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Autore: _ A r i a    22/01/2017    2 recensioni
{ KageKi | 4,5k words | inspirato all'outer code story three | possibili spoiler | psychological manipulation }
Yuuto comincia a vedere uno scenario più definito davanti ai suoi occhi, peccato che ciò che gli si presenta non sia affatto rassicurante: ormai ne è certo, Kageyama è venuto lì per lui. Era convinto che rifiutando il contratto d’ingaggio che gli aveva offerto si sarebbe liberato una volta per tutte di lui. Doveva aspettarselo, in fin dei conti: da quando in qua quell’uomo demordeva così facilmente dai propri scopi? No, Reiji avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che desiderava, così come ogni altra maledetta volta – peccato che in questo caso il suo bersaglio fosse proprio Yuuto.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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‘Cause I’ve done something that I can’t speak
And I’ve tried to wash you away but you just won’t leave
So won’t you take a breath and dive in deep
‘Cause I came here so you’d come for me
Haunting, Halsey


Le luci dei lampioni cominciano ad accendersi, rischiarando la strada, mentre gli ultimi bagliori rossastri del tramonto scompaiono del tutto, lasciando il posto al blu scuro della sera su quella spettacolare tela che è il cielo.
Kidou prosegue a passo spedito lungo il marciapiede; con un gesto casuale scrolla il polso, avvicinandoselo appena al volto per poter leggere con nitidezza ciò che le lancette indicano sul quadrante del suo orologio. Il verdetto impensierisce non poco Yuuto – sono quasi le otto. Suo padre lo starà aspettando per la cena da una mezz’ora buona, volendo essere ottimisti. Come al solito ha finito per intrattenersi più del dovuto agli allenamenti: quando Endou e Gouenji lo hanno invitato a seguirli verso la Steel Tower non ha pensato nemmeno per un momento di rifiutare. D’altronde, negli ultimi tempi, gli sembra che i suoi amici siano rimasti le uniche persone al mondo a tenere a lui: a casa ogni occasione è diventata buona per discutere con suo padre. Il signor Kidou appare piuttosto suscettibile, il che è strano: gli affari per l’azienda di famiglia stanno andando piuttosto bene. Chissà, magari si tratta solo di un po’ di stress, visto che adesso è anche occupato con la questione sponsor…
Quando quell’ultimo pensiero gli attraversa la mente, Kidou avverte una familiare quanto indesiderata fitta attanagliargli il petto; il ragazzo si porta istintivamente la mano destra all’altezza del cuore, stringendo tra le dita la stoffa della felpa della Raimon.
Cose belle. Deve pensare positivo, adesso.
Haruna che gli ha sorriso durante gli allenamenti, quel pomeriggio; Endou che vola all’indietro, colpito in pieno dal suo amato copertone e che, nonostante tutto, si lascia andare ad una risata allegra, genuina, felice.
Inspira, espira. Inspira, espira.
Per un momento Kidou chiude gli occhi, per poi riaprirli di lì a breve. Sta decisamente meglio, adesso.
Non sa con certezza cosa gli sia preso – un attacco di panico, probabilmente. Negli ultimi periodi gliene capitano di continuo, sul serio.
“Troppi pensieri” sussurra nella propria mente, quasi come se volesse convincere se stesso.
Si lascia sfuggire un ultimo sospiro stanco, dopodiché si rimette di nuovo in marcia. La strada verso casa è quasi giunta al termine, ormai.
Proprio in quel momento, infatti, smette di fiancheggiare il muretto che circonda il perimetro dell’abitazione e si avvia lungo il vialetto d’ingresso, superando con pochi passi la fenditura del cancello. La casa è intensamente illuminata, ci sono lampade accese in buona parte delle stanze che riesce a vedere dalla facciata principale. Gli ultimi metri che lo separano dal portone Kidou li percorre con passi rapidi e leggeri, mentre il borsone con il fulmine della Inazuma gli batte ritmicamente sulla schiena. Quei contraccolpi non danno poi così fastidio a Yuuto, anzi, gli piace pensare che siano un po’ come un secondo cuore, che arde e pulsa assieme al primo.
Una volta saliti anche i pochi gradini dinanzi alla porta, Kidou fruga nelle tasche dei pantaloni, alla ricerca delle chiavi. È autunno inoltrato, eppure fa già freddo come in inverno. Mentre espira e il fiato si tramuta in nuvolette di vapore, Yuuto trova finalmente il mazzo di chiavi che stava cercando, così fa scattare quella giusta nella serratura senza ulteriori esitazioni e si fionda in casa, lasciando che il portone si chiuda dietro di sé.
Si lascia sfuggire un altro sospiro, mentre, ormai nell’atrio dell’abitazione, ha già cominciato a sfilarsi la sciarpa che gli circonda dolcemente il collo.
«Sono a casa!» esclama allora, più per un atto dovuto che per il piacere vero e proprio di essere arrivato.
Nel frattempo posa la sciarpa sull’appendiabiti all’ingresso, per poi proseguire attraverso il corridoio d’ingresso. Vorrebbe gettarsi subito nella propria stanza, non ha la minima intenzione di sorbirsi un’ennesima cena al vetriolo con suo padre, perciò per quanto sappia di dovergli comunque chiedere il permesso di andare in camera da letto, preferisci nel frattempo sistemarsi in una posizione strategica, almeno appena l’uomo acconsentirà alla richiesta che sta per porgli potrà subito scattare su per le scale verso la sua tanto agognata meta. Sta giusto per complimentarsi con se stesso per quella trovata geniale, quando i suoi fantastici piani vengono infranti con un tempismo che ha dell’incredibile.
«Yuuto, siamo in soggiorno» sente suo padre richiamarlo, con una voce leggermente più allegra del solito.
Kidou si ferma a metà strada, inarcando le sopracciglia in un’espressione dubbiosa.
Siamo?
D’accordo, lui e suo padre ormai non parlano quasi più, perciò non aveva idea che potesse esserci qualcuno a cena, tuttavia dubita che nessuno lo avrebbe avvertito nel caso di un’eventuale presenza di ospiti. Oltretutto, tornando a casa, non ha notato la presenza di auto nelle vicinanze dell’ingresso – perciò deduce che debba trattarsi di una visita piuttosto inaspettata.
Muove alcuni passi dubbiosi verso il soggiorno, mentre sta ancora cercando di capire chi potrebbe esserci nell’altra stanza, assieme a suo padre. Chi diavolo sarebbe così folle da presentarsi senza invito né preavviso a casa di una persona all’ora di cena? Kidou ha un sospetto – terribile, a suo dire – per cui spera davvero tanto di star sbagliandosi.
Peccato che l’istinto di Yuuto fallisca raramente.
Una volta giunto sulla soglia del soggiorno sente le proprie gambe bloccarsi, il respiro rimanere impigliato in gola e un accenno di vergogna imporporargli le gote. Già, vergogna, perché Yuuto non riesce a credere che quel passato, da cui sta tentando di sfuggire con tutte le proprie forze, adesso sia seduto sulla poltrona accanto a quella di suo padre, le gambe elegantemente accavallate mentre continua a conversare amabilmente con l’uomo al proprio fianco.
Kageyama Reiji si volta nella sua direzione, rivolgendogli uno dei suoi migliori sogghigni.
Quella sensazione di panico con cui ormai sta imparando a convivere negli ultimi tempi torna adesso ad impossessarsi, di colpo e prepotentemente, del suo corpo. Sente ogni pensiero annullarsi, come se la sua mente, la sua ancora di salvezza in ogni situazione, avesse deciso improvvisamente di fare tabula rasa, così che perfino ricordarsi come si respira è diventata un’impresa piuttosto ardua.
«Oh, sei arrivato, finalmente» riprende suo padre, impaziente «stavamo aspettando solo te per iniziare la cena.»
Kidou non sembra nemmeno sentire quelle parole; si è perso ad osservare Kageyama, che lo fissa di ricambio. Yuuto riesce a leggere nella sua espressione un certo sentore di sbeffeggiamento, il che non fa che innervosirlo ancora di più.
Credevi davvero di potermi sfuggire, ragazzo?
Kidou si ricorda di colpo di aver bisogno di respirare e, prima che possa morire di asfissia, si costringe a tirare un profondo sospiro, anche nel vano tentativo di riacquistare quel contegno che sa di aver definitivamente perduto.
“Su, Yuuto” si ammonisce “vedi di smetterla di comportarti come una scolaretta”.
Inspira ancora una volta a fondo, per poi puntare lo sguardo su suo padre.
«Vado a farmi una doccia» gli comunica tutto d’un fiato, dimostrando di non aver ascoltato nemmeno una parola di ciò che l’uomo gli aveva detto giusto poco prima, quindi, senza attendere il consenso, si fionda in direzione delle scale.
Cerca di rimuovere dalla propria mente l’ultima immagine che ha intravisto mentre si allontanava dal soggiorno – il ghigno di Kageyama che si allargava nell’udire la parola “doccia” – ma, nonostante tutti i suoi sforzi, proprio non ci riesce.


L’acqua continua a scendere impietosa sul suo corpo quando il pugno attraversa l’aria e colpisce con rabbia le maioliche candide davanti a sé
Yuuto è furioso, letteralmente.
Ancora si domanda – forse in maniera futile – cosa diavolo sia passato nella mente del suo genitore adottivo nel momento in cui ha deciso di firmare quel dannato contratto che lo costringe ad essere lo sponsor della sua ex squadra, la Teikoku.
“Ah, già” mormora dentro di sé una vocina dal tono più affranto di quel che potesse immaginare “il vile denaro, ecco cos’è che muove la gente al giorno d’oggi”.
Fondamentalmente quel di cui Yuuto si vergogna così tanto è il modo in cui, per una ridicola sponsorizzazione, suo padre stia macchiando il nome della famiglia a cui, volente o nolente, anche lui appartiene. Insomma, non è esattamente il massimo vedere il proprio cognome sulle maglie della squadra di un uomo che ha cercato di uccidere i suoi attuali compagni di squadra – e Kidou si sente anche peggio, se pensa che quelle divise le indossano i suoi vecchi amici.
Una beffa nella beffa, insomma.
Yuuto si lascia sfuggire un verso rabbioso, che gli raschia la gola. Ha così tanta frustrazione repressa in corpo che non dubita di poter distruggere qualsiasi cosa gli capiti a tiro, in quel momento.
Chiude l’acqua con un movimento fulmineo, ancora furioso, dopodiché esce dalla doccia, avvolgendosi un asciugamano attorno alla vita e tamponandosi i capelli con un altro. Deve pure sbrigarsi, perché suo padre e Kageyama lo stanno aspettando per la cena – e non sia mai che il loro ospite debba attendere, sarebbe estremamente scortese da parte sua.
A volte Kidou si domanda cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto ciò. Prima la morte dei suoi genitori, poi la separazione da Haruna e adesso questo. Sente il sangue ribollirgli nelle vene, se solo potesse… se solo potesse…
Kidou è costretto a far ricorso ancora una volta alle sue tecniche di repressione dei sentimenti, benché questa volta non si trovi a dover tenere a bada il panico, bensì la rabbia.
Pensa che, con ogni probabilità, se Kageyama lo vedesse in quel momento di fragilità, non perderebbe tempo per sbeffeggiarlo e rinfacciargli un’ennesima volta quanto sia debole, per via della sua incapacità di tenere a bada le emozioni.
Kidou decide di non dargli quell’ennesima soddisfazione, perciò prende ad asciugarsi in fretta, per poi infilarsi i vestiti che ha recuperato poco prima in camera. Valuta che quei jeans e la camicia sono fin troppo eleganti per una cena che non vede l’ora di finire, tuttavia non ha la minima voglia di andare di là a cercare qualcos’altro – sì, ha preso i primi vestiti che ha trovato nell’armadio – così, una volta allacciato l’ultimo bottone, si avvia di gran carriera verso l’uscita della stanza.
Arranca svogliatamente verso le scale e da lì cerca di captare qualche scorcio del discorso che si sta tenendo al piano inferiore. A quanto pare, nell’attendere il suo arrivo, suo padre e Kageyama hanno deciso di accomodarsi già nella sala da pranzo.
«Mi dispiace, Kageyama-san» Yuuto sente mormorare il proprio genitore adottivo, nella sua voce una sincera quanto disgustosa nota di rammarico «non è giusto farla aspettare in questo modo, avrei dovuto dirgli di salire dopo.»
«Non si preoccupi» replica Kageyama, in tono piatto «ho preso un caffè prima di venire qui, perciò i morsi della fame non sono poi così insopportabili.»
Kidou afferra il corrimano con forze, le nocche che sbiancano, quando sente suo padre soggiungere:«D’accordo, resta tuttavia il fatto che questo sia un comportamento decisamente inaccettabile.»
Yuuto scende le scale con un passo più pesante di quel che vorrebbe, giusto per annunciare ai due l’imminenza del proprio arrivo. Detesta il fatto che si parli di lui alle sue spalle, soprattutto se quelle che vengono pronunciate sono cattiverie infondate. Da quando in qua dovrebbe essere cortese con una persona che non ha mai mostrato un minimo di rispetto nei confronti di innumerevoli vite umane? D’altronde, Kageyama non si è mai fatto problemi a calpestare gli altri e i recenti avvenimenti ne sono una lampante dimostrazione.
Kidou fa il suo ingresso nella stanza con lo sguardo pieno di rabbia puntato a terra.
«Oh, eccoti» commenta suo padre, quasi come se fosse infastidito dal fatto che la sua presenza nella stanza sia giunta solo in quel momento – e Yuuto non stenta a credere che sia esattamente così «bene, accomodati, così finalmente possiamo iniziare a cenare.»
Kidou trattiene tra i denti un potevate iniziare già senza di me, anche perché sa che, con ogni probabilità, la risposta di suo padre sarebbe “non rivolgerti a me in questo modo”.
Mentre raggiunge la sedia che quella sera gli spetta, sente gli occhi di Kageyama che non si staccano dal suo corpo nemmeno per un secondo.
«Fortuna che ti sei cambiato» lo sente commentare, di lì a poco «il blu di quella divisa non ti dona affatto.»
Kidou fa fatica a reprimere la stizza che prova in quel momento e quella volta non può proprio impedirsi di rispondere.
«Beh, certo, immagino che il nero funereo mi doni molto di più, no?» ribatte infatti, gli occhi che sprizzano scintille infuocate dietro le lenti scure.
Kageyama fa per replicare a sua volta, tuttavia viene interrotto con un tempismo perfetto dal padre del ragazzo.
«Yuuto, per cortesia, non cominciamo» lo ammonisce, con severità «questa è una cena come tutte le altre, perciò sei pregato di non infastidire i miei ospiti, non finché ti trovi ancora sotto il mio stesso tetto. Sono stato chiaro, ragazzo?»
Kidou brontola senza farsi notare, non aggiungendo altro.
A dir la verità Kageyama si è accorto perfettamente di quanto il ragazzo sia in difficoltà e ha tutte le intenzioni di stuzzicarlo per l'intera durata della cena. Vuole tastare il terreno, vedere fino a quando il suo autocontrollo è in grado di sostenerlo. Chissà, potrebbe anche rivelarsi una serata più divertente del previsto.
Nel frattempo dei camerieri portano piatti con la pietanza principale della serata, agnello con patate stufate e salsa al burro. In una situazione diversa a Yuuto si illuminerebbero gli occhi nel vedersi consegnare una cena del genere. Con la consapevolezza di quali commensali siano lì a condividere la cena con lui, chissà perché sente lo stomaco chiudersi di colpo.
Suo padre, invece, ha già cominciato a mangiare con gusto.
«Allora, Kageyama-san» comincia poco dopo «come mai da queste parti?»
«Per affari, ovviamente» Reiji non esita un istante per rispondere, facendo dondolare tra due dita la propria forchetta a mezz’aria, lo sguardo che non ne vuole sapere di staccarsi da Yuuto.
Kidou sente suo padre prorompere in una risata decisa.
«Ottima risposta, vecchio mio» commenta l’uomo, il sorriso ancora stampato sulle labbra nel frattempo che si passa un dito tozzo sotto l’occhio, come a voler raccogliere una lacrima scesa a causa dell’improvviso eccesso d’ilarità.
Kageyama non lo considera più di tanto, sta ancora fissando Yuuto. Il ragazzo non ha ancora mostrato intenzione di toccare il cibo che ha nel piatto.
«Non mangi?» gli domanda con voce bassa, melliflua, sensuale quasi.
Kidou fatica a non sobbalzare sulla sedia, la schiena che subito torna ad irrigidirsi. Kageyama non si fa certo sfuggire neppure quel piccolo mutamento, il che gli suggerisce che, forse, ottenere ciò che desidera dal ragazzo sarà più facile di quanto sospettasse.
Reiji sogghigna, entusiasta. È stupefacente notare come, dopo tutto quel tempo, la mansuetudine e l’assoggettamento che Kidou nutre nei suoi confronti non siano affatto mutati, commovente quasi.
Yuuto sta ancora pensando a quanto gli suoni strano sentire suo padre, un uomo sempre così composto, rivolgersi a qualcuno chiamandolo “vecchio mio” come farebbe un marinaio con un altro come lui, soprattutto se prende in considerazione il fatto che il destinatario di tale epiteto fosse proprio Kageyama. Suo padre e il suo ex allenatore, per quanto ne sapesse, si erano parlati un così ristretto numero di volte in vita loro che d’improvviso tutta quella confidenza suonava così forzata, un’ennesima costrizione in una situazione già di per sé al limite del paradossale.
Yuuto si costringe ad infilare la forchetta nel piatto mentre i due riprendono a discorrere.
«E mi dica, di che affari si tratta, nello specifico? C’è forse qualcosa che non la convince, nel contratto che abbiamo stipulato?» s’informa allora il signor Kidou, la voce che è tornata ad essere seria e concentrata.
«Oh, no, niente del genere» si affretta ad assicurare Kageyama, sfoderando un sorriso affabile che Yuuto conosce fin troppo bene «in realtà si trattava solo di alcune inezie, niente di cui preoccuparsi. Però, sa, per me frequentare questa casa è sempre un immenso piacere, perciò mi sono detto “Perché aspettare domani e privarmi di una così piacevole compagnia, se posso risolvere tutto e subito?”»
Yuuto comincia a vedere uno scenario più definito davanti ai suoi occhi, peccato che ciò che gli si presenta non sia affatto rassicurante: ormai ne è certo, Kageyama è venuto lì per lui. Era convinto che rifiutando il contratto d’ingaggio che gli aveva offerto si sarebbe liberato una volta per tutte di lui. Doveva aspettarselo, in fin dei conti: da quando in qua quell’uomo demordeva così facilmente dai propri scopi? No, Reiji avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che desiderava, così come ogni altra maledetta volta – peccato che in questo caso il suo bersaglio fosse proprio Yuuto.
Percepisce distrattamente suo padre commentare che quella di Kageyama sia davvero una scelta lodabile, tuttavia nessuno di loro due lo sta realmente ascoltando: hanno ingaggiato una sorta di battaglia di sguardi, dalla quale Yuuto teme che nessuno ne uscirà vincitore. Kageyama lo sta osservando con lo stesso sguardo inquisitore di sempre, quello che sembra volerti trapassare da parte a parte, mentre il contatto visivo che sta ricercando il ragazzo pare essere, se possibile, perfino più intenso: vorrebbe poter scandagliare ogni parte della mente dell’uomo, riuscire a capire cosa vi nasconda, se i suoi sospetti siano fondati o meno.
Peccato che leggere nei pensieri di quell’uomo sia così dannatamente difficile. Yuuto si sente quasi come se si trovasse di fronte a una scrittura illeggibile e indecifrabile, il che lo fa innervosire terribilmente: detesta non essere al corrente di qualcosa, qualunque essa sia.
«Una compagnia così piacevole da non riuscire a farne a meno, eh?» sbotta d’improvviso, assottigliando lo sguardo.
Kageyama ghigna e, se non fosse certo di avere gli occhi di tutti i presenti puntati addosso, si leccherebbe le labbra con estrema malizia; si chiedeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a resistere il ragazzo, con quel carico psicologico addosso. Deve ammettere che è riuscito a ricreare un’atmosfera di tensione decisamente adatta a ciò che desidera – e forse si sta compiacendo più del dovuto o prima del tempo, non importa, per una volta che è riuscito a fare qualcosa a modo è lieto di potersene dare merito.
«Y-Yuuto—» cerca di riprenderlo suo padre, senza ottenere un risultato minimamente soddisfacente.
«È esattamente quello che ho detto» gli fa notare Kageyama, continuando a ghignare tutto soddisfatto, certo di avere ormai la vittoria in pugno.
«Già, chissà perché però non riesco proprio a credere a queste parole» rincara Yuuto, in tono gelido, deciso a non volergliela far spuntare pure quella volta.
«Kidou Yuuto» nel frattempo, dal lato opposto della stanza, il padre del ragazzo afferra con rabbia il bordo del tavolo. Yuuto è abbastanza certo che adesso gli toccherà una ramanzina coi fiocchi – e se da una parte sa perfettamente di essersela meritata, considerando il modo arrogante e spocchioso in cui ha risposto a Kageyama, dall’altra è consapevole di essere nel giusto, perciò perché dovrebbe sorbirsi una sgridata immotivata?
In quel momento la buona sorte sembra di colpo ricordarsi – dopo tanti anni d’assenza – dell’esistenza di Yuuto, infatti improvvisamente il telefono di suo padre si mette a squillare. L’uomo trattiene tra i denti una serie di imprecazioni stizzite che poco si addicono alla sua figura, sempre così pacata e autoritaria, intanto che controlla sul display il numero di chi lo sta chiamando. Quando realizza di chi si tratta, per un momento sembra quasi sbiancare.
«I miei nuovi clienti inglesi» spiega, con aria desolata «perdonatemi, devo proprio rispondere–»
«Io salgo in camera mia» conclude Yuuto, alzandosi di scatto dalla sedia.
Suo padre fa per dirgli qualcosa; vorrebbe ordinargli di fermarsi e costringerlo a tornare subito lì per continuare a riprenderlo, tuttavia Yuuto sa già che non lo farà: non c’è nulla che venga prima del lavoro, per quell’uomo, perciò non è poi così sorpreso di vederlo avviarsi, poco dopo, in direzione della terrazza, mentre ha già risposto al telefono.
Il ragazzo non ci pensa due volte e si sbriga a correre su per le scale.

Mentre attraversa il corridoio deserto, Yuuto pensa distrattamente a ciò che potrebbe fare adesso. D’istinto vorrebbe poter chiamare Gouenji, l’unico con cui ultimamente ha legato un pochino – esclude a prescindere Endou, per quanto il capitano della Raimon possa stargli simpatico capisce che non sia esattamente la persona migliore con cui parlare di una cosa del genere – tuttavia non è certo di voler riversare tutte le sue paturnie su una persona che, fino a poco tempo prima, si limitava a tollerarlo a malapena. Insomma, Shuuya sta cominciando a sopportarlo adesso, perciò forse sarebbe meglio evitare di perdere tutta la dignità in un colpo solo e precludersi così la possibilità di avere anche solo una persona in quella squadra che non lo picchierebbe volentieri.
È ormai giunto alla – frustrante – conclusione che si limiterà a buttarsi sul proprio letto, mettendosi a fissare il soffitto quando giunge davanti alla porta della propria camera. Abbassa la maniglia senza troppo curarsi di ciò che lo circonda – errore madornale, se solo ci ripensa – e si lascia scomparire tra le tenebre della stanza, spingendo la porta dietro di sé, certo che si chiuderà.
Poco dopo, tuttavia, si vede costretto ad ammonirsi mentalmente della leggerezza imperdonabile che ha commesso quando si rende conto che il tempo impiegato dalla porta per scattare nella serratura è decisamente eccessivo – tuttavia ormai è troppo tardi, perché da dietro due braccia forti gli hanno già cinto la vita.
Kidou fa per sobbalzare, vorrebbe potersi opporre a quella morsa opprimente ma tutto quel che riesce a tirare fuori è un gemito strozzato, mentre Kageyama lo obbliga a piegare la testa all’indietro.
«A volte mi domando se lo fai apposta o meno» Reiji accarezza con un dito la gola arcuata del giovane, godendo del modo in cui sente sussultare il pomo d’Adamo sotto il proprio tocco bramoso «t’impegni così tanto per resistermi, per sfuggirmi, alla fine però cadi sempre nello stesso errore, tant’è vero che sei proprio tu a lasciarmi spalancate tutte le porte per raggiungerti.»
Kidou lo osserva attentamente, rivolgendogli un sorriso sprezzante nonostante la posizione scomoda in cui l’ha costretto.
«Se credi che l’abbia fatto apposta per farmi seguire ti sbagli di grosso» ribatte, gli occhi colmi di astio «ho solo commesso un errore, niente di più.»
«Un errore» Kageyama lo fissa divertito, per poi lasciarsi sfuggire una risata di scherno. Allunga un braccio alle proprie spalle, premurandosi di chiudere la porta a chiave.
«Tu sei Kidou Yuuto, non commetti errori» replica allora prontamente, continuando a fissarlo con intensità «avevi tutto il tempo per chiudere questa porta ma non l’hai fatto. Per quanto tu possa raccontare a te stesso il contrario, sapevi perfettamente che ti avrei seguito per poi raggiungerti qui, in camera – tant’è che tu stesso hai detto chiaramente dove saresti andato, quando eravamo ancora a tavola. Tu volevi che ti seguissi, Kidou, non mentirmi; d’altronde, sarebbe inutile, non trovi? Io ti ho insegnato tutto quello che sai, so captare con precisione qualsiasi pensiero ti attraversi la mente.»
Yuuto scuote la testa; quell’uomo non perderà mai il vizio di cercare di raggirarlo con le proprie parole.
«Pensala un po’ come vuoi, sappi però che non è così che stanno le cose» commenta infatti, incrociando le braccia al petto «se non commetto errori, perché mai avrei dovuto rifiutare il vantaggiosissimo contratto che mi avevi offerto? E poi, visto che sei così convinto che volessi essere seguito, spiegami per quale ragione lo desiderassi.»
Kageyama sogghigna, come se il ragazzo gli avesse appena fatto il più bel regalo della sua vita.
«Hai rifiutato il contratto per dimostrarmi che potevi sottrarti a me, qualora lo volessi» Reiji poggia entrambe le mani sui fianchi del ragazzo, costringendolo a voltarsi verso di sé «quanto al motivo per cui ti sei lasciato seguire, beh… immagino che si tratti di questo.»
E, con questo, non perde tempo oltre per trascinare i fianchi del ragazzo, lasciandoli strofinare contro i propri.
Il volto di Yuuto s’imporpora violentemente, mentre non riesce a trattenere il gemito che fiorisce sulle sue labbra.
Kageyama invece ghigna vittorioso, trattenendogli il mento tra pollice e indice.
«A quanto pare avevo ragione io» commenta, appagato dal rossore che ha pervaso il volto del ragazzo «e prima di tutto direi di liberarci di questi… voglio vedere i tuoi occhi annebbiarsi di piacere… queste gemme sono mie, appartengono unicamente a me, Kidou.»
Con un gesto rapido della mano Kageyama gli sfila gli occhialini, lasciandoli cadere a terra. Yuuto cerca di opporsi, tuttavia prima che possa pronunciare anche una sola parola si ritrova con le labbra dell’altro sulle proprie, che gustano quel sapore dolce d’innocenza con bramosia e possessione.
Kidou prova a ribattere, tuttavia Kageyama fa incontrare nuovamente i loro fianchi e d’improvviso nella mente di Yuuto ogni cosa è beato obnubilo, una nebbia fitta che avvolge i pensieri razionali e lo costringe a corpo tremante, le labbra incapaci di produrre qualcosa che non siano gemiti.
Reiji lascia vagare una mano sotto la camicia del ragazzo, accarezzando a fondo tutta la schiena candida e morbida. Per un momento Yuuto è costretto a chiudere gli occhi e a deglutire forte, talmente intense sono le sensazioni piacevoli che lo pervadono in quell’istante. Kageyama continua a strofinare i fianchi contro i suoi, mentre lo induce lentamente a distendersi sul letto alle sue spalle.
«Ohh, la camicia» Reiji accarezza il tessuto azzurrino che ricopre il petto di Kidou «cos’è, un modo carino per dirmi che vuoi essere torturato per bene?»
«T-ti sbagli…» cerca di ribattere il ragazzo, il volto già paonazzo.
«Certo, come no» Kageyama riprende a strofinare il bacino su quello del ragazzo, esaltato dalla durezza che avverte all’altezza del cavallo dei pantaloni di Yuuto.
Il ragazzo ansima e geme, gettando la testa all’indietro, così Kageyama ne approfitta per chinarsi su di lui e lasciargli baci umidi sul collo, mentre le dita abili hanno già cominciato a slacciargli i bottoni della camicia.
«M-mio padre—» tenta di opporsi Kidou, gli occhi che ormai rimangono aperti solo se si sforza.
«Shh, tuo padre cosa?» Kageyama è già arrivato a metà dell’opera, perciò ne approfitta per accarezzargli il petto nudo, certo di riuscire così a tenere sotto controllo le sue deboli proteste «lui adesso è impegnato nella sua importantissima telefonata di lavoro, cosa pensi che farà? Correrà qui a salvarti come il cavaliere dall’armatura scintillante? Oh, andiamo, Kidou, sappiamo benissimo entrambi che quell’uomo è tutto fuorché questo. È un vile, codardo, a cui importa ben poco di quel che ti succede. Ce l’ha con te perché hai rifiutato un contratto che avrebbe potuto portargli un sacco di soldi, perciò perché mai dovrebbe correre in tuo soccorso se sa che adesso ti trovi in una situazione che potrebbe potenzialmente farti cambiare idea? Certo, non immagina quello che realmente succede dietro questa porta, tuttavia sarebbe egoista da parte tua credere che gliene importi qualcosa, non trovi?»
Kidou abbassa gli occhi, di colpo sostenere lo sguardo di Kageyama è diventato così doloroso. La verità delle parole di Reiji lo ha colpito in pieno petto: suo padre non lo raggiungerà nemmeno se urlasse a squarciagola. Si domanda allora a questo punto che senso abbia continuare ad opporsi a Kageyama, soprattutto considerate le condizioni in cui si trova. Yuuto si lascia sfuggire un sorriso triste: alla fine lo ha lasciato davvero vincere.
«Adesso non comportarti come la vittima della situazione, Kidou» Kageyama gli solleva il volto con forza, le labbra che si precipitano nuovamente su quelle del ragazzo «come se tutto ciò non ti piacesse.»
Kageyama strofina una volta il bacino contro quello di Kidou, mentre è ormai passato ad abbassare la zip dei jeans del ragazzo e Yuuto decide che lasciarsi andare a quell’oblio tanto piacevole non sarà poi una decisione così deleteria.





Angolo autrice
Attenzione: queste note potrebbero contenere potenziali scleri e spoiler riguardanti l’outer code story 3 uscito il 20 gennaio 2017. Se non l’avete ancora visto vi consiglio di non procedere oltre con la lettura.
Per tutti gli altri, che voi siate temerari ormai immuni agli spoiler o gente che si è vista tutta la live dell’altro giorno, allora prego, scendete tranquillamente negli scellerati inferi che troverete da qui in poi.


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CIOÈ.
Io giuro che ci ho creduto – sperato – fino all’ultimo. Era tutto perfetto, stavo letteralmente sclerando e saltellando in preda alla gioia sul mio letto. Anzitutto la nuova sede della Teikoku è una figata astronomica, cos’altro potrei mai aggiungere. Se solo esistesse davvero un posto del genere tornerei immediatamente a studiare, giuro.
Vogliamo parlare un momento di Genda e Sakuma? No, dai, parliamone. Sono adorabili, due cuccioli come al solito – ed erano tutti contenti di avere sulla maglia la scritta dello sponsor “Kido” grosso come una casa… ma d’altronde, voglio dire, come potresti non essere contento di una cosa del genere se ti chiami Sakuma Jirou e sei il fan numero due di Kidou Yuuto? shh, il numero uno è Kageyama (ma non andate a dirlo in giro)
Tra l’altro Fudou, ahh, Fudou, mio piccolo caro, coccolo, adorato Fudou. Ultimamente lo sto rivalutando tantissimo, come personaggio – insomma, basta che stia ad almeno venti chilometri di distanza da Kidou e che le fujoshi smettano di voler vedere sempre e per forza il romance tra loro e il gioco è fatto, no? – e in dieci/venti secondi che si prende sullo schermo mi ha tipo fatto sputare un polmone a forza di ridere tra l’altro aveva un outfit gnocchissimo (e poco etero) ma lui per me resterà per sempre il boy di Fuyuka, per cui no problem.
E poi, a un certo punto, puff, ecco che sbuca fuori lui, il mio adorato Comandante. Lo sapevo che era vivo, lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Ero davvero troppo esaltata, stavo per mettermi a piangere per la gioia. Tra l’altro è ricomparso al suo fianco anche il suo vice, quello che lo aveva sostituito durante la finale contro la Raimon, dopo che Reiji era stato arrestato. Mi domandavo che fine avesse fatto quell’uomo, in effetti – no, non è vero, non mi sono mai posta un interrogativo del genere ma dettagli--
Insomma, era davvero tutto perfetto, perlomeno fino al momento in cui è arrivato lui.
Kazemaru.

Ora, io posso pure volere tutto il bene del mondo a Ichirouta, però— non ce la posso fare. Sono infuriata, mi sento tradita e presa in giro. Da chi? Oh, semplicissimo: da Kageyama, da Hino burn that psycho e dalla Level 5 intera. Fanno di tutto per ingannarmi come un’allocca ed ecco che puntualmente ci casco – stupid me. Erano uscite delle scan e in due pagine, sullo sfondo della nuova Teikoku, c’erano delle immagini giganti di Kidou e Kageyama. Si diceva che sarebbe stato l’episodio in cui sarebbero figurati due personaggi il cui nome ha come iniziale la lettera “K” (quindi chi meglio del binomio perfetto Kageyama/Kidou avrebbe potuto incarnare tale caratteristica?) e per di più l’indizio dell’outer code parlava del ritorno di un personaggio. Io ci ho creduto – e sperato – sul serio che potesse trattarsi di Kidou, d’altronde tutti gli indizi lasciavano supporre questo. Ti pigli come sponsor l’azienda del padre di Yuuto e che un giorno sarà proprio di tuo marito e non ingaggi Kidou? Ma cos--
Dio, ho così tanta voglia di picchiare Kageyama. Secondo me ha qualcosa in mente e comunque durante il corso degli eventi del nuovo arco narrativo i due avranno di nuovo modo di incontrarsi, altrimenti non riesco proprio a spiegarmi perché nell’ending della preview di Ares no Tembin del 27 luglio 2016 abbiano inserito un frangente in cui Kageyama e Kidou compaiono insieme. Questa nuova serie sta facendo crollare tutte le certezze che avevo fino a questo momento: Hayden vivo, Kevin all’Alpine con i gemelli Frost, Hiroto che non si chiama più Kira e ha addirittura un fottuto doppio e ora questo… dove posso andare a suicidarmi?
A questo punto sto solo aspettando di trovare Kidou per poterlo insultare pesantemente, non dico altro.

Venendo alla storia, io non so bene cosa dire. Avevo bisogno di sfogarmi visto quanto al momento io sia arrabbiata con questi due tipi qua e quale modo migliore per farlo se non con questo piccolo esperimento di tortura psicologica? Ahh, era da un po’ che avevo voglia di esercitarmi su una roba del genere ed ecco che finalmente ne ho avuto la possibilità. Questi due si prestano bene a cose del genere, in effetti. C’è una sorta di dub-con/angry sex dopo, ahimè tuttavia sono costretta come al solito al lasciarlo solo intendere, perché la Efp policy è quel che è e io mi devo attenere ad essa. A volte mi viene voglia di iscrivermi a Livejournal per poter pubblicare con piena tranquillità robe del genere, poi però mi ricordo che, di fatto, faccio pena a scrivere di lemon/lime, così alla fine lascio perdere, come ogni altra volta. Ecco, in effetti è per questo che mi sono fermata in quel punto e non sono andata oltre, perché io in queste cose faccio pietà, punto.
Una cosa importante: noi non abbiamo ricevuto da nessuna parte (o, almeno, francamente io ho cercato dovunque ma non ho trovato niente – mamma mia quanto lavoro c’è dietro a questa shot) la conferma che lo sponsor della Teikoku sia l’azienda del padre di Yuuto, tuttavia mi pare improbabile che non lo sia – come direbbe Kidou, “troppo perfetta per essere una coincidenza” – per questo la storia è di per sé una what if? dell’outer code… se ve lo state chiedendo sì, mi sento molto avanti in questo momento. Comunque a me pare uno scenario molto plausibile, perlomeno fino alla parte della camera da letto-- sigh
Finalmente, dopo mesi di blocco mentale in cui non sono riuscita a tirare fuori un banner minimamente decente neanche cavandolo con le pinze (per quanto “Fuoco liquido nelle vene” sia uscita a novembre, mi pare che il banner lo avessi fatto a settembre/ottobre – e comunque non mi convinceva per niente all’epoca e continua a non piacermi neanche adesso) mi è venuta fuori una cosa minimamente decente. Evidentemente è frutto dell’ispirazione post orrendo outer code dell’altro giorno, cosa volete che vi dica. L’unica cosa positiva di questo dannato episodio di cinque minuti è che ho trovato nuove fanart della KageKi su pixiv – ergo sfruttiamole tutte subito, no? yupie--
Ah, già, la canzone. Concludo dicendo che questa storia all’inizio non aveva neanche un nome – pensa te oh – poi avevo pensato di chiamarla “Dark necessities” ma mi sono ricordata di avere già una fic in cantiere con lo stesso titolo; alla fine ieri sera continuava a tornarmi con prepotenza alla mente questa canzone di Halsey (a proposito, se avete occasione di ascoltarvela mentre leggete la fic sarebbe fantastico – io l’ho avuta a palla per buona parte del tempo mentre partorivo questa ‘cosa’) e quando sono andata a sentirla mi sono resa conto che con questa storia ci sta che è una meraviglia. Così ecco che vi beccate anche un po’ della musica che piace a me, tie’. L’altra opzione per il titolo era “Beautiful lies” e devo dire che anche questo ci stava che è una meraviglia, però al limite ce lo teniamo in serbo per qualche altra storia, che dite?
Sigh, adesso devo scappare. Ringrazio come al solito chiunque sia arrivato fino a qui e più in generale chi ha letto la storia; qualora voleste lasciare un feedback sappiate che i vostri pareri sono sempre più che benaccetti ●ᴥ● ♥ se qualcuno dovesse inserire la storia tra le preferite o le ricordate… lo sapete, come al solito avete tutta la mia massima gratitudine e devozione.

A presto

Aria

P.S.: forse adesso è il caso di fare una pausa con le OS, con questa siamo alla terza solo a gennaio… tra l’altro questa è pure un po’ più lunghina delle precedenti – che diavolo mi sta succedendo? owo”
   
 
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