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Autore: Kitsunelulu    22/01/2017    0 recensioni
Orlando ama l'arte, le piante, il sole, i dolci. Marco odia tutto, per primo se stesso.
C'è qualcosa nel loro passato, tuttavia, che li accomuna.
Storia di due rette parallele che si incontrano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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C’è qualcosa, nella pioggia, di rassicurante. Starsene davanti alla finestra a osservare la strada riempirsi di acqua, le luci dei lampioni riflettersi in una sorta di Notte stellata sull’asfalto bagnato, anche il rumore lontano delle auto che sfrecciano sulle pozzanghere, tutto ciò mi rilassa. Certo, la condizione necessaria è che io sia al chiuso, in un luogo caldo e asciutto. Un po’ come quelle scatolette di alimenti a lunga conservazione. Riesco anche a concentrarmi meglio, per qualche ragione. Bene, è la condizione ideale per restarsene chiusi in casa e studiare il più possibile per l’imminente esame. Preparo il caffè. Se c’è qualcosa di positivo nell’avere una casa piccola, è che l’odore del caffè si diffonde in ogni angolo e ci rimane per un po’. Anche questo è accomodante. Mi fa venir voglia di avvolgermi in una coperta e guardare un film. Magari uno di quei film francesi che durano tre ore, film senza fretta. Ma perché vi sto parlando di questo quadretto di relax, vi starete chiedendo? Beh, ovviamente perché sto facendo di tutto per evitare il mio dovere: uscire e andare da Orlando, per consegnargli il suo regalo (e con esso le scuse per essermi comportato male). Infrangere questo idillio domestico per affrontare la pioggia ed il freddo sembra quasi un peccato. Questo è ciò che continuo a ripetermi per rimandare il momento, ma ormai sono passati tre giorni. Dovrò inventare la scusa di essere stato molto occupato. In uno slancio di determinazione che colgo al volo esco di casa. La temperatura, se pure ghiacciata, si è alzata di qualche grado rispetto alle settimane scorse. Apro l’ombrello e mi incammino verso la fermata dell’autobus. Sono le sei del pomeriggio perciò andrò a trovare Orlando a lavoro. Dalla sera del suo compleanno non ci siamo più sentiti. Io non sono una persona che ha l’abitudine di contattare la gente se non ha qualcosa di necessario da comunicare, mentre lui sarà stato molto impegnato, penso. Sicuramente non ha avuto il tempo di pensare a me. Ma in fondo che motivo avrebbe avuto di farlo? Anzi, il contrario sarebbe strano. Arrivo al bar in meno di dieci minuti, ma con mia grande sorpresa non trovo Orlando nel suo grembiule da barista: c’è una ragazza al suo posto. E’ il karma? E’ un segno del destino? Mi avvicino alla giovane per chiederle spiegazioni. Con un sorriso gentilissimo, uno di quei sorrisi meccanici che compaiono sui volti dei camerieri automaticamente, mi risponde:
“Ah, Orlando? Per qualche giorno lo sostituisco io. Sei un suo amico, o sei il suo ragazzo?”
Il suo ragazzo?
Sorrido nervosamente. Non ho nulla di quella cortesia automatica.
“No, sono solo un suo conoscente. Dovrei restituirgli delle cose, perciò sono venuto a cercarlo qui.”
“Capisco. Tutto ciò che so è che deve assentarsi dal lavoro fino a giovedì. Posso darti il suo numero, se vuoi.”
“Ti ringrazio molto per la cortesia, ma non ce n’è bisogno.”
“Allora buona serata!” Un altro sorriso da copertina di catalogo.
Cosa intendeva con il suo ragazzo? Stava parlando di amici e poi ha specificato: ragazzo. Non aveva l’aria di star scherzando, né di provocare. Era sinceramente curiosa di sapere se fossi il suo ragazzo. Forse avrà insinuato che Orlando possa essere omosessuale. E se invece lo fosse davvero? Se non me ne fossi mai accorto, ma fosse apertamente gay? In fondo non ha mai provato a nasconderlo né abbiamo mai avuto occasione di parlarne. Questo non cambierebbe nulla nella nostra amicizia, ovviamente. E’ solo curioso che non me ne sia mai accorto e che non me ne abbia parlato. In ogni caso, decido di chiamarlo per capire se mi sarà possibile incontrarlo. Dopo qualche squillo, risponde:
“Pronto?”
“Ehi, ciao. Sono Marco.”
“Ciao, Marco, che sorpresa! E chi se l’aspettava una tua chiamata.”
“In realtà ero partito con l’intento di una visita. Sono al bar, ma tu non ci sei.”
“Wow, deve essere un giorno speciale. Sono a casa adesso, se ti va passa di qui.”
“Va bene, allora a tra poco.”
“Ti aspetto.”
E’ il solito Orlando. La sua voce è sempre la stessa, vivida e rassicurante. Torno alla fermata e prendo la linea 7 che mi porta a casa sua. Dopo dieci minuti arrivo al campanello. Esito un attimo, poi suono.
Il biondo, in vestaglia e pantofole, sembra avere un colorito pallido. Inizio a capire perché non fosse a lavoro.
“Hai qualcosa di contagioso?”
“Nulla di contagioso, entra pure.”
“Ben ritrovato, comunque.”
“Da quanto tempo! Scusa se ti accolgo così, ma come immagini non aspettavo visite.”
“Ti disturbo? Hai la febbre?”
“Solo i decimi adesso, sto decisamente meglio. Figurati, non disturbi affatto. Anzi, una visita mi fa più che bene. E’ da domenica che non esco di casa, vedere qualche umano mi riaccende il cervello.” Sorride.
“Anche un tipo energico come te si prende l’influenza, quindi.”
“Purtroppo, sono intrappolato in questa gabbia corporea come tutti gli altri umani.”
“Dai, ha i suoi lati positivi. Almeno il corpo è bello. Il pensiero, l’anima, mica puoi vederlo o toccarlo.”
“Però puoi capire se è bello o meno lo stesso.”
“Comunque, ti ho riportato i pantaloni che mi prestasti a capodanno.”
Gli porgo un sacchetto di plastica in cui avevo riposto i pantaloni, dopo averli lavati.
“Ah, grazie mille. Sul tavolo ci sono i tuoi.”
“In realtà, anche questo è per te.”
Esito un po’, ma alla fine gli porgo il sacchetto di carta della libreria.
“Mmh, non ricordo di averti prestato altro…”
“Tu aprilo e guarda.”
Quando si accorge che si tratta di un pacchetto, il suo volto s’illumina di una sorpresa meravigliosa. Di tutti gli atteggiamenti infantili tipici dei suoi modi di fare, come i sorrisi sinceri ed i movimenti impacciati, questo sguardo incredulo è il migliore. A volte mi chiedo che tipo di reputazione la gente abbia di me, se basta così poco per meravigliarla positivamente.
“Alla fine mi hai fatto un regalo di compleanno?” Non distoglie lo sguardo dal pacchetto ancora integro, ma dal suo volto trasuda impazienza. Nella sua testa avrà già strappato la carta mille volte.
“Beh, aprilo. E’ per farmi perdonare di non essere venuto quella sera.”
“Ma io non sono mai stato arrabbiato con te!”
“Io però ero arrabbiato con me. Avanti, cosa aspetti ad aprirlo?”
Senza farselo ripetere toglie la carta del pacchetto, lentamente, come se non avesse fretta di scoprirne il contenuto. Quando finalmente vede il libro un sorriso spontaneo si aggiunge alla lista dei suoi sorrisi.
“Che tipo di indagine hai svolto per capire il libro che desideravo da mesi?”
“Immagino si tratti di fortuna, ma sono felice che ti piaccia.”
“Grazie davvero, non ho altre parole da dirti. Nessuno dei miei amici ha potuto passare la sera con me per il mio compleanno, così non ho fatto più nulla. Però nessuno di loro si è sentito così in colpa da farmi addirittura un regalo. Tu sei strano, strano positivamente.”
“Esageri sempre con i complimenti, sei troppo generoso.”
Prima che possa rispondere, una forte tosse interrompe le parole che stanno per essere pronunciate. Avevo dimenticato che Orlando avesse la febbre, è più energico di me anche in questo caso, perciò è difficile ricordarsene. Penso che dovrei togliere il disturbo e lasciarlo riposare. Magari gli scriverò.
Ma prima, mi torna in mente che c’è una domanda da fare.
“Senti, Orlando, a te piacciono gli uomini?”
Il ragazzo esita per un po’. La sua espressione cambia: è nuova, non avevo mai visto questa configurazione del suo volto. Le ciglia sono leggermente corrugate, come a indicare uno stato di confusione. Le labbra appena schiuse sembrano celare una risposta che c’è, ma fa fatica a venir fuori. Dopo qualche secondo torna ad adottare un’espressione solita e rilassata.
“No, perché me lo chiedi?”
“Così, per curiosità. A me non cambierebbe nulla, è solo che non ne abbiamo mai parlato.”
“Capisco. Sei strano, davvero.”

 
   
 
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