Reazione instabile
Lena strinse i pugni: non avrebbe pianto. La
macchina si muoveva nel traffico e lei osservava il mondo scorrere attorno lei
senza vederlo, perché il suo cuore bruciava, bruciava di rabbia, delusione e
soprattutto di dolore. Aveva perso troppo nella sua vita ed era riuscita a
rimanere in piedi, ma perdere quell’amore, prima ancora che sbocciasse, era
troppo. Chiuse gli occhi, la sua testa rifiutava quello che i suoi occhi
avevano visto con chiarezza.
Kara. Kara la dolce e
innocente Kara che baciava un'altra persona. Oh,
quanto aveva giocato bene la commedia: tutto era stato falso. Non c’era nulla
da spiegare, nulla da dire: i suoi occhi avevano visto e non c’era modo per lei
di tornare indietro.
Un singhiozzo le sconquassò il petto e lei si
posò un pugno tra i seni, soffocando il dolore, soffocando i sentimenti,
respingendo quell’ingiusta sofferenza: era stata una sciocca e non avrebbe
permesso al suo corpo di mostrarsi debole. Era una Luthor
e i Luthor non piangevano.
“Siamo arrivati, miss Luthor.”
Gli annunciò l’autista posteggiando la macchina accanto a uno dei laboratori
fuori città della L-Corp.
“Dammi un minuto, Arthur.” Riuscì a dire e fu
felice di sentire la sua voce priva di emozioni. Prese un profondo respiro e
poi un secondo, rilassò la mano e la stese sul sedile accanto a sé. Prese la
sua borsa e recuperò uno specchietto poi osservò il proprio riflesso. Due occhi
chiari e vuoti la fissavano. Molto bene.
“Arthur, sono pronta.” L’uomo uscì dalla
macchina e le aprì la portiera. Lei lo ringraziò ed entrò nell’edificio dove la
stavano aspettando due scienziati in camice bianco.
“Come procedono i test?”
“Mi dispiace dirle, miss Luthor,
che abbiamo riscontrato un problema…”
“Quale problema?” Chiese con voce distaccata e
fredda. I due scienziati si lanciarono un’occhiata perplessi nel vederla così
diversa dal solito. “Quale problema?” Ripeté lei con tono leggermente più alto.
“Una delle molecole durante il processo
rischia di diventare instabile il che farebbe collassare la reazione e potrebbe…
”
“Cosa dicono i test?” Sapeva perfettamente
cosa sarebbe successo se una molecola avesse alterato l’equilibrio.
“Abbiamo sospeso i test perché se il processo
collassasse…”
“Quali sono le probabilità?” I due scienziati
si lanciarono di nuovo uno sguardo e lei sentì la rabbia crescere.
“Quindici percento, miss Luthor.”
“Un rischio più che accettabile. Non possiamo
vivere nella paura.” Ripeté come se fosse un mantra a cui ora doveva
aggrapparsi. “Fatelo.”
“Ma…”
“Ho detto: fatelo!” La sua rabbia non sfuggì
ai due uomini che annuirono. “Quanto ci vorrà per preparare tutto?”
“Pochi minuti.”
“Molto bene.”
“Miss Luthor, devo
sconsigliare una simile affrettata procedura senza…”
“Quante simulazioni al computer sono state
fatte?” Chiese brusca, ben conoscendo la risposta, aveva seguito personalmente
il progetto.
“Non so di preciso…”
“Duemilacinquecentosessantatré.”
Rispose allora lei fissando l’uomo con alterigia. “Duemilacinquecentosessantaquattro
se oggi è stata eseguita quella che era in programma.”
“Sì, miss Luthor.”
“Ebbene, in queste duemilacinquecentosessantaquattro
simulazioni, quante volte il risultato ha portato al collasso della reazione?”
“Nessuna…” Lena lo fissò.
“Quante volte dottor Raymond?”
“Nessuna, miss Luthor.”
“Appunto. Procedete con l’esperimento.” L’uomo
annuì e poi si diresse verso il laboratorio principale mentre lei, seguita dal
secondo scienziato, raggiunse il ponte di osservazione, dove i computer
avrebbero mostrato loro i risultati.
Kara sbuffò, arrabbiata dalla lentezza
dell’ascensore della L-Corp, lei aveva una fretta
dannata e tutto il mondo sembrava essere più lento di un bradipo.
“Devo vedere…”
“Non è qui.” La segretaria si alzò in piedi
fissandola dritto negli occhi intenzionata, probabilmente, a non sbattere le
palpebre neppure una volta.
“E dov’è?”
“Non posso riferire degli spostamenti di miss Luthor, mi dispiace.” Disse con tono inflessibile la donna.
“Devo parlarle ed è urgente!” Proruppe lei, si
voltò verso l’ufficio e abbassò leggermente gli occhiali: il posto era
effettivamente vuoto.
“Mi dispiace.” Ripeté la segretaria. Kara prese il cellulare e lo fece suonare per l’ennesima
volta, ma Lena non le rispose o la ignorava o stava lavorando lontano dalla
sede della L-Corp.
“Grazie.” Disse, cercando di non avere un tono
troppo tagliente, e riprese l’ascensore. Mentre scendeva con lentezza
esasperante chiamò Alex.
“Cosa succede?”
“È successa una cosa…”
“Stai bene?” Chiese,
subito preoccupata, la ragazza.
“Io… sì, no, no.”
“Come posso aiutarti?”
“Devo parlare con Lena e lei non risponde al
telefono e…”
“Vuoi che lo faccia rintracciare? Se ha il telefono con sé sapremo
dove si trova.”
“Lo so che non dovrei chiedere di usare le
attrezzature del DEO per fini personali, ma…”
“Kara?”
“Sì?”
“Il DEO ti chiede di usare il tuo corpo per fare da scudo tra noi
umani e le minacce aliene ogni giorno, sono sicura che possiamo fare uno
strappo alla regola per darti una piccola mano.”
“Grazie… non so cosa farei senza di te.”
“Sì… però… non diciamolo ad Hank, ok?”
“Ok.”
Pochi minuti dopo Winn
aveva rintracciato la posizione del telefono di Lena e Kara
si precipitò verso uno degli laboratori in cui la L-Corp
faceva sperimentazioni.
“Non sarà facile entrarci, hanno un sistema di sicurezza
all’avanguardia.” Le
spiegò Winn che aveva collaborato senza chiedere
nessun tipo di spiegazione, da vero amico.
“Non mi vedranno neppure. Grazie.” Kara chiuse la conversazione, poi scandagliò l’edificio con
la vista a raggi X fino a riconoscere la figura elegante di Lena che sembrava
aspettare qualcosa, ferma con le braccia incrociate. Prese un profondo respiro,
annuendo: poteva farcela.
Quando la porta d’entrata si aprì lei corse,
infilandosi a super-velocità nell’edificio, fermandosi solo davanti alla porta
dietro alla quale aveva visto Lena. Prima che le mancasse il coraggio entrò
nella stanza.
“Chi è lei?” Uno scienziato, il primo a
vederla, si fece avanti con fare aggressivo. “Come ha superato i sistemi di
sicurezza?”
“Kara?” La voce di
Lena sembrò avere un tremito e lo scienziato si voltò perplesso a guardarla.
“Conosce questa donna, miss Luthor? Devo chiamare la sicurezza?” Kara
vide gli occhi della donna indurirsi e intervenne prima che accettasse il
suggerimento e chiamasse davvero gli uomini della sicurezza.
“Devo parlarti, ti prego, solo qualche
minuto.” La donna strinse la mascella, rimanendo in silenzio per un lungo
istante poi guardò lo scienziato.
“Lasciateci sole.”
“La reazione è incominciata e…”
“I computer registreranno tutto quello che
devono registrare che lei sia qui oppure no.” Lo interruppe lei con tono duro.
L’uomo annuì e uscì dalla stanza.
Kara si passò la mani lungo i fianchi, cercando di
calmarsi.
“Sto aspettando e mi pare avessi detto:
qualche minuto.” Proruppe Lena, freddamente.
“Quello che hai visto… io non volevo
assolutamente…”
“Sono stata una stupida, credevo che tu fossi
diversa, credevo che fossi sincera e onesta, credevo che potessi essere…” Lena
si interruppe scacciando con rabbia una lacrima sfuggita dai suoi occhi.
“Vattene.”
“Lena io sono innamorata di te!” Quelle parole
sembrarono fare breccia anche nella fredda corazza in cui Lena si era avvolta.
“E allora perché baciavi un altro? Mike: quel
sciocco bamboccio.”
“Non lo baciavo…”
“Hai paura di stare con me? Perché sono una Luthor?”
“Che sciocchezza!” Kara
strinse i pugni arrabbiata. Un bip iniziò a risuonare nella stanza, ma le due
donne lo ignorarono.
“E allora cosa? Perché sono una donna?” Kara scosse la testa, ma una scossa destabilizzò il loro
equilibrio. Ora furono molti i bip a risuonare nell’aria e si aggiunse un
allarme.
“Cosa sta succedendo?” Chiese Kara, Lena si voltò verso i computer leggendo i dati
rapidamente.
“La reazione che stavamo testando è diventata
instabile, dobbiamo uscire subito da qui!” Mentre lo diceva una seconda
violenta scossa spezzò in due il pavimento sotto i piedi di Kara
che sparì tra una nuvola di polvere e macerie.
“Kara!” Urlò Lena
gettandosi in avanti incurante del pericolo che lei stessa correva. Il terreno
tremò di nuovo e la donna cadde a terra, ma non le importava, gli occhi le
bruciavano a causa della polvere delle macerie, ma nulla contava, solo Kara. Due braccia forti la afferrarono e lei fu tirata
verso l’alto.
“No!” Urlò, ma Supergirl
la teneva stretta mentre spezzava le mura, creandosi una strada verso
l’esterno. “Kara! Salva Kara!”
Le disse, ma la giovane supereroina la posò sul verde prato esterno
all’edificio e poi si gettò di nuovo all’interno del laboratorio. Pochi istanti
e il prato fu affollato da scienziati e impiegati dello stabile. Lena si
aggirava tra di loro, il volto sconvolto alla ricerca di due occhi azzurri
senza i quali, ora lo sapeva, non poteva vivere.
“Sono tutti fuori e ho congelato la reazione.”
Affermò Supergirl atterrando con agilità ed eleganza
sul prato.
“Kara! È sparita tra
le macerie…” Supergirl la guardò, gli occhi dolci.
“Kara sarà sempre al
sicuro, fino a quando io avrò respiro.” Lena sbatté gli occhi e la supereroina
scomparve, mentre una mano si appoggiò sulla sua spalla.
“Sono qua…” Sentì mormorare e quando si voltò
vide Kara, senza neppure un graffio, un sorriso
titubante sulle labbra. Lena la prese tra le braccia e la strinse a sé mentre
il suo petto sussultava a causa dei singhiozzi non più trattenuti. “Va tutto
bene, sono qui.” Le mormorò ancora Kara
accarezzandole la schiena e lasciando che si sfogasse.
Kara la riaccompagnò alla L-Corp,
Lena aveva smesso di piangere, ma sembrava persa nei pensieri e lei non la
disturbò, ma quando si allontanò la donna catturò la sua mano e non la lasciò
più andare.
“Jess, stanzia un indennizzo per i dipendenti
del laboratorio che ho fatto esplodere, direttamente dal mio conto personale,
grazie.”
“L’ufficio addetto stampa si sta occupando dei
media, è appena arrivato il discorso che le hanno scritto, vi sono numerosi
video che si stanno diffondendo su internet, ma i suoi impiegati non stanno
diffondendo nessuna notizia sul perché l’esplosione è avvenuta, parlano solo di
incidente.”
“Bene, mi occuperò della faccenda, ma non
oggi.”
“Sì, miss, Luthor,
nessuno la disturberà.”
“Grazie, Jess.” La voce di Lena era di nuovo
salda e la sua sicurezza sembrava essere restaurata, ma non le lasciò la mano,
neppure davanti alla segretaria che, perfetta nel suo lavoro, non fece nessuna
gesto che rivelasse avesse notato la cosa.
Risalirono i piani fino a giungere all’attico.
Erano sporche di polvere e Lena aveva qualche graffio sulle braccia e sul viso.
“Vuoi che ti lasci tranquilla… magari ti serve
del tempo per…” Provò a dire.
“Vorrei che tu rimanessi questa notte.” Disse
allora la donna, senza titubanza, ma con occhi stanchi.
“Rimarrò fino a quando non mi manderai via.”
Le rispose ottenendo in cambio un sorriso dolce. Lena le si avvicinò e le
scostò una ciocca di capelli sfuggita alla sua bionda treccia.
“Non hai neppure un graffio… io ti ho visto
cadere…”
“Sto bene.” La rassicurò, Kara
e lei annuì, ancora incredula. Poi osservò le proprie mani sporche e sospirò.
“Devo fare un bagno.” Le lanciò uno sguardo e
inclinò la testa. “Dobbiamo fare un bagno.” Kara
arrossì e lei sospirò di nuovo, ma senza dolore, solo stanchezza. “Ti scelgo
qualcosa da metterti, tu vai per prima.” Kara annuì e
poi raggiunse il bagno.
Una grande vasca occupava il centro della
stanza, infossata nel pavimento in legno, numerose fragranze erano sistemate
nei loro eleganti botticini accanto alla vasca, così come varie candele. Contro
un angolo vi era anche una doccia, grande il doppio di quella di casa sua, ma
altrettanto pratica. Kara si liberò dai vestiti e
aprì l’acqua poi si ripulì dalla polvere di cui si era sporcata prima di
ricomparire sul prato e aver tolto il costume di Supergirl.
“Questi dovrebbero andarti bene.” La voce di
Lena la fece sobbalzare, la donna aveva accostato la porta e ora posò dei
pantaloni, un paio di t-shirt e dell’intimo su un armadietto. “Scegli quello
che preferisci.” Non la guardò, invece rischiuse la porta e la lasciò con il
cuore che batteva veloce.
Kara finì in un attimo, indossò l’intimo, cercando
di non pensare al fatto che appartenesse a Lena, e poi scelse i pantaloni beige
e una t-shirt grigio scura. Nel vederla arrivare Lena si fermò a metà
movimento. Kara alzò la mano al volto per sistemarsi
gli occhiali e si rese conto che li aveva dimenticati, con il cuore che batteva
veloce guardò Lena che si avvicinava, lo sguardo rapito. La donna alzò la mano
per accarezzarle il volto poi si fermò e sorrise in imbarazzo.
“Sono sporca e tu sei bellissima… non ti avevo
mai vista con i capelli sciolti e senza occhiali.” Kara
abbassò lo sguardo, ringraziando che i capelli bagnati apparissero più scuri di
quelli di Supergirl e che la ragazza non avesse
notato la somiglianza. “Ora tocca a me. Ho ordinato giapponese. Non ho voglia
di aspettare che lo chef ci prepari qualcosa di elaborato… ti dispiace?”
“No, va benissimo.” La ragazza annuì, poi
raggiunse il bagno e serrò la porta dietro di sé. Kara
chiuse gli occhi cercando di non cedere alla tentazione di osservare con i
raggi X la ragazza che si spogliava, era sbagliato per così tanti motivi che…
aprì un occhio solo e poi lo richiuse arrossendo e si voltò di spalle, doveva
recuperare i suoi occhiali, almeno la aiutavano a non cedere a tentazioni
ridicole.
Lena fu veloce, tanto che fu pronta mentre
arrivava la loro cena, portata dal sorridente portiere.
Mangiarono chiacchierando, lasciando da parte
gli argomenti importanti e lasciando da parte le paure di quella giornata, ma
alla fine Kara dovette parlare.
“Lena…”
“Sì?”
“Volevo parlarti di quello che hai visto,
oggi, alla CatCo.” La donna abbassò lo sguardo poi
scosse la testa.
“Oggi ho creduto di averti persa per davvero.
Quando ti ho visto precipitare tra le macerie…” Scosse la testa mentre gli
occhi le si velarono di lacrime. “Non mi importa di Mike, non mi importa di
quello che è successo. Voglio solo che tu stia bene.”
“Aspetta… pensi che…”
“Penso che tu sia confusa e che tu abbia
bisogno di tempo per capire. Hai detto di essere innamorata di me, ma forse
provi qualcosa anche per lui… e va bene.”
“No!” Kara si
inalberò a quelle frasi. “No! Io non sono innamorata di Mo…
di Mike! È solo un amico per me. Io…” Di nuovo sentì la gola seccarsi, ma gli
occhi di Lena erano allacciati ai suoi e aspettavano, aspettavano con timore e
speranza le sue parole. “Io so quello che voglio e sei tu. Io sono innamorata
di te.”
“Sei sicura? Perché non posso permettermi di
crederci se non sei sicura, ho perso troppo e non posso perdere anche…” Le sue
parole furono interrotte dalle labbra di Kara. Dolci,
ferme, sicure.
“Sì, sono sicura.” Le disse e poi catturò di
nuovo le sue labbra in un bacio cercando, con tutta se stessa, di imprimere in
esso l’amore che provava per Lena.
Note: questa volta sono stata brava, no? Niente finale al cardiopalma… ;-)
Tutto è andato per il meglio, anche se ci è voluta un’esplosione per convincere Lena a tornare sui suoi passi e a rimangiarsi la sua fredda resistenza. Crede di aver visto la quasi morte di Kara… normale che si mettano da parte le stupidaggini. Kara poi ha saputo spiegarsi e chiarire che lei vuole solo ed esclusivamente Lena, nessun tentennamento!
Ora, ragazze, Lena è stata chiara, vuole Kara a casa con sé questa notte… che dite che succederà? Vedremo. ;-)
Intanto vi ringrazio anche qui per i commenti, adoro leggere le vostre idee e le vostre opinioni su come si svilupperà la storia e a volte le vostre reazioni appassionate mi fanno morire dal ridere (adoro anche quando mi maledite!). Grazie, davvero grazie, di condividere con me la vostra lettura.