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Autore: starsfallinglikerain    22/01/2017    7 recensioni
Alexander Lightwood è sempre stato dedito alla sua carriera all'interno della Squadra Uno, la più importante SWAT di New York. Non ha mai avuto tempo per l'amore, non solo perché i suoi sentimenti per il fratellastro sarebbero senz'altro considerati riprovevoli dai suoi genitori, ma anche perché sa perfettamente che non sono ammesse distrazioni (soprattutto amorose) sul posto di lavoro, a maggior ragione se di natura omosessuale. Quando un aitante criminologo incomincia a collaborare con la Squadra, però, qualcosa in lui sembra cambiare. Total Eclipse of the Heart è la storia di un amore che sfida le convenzioni e cresce travolgente come un uragano ed impetuoso come il mare in tempesta.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fu un amore travolgente come un tornado
che avanza inarrestabile su una grande pianura.
Spazzò via ogni cosa, trascinando in un vortice,
lacerando e facendo a pezzi tutto ciò che trovò sulla sua strada,
e dietro non si lasciò nulla.
Fu un amore straordinario, epocale.


— Haruki Murakami


 
Capitolo 1
 

L'arco era teso fra le mani di Alec, il legno flesso, la freccia pronta ad essere scoccata. Davanti a sé, il bersaglio immobile aspettava solo d'essere colpito. Chiuse gli occhi celesti e lasciò andare la presa, gli piaceva assaporare quell'attimo in cui la freccia scivolava fra i suoi polpastrelli callosi, diretta alla sua meta.      

«E' più forte di te, non è vero?» chiese una voce alle sue spalle - non fu necessario che Alec si voltasse per riconoscere il suo interlocutore, l'avrebbe riconosciuto fra mille. «Mi rilassa, lo sai» ribatté, rimanendo impassibile anche quando l'arma colpì in pieno il centro del bersaglio: un tiro perfetto, preciso, elegante. Proprio com'era lui.   
Jace, coi suoi capelli biondi, il suo ego smisurato e il sarcasmo a palate era l'esatto opposto del timido, serio e riservato Alec.          

«Potrà rilassarti quanto vuoi, ma sai che tua madre non approva» disse Jace, avvicinandosi all'altro. Il suo non era un rimprovero ed Alec lo sapeva, infatti affermò che sua madre non approvava molte cose. Jace  non poté che ridere e trovarsi d'accordo con l'amico, prima di dargli una pacca sulla spalla e informarlo che Maryse e Robert, i suoi genitori, lo stavano aspettando nella sala delle riunioni.  

Quando Jace se ne andò, Alec lo seguì con lo sguardo: non si riferiva di certo al tiro con l'arco quando aveva affermato che la madre non approvava molte cose, anzi, probabilmente l'avrebbe cacciato dalla Centrale se solo avesse conosciuto i suoi veri sentimenti per il fratellastro. Non erano ammissibili, non solo perché sapeva che i suoi genitori non vedevano di buon occhio gli omosessuali, ma anche perché non erano ammessi trastulli amorosi sul posto di lavoro.

In realtà, Alec era a conoscenza dell'attrazione fra il suo fratellastro e la nuova entrata in squadra, Clary - difficile del resto non notarla - e nonostante la sua indicibile e viscerale gelosia, nonostante volesse disperatamente che quella ragazza dai capelli rosso fragola se ne andasse, non poteva tradire l'amico denunciandolo ai suoi.        

Era il suo compagno di battaglia da anni. Jace era il primo tiratore, Sierra-Uno, sua sorella Isabelle la sua spalla, Sierra-Due. Alec non aveva mai sparato ad una persona, era sempre stato nelle retrovie, a proteggere i suoi fratelli: si era sempre distinto nelle armi non letali e non aveva mai fatto nulla per cambiare la sua situazione.            

Sospirò, andando ad appoggiare l'arco al suo supporto, per poi staccare la freccia dal bersaglio e riporla nella faretra agganciata al muro assieme alle altre. Alec vi lanciò un'ultima occhiata prima di dirigersi verso l'ascensore: sfiorò il dispositivo bianco e le porte di metallo si aprirono fluidamente; entrò e selezionò il piano a cui era diretto.          

Giunto a destinazione, le porte si aprirono nuovamente per lasciarlo accedere alla hall: dietro al bancone, già con le cuffie in posizione e le dita che scorrevano veloci sulla tastiera del pc, Hodge Starkweather era operativo. Era un giovane poliziotto, sui trentacinque anni: da che Alec ne ricordasse, aveva sempre lavorato alla Centrale, occupandosi di lui e dei suoi fratelli quando i genitori erano in missione o impegnati in importanti riunioni di lavoro, a volte anche internazionali, che li costringevano lontani da casa per giorni, per non dire settimane.      

Nel dirigersi verso la sala delle riunioni, Alec notò il suo fratellino di nove anni, Max, che gironzolava impaziente attorno alla sedia girevole di Hodge. «Ehi Max» lo chiamò, al che il bambino gli corse allegramente incontro. «Lo sai che non devi disturbare Hodge mentre lavora?» disse Alec con finta aria di rimprovero, mentre si abbassava per trovarsi alla stessa altezza del fratellino. Quest'ultimo si sistemò i grandi occhiali rotondi sul naso e assunse un'espressione colpevole e, allo stesso tempo, esasperata: «Ma Hodge lavora sempre».            

Quell'osservazione non poté non strappare un piccolo sorriso al maggiore, che scompigliò affettuosamente i capelli castani di Max: «Lo so, Max, ma cerca di non disturbarlo troppo. Sai perché la mamma abbia convocato una riunione?» chiese; nonostante fosse troppo piccolo per partecipare alle faccende della Squadra, il bambino era fin troppo sveglio e, spesso e volentieri, carpiva molte informazioni sulle missioni da compiere senza farsi notare.           

Il bambino fece spallucce: «Non lo so di preciso, ma ho visto uno strano signore assieme a mamma e papà».            

Alec assunse un'espressione confusa: «Uno strano signore?».    

«Sì, aveva gli occhi da gatto» esclamò convinto il bambino.       

«Mi sa che leggi troppi manga, fratellino» disse Alec affettuosamente, prima di raccomandare al fratello di non ficcarsi nei guai e di non disturbare ulteriormente Hodge mentre erano occupati nella sala riunioni.           

Attraversò poi la hall, dirigendosi verso la sala, circondata non da pareti ma da vetri opachi: al suo interno, un immenso tavolo in vetro e acciaio stava al centro, circondato da una moltitudine di sedie; un grande schermo faceva scorrere delle immagini di un uomo che Alec non aveva mai visto e dietro al computer se ne stava Simon, un altro nuovo collega. Le veneziane erano abbassate sulla vetrata, non lasciando scorgere la vista della città.   

«Ti stavamo aspettando» disse secca la voce di Maryse Lightwood. Sua madre indossava la divisa, che le aveva sempre conferito un'aria tremendamente seria e autoritaria, e i lunghi capelli scuri erano raccolti in una treccia, lasciando scoperto il viso corrucciato.       

«Scusate» disse Alec, affrettandosi a sedersi nel posto libero fra Jace e Isabelle. Nel prendere posto, Alec si accorse che di fronte a lui doveva esserci quello che Max aveva descritto come "lo strano signore con gli occhi da gatto".      

Lo sconosciuto sollevò lo sguardo ed Alec poté apprezzare i lineamenti del suo volto: era certamente di origini asiatiche, la pelle era olivastra e i suoi capelli erano neri come la notte; i suoi occhi, proprio come aveva detto Max, sembravano quelli di un gatto - la pupilla leggermente verticalizzata, l'iride fra il verde e il giallo. Era bello, decisamente, non la bellezza convenzionale e maledetta di Jace, ma quello sconosciuto era davvero bello.

Alec aggrottò la fronte nel rendersi conto dei suoi stessi pensieri e cercò di concentrarsi su sua madre, che, dopo essersi alzata in piedi e aver messo in pausa il video che scorreva sullo schermo, richiese l'attenzione su di sé nello schiarirsi seccamente la gola.

«Ho convocato questa riunione, oggi, per rendervi tutti partecipi di un caso che da anni richiede i nostri sforzi. Io e Robert eravamo giovani quando   Valentine Morgenstern - Alec immaginò che fosse l'uomo del video - cominciò ad importare nella nostra città fiumi di eroina, un tipo finissimo e assolutamente letale. Bastano poche dosi per finire in overdose. Da quando eravamo giovani come lo siete voi ora, la nostra Centrale cerca di catturare Valentine per bloccare il suo traffico illecito, ma sembra essere sempre un passo avanti a noi. In realtà, credevamo che Valentine fosse morto in un incidente in Messico parecchi anni fa, tuttavia la Narcotici è riuscita a catturare uno dei suoi scagnozzi, il quale ha riferito che Morgenstern è ancora vivo e in procinto di importare a New York quantità inimmaginabili di eroina. E' per questo che abbiamo qui con noi, oggi, un nuovo collega - lui è Magnus Bane, un criminologo, che ci aiuterà nell'impresa di scovare Valentine».           

Il silenzio impregnò la sala dopo che Maryse Lightwood ebbe terminato il suo discorso e tutti gli occhi si diressero verso Magnus Bane. «Non capisco come un criminologo possa aiutarci, Maryse - finora, ce la siamo sempre cavata più che egregiamente da soli» affermò Jace, guardingo.            

«E' un criminologo. Sa come ragiona quel delinquente» spiegò Clary, rivolta a Jace.  

«Il soggetto, Fairchild, non "quel delinquente"» la corresse Robert, con tono esasperato, come se avesse dovuto riprenderla più volte per un simile
errore da novellina.  

Clary abbassò lo sguardo e Jace si trattenne dal sorriderle - non poteva permettersi quell'atteggiamento di fronte ai suoi capi. Alec lo sapeva, capiva bene quel che stava provando il suo compagno: era ciò che per anni aveva dovuto sopportare lui stesso, attento ad ogni singola parola, sguardo o attenzione in più, attento a non farsi scoprire. Sapeva quali sarebbero state le conseguenze se mai l'avessero saputo: il trasferimento ad un'altra unità, in un altro Stato americano. Avrebbe dovuto lasciare la sua carriera per ricominciare daccapo, il suo onore, la sua famiglia... Non ne valeva la pena, sapendo che non sarebbe mai stato ricambiato dal ragazzo che gli sedeva accanto. Smise di guardarlo di sottecchi e posò il suo sguardo sulle mani intrecciate sul suo grembo.          

«Ebbene, come ha già spiegato l'agente Fairchild, sono un criminologo. Precisamente, il miglior criminologo di tutta New York» si vantò Magnus Bane, attirando nuovamente su di sé l'attenzione di tutti i presenti.       

Con fare teatrale, il ragazzo si alzò in piedi e incominciò a camminare lentamente per la stanza, fermandosi sotto allo schermo, dove era proiettato il volto da genio del male di Valentine Morgenstern. «Attualmente, non sappiamo dove sia il signor Morgenstern, tuttavia una mia spia sotto copertura sta lavorando per lui e ci ha informato che il suo piano è quello di importare non solo eroina, ma anche un nuovo tipo di droga proveniente dalla Cina: lo yin fen. E' una droga che porta molto velocemente all'assuefazione e alla dipendenza, non lasciando alle vittime alcuna via di scampo: è un eccitante e dalla mia informatrice so che Morgenstern l'ha sperimentata su alcuni dei suoi dipendenti in Cina, a Shangai - dava loro la possibilità di lavorare senza interruzione giorno e notte, facendoli poi morire stremati, i loro corpi ridotti all'osso. E' così che abbiamo scoperto i cadaveri. Ma non è tutto: Morgenstern è furbo, ha molte sedi in cui opera i suoi traffici illeciti e non si trattiene mai più di quattro, cinque giorni nello stesso posto. Cambia anche identità e tratti fisici: il suo ultimo nome falso è stato Sebastian Verlac.          
Al momento, si sospetta che Morgenstern stia per rientrare a New York, ma ancora non abbiamo fonti certe. Non appena sarà stata appurata la sua prossima mossa e la sua posizione, provvederemo a studiare un attacco assieme alla Narcotici».       

«Perché non se ne occupa solo la Narcotici?».      

«Se questo Valentine è così scaltro, come pensiamo di riuscire a catturarlo?». 

«Non si può semplicemente tracciare il suo cellulare con un GPS?».     

Le domande sorsero spontanee dai giovani agenti, accavallandosi, mentre Maryse, Robert e Magnus si scambiavano un'eloquente occhiata. «Non è il momento ora di discutere di questo. Al momento debito, vi saranno date tutte le informazioni, ma ora meno sapete, meglio è» disse in modo sbrigativo Maryse.          

«Allora non capisco il senso di questa riunione, madre. Perché parlarci di una missione importante, introdurci alla conoscenza di questo criminologo e poi non darci nessuna informazione utile?» insorse Isabelle.          

«Non rivolgerti a me con quel tono, Isabelle» ribatté duramente la madre, ma la figlia sembrò quasi non farci caso: era come se si fosse aspettata quella risposta, quel tono duro, quell'atteggiamento autoritario e non volto a dare alcuna ulteriore spiegazione.          

Alec stava per chiedere quando, indicativamente, avrebbero dovuto svolgere la missione e se avessero dovuto fare delle esercitazioni extra, quando il segnale d'allarme si azionò e le luci rosse d'emergenza cominciarono a lampeggiare.

Senza perdere tempo, si precipitarono tutti fuori dalla stanza, «Hodge, che succede?» chiesero i ragazzi precipitandosi al bancone. «Uomo armato, caucasico, a Harlem & Morningside, ha ucciso l'ex moglie e ha preso una donna in ostaggio» riferì il poliziotto, per poi aggiungere: «E' Lucian Graymark che ha dato l'allarme. E' già sul posto coi suoi, ma richiede l'intervento della Squadra Uno».            

«Finalmente un po' d'azione!» esclamò soddisfatto Jace, come se si fosse svegliato la mattina di Natale e avesse scoperto che tutti i pacchetti sotto all'albero erano per lui.          

«Quant'è grave la crisi? Sarebbe utile stabilire un contatto con il soggetto» s'informò invece Magnus, entrando nei panni del criminologo. Alec lo osservò, ammirato, mentre ascoltava Hodge riguardo alla situazione descritta dagli agenti già sul luogo. «Non parla inglese, dall'accento sembra una lingua slava, forse croato».

«E chi diavolo lo parla il croato?!» domandò Jace, ironico.         

«Io» rispose Magnus, suscitando varie esclamazioni di sorpresa nei giovani agenti. Alec non perse tempo e intimò ai compagni di sbrigarsi nell'armeria a prendere il loro equipaggiamento, sarebbero dovuti partire entro cinque minuti. Prima di allontanarsi a sua volta, lanciò un'occhiata
sfuggente al criminologo, che sorrise, criptico, e disse: «Sembra proprio che abbiate bisogno di me».



 


Note dell'Autrice: 

1. SWAT: acronimo inglese per Special Weapons And Tactics (inizialmente, la sigla significava Special Weapons Assault Team). Questo termine indica le unità speciali destinate a operazioni anti-terrorismo, salvataggio di ostaggi e antisommossa. In senso più generale, il termine SWAT viene usato per indicare le unità di polizia destinate a compiti ad alto rischio. Il corrispettivo italiano è il NOCS o il GIS.
2. Total Eclipse of the Heart: canzone di Bonnie Tyler. Credo che il testo sia particolarmente azzeccato per i Malec e per la storia che ho in mente.
3. Sierra-Uno e Sierra-Due: i nomi dei due tiratori scelti; li ho ripresi dalla serie tv Flashpoint.
4. Yin fen: riferimento alla droga assunta da Jem Carstairs in The Infernal Devices. Gli effetti della droga sono quelli descritti da Cassandra Clare in Le origini - Il Principe.


Hola! Dopo mesi e mesi di inattività su questa sezione, sono ritornata.
Questa storia mi gira per la testa già da un po', ormai, finché non ho sentito l'esigenza di mettermi giù a scriverla: questo è il primo capitolo e, dopo così tanto tempo in cui non scrivevo di Alec e Magnus (in particolare della loro versione "originale", non quella della serie tv), non sono del tutto certa di ciò che ne è scaturito. Diciamo che mi è piaciuto abbinare l'idea degli Shadowhunters, cacciatori di demoni e protettori dei mondani, a quella dei poliziotti delle SWAT, che ogni giorno rischiano la loro vita per proteggere la comunità. Diciamo anche che fare un rewatch di una serie che amo alla follia, Flashpoint, mi ha anche spinta a scrivere.
Non so se tutto questo possa avere un senso o sia solo una follia, un vaneggiamento uscito dalla mia testa, pertanto ci terrei davvero, davvero, davvero (ho già detto davvero?) moltissimo a sapere cosa ne pensate: qualsiasi parere, positivo o negativo che sia, ben accetto!
Inoltre, ci tengo a dire che ho inserito l'avvertimento OOC perché non so se, nel procedere con la stesura, riuscirò; a mantenere sempre IC i personaggi, soprattutto i protagonisti. A dir la verità, non so nemmeno se ci sono riuscita in questo primo capitolo introduttivo (ma per questo aspetto i vostri pareri v.v).
Credo per il momento di aver esaurito le cose da dire, o forse sto dimenticando qualcosa. Nel dubbio, vi lascio alla lettura e a rileggerci al prossimo capitolo! ^^
Baci, abbracci e biscotti a tutti,
Starsfallinglilkerain.
   
 
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