuova Casa, la professoressa McGranitt portò via il Cappello e Albus Silente si alzò in piedi per prendere la parola. Aveva uno sguardo raggiante e le braccia spalancate, un po' come se li volesse abbracciare tutti. Hermione era così emozionata. Finalmente stava per conoscere il più grande preside che, a detta del signor Fogg, fosse mai stato nominato a Hogwarts.

-Benvenuti! Benvenuti a Hogwarts per un nuovo anno scolastico!

-Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola.

Hermione si mise seduta più comodamente, pronta ad ascoltare con la massima attenzione e a prendere mentalmente nota di tutto quello che Albus Silente avesse detto.

-E cioè,

continuò il preside,

-imbecille, medusa, scampolo, pizzicotto! Grazie!

E si risedette.

Hermione restò a fissarlo con gli occhi spalancati per un po', indecisa su cosa pensare di quello strano uomo con gli occhiali a mezza luna. Era stato il discorso di benvenuto più breve e più strampalato cui avesse mai assistito. Continuava a credere fosse un grand'uomo solo perché glielo aveva assicurato il signor Fogg. Gliene avrebbe parlato in una lettera, di quel discorso, mentre con i suoi genitori non ne avrebbe fatto parola. Avrebbero creduto che il preside fosse matto e sarebbero corsi in Scozia a prenderla immediatamente. Adesso che era finalmente arrivata a Hogwarts, però, Hermione avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare con un branco di matti, piuttosto che tornarsene a casa.


NOTE DELL'AUTRICE


Chiedo umilmente perdono per la lunghissima assenza. Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate. Eccovi qua questo capitolo che vi ho fatto aspettare fin troppo. Se non siete troppo arrabbiati per l'imperdonabile ritardo, lasciate una piccola recensione ;)


Disclaimer: non sono J.K. Rowling e tutti i personaggi, gli ambienti e i dialoghi di sua proprietà, restano di sua proprietà.


Siccome sono state “brutta e cattiva” nel farvi aspettare questo capitolo, il prossimo arriverà lunedì. Per il resto, sperando di non avere altri periodi tremendamente impegnati come sono stati per me dicembre e gennaio, cercherò di riprendere una certa regolarità nell'aggiornare. Pensavo di darmi una scadenza fissa ogni settimana, il venerdì o il sabato, così voi potete avere una qualche idea di quando controllare.


Per quanto riguarda i personaggi, sto mischiando i nomi utilizzati nella prima edizione italiana di Harry Potter con quelli della seconda. Non c'è un vero e proprio criterio, solo il suonarmi meglio o peggio. Neville Longbottom non lo riesco proprio a metabolizzare in un contesto italiano, per esempio. Sono troppo affezionata al nome Paciock. Così anche per la McGranitt. Gli altri professori invece li ho fatti per lo più tornare ai nomi originali e anche Peeves, che a mio parere suona molto meglio di Pix.


Fino alla fine sono stata molto insicura sull'inserire o meno la canzone del Cappello Parlante per intero all'interno del capitolo, perché suppongo che chiunque legga fanfiction su Harry Potter già la conosca piuttosto bene; poi ho pensato che forse avrebbe fatto piacere risentirla, e soprattutto che Hermione vi avrebbe prestato molta attenzione, come in tutte le cose, quindi non ho proprio potuto evitare di riportarla.


Per il resto, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un bacione a tutti e un ritardatario buon Natale, felice anno nuovo e buona Epifania. Sempre vostra. Conlatestatralenuvole.


Anticipazioni:


L'inno di Hogwarts, per l'orrore di Hermione, era di quanto più stupido si potesse desiderare. C'era chi lo cantava in un modo, chi in un altro, chi lo recitava con scherzosa baldanza e chi invece si limitava a ripetere le parole nel tono monocorde di una filastrocca. Hermione non ebbe neanche il coraggio di provare a sussurrarlo. In quel momento, si sentiva in perfetta empatia con i professori.”


   
 
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